Inviati…Speciali
un
Angelo si fece infermiere Artemide Zatti
scelse di vivere tra i lebbrosi
Don Luigi Variara
attorno al suo
sorriso fiorirono i miracoli visse povera tra i più poveri dei poveri ha
insegnato ad amare con il cuore di Cristo l’angelo
dei poveri, il camilliano dei barboni Ardore
missionario A sei anni
scriveva a Gesù |
ha
insegnato che la vita di tutti i giorni è
cammino di santificazione povero tra i poveri Fra Cecilio Maria Cortinovis
una
vita per l’Amore nata per aiutare Gesù a portare la Croce
la
piccola mendicante di Dio pregare e correre apostolo delle Vocazioni |
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ARTEMIDE
ZATTI Un angelo si fece infermiere |
Don Bosco
è andato a Dio nel 1888. Un anno dopo, a Boretto dì
Reggio Emilia, un ragazzino di 9 anni inizia a lavorare. Non sa chi è Don
Bosco, ma un giorno, in Argentina, lo chiameranno il "Don Bosco dei
poveri". E adesso, senza saperlo, rinnova la dura esperienza di
Giovannino Bosco alla cascina Moglia, In una vasta
fattoria agricola fa il "garzone". Levata alle tre del mattino, una
fetta di polenta per masticare e svegliarsi del tutto, e poi ai campi.
"Ragazzo da lavoro" fino a 16 anni, con la giornata da sole a sole,
la faccia lunga denutrita, la paura di finire come tanti braccianti uccisi
sui vent'anni dalla pellagra o dalla malaria. Si chiama
Artemide Zatti, quel ragazzo, e quando torna
in famiglia sente che papà e mamma parlano di partire per l'America. C'è uno
zio trapiantato a Bahìa Bianca, in Argentina, che scrive dicendo che laggiù
chi ha voglia di lavorare può vivere bene. In Italia invece, in quegli anni,
un bracciante ha poche possibilità di vivere: c'è la crisi agricola, la
disoccupazione, il latifondo, la miseria che falcia i contadini come le
spighe del grano. Nel 1897 (Artemide ha 17 anni) gli Zatti
partono. Bahìa Bianca e tutta l'Argentina, in quegli anni, è piena di
italiani emigrati, che lavorano sodo e in silenzio. Lo zio li aspetta, e
aiuta il papà a mettere su una bancarella al mercato. Artemide lavora a
fabbricare mattoni. La vita di don Bosco e un'idea
Ci sono
molti anticlericali, a Bahìa Bianca, ma gli Zatti alla
domenica sono tutti in chiesa. La chiesa è tenuta dai salesiani di Don Bosco,
arrivati missionari in Argentina 22 anni prima. Il parroco si chiama Carlo
Cavalli, e Artemide gli da una mano a tenere in ordine la chiesa, ad
accompagnarlo nella visita ai malati, quando non è impegnato con i mattoni.
Don Carlo gli mette nelle mani la Vita di Don Bosco, e Artemide la
legge di un fiato. E gli nasce in testa un'idea: "E se mi facessi
salesiano anch'io?". Artemide ha ormai 19 anni, e ne parla coi suo
padre. Il brav'uomo si stringe nelle spalle: "Sei grande puoi decidere
della tua vita. Ma pensaci bene, perché se cominci una strada devi andare
fino in fondo". Le case salesiani in Argentina sono numerose e sparse un
po' dappertutto.Quella che raduna i giovani che
intendono prepararsi alla vita salesiana, è a Bernal,
vicino a Buenos Aires. A Bernal arriva un giovane
salesiano colpito dalla tubercolosi, e Artemide si presta per curarlo e
assisterlo. II salesiano, consunto dalla tubercolosi, muore, Artemide, 22
anni, è scosso da una tosse insistente e consumato da una febbre che l'assale
tutti i giorni verso sera. E visitato da un medico che rileva la tubercolosi
anche nei polmoni di Zatti, e domanda ai superiori:
"Non avete una casa sulle Ande, con aria fine e ossigenata? Ebbene, se
