Arcivescovo S.Em. Ennio card. Antonelli Vescovo
di Firenze dal
20 maggio 2001 al 7 giugno 2008 |
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Il saluto di insediamento
di Mons. Ennio Antonelli Nota biografica di Mons. Ennio Antonelli Monsignor Antonelli nominato Cardinale Ore 11,32: Antonelli è cardinale di Wojtyla Saluto alla diocesi
del Cardinale nominato da
Benedetto XVI, presidente del
Pontificio Consiglio per la Famiglia. |
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Lettera del Cardinale
Arcivescovo ai fedeli e ai sacerdoti della Diocesi |
L’Arcivescovo celebra la S. Messa nella nostra
Chiesa (30-9-04) |
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Il saluto di Mons. Ennio Antonelli
«Vengo in una città
vivace e geniale»
Nel
giorno, in cui la mia nomina da parte del Santo Padre ad Arcivescovo di
Firenze viene pubblicata, rivolgo il primo saluto a
Lei Eminenza che mi ha preceduto nella stessa sede, lasciando una splendida
testimonianza di spiritualità, di bontà, di serenità, di vicinanza ai
Sacerdoti e alla gente, di generosa dedizione al servizio pastorale. Il
sentimento di devozione e di simpatia anche umana, che la sua persona
suscita, accrescono in me la pronta disponibilità a
un rapporto di intensa comunione in Cristo. Sono certo che da Lei mi verranno incoraggiamento, valido aiuto e preziosi
consigli, anche perché lei ha la fortuna di conoscere dal di dentro, per
nascita e appartenenza, l’anima del popolo fiorentino. Della Sua paternità
spirituale continuerà a giovarsi, insieme con me, tutta la comunità diocesana.Insieme a Lei saluto
calorosamente i Vescovi della Toscana, con i quali avrò la grazia di fare
concreta esperienza di collegialità episcopale nell’amicizia e nella collaborazione.Rivolgo un rispettoso saluto alle
pubbliche Autorità, verso le quali sia la dottrina sociale della Chiesa sia
il ricordo di Giorgio La Pira, «il Sindaco santo», mi inclinano
ad essere interlocutore cordiale e attento in vista del bene comune. Abbraccio
con un pensiero affettuoso e con la preghiera i Sacerdoti, con i quali sono
chiamato a vivere una speciale unità, i Diaconi, le persone di vita
consacrata, i laici impegnati, le famiglie, i giovani, gli anziani, i malati,
i poveri, coloro che sono oppressi da qualsiasi genere
di sofferenza, tutta la comunità diocesana. Per
disposizione della divina Provvidenza faremo insieme un tratto di strada in
questo inizio di millennio. Insieme, attraverso l’amore reciproco e l’amore verso tutti, cercheremo di testimoniare che Cristo è
vivo e presente tra noi. Personalmente sono molto preso dalla persuasione che
l’autorità del Vescovo si colloca all’interno di una fraternità e dalla
convinzione che una forte identità cristiana di per sé non innalza barriere,
ma le abbatte: più si è fedeli al Vangelo e all’insegnamento della Chiesa e
più si è capaci di valorizzare gli altri, di dialogare e di collaborare, per
crescere tutti nella verità e nel bene. Il
Signore mi manda a un popolo, quello di Firenze, vivace e geniale,
protagonista di una storia eccezionale di umanità, di cultura e di arte; mi
manda a una grande Chiesa che, con la sua fede intensa e operosa, ha saputo
largamente ispirare quella tradizione di civiltà. Non posso nascondere che
dentro di me si fa acuta la consapevolezza dei miei limiti e si sviluppa un
sentimento di soggezione, simile a quello che si prova entrando nella
Cattedrale di S. Maria del Fiore, nello spazio immenso sotto la cupola di
Brunelleschi. La fiducia però rimane ferma, perché il Signore, che mi manda,
mi accompagna anche. Confido
molto, Eminenza, nella Sua preghiera e in quella dei
Sacerdoti e dei fedeli, specialmente delle persone di vita contemplativa. Mi
sembra di buon auspicio il fatto di essere inviato in una città dove è
veneratissima la SS. Annunziata e di ricevere la nomina
nell’imminenza della sua solennità liturgica. Non posso non ricordare
che mi è già capitato di ricevere la Prima Comunione, l’Ordinazione
sacerdotale e l’Ordinazione episcopale in tre Chiese dedicate all’Annunziata.
