Josemarìa Escrivá de Balaguer “Il santo dell’ordinario” |
"San Josemaría - ha detto il
Papa nel suo discorso di canonozzazione - fu scelto dal Signore per annunciare
la chiamata universale alla santità e per indicare che la vita di tutti i
giorni, le attività comuni, sono cammino di santificazione. Si potrebbe dire
che egli fu il santo dell'ordinario". San Pietro 6 ottobre 2002 |
Orme sulla neve
Nel 1917 Josemarìa ha
quindici anni, ed è studente di liceo. Nella nuova città non ha tardato a
farsi diversi amici tra i coetanei. A scuola dimostra una spiccata
predilezione per la letteratura e la storia.
Frattanto la sua vita di preghiera si va
approfondendo: vive il rapporto con Dio come un colloquio intimo, da figlio a
padre, e ha preso l'abitudine di cercare momenti di raccoglimento in cui
questo dialogo si alimenta e trova forza, per poi proseguire in ogni istante
della giornata, mentre è immerso nelle più svariate attività. È per questa
via che verrà la risposta sul suo futuro. Perciò dedica alla preghiera tutto
il tempo che gli è possibile, giungendo a passare notti intere in adorazione
dell'Eucaristia, dove Cristo stesso "ci aspetta da venti secoli". Tornato a Saragozza, presta la propria opera
come cappellano della chiesa di San Pietro Nolasco; si dedica pure alla
catechesi e ad altri compiti pastorali. Inoltre prosegue gli studi di legge
e, per mantenere la madre, la sorella Carmen e il fratello Santiago (che
abitano con lui), impartisce lezioni private. Nel gennaio 1927 si laurea in legge. Il 19
aprile si trasferisce a Madrid, con il permesso dell'arcivescovo, per
ottenere il dottorato in diritto civile nell'università della capitale.
Continua a pregare, e il Signore lo ricambia illuminandolo e confortandolo in
più occasioni; però la luce definitiva non arriva ancora. È nominato
cappellano del Patronato per i malati, e svolge un'instancabile opera di
apostolato: prepara migliaia di bambini alla Confessione e alla Comunione,
accudisce malati e invalidi negli ospedali, si dedica alle opere di
misericordia nei sobborghi più indigenti di Madrid. L'Opus Dei
A poco a poco sorgono
le vocazioni. Fra i primi a rispondere è un suo vecchio compagno di liceo,
ormai ingegnere. Si chiama Isidoro Zorzano, e morrà prematuramente il 15
luglio 1943. L'ideale che don Josemarìa ha ricevuto è tanto
vasto da abbracciare tutto il mondo: non ci si può certo limitare a Madrid.
Però "sulla terra tutto ciò che è grande è cominciato piccolo"; e
intanto, mentre già pensa a tutta la Spagna e al resto dell'Europa, nel
dicembre 1933 apre un piccolo centro, che chiama Accademia DYA. La sigla, in
spagnolo, sta per "diritto e architettura"; ma lui la traduce
volentieri con "Dio e audacia". Vi si danno lezioni di
approfondimento a studenti universitari, e l'ambiente è così accogliente,
malgrado l'evidente povertà di mezzi, che quanti lo frequentano vi si trovano
come in famiglia. È una caratteristica che l'Opus Dei non perderà mai; il
fondatore, che ha imparato la fede dai genitori, sa quanto l'affetto umano
avvicini a Dio. È anche per questo che tutti, spontaneamente, si sentono così
fratelli tra loro e figli suoi che iniziano con semplicità a chiamarlo
"Padre"; l'Opera è una "bella famigliola", come gli piace
dire, e "il Padre" ne sarà sempre il fondamento. Don Josemarìa ha molto da fare: deve assolvere i
molteplici impegni del ministero sacerdotale, da una parte all'altra di
Madrid, predicando e amministrando i sacramenti; deve seguire l'Accademia e
guidare un numero crescente di uomini e donne sulla strada che Dio gli ha
indicato. Le energie non bastano mai. Per questo, e per dare un riferimento
costante ai tanti che glielo chiedono, nel 1934 pubblica un libro, che nel
1939 verrà ristampato in edizione ampliata. Si chiamerà Cammino, e oggi, con
250 edizioni e quasi quattro milioni di copie pubblicate, è ormai un classico
di spiritualità cristiana, letto e meditato in tutto il mondo da uomini e
donne di ogni età. Contiene 999 punti di meditazione, nei quali ha riversato
la sua esperienza sacerdotale. Ogni punto giunge al cuore del lettore con
forte incisività, aiutandolo a intrattenere un dialogo con Dio nella vita di
tutti i giorni e ad assumersi risolutamente i propri doveri. Il primo punto
sintetizza questo programma di vita eroicamente ordinario: "Che la tua
vita non sia una vita sterile. - Sii utile. - Lascia traccia. - Illumina con
la fiamma della tua fede e del tuo amore. Cancella, con la tua vita
d'apostolo, l'impronta viscida e sudicia che i seminatori impuri dell'odio
hanno lasciato. - E incendia tutti i cammini della terra con il fuoco di
Cristo che porti nel cuore". La crescita dell'Opera è promettente, ma subisce
una brusca battuta d'arresto: il 18 luglio 1936 scoppia infatti la guerra
civile che lacera la Spagna per quasi tre anni. A Madrid la furia
antireligiosa è tale che i sacerdoti, se riconosciuti, vengono uccisi per la
strada. Don Josemarìa, dopo mesi di vita e di predicazione clandestina, deve
tentare la fuga. Con pochi compagni intraprende un viaggio a piedi,
estenuante e rischiosissimo, attraverso i Pirenei. Il 2 dicembre 1937 varca
la frontiera della piccola Repubblica indipendente di Andorra, e quindi
giunge a Burgos, città sottratta all'incalzare della guerra. Da qui si
preoccupa di raggiungere, tramite lettere o viaggi, tante persone conosciute
prima del conflitto (molte delle quali sono disperse lungo il fronte),
confortandole ed esortandole a mantenersi salde nella vita di preghiera. La guerra civile termina nell'aprile 1939; ma
quasi contemporaneamente il mondo intero piomba in un altro conflitto.