volete salvarlo, mandatelo là". La casa c'è. Ma
per raggiungerla Artemide deve compiere un viaggio di Non prete, ma "medico"
Marzo
1902. Artemide giunge a Viedma e scrive alla mamma:
"Con grande gioia ho trovato i miei cari fratelli salesiani. Quanto a
salute, mi ha visitato il medico padre Garrone, e mi ha assicurato che tra un
mese sarò guarito". In realtà l'uscita dalla malattia non durò un mese,
ma due anni. Nel Davanti
all'Ospedale è sorta una farmacia vera, con un farmacista diplomato. Per
legge, la farmacia dell'Ospedale dovrebbe chiudere. Ma Zatti sa che
nella nuova farmacia tutti dovranno pagare tutto. I poveri così non avranno
più medicine. Si intende con i superiori, passa giorni e notti sui testi di
farmacia, e si reca a La Plata per dare gli esami
necessari. Torna fornito pure lui di regolare diploma. E la farmacia
dell'Ospedale può continuare tranquilla il suo
servizio ai poveri. Gli hanno detto tante volte di tenere la partita doppia,
e lui ha risposto: "Ma io ce l' ho già. Nella tasca destra metto il
denaro che ricevo, in quella sinistra i conti da pagare. Più partita doppia
di così". E guardò in alto
sembrano massicci ed eterni. Ma se cadono anche solo una
volta,diventano tutto un cigolio. E Zatti sente
all'improvviso che è diventalo vecchio e malato. Sente un dolore insistente
al fianco sinistro, disturbi continui. Sa abbastanza di medicina per dire:
"E un tumore al pancreas. Non affannatevi, perché non c'è nessun
rimedio". Qualcuno lo sorprende a piangere in silenzio, e subito
nasconde le lacrime come una colpa. "Soffre?" gli domandano. E
lui:"Non e questo. E che sono un ferro vecchio, inutile ormai".
Chiede l'Unzione degli Infermi, rinnova i voti battesimali e i voti
religiosi. A chi domanda "Come va?", risponde in una maniera
strana: "All'insù". E guarda in alto. Il Signore viene a prenderlo
il SacroCuore/febbraio
2002 |
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Don LUIGI VARIARA (1875-1923) Scelse di vivere tra i lebbrosi e vi portò la gioia |
Una sera
nebbiosa d'inverno nell'Oratorio di Valdocco, a Torino.
Ottocento ragazzi gridano, si rincorrono nel gioco frenetico che crea una
baraonda festosa. Uno di quei ragazzi, Luigi Variara,
scrisse: "D'improvviso da una parte e dal l'altra si udì gridare: Don
Bosco! Don Bosco! Istintivamente ci buttammo tutti verso di lui. Lo
attorniammo come uno sciame d'api, Don Bosco appariva esausto di forze. (Era il Cinque lettere e un bigliettino
Il 1891
fu l'anno decisivo della sua vita. Raccolto in preghiera, concentrato in
serie riflessioni, egli capì che diventare salesiano non voleva dire
scegliere un mestiere, ma dedicare tutta la vita a Dio e alle persone che Dio
gli avrebbe affidato. Durante quell'anno arrivarono lettere di molti
missionari. Arrivarono anche cinque lettere di don Unia,
missionario tra i lebbrosi di Agua de Dios, in Colombia. Narravano con semplicità l'eroismo di
ogni giorno per donare un briciolo di gioia e di speranza cristiana ai
ragazzi e agli adulti colpiti da quella terribile malattia. La musica tra i lebbrosi
Agua de Dios e il paese dove
vivono in quel momento 620 ammalati di lebbra e altrettanti familiari sani
degli infermi. Il clima è asciutto e ardente, sui Sacerdote a 23 anni
Ma tra
quelle due date, don Luigi ha fatto anche altri miracoli. Don Unia è morto quasi improvvisamente il Torna
rapidamente da Bugotà ad Agua
de Dios.