Mi è grata questa scanzione mariana della mia vita,
questo richiamo al momento in cui hanno avuto inizio l’annuncio e
l’attuazione della buona notizia di Dio che si fa uomo e viene per sempre ad
abitare con gli uomini. Per
intercessione di Maria, il Signore benedica Lei, Eminenza, me, la Chiesa e il
popolo di Firenze. Ennio
Antonelli |
Nota biografica di
mons. Ennio Antonelli
Ennio Antonelli
è nato a Todi il 18 novembre 1936. Dopo le scuole medie e il ginnasio nel Seminario
Vescovile di Todi, ha frequentato il Liceo nel Seminario regionale di Assisi.
Traferitosi a Roma, per desiderio del suo Vescovo,
è stato alunno del Pontificio Seminario Romano Maggiore e ha compiuto gli
studi di filosofia e teologia alla Pontificia università Lateranense. Il 6 novembre
1988 è stato nominato Arcivescovo di Perugia-Città
della Pieve. Nei sette anni di episcopato ha curato la promozione
del ruolo dei laici nella Chiesa attivando, in particolare, itinerari di
formazione per gli operatori pastorali, scuole di formazione all’impegno
socio-politico, consigli pastorali e consigli per gli affari economici in
tutte le parrocchie, strutture di pastorale giovanile e vocazionale. Nell’ambito
della Cei, è stato membro della Commissione episcopale per la dottrina della
fede e la catechesi, lavorando a lungo alla nuova
redazione del Catechismo degli Adulti. Il 25 maggio
1995 è stato nominato dal Santo Padre Segretario Generale della Cei per un
quinquennio, e poi confermato il 25 maggio Nominato
Arcivescovo di Firenze il 21 marzo Il 21 ottobre
2003 è stato creato Cardinale del titolo di S.
Andrea delle Fratte da Sua Santità Giovanni Paolo II. Nel
febbraio del Il 7 giugno 2008 viene
chiamato dal Santo Padre a presiedere il Pontificio Consiglio della Famiglia. Martedì 24 giugno |
24/06/2008
- 17:31 - Card. Antonelli, omelia per San Giovanni (2008)
1] Celebriamo la solennità di
San Giovanni Battista, patrono di Firenze, al quale è dedicato il Battistero,
centro urbanistico, storico e religioso della città, "il mio bel San
Giovanni" come lo chiama Dante. Quest'anno alla solennità si
aggiunge una nota particolare, il mio congedo ufficiale dalla città e dalla
diocesi di Firenze dopo sette anni di ministero episcopale. E' per me il
momento di rendere grazie pubblicamente a Dio per il bene che, nonostante la
mia debolezza, ha voluto compiere attraverso di me e per il bene che ha
voluto donare a me attraverso di voi. Mi rivolgo innanzitutto con un
ideale abbraccio, di grande affetto e gratitudine, al Card. Silvano
Piovanelli mio predecessore e consigliere sempre affabile, delicato e saggio;
a Mons. Claudio Maniago, Vescovo Ausiliare e Vicario Generale, mio primo
collaboratore, sollecito, generoso, intelligente, instancabile; ai fratelli
Vescovi della Conferenza Episcopale Toscana, servitori appassionati del
Signore e della Chiesa e nello stesso tempo attenti alla società civile, al
vissuto concreto della gente, al bene comune del nostro popolo. Un "Grazie" e un
saluto di rispetto, di stima, di amicizia alle autorità civili e militari con
le quali in questi anni ho avuto rapporti sereni e costruttivi. Il Signore
dia loro luce ed energia per discernere e attuare sempre il vero bene della
società. Un grazie caloroso ai fratelli
delle altre confessioni cristiane e agli amici delle altre religioni, con i
quali abbiamo avuto un dialogo desideroso di verità, animato da rispetto e
amore reciproco, proficuo per la pacifica convivenza civile. Grazie ai presbiteri diocesani e
religiosi, vere strutture portanti della nostra Chiesa fiorentina, vicini
alla gente, partecipi delle sue gioie e sofferenze, dei suoi desideri e
timori, impegnati in un lavoro difficile, spesso eccessivo e a volte
umanamente poco gratificante. Mi congratulo in modo speciale con quelli che
celebrano oggi gli anniversari della loro ordinazione: sei di loro il
venticinquesimo, otto il cinquantesimo, otto il sessantesimo, quattro il
sessantacinquesimo, tre il settantesimo. A questi e a tutti gli altri ogni