L'espansione all'estero è rimandata fino alla fine della seconda guerra
mondiale; ma intanto si consolida quella in Spagna: altri centri dell'Opera
si aprono in molte città, e giungono nuove vocazioni; il Padre guida questo
sviluppo e al tempo stesso è lieto di constatare che quanti lo hanno seguito
per primi si fanno subito carico di trasmettere ad altri, con gioia e senso di
responsabilità, il dono che hanno ricevuto. D'altra parte non tutti capiscono
quest'ideale nuovo e rivoluzionario, che già i primi cristiani vivevano con
tanta naturalezza. Nascono anche forti opposizioni, e c'è chi va dicendo che
don Escrivá è un pazzo o un eretico, e che predicando una "santità per
tutti", nella vita di ogni giorno, diffonde un'assurda chimera. Ma
l'arcivescovo di Madrid ha preso subito l'Opera sotto la sua protezione;
contemporaneamente - a conferma che va diffondendosi la sua fama di sacerdote
santo - sono numerosi i vescovi che lo invitano a predicare al clero delle
loro diocesi. In una di queste occasioni, il 22 aprile 1941, mentre a Lérida
sta dirigendo gli esercizi spirituali di un gruppo di sacerdoti, viene
informato che a Madrid sua madre è morta repentinamente. A Roma e nel mondo
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A Roma il fondatore stimola e consolida la crescita dell'Opus
Dei; nel 1947 ottiene l'approvazione pontificia dell'Opera, indispensabile
per garantirne lo sviluppo in tanti Paesi dei cinque continenti. Da Roma egli
guida l'espansione in tutto il mondo e anzitutto nella stessa Città eterna e
in Italia. Il primo obiettivo è agevolato dall'affetto con cui il papa Pio
XII accoglie il fondatore - di questi lo stesso Pontefice dirà: "È un
vero santo, un uomo mandato da Dio per i nostri tempi" -, e
dall'amicizia mostratagli dal giovane Sostituto della Segreteria di Stato,
monsignor Giovanni Battista Montini, che poi sarà Paolo VI. Ma gli ostacoli
da superare sono proporzionali alla novità dell'Opera, e passeranno anni
prima di giungere alla definizione di una veste giuridica che l'accolga per
quello che è, una istituzione della Chiesa che aiuta i comuni cristiani a
cercare la santità nella realtà più ordinaria. Vi si arriverà solo dopo la
morte di monsignor Escrivà, il 28 novembre 1982, con l'erezione dell'Opus Dei
in prelatura personale, nuova realtà pastorale voluta dal concilio Vaticano
II, che rispecchia il carisma e l'identità dell'istituzione secondo la
volontà del fondatore. Nell'aprile 1954
Josemarìa Escrivá guarisce repentinamente da una grave forma di diabete, che
lo affliggeva da dieci anni: un giorno, all'improvviso, cade in un coma
anafilattico apparentemente irreversibile, ma dopo pochi minuti si riprende,
ritrovandosi pienamente e definitivamente guarito. Nella sede centrale
dell'Opera, a Roma, continua a guidare la crescita dell'Opus Dei. Sebbene sia
Padre di una prole spirituale sempre più numerosa, il suo modo di vivere non
ha niente di straordinario, né di clamoroso. Fin dagli anni della giovinezza
ha desiderato "nascondersi e scomparire, perché brilli solo Gesù",
e si attiene decisamente a questa condotta. Governa l'Opera, ma non si
abbandona ad alcun gesto di presenzialismo rumoroso. Com'è normale, la
crescita dell'istituzione comporta lo sviluppo di un'ampia mole di
corrispondenza, ed è tra queste carte che ora passa buona parte della
giornata. Però ogni giorno dedica parecchio tempo anche a ricevere chiunque
voglia incontrarlo: figli suoi che passano da Roma, amici, conoscenti,
prelati della curia romana, vescovi di tutti i Paesi, desiderosi di attingere
alla ricchezza della sua vita interiore e della sua esperienza pastorale,
sacerdoti e religiosi, gente che ha semplicemente desiderio di conoscerlo.