Vuol riprendere il suo posto inosservato. Ma quando affronta il guado del
fiume Bogotà, a L'accoglienza
termina in chiesa, con canti di ringraziamento al Signore. Celebra la prima
Messa il 1° maggio con una festa indescrivibile. Un lebbroso scrisse:
"Quel giorno nessuno di noi ricordava di stare nella città del
dolore". La missione di don Luigi riprese: nell'oratorio con i ragazzi,
nella scuola, tra i cantori e i bandisti. Ma ora aveva due nuovi ambienti:
l'altare e il confessionale. "Passa ogni giorno quattro o cinque ore al
confessionale - scrive don Crippa -, è molto dimagrito, temo che non
resista". In confessionale nasce una
congregazione
Nel
confessionale, dove porta la parola di Dio e il perdono di Dio, viene in
contatto con le miserie e le grandezze più segrete. Tra le giovani Figlie
di Maria scopre numerose anime capaci di forte impegno spirituale, fino a
voler offrire la loro vita interamente al Signore. Sono lebbrose o figlie di
lebbrosi, e sono angeli. Don Variara ha conosciuto
a Valsalice don Andrea Beltrami, un sacerdote
salesiano colpito dalla tisi, che si era offerto vittima a Dio per la
conversione di tutti i peccatori del mondo. Nel confessionale, don Variara comincia a indicare a qualche giovane la stessa
strada: "Fare della propria malattia un apostolato, mettere la propria
vita a deposizione di Dio". "Prima fra tutte le Figlie di Maria a
emettere voto, di consacrazione vittimale al Sacro
Cuore di Gesù - scrìve don Angelo Bianco – fu
la signorina Oliva Sanchez, 30 anni, lebbrosa. Divenne preziosa
collaboratrice di don Variara... Pochi giorni dopo
la seguì nella sua consacrazione Limbania Rojas, anch'essa lebbrosa... Dal 1901 al 1904 furono ben
23 le Figlie di Miaria che arrivarono a fare il
voto di consacrazione vittimale". Senza nessun
chiasso nasceva così l'Istituto delle Suore del Sacro Cuore di Gesù.
Come lebbrose o figlie di lebbrosi non sarebbero state accettate da nessuna
congregazione. "La mano carezzevole di
Dio"
Esse
comunicarono il loro Regolamento all'Arcivescovo di Bogotà, che lo
approvò- Scrissero anche a don Rua: "Siamo
povere giovani colpite dal terribile male della lebbra. Abbiamo sentito la
mano carezzevole di Dio nei santi incoraggiamenti e nelle pietose industrie
di don Luigi Variara di fronte ai nostri acuti
dolori del corpo e dell'anima. Persuase che sia volontà del Sacro Cuore di
Gesù e trovando facile il modo di compierla, abbiamo cominciato ad offrirci
come vittime di espiazione, seguendo l'esempio di don Andrea Beltrami,
salesiano. Ora abbiamo deciso di fare un altro passo avanti: vogliamo, legate
dai tre Voti formare la piccola famiglia delle Figlie del Sacro Cuore di
Gesù.: servendo Dio e dedicandoci al servizio dei nostri fratelli, in
particolare ai bambini dell'Asilo…". Don Rua
rispose: " L’istituzione è bella, e deve conservarsi". Un prete crocifisso
Furono le
ultime parole consolanti che don Variara si sentì
rivolgere. Da quel momento su di lui e sulla congregazione nascente si
scatenò la bufera. Fu ostacolato, calunniato, intralciato. Fu allontanato da Agua de Dios. Arrivarono a
torturarlo proibendogli di scrivere alle sue suore e ad allontanarlo dalla
Colombia. Il suo fu un calvario lungo, sopportato con pazienza, in silenzio,
donato a Dio per la crescila delle figlie spirituali. Ed esse vissero, e
prosperarono. La loro superiora Madre Lozano,
scrisse "Umanamente parlando non avevamo alcuna difesa, ma il Signore
distese la sua mano su di noi, e ci salvò la sua misericordia!"-Fa male
al cuore scorrere gli ultimi dieci anni della vita di don Variara.