bene dal Signore; e da parte mia e della diocesi simpatia, amicizia e
profonda riconoscenza. Grazie ai diaconi, la cui
presenza nelle nostre comunità sta diventando sempre più familiare,
apprezzata e desiderata: essi sono in rapida crescita numerica e
costituiscono un dono prezioso per il presente e una bella speranza per il
futuro. Grazie alle religiose, che
impersonano l'amore sponsale della nostra Chiesa per il Signore Gesù. Sebbene
siano in forte calo numerico, sono ancora assai numerose e contribuiscono
silenziosamente, ma efficacemente, a edificare la comunità cristiana con la
preghiera, la testimonianza, i numerosi servizi educativi, caritativi e
pastorali. Grazie ai molti cristiani laici
impegnati nelle attività delle nostre parrocchie e nelle aggregazioni
ecclesiali: sono le minoranze che con fede salda, senso di responsabilità e
spirito di sacrificio servono e animano tutto il popolo cristiano. Infine il mio ricordo va alla
gente, alle tante persone che ho incontrato, nelle celebrazioni, nelle
assemblee, nella visita pastorale: bambini, spontanei, festosi, sempre pronti
a fare domande; ragazzi e giovani, aperti alla fede e ai valori umani, a
volte incerti e disorientati; sposi, desiderosi di costruire reti di amicizia
e solidarietà con altre famiglie e di essere aiutati nell'educazione dei
figli; anziani pieni di fede e di saggezza; malati duramente provati, eppure
sereni e in pace con se stessi e con Dio; protagonisti nascosti di
testimonianze ed esperienze commoventi di carità verso il prossimo; operatori
di iniziative di volontariato e di solidarietà anche a livello
internazionale; popolazioni affezionate ai loro sacerdoti; folle felici di
incontrare il loro Vescovo, di incrociare con lui lo sguardo e il sorriso.
Questi ed altri tratti disegnano nella mia memoria l'immagine che porto con
me della Chiesa e del popolo fiorentino, immagine bella, nonostante le ombre
che non mancano mai nelle cose umane, immagine in sintonia con le bellezze
artistiche della città e del territorio. 2] Giovanni Battista è il
precursore di Cristo, mandato a preparargli la strada. Nella seconda lettura
abbiamo ascoltato: "Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un
battesimo di conversione a tutto il popolo di Israele"; aveva svolto la
sua missione, sapendo stare al proprio posto e avendo di sé un'umile
considerazione: "Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco viene dopo
di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali" (At
13,24-25). Da quando sono stato ordinato
Vescovo nella festa del Martirio di San Giovanni Battista, il 29 agosto 1982,
ho cominciato ad avere una speciale devozione per questo santo, devozione che
poi si è intensificata qui a Firenze. Mi sono abituato a vedere una certa
somiglianza tra la sua missione e quella dei Vescovi e dei sacerdoti, mandati
anch'essi a preparare la strada a Cristo e a indicare la sua presenza nel
mondo, anzi mandati ad essere essi stessi segno e mediazione della sua
presenza di pastore, immagine viva di lui per trasmettere la sua verità, la
sua grazia, il suo amore. Per questo motivo ho tante volte sottolineato la
grande importanza dei sacerdoti per la Chiesa e per il mondo, anzi la
necessità; ho raccomandato insistentemente di chiederli con la preghiera:
"La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone
della messe che mandi operai nella sua messe! (Mt 9,37-38). E dobbiamo
ringraziare il Signore perché ci ha ascoltato: in questi sette anni ci ha
dato 35 nuovi sacerdoti e 29 seminaristi, ai quali il prossimo anno si
aggiungeranno altri ancora. Inoltre, come prezioso aiuto al Vescovo e ai
Sacerdoti, ci ha dato ben 27 nuovi diaconi. Anch'io, per quanto ho potuto,
ho cercato come Giovanni Battista non solo di annunciare Cristo, ma di
additarlo presente. Ho posto l'accento non sull'iniziatore del cristianesimo,
lontano da noi duemila anni, ma sul Signore Crocifisso e Risorto, vivente e
presente, nostro Salvatore e non solo maestro e modello sublime di umanità.