Inoltre non ha certo smesso di predicare, di dedicarsi alla formazione
spirituale e dottrinale delle tante persone che lo circondano. Negli anni ha
pubblicato pure altri libri, che derivano, come Cammino, dalla sua vasta
esperienza sacerdotale, e si spargono in tutto il mondo come semi che daranno
frutto nel cuore di tante persone. Tra questi vi sono Il santo Rosario
(1934), Colloqui con Monsignor Escrivá (raccolta di interviste, 1968), È Gesù
che passa (omelie, 1973). Postumi usciranno Amici di Dio (omelie, 1977), Via
Crucis (1981), Solco (1986) e Forgia (1987). Le "scorribande
apostoliche"
La seconda nascita A settant'anni si sente ed è ancora molto
giovane, benché il suo prodigarsi lo porti spesso vicino allo sfinimento. Da
qualche tempo, nell'intimità della preghiera, offre spesso la sua vita per la
Chiesa, "perché si abbrevi il tempo della prova". Il 28 marzo 1975, che coincide col Venerdì
Santo, celebra nell'intimità le sue nozze d'oro sacerdotali. Muore
improvvisamente il 26 giugno, nella sua stanza di lavoro, all'età di
settantatré anni. Il giorno dopo viene sepolto nella cripta della chiesa di
Santa Maria della Pace, nella sede centrale dell'Opus Dei, a Roma, mentre da
ogni parte del mondo si levano suffragi per la sua anima. L'Opus Dei conta,
alla sua morte, oltre 60.000 membri in tutto il mondo: sacerdoti e laici,
uomini e donne, giovani e anziani, sposati e celibi. Se a questa data, con la sua "nascita al
cielo", la vita terrena di Josemarìa Escrivá può dirsi conclusa, ben
lontana dalla conclusione è l'efficacia della sua esistenza. Migliaia di
persone iniziano ad affidarsi fiduciosamente alla sua intercessione presso
Dio, affidandogli piccole e grandi questioni personali, di carattere
materiale o spirituale. Il 19 febbraio 1981 viene solennemente inaugurato il
processo di beatificazione, la cui apertura è stata chiesta al Papa con circa
6.000 lettere postulatorie, da oltre 100 Paesi; fra gli altri 69 cardinali,
241 arcivescovi, 987 vescovi (più di un terzo dell'episcopato mondiale) e 41
superiori generali di ordini e congregazioni religiose, oltre a numerosi capi
di Stato e di governo, esponenti del mondo della cultura e della scienza,
innumerevoli fedeli. Esistono miracoli veri e propri, la cui
inesplicabilità scientifica è stata accertata: per esempio la guarigione
chiaramente prodigiosa, in una sola notte, della religiosa spagnola suor
Concepción Boullón Rubio da una forma tumorale e da vari altri mali. Tale
guarigione, prescelta tra numerosi casi analoghi di cui si allegava completa
documentazione clinica, è stata studiata dalla Santa Sede tramite i propri
Consultori medici e teologi, che ne hanno comprovato la verità, com'è
attestato dal decreto pontificio che, letto ufficialmente il 6 luglio 1991,
ha completato la causa di beatificazione di monsignor Escrivá. Il 17 maggio
1992 è la data in cui Giovanni Paolo II, nel corso di una solenne
celebrazione in piazza San Pietro, proclama beato Josemarìa Escrivá. Il
6 ottobre 2002 Giovanni Paolo II lo
proclama Santo.
Giudizi su Josemarìa Escrivá
- "In questi ultimi secoli, forse mai come nel Servo di Dio Josemarìa Escrivá de Balaguer si è registrata una sintonia ed un accordo quasi universale, anche a livello geografico e di differente cultura, nell'acclamarlo come grande amico di Dio e grande benefattore dell'umanità". - "Forse non andiamo errati se diciamo che si tratta della Causa del maggior apostolo di questo nostro secolo". - "Il Maestro della spiritualità per il
nostro tempo (...), l'uomo mandato da Dio per rinnovare e ravvivare lo
spirito cristiano in un mondo indifferente e distratto che abbisogna di
venire rievangelizzato". - "La sua missione continua oltre la morte, e
con quelle caratteristiche che sono proprie di quei santi che hanno qualcosa
da dire al mondo di oggi". - "Un modello compiuto e attraente della
santità di cui ha più bisogno il mondo contemporaneo". - "Se si prende in considerazione la fama di
santità, confermata da segni quasi innumerevoli in ogni parte del mondo,
oltre ad una grande figura di santo, la Chiesa si sta interessando di un
grande taumaturgo come nei tempi più luminosi della sua storia".
-"Appartiene
ormai alla storia e al tesoro di tutta la Chiesa" (card. Sergio
Pignedoli). -"Uno
degli eroi del nostro secolo" (card. John J. Carberry, arcivescovo di
Saint Louis). -"Uno
dei più grandi santi di tutti i tempi" (card. Maurice M. Otunga, arcivescovo di Nairobi). Di Giuseppe
Romano ( tratto dal sito web opusdei ) |