Si tocca con mani come il Maligno possa servirsi anche delle persone
consacrale a Dio, delle loro migliori intenzioni, per torturare un grande
servo di Dio. Ma fa bene al cuore leggere le ultime parole che paté scrivere
alle sue figlie spirituali: "Santifichiamo gli istanti di vita che ancor
ci restano, perché il raccolto durerà in eterno. Ah, quanto godo pensando al
ciclo! Li ci troveremo tutti e saremo eternamente felici. Per adesso viviamo
uniti nello spirito: obbedienti, umili, puri, mortificati, ma solo per
amore... Non vi lascio orfane, poiché le mie preghiere sono incessanti per
voi nel desiderio di vedervi tutte sante". Morì il SacroCuore/marzo2002
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SR.MARIA ROMERO MENESES ( Attorno al suo sorriso fiorirono i
miracoli |
Maria nacque nella grande e bella
casa dei Moreno nella città di Granata (Spagna), terz'ultimo di tredici tra
fratelli e sorelle, circondata da una nuvola d’affetto, coccolata dalla mamma
e dai servi. Non poteva nemmeno pensare, nei primi dieci anni di vita, che
lontano dalla sua casa, nei sobborghi, c'erano bambini denutriti e stenti,
ben diversi da lei. Ma nel Due anni dopo, dodicenne, Maria
Romero entra nel loro collegio, e manifesta immediatamente due
caratteristiche che l'accompagneranno per tutta la
vita: è contenta di stare dove la mettono, sa trovare la felicità anche in un
cantuccio; e ha un misterioso ma realissimo contatto con il Signore. Una
febbre reumatica l'inchioda a letto per quasi tutto l'anno scolastico, si
aggrava fino a far borbottare al medico: "Questa piccina sta
morendo". Ma lei dice con serenità: "So che la Madonna mi
guarirà". E così avviene all'improvviso, e lei torna a scuola come se
niente fosse accaduto. La sua vocazione matura come un
frutto bello, ma normale. A 18 anni si reca in San Salvador per il postulantato, a 19 anni riceve l'abito delle FMA, compie
due anni di noviziato e a 21 anni pronuncia i voti. La figlia del ricco fa
voto di povertà, la ragazza che cento ragazzi sognavano di sposare fa voto di
verginità, la giovane signora cui i servi erano felici d’obbedire, fa voto di
obbedienza: si dona tutta a Dio. E Dio continua a parlarle. La novizia
Mercedes Barberena si è sentita dire dalle
superiore: "Deve tornare in famiglia. Ha troppo poca salute".
Mercedes si sfoga con Maria, e lei le dice tranquilla: "Al di sopra di
tutti c'è Dio.Tu non te n’andrai, farai i voti e
diventerai Figlia di Maria Ausiliatrice". Così si verificò. Suor
Mercedes lo raccontava ancora nel 1985, quand’ era FMA ormai da 59 anni. Durante il noviziato, Maria Romero
fu maestra di canto, e lavorò all'oratorio festivo. Fu lì che incontrò per la
prima volta, con un impatto che la lacerò, le ragazzine poverissime,
denutrite, affamate. In loro, come nell'Eucaristia, c'era Gesù che la
chiamava. Non sapeva ancora come rispondere. Lo saprà presto. A 28 anni torna a Granada, e
assiste impotente al crollo finanziario della sua famiglia. Una garanzia sbagliata,
fatta a un falso amico, porta di colpo in casa Remero
la povertà. Papà cade gravemente ammalato, la mamma deve affrontare una vita
incerta e disagiata. Fortunatamente i fratelli e le sorelle sono ormai tutti
grandi. L'oratorio come patria
Quando compie 29 anni, l'obbedienza
la manda a San Josè di Costa Rica, insegnante di
musica e di pittura nel collegio dove sono ragazze di buona famiglia, e
assistente all'oratorio dove invece si riversano le ragazze emarginate dei
sobborghi, senza lavoro e senza futuro. Suor Maria non sa ancora che quelle
ragazze povere, le toro famiglie ammassate nelle baracche della periferia,
saranno la sua nuova patria per 48 anni, fino alla morte. Costa Rica
è la repubblica più piccola del America centrale: grande come due volte la
Sicilia, in quel momento ha un milione e mezzo di abitanti (nemmeno la
popolazione di Milano). Ha un governo democratico, ma i poveri e i
disoccupati sono numerosissimi. Suor Maria forma tra le sue allieve
un gruppo di catechiste, e le manda ad esplorare i sobborghi, a tentare
qualche lezione volante di catechismo. Tornano un po' disanimate: "Ci
sono solo tuguri, madre. Tetti di latta, pareti di cartone, pavimenti interra
battuta. E ci sono famiglie ammassate in un solo ambiente, frotte di bambini
e di cani. Non hanno lavoro, né vestiti, né viveri. Abbiamo parlato di Gesù.