Ho ripetuto innumerevoli volte la sua solenne promessa: "Ecco, io sono
con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). E ho messo
in evidenza che egli mantiene la promessa e ci dà, lungo tutto il corso della
storia della Chiesa dalle origini ai nostri giorni, segni oggettivi, quasi
trasparenti, della sua presenza, quali i santi eroici e i fatti miracolosi,
oltre la perenne attualità e inesauribile fecondità del Vangelo in ogni
popolo e cultura. 3] Nella prospettiva di Cristo
presente nella storia e nella nostra vita personale ho svolto i temi
ricorrenti del mio magistero episcopale. Della Chiesa ho offerto una visione
sacramentale e comunionale. La Chiesa, visibilità
dell'invisibile, segno e mediazione della presenza salvifica di Cristo,
immensa famiglia riunita da lui intorno a sé con la comunicazione del suo
Spirito. I cristiani, malgrado i loro limiti, errori e peccati, scelti da lui
come suoi discepoli, fratelli e collaboratori, da lui amati come parte di se
stesso, accolti come membra del suo corpo, di pari dignità e comune
partecipazione alla missione, ma con carismi e compiti diversi. La fede come
un sentirsi accompagnati da Cristo, un abituarsi a vivere con lui come se lo
si vedesse con gli occhi, un metterlo al centro e non relegarlo sullo sfondo.
Un giorno ero a colloquio con
don Divo Barsotti, il grande mistico fiorentino
recentemente scomparso. Si parlava di alcuni cristiani impegnati nel sociale
per l'attuazione di alcuni valori umani importanti e conformi al Vangelo. Con
mia sorpresa vidi due rivoli di lacrime scendergli dagli occhi e solcargli il
viso, e lo sentii dire: "Sì, ma non amano Gesù Cristo". Per me fu
una sconvolgente testimonianza di quello che già sapevo, del fatto che nel
cristianesimo è decisiva la persona stessa di Cristo, più ancora del suo
insegnamento. E' dal vivere con Cristo che scaturiscono la gioia di essere
Chiesa, il coraggio di essere e mostrarci cristiani, l'umiltà di riconoscersi
peccatori senza perdere la fiducia, l'energia e l'orientamento per impegnarsi
nel mondo, con sacrificio e con perseveranza, a favore della dignità di ogni
persona, dei diritti umani fondamentali, della famiglia, dello sviluppo
solidale, della cultura e della scienza, e perfino di una società sanamente
laica. A motivo della centralità di
Cristo ho ribadito continuamente la necessità per i cristiani della Messa
della domenica. Un dono più che un dovere; il nutrimento della Parola e
dell'Eucaristia per poter vivere come fratelli di Cristo e figli di Dio. Non
è possibile essere cristiani senza la Messa, perché non è possibile essere
cristiani senza Cristo. E' lui che ci convoca, ci rivolge la parola, ci ripresenta
il suo sacrificio pasquale, ci unisce a sé e tra noi comunicandoci lo Spirito
Santo, ci manda in missione con energia e gioia rinnovata in tutti gli
ambienti del vivere quotidiano. In base alla comunione con
Cristo ho poi costantemente motivato la vocazione e la responsabilità
missionaria di tutti i cristiani, anche dei laici. Aderire a Cristo significa
anche condividere il suo amore appassionato per tutti gli uomini. Ed essere
missionari, secondo la bella formula suggerita dal Concilio Vaticano II, è
"rivelare e comunicare la carità di Dio (e di Cristo) a tutti gli uomini
e a tutte le genti" (Ad Gentes, 10).
