Carolina Bellandi è la testimonianza che santi ci si può diventare
anche vivendo nel secolo, impegnandosi attivamente a collaborare
all’apostolato della Chiesa e dei suoi ministri.
Nacque a Borgo S. Lorenzo (Firenze) nella bella regione del Mugello, il 17
maggio 1895, in un umile famiglia di contadini. Crebbe nella robusta
religiosità dei contadini di allora, al termine della Prima Guerra Mondiale
nel 1919, coronò il suo sogno di sposarsi, convolando a nozze con Olinto
Paladini.
In quegli anni il Mugello era tutto un fervore francescano, basti pensare che
vi erano ben 5500 Terziari e ogni paese aveva la sua Congregazione; Carolina
ne assimila ben presto l’ideale, facendosi anch’essa Terziaria Francescana
nel convento dei Cappuccini di S. Carlo; dedicandosi amorevolmente all’aiuto
dei poveri e forgiandosi nella preghiera.
Nel 1992 si trasferisce per lavoro a Firenze insieme al marito; i figli tanto
desiderati e implorati con preghiera, penitenza e pellegrinaggi, purtroppo
non ne vengono; dopo sette anni di lavoro, viene coinvolta nella grande crisi
economica del 1929, perdendo l’occupazione alle Officine Galileo.
Utilizza il maggior tempo disponibile per pregare di più, assistendo nella
chiesa della SS. Annunziata a più Messe giornaliere, benché il tempio sia
lontano e faticoso raggiungerlo a piedi; il pomeriggio invece va
all’Adorazione Eucaristica nella chiesa delle suore Calasanziane
in via Faenza..
Si tempra così all’amore per l’Eucaristia e alla preghiera contemplativa che
la condurranno ad ideare due opere meravigliose: L’Opera delle Prime
Comunioni e l’Assistenza ai Monasteri di Clausura.
Nel 1935 attraversando il quartiere povero di S. Frediano a Firenze, nota dei
ragazzi che chiassosamente giocano in piazza, li avvicina e scopre che non
hanno fatto ancora la Prima Comunione, per la povertà e l’indolenza delle
famiglie; allora Carolina Bellandi, contatta i
familiari e offre tutto l’aiuto necessario per la cerimonia, previa una buona
preparazione dei ragazzi, che affida per questo ai cappuccini di Montughi.
Durante la Messa della Fraternità del 6 gennaio 1936, il primo gruppo di
ragazzi, riceve la Prima Comunione, forniti di tutto quanto occorre per
l’occasione, dal vestito al rinfresco.
Nasce così l’Opera delle Prime Comunioni, la cerimonia si ripeterà ogni mese,
finché nel 1950 viene gestita da padre Stanislao Livi,
allargandosi anche in altre città come Pisa, Roma, in Sardegna e in tutta
l’Italia Meridionale; in 30 anni riceveranno la Prima Comunione in questo
modo, circa 20.000 ragazzi che la chiameranno “Mamma Carolina”, nome con cui
sarà conosciuta in seguito meritatamente, perché li ha amati come figli, lei
che di suoi non ne aveva avuto.
Il giro di denaro utilizzato in tutto questo tempo è notevole, svariati
miliardi di lire, racimolati faticosamente con le offerte di pochi soldi alla
volta; diceva a chi si meravigliava: “La banca di Gesù è tanto grande. Non
sono i soldi che mancano. Mancano i cuori”. Con l’avanzare del benessere
economico in tutta Italia, specie negli anni ’60, l’Opera gradualmente si
estingue; ma Carolina, anche se ha 70 anni, non si sente stanca, né vuole
ritirarsi dal fare del bene, ancora una volta ha un’idea geniale.
In quegli anni di post-Concilio in preda a crisi di fede (vedi divorzio,
aborto, ecc.) lei va a bussare ai Monasteri di clausura, cittadelle della
preghiera e della penitenza, per chiedere alle consacrate l’aiuto spirituale
necessario in quella lotta gigantesca contro il male.
Carolina prende anche ad aiutarle nelle loro necessità, stoffa, viveri,
denaro, affinché non debbano essere costrette a dedicarsi ad opere sociali a
scapito della clausura. Le consola, dà il sostegno spirituale in un’epoca di
forte efficientismo, che le fa sentire inutili nella loro clausura e che le
fa soffrire; anche le monache accettano la presenza, la semplicità, il
parlare di questa povera laica e le diventano amiche, subendo il fascino del
suo fervore.
Era nata l’Opera di assistenza ai Monasteri di Clausura, la gratitudine e
l’ammirazione delle claustrali è dimostrata dalle tante lettere e
testimonianze raccolte poi sulla sua vita. Carolina rimase attiva fino alla
morte, avvenuta a 91 anni, il 27 dicembre 1986; subì un incidente stradale
mentre si recava come al solito, a raccogliere le offerte per le sue
‘Monachine’.
Fu trasportata all’ospedale di Prato, dove stette in rianimazione per una
decina di giorni, lucida fino all’ultimo, il giorno di Natale, salutava chi
la visitava, con un sorriso dicendo “Arrivederci in Paradiso!”.
Carolina fu un umile donna del popolo, aveva fatto appena la terza
elementare. Era ricca solo dell’esperienza che viene dalla dura vita dei
campi, temprata al sacrificio; dalla natura però aveva ricevuto un carattere
forte, volitivo, dinamico, protagonista, con qualche inconveniente dovuto
appunto al carattere, come tentativi di imporre la sua volontà, musonerie,
ecc. ma la prima critica di sé stessa, era proprio lei, diceva: “Vedo
chiaramente che se Dio non mi tenesse le mani sul capo, non so quali peccati
non potrei commettere…”.
A chi le chiedeva il perché il Signore si serviva di lei, rispose: ”Il
Signore aveva bisogno di una ‘buona a nulla’, per
affidarle quest’incarico e non trovando di peggio,
si è servito di me, lingua lunga, legno storto, maldicente e truffellona”.
Il processo per la sua beatificazione è stato aperto il 18 ottobre 2001 per
l’interessamento dell’O.F.S. della Toscana, per
questa sua degna figlia.
Autore: Antonio Borrelli
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