Ci ascoltavano apatici. Una mamma ci ha detto: "Gesù va bene. Ma il
latte per i miei bambini chi me lo da?". Suor Maria parla a lungo con le sue
catechiste, raduna viveri e vestiti. Nel giorno di Natale 1939 inizia con
loro la "piccola missione": "Andremo nelle case. Daremo una
mano a pulire, ordinare. Porteremo vestiti e cibo. Ma ricordiamoci tutte che
se portiamo latte e stoffa, ma non portiamo Gesù, lasceremo quei nostri fratelli
più poveri di prima". La "piccola missione"
inizia così quasi dal niente, e prende uno sviluppo enorme, incalcolabile,
come quello del granello di senape di cui parla Gesù nel Vangelo. Meraviglie e urgenze
Le catechiste si spargono a due a
due nei sobborghi, offrono cibo e sorriso, augurano Buon Natale alle mamme
cui danno una mano a pulire la casa, ai bambini che aiutano a lavarsi bene,
ai malati mentre rimettono a posto i loro pagliericci. E pregano con tutti.
Da quei giorno, le catechiste tornano da suor Maria raccontando meraviglie o
domandando nuovi aiuti con urgenza. Suor Maria, che continua a insegnare
musica e pittura lungo il giorno, ogni sera e nel sabato e nella domenica si
ritrova con le sue "piccole missionarie" a concretizzare nuove realizzazioni.
La prima e la "stanza dei poveri". Ricevono vestiti e cibo dalle
famiglie delle collegiali, confezionano pacchi e pacchetti, fanno "ore
di riflessione e di preghiera". Una sera due ragazze raccontano che tra
le casupole lungo il fiume hanno trovato una frotta di bambini che non sanno
chi è Gesù, chi è Maria SS. Occorrono lezioni di catechismo per prepararli
alla prima comunione, se non addirittura al battesimo. Si discute, si prega.
Poi suor Maria decide di iniziare gli oratori festivi nei sobborghi e nei villaggi periferici. Parla alle alunne
della scuola, alle oratoriane più grandi. Con la
benedizione del vescovo e della superiora si comincia. Otto oratori nel primo
anno, poi quattordici... Arriveranno a trentasei! Sul pullman che accompagna le
piccole missionarie sale anche suor Maria, che passa le sue domeniche ora in
un oratorio, ora in un altro. Negli oratori si radunano tante
ragazze, e con esse tante situazioni difficili. Bisogna far catechismo e fare
carità. Ma la scatola di cartone che per
suor Maria funziona da cassaforte non e mai vuota. Arrivano tanti che hanno
bisogno, e ugualmente tanti che portano offerte. Spaventata da pettegolezzi,
la direttrice chiama suor Maria e le dice che e meglio che non chieda più in
giro aiuto per gli oratori. Suor Maria obbedisce tranquilla, e le offerte
continuano ad arrivare da sole senza che nessuno chieda. La santa acqua del
rubinetto
E arriva anche altro. Nel 1955 un
centinaio di famiglie dei sobborghi riceve regolarmente aiuti in viveri e
vestiti. I fanciulli degli oratori che ricevono pane e catechismo sono circa
cinquemila. Ma i malati? Che fare per i malati poveri che non hanno ne medici
ne medicine? Suor Maria sogna un grande dispensario, ma intanto che può fare?