Collocandomi su questa linea, ho esortato incessantemente i fedeli a farsi
portatori dell'amore di Cristo con gli atteggiamenti, le parole e le opere.
Spesso ho fatto riferimento a Madre Teresa di Calcutta, fondatrice delle
Missionarie della Carità, citando anche le sue espressioni incisive e forti,
come questa esortazione: "Lasciate che Cristo guardi con i vostri occhi,
parli con la vostra lingua, lavori con le vostre mani, cammini con i vostri
piedi, pensi con la vostra mente e ami con il vostro cuore".
Evangelizzare è dunque irradiare la presenza di Cristo con la nostra vita. E
lo spazio privilegiato è il vissuto ordinario che non fa notizia, che non
arriva ai giornali e in televisione: famiglia, vicinato, parentela, scuola,
lavoro, ospedale, rete degli amici, incontri occasionali. Per questo nella
pastorale non do importanza alle parole e ai gesti che servono soprattutto ad
avere risonanza mediatica, e neppure ai cosiddetti grandi eventi, pur utili e
opportuni qualche volta. Per questo, pur apprezzando e praticando il serio
discernimento comunitario, non indulgo alle discussioni sterili e fine a se
stesse. La Chiesa, come affermava Paolo VI,
"Esiste per evangelizzare" (Evangelii Nuntiandi, 14), cioè per ascoltare e vivere la parola di
Dio e per trasmetterla a tutti. In ordine all'evangelizzazione
sul territorio, ho cercato di concentrare l'attenzione della Chiesa
fiorentina sulla necessità di intensificare i rapporti tra parrocchia e
famiglia, con l'indicazione di obiettivi, piste pastorali, iniziative e
suggerimenti concreti, secondo due dinamiche: "convocare le famiglie e
andare alle famiglie". In ordine all'evangelizzazione
in un orizzonte universale, ho cercato di tenere desta la responsabilità
della nostra diocesi, accogliendo seminaristi e sacerdoti studenti dai paesi
poveri, sostenendo le nostre missioni in America Latina e in Africa, inviando
in missione i sacerdoti disponibili, incoraggiando gemellaggi e visite di
cooperazione tra le Chiese e compiendo io stesso vari viaggi. Consapevole che la promozione
umana è parte integrante dell'evangelizzazione non solo nei paesi poveri ma
ovunque, ho incoraggiato la crescita delle Caritas parrocchiali e anche la
nascita di laboratori di impegno socioculturale, per trattare i problemi
concreti del territorio alla luce della dottrina sociale della Chiesa.
Purtroppo quest'ultima proposta ha avuto un certo successo solo in uno o due
vicariati. Auguro comunque al popolo fiorentino di rimanere ancorato alle
radici cristiane della sua cultura umanistica e di camminare più concorde e
creativo sulle vie dello sviluppo e del bene comune. [4] Chiamato
dal Santo Padre Benedetto XVI a presiedere il Pontificio Consiglio per la
Famiglia, vado a Roma portando nel mio cuore e nella mia preghiera questo
popolo e questa Chiesa fiorentina. Accompagnatemi anche voi con il sostegno
dell'amicizia e della preghiera. Avverto un'enorme sproporzione tra le mie
forze e il compito affidatomi; non ho fatto studi specifici sulla famiglia e
non ho un'esperienza internazionale. Eppure vado con fiducia. So che per
molti aspetti la famiglia è in crisi; ma so anche che essa costituisce a
tutt'oggi un ideale molto sentito tra gli stessi giovani. Soprattutto so che
a Cana di Galilea il Signore Gesù, per
intercessione di Maria, ha cambiato l'acqua in vino e ha salvato la festa di
nozze. |