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LE
DISPUTE CON GLI AGOSTINIANI
La
cappella di Santa Lucia, completata nel 1370, fu gestita dalla confraternita
fino al 1381,
quando i frati agostiniani provenienti da Mereto di Tomba vennero autorizzati,
mediante una bolla del Pontefice Urbano VI, a trasferirsi a Udine. Poiché
l’ordine agostiniano professava una speciale devozione a Santa Lucia, i frati
si stabilirono presso la cappella che ampliarono, portandola a tre navate e
costruendo un convento con annessi cimitero e orto. Fino
alla fine del XVI secolo i rapporti fra la confraternita e i frati agostiniani
furono improntati ad accordo e reciproco scambio di aiuti. La confraternita
contribuiva con proprio denaro a sostenere alcune spese relative
all’ampliamento e alla manutenzione della chiesa: fra il 1511
e il 1589, infatti, grazie all’interessamento della Fraterna, fu possibile
ricostruire il campanile, abbellire la facciata aprendovi quattro finestre
cir-colari ed aggiungendovi un portale in pietra. La confraternita provvide
anche a rifornire la chiesa degli arredi sacri, contribuendo con le proprie
entrate ordinarie, oppure, nei momenti di maggior bisogno, richiedendo elemosine
alla cittadinanza . Per questo suo aiuto godeva di alcuni privilegi fra cui il
diritto di sepoltura presso il convento per alcuni confratelli e per i carnerari.
Agli Agostiniani erano conferiti l’esercizio del culto e la celebrazione dei
sacramenti, ma i diritti parrocchiali restavano attribuiti al Capitolo.
(Antico
convento degli Agostiniani ora sede
dell’Università di Udine.) Alla fine del Cinquecento iniziò fra la confraternita e l’ordine agostiniano un netto dissidio destinato a durare per decenni. Questa disputa trova origine nell’istituzione ufficiale della parrocchia: nel 1595 infatti con il decreto del Patriarca Barbaro la parrocchia di Santa Lucia ottenne il riconoscimento; non v’erano però né la chiesa né la canonica della nuova parrocchia e pertanto gli Agostiniani furono autorizzati a volgere temporaneamente le funzioni parrocchiali. I Padri avrebbero voluto la piena titolarità della parrocchia, mentre la confraternita, facendosi portavoce delle istanze degli abitanti del borgo, richiedeva la costruzione di una nuova chiesa svincolata dagli Agostiniani. Questi dissidi furono così aspri da indurre il Patriarca ad intervenire nel 1599, dapprima revocando agli Agostiniani l’esercizio parrocchiale e successivamente smembrando la parrocchia fra quella di S. Cristoforo e quella di S. Chiara, che venne istituita in quella occasione . Gli abitanti dei borghi superiori, non avendo più un proprio punto di riferimento, si trovarono disorientati e si rivolsero chi a S. Cristoforo, chi ai Padri agostiniani, chi al Duomo. La situazione era insostenibile,tanto che la confraternita si adoperò in ogni modo per ottenere l’autorizzazione ad erigere la chiesa della parrocchia. I Padri tentarono di ostacolare questo proposito appellandosi anche al Luogotenente di Venezia perché impedisse alla confraternita di destinare i propri fondi ad attività diverse da quelle propriamente assistenziali che le competevano. Nonostante ciò i delegati della confraternita riuscirono ad acquistare anche un terreno in borgo Santa Lucia per edificarvi la chiesa, ma i padri si rivolsero nuovamente al Luogotenente per l’annullamento del contratto di compravendita, ritenuto un «istrumento usuratico fatto con patto reprobo contro la forma delle leggi». In tale situazione la confraternita di Santa Lucia decise di costruire nei propri locali un oratorio «per il benefitio spirituale dei . . . borghi» . Esso fu edificato nel 1621 nel luogo precedentemente occupato dall’ospizio gestito dalla Fraterna. L’oratorio, che svolse fino al 1733 le veci della chiesa parrocchiale, fu dedicato al SS. Redentore, che fu da allora la denominazione della parrocchia. Risale a pochi anni dopo l’elezione del primo parroco, don Giacomo Fabris di Lestizza, nominato il 6 giugno 1623 su presentazione della Fraterna . La costruzione dell’oratorio però non esaurì i conflitti con gli Agostiniani, sollevando il problema relativo al diritto di sepoltura. Come abbiamo già visto infatti il convento dei Padri era provvisto di un cimitero nel quale per lungo tempo furono sepolti gli abitanti del borgo. Al momento della costruzione dell’oratorio gli Agostiniani si batterono perché tale diritto fosse negato alla nuova chiesa e rimanesse di loro pertinenza. Il parroco tuttavia si oppose, seppellendo lui stesso alcuni defunti, poiché sosteneva che il diritto di sepoltura spettasse alla parrocchia in quanto tale. Conflitti di questo tipo esistevano anche in altre parrocchie e si risolsero a favore di queste. Pur non disponendo di informazioni precise, si presume pertanto che anche le dispute tra gli Agostiniani e i parroci del SS. Redentore si siano concluse in questo modo. |