Si sfoga con la Madonna. Le dice con la confidenza di sempre: "Tu a
Lourdes hai fatto scaturire un'acqua che guarisce. Perché questa preferenza
per Lourdes? Noi siamo tanto lontani, non ne possiamo approfittare. Ma tutte
le acque del mondo sono tue, anche quella di questo rubinetto. Tu sei la
Regina del mondo. E allora fammi questo favore: fai
guarire i malati anche con quest'acqua qui". E con fede comincia. C’e un
catechista missionario, Leonardo, che è a letto con febbre, tosse e mal di
gola. Senza di lui un oratorio rimarrà scoperto. Lo manda a chiamare da sua
sorella. Quando lo vede con i brividi addosso apre il rubinetto con un
bicchiere in mano: " Bevi con fede, Leonardo. E dopodomani vieni per
l'oratorio "Ma io ho l'influenza", "Vedrai, vedrai". La
sera Leonardo è guarito, e domenica è
a dirigere il suo oratorio. Suor Maria dice grazie alla Madonna, e continua a
usare l'acqua del rubinetto come fosse a Lourdes. La mamma di un’ex- allieva
è gravissima, con una fistola cancerosa in gola e 82 anni di età. Con l'acqua
della Madonna presa a cucchiaini, la fistola e il cancro se ne vanno. La
vecchietta riprende a venire a mettere ordine tra i vestiti dei poveri. Un
bambino travolto da un'auto ha il cranio sfondato, è in fin di vita. La mamma
corre da suor Maria. Torna con una bottiglia di povera acqua di rubinetto. Ma
appena gli bagna la fronte, il suo bambino apre gli occhi. Il terzo giorno
torna a parlare, e l'ottavo giorno è guarito. (Ora o laureato, e sua mamma
Lidia continua a raccontare di quella bottiglia di acqua di rubinetto). I fatti si moltiplicano, la gente
povera corre per avere "l'acqua della Madonna". Un'Ispettrice,
impressionata, dice a suor Maria che è meglio smettere quella distribuzione.
Suor Maria obbedisce. Ma un'ex-allieva, che ha la mamma gravissima e non
riesce a ottenere l'acqua, disperata l'attinge da un rubinetto qualsiasi
della casa; "Se la Madonna ha benedetto quest'acqua, che differenza fa
un rubinetto o l'altro?". L'ammalata beve e guarisce. Suor Maria e
informata e sorride: "Che bellezza! Ora tutti potranno prendere l'acqua
benedetta dalla Madonna, e io potrò tornare alle mie catechiste
missionarie". Un giorno, mentre fa scuola, suor
Maria guarda dalla finestra e dice: "Questo terreno, fra qualche anno,
sarà un grande edificio e si chiamerà "casa dei poveri". Vi sarà
anche un dispensario medico. Lì i poveri avranno vitto e lavoro, e sarà il
rifugio per molte giovani orfane, sole o senza casa. E Gesù e Maria avranno
una cappella". Una ragazza, Maria Lourdes, le chiede stupita: "Chi
le darà tanto denaro?". E lei tranquilla: "La Madonna si
incaricherà di tutto". Una stanza per consolare
La costruzione inizia nel 1958 e
subisce ostacoli. Ma ora e la, grande e bella, e compie tutte le funzioni che
suor Maria "vide". Persone povere e disperate cominciarono a
cercare suor Maria per parlarle. E poco per volta tutto il suo pomeriggio fu
mangiato dal dolore che cercava conforto. Venivano a esporre problemi,
chiedere consiglio, sfogare il proprio dolore. Suor Maria non faceva lunghi
discorsi: Dio passava attraverso il suo sguardo buono, il suo sorriso, !a sua
preghiera. E persone traviate, incredule, prigioniere dell'alcool e della
droga, famiglie sull’orlo della disperazione, ritrovavano la via della pace e
della fede. Dopo la sua morte molti raccontarono
fatti strani, bellissimi, che suor Maria aveva loro proibito di raccontare.
Maria Luz Cubero raccontò
che un giorno, mentre lavorava con una compagna vide suor Maria nell'orto, che innaffiava una pianta di
rose e diceva ai fiori: "Siete rose bellissime, ma le mani di Colui che
vi ha fatto sono ancora più belle e più miracolose". Mentre così diceva.
Maria Luz e la sua compagna videro le rose curvarsi
verso la faccia di suor Maria, e accarezzarla, anche se non c'era un filo di
vento. Ma le mani di una suora che per 48
anni si sono curvate ad accarezzare il volto dei bambini poveri e smunti, a
confezionare pacchi di cibo e di vestiti per i poveri; le labbra di una suora
che per ore e ore ogni giorno hanno ridato la speranza e la pace a persone
sull'orlo della disperazione; la vita di una suora che si e spesa giorno dopo
giorno per l'amore dei suoi fratelli, delle sue sorelle e del suo Dio, sono
un miracolo certo, e infinitamente più grande. SacroCuore/aprile2002 |