In fondo alla chiesa parrocchiale da alcuni giorni è esposto il modellino del nuovo altare, opera dell’arch. De Lucchi, nostro comparrocchiano. Il progetto del nuovo altare, con l’ambone e la sede, è stato definitivamente approvato sia dalla Commissione di Arte Sacra della Curia che dalla Sovrintendenza alle Belle Arti. Ora il progetto è in fase di attuazione.
Il nuovo altare vuole, nella essenzialità delle linee, richiamare la stretta connessione tra Eucaristia e Chiesa, l’Eucaristia simboleggiata nella mensa e la Chiesa simboleggiata nella barca. Inoltre si è voluto dare rilievo alla fede che unisce tutte le varie componenti della Chiesa e della sua vita attraverso le funi che stringono in unità i vari elementi che costituiscono la struttura della barca.
La barca della Chiesa, nella quale e per mezzo della quale Gesù continua a parlare e a operare, nel suo cammino nel tempo incontra a volte gravi difficoltà, ci sono le tempeste che gonfiano l’acqua creando onde pericolose. Ed ecco allora il simbolismo dell’acqua ondulata che fa da basamento all’intera struttura dell’altare.
Con questa simbologia ci poniamo così anche nella linea dell’invito che il Papa ha fatto alla Chiesa nella esortazione apostolica per il nuovo millennio: "Duc in altum", prendi il largo. Infine con l’immagine della barca si vuole fare anche un particolare riferimento al nostro territorio con il richiamo del lago e, di conseguenza, al nostro contesto di vita quotidiana.
Così il progetto nella essenzialità delle sue linee diventa narrativo e, inoltre, si inserisce come elemento totalmente nuovo e diverso nel contesto del vecchio presbiterio, rispettandone la struttura e permettendone la visione globale. Il tutto nella armonia delle varie componenti. La base e la sagoma della barca saranno realizzate in bronzo, come pure di bronzo saranno l’ambone e la sede, realizzati essi pure per linee essenziali in un disegno che si richiama all’altare.
All’arch. De Lucchi va tutta la nostra riconoscenza per aver accettato di preparare il progetto e curarne la sua attuazione.
Don Rino
Abbiamo chiesto all’Arch. Michele De Lucchi che ha progettato e curato la realizzazione del nuovo altare, dell’ambone e della sede, di illustrarcene il significato e i criteri di attuazione. Pubblichiamo il suo interessante e chiaro intervento.
Sono stato molto onorato, oltre che contento, dell’invito a disegnare il nuovo Altare: onorato per l’importanza dell’incarico che rimanda a grandi architetti del passato, felice per la ricchezza intellettuale e spirituale del tema del progetto.
Mi sono stati di grande aiuto le idee e i suggerimenti di don Rino, che sin dall’inizio hanno saputo dare significato alla ricerca della forma dell’Altare, dell’Ambone e della Sede. Secondo le indicazioni del concilio Vaticano II, l’Altare è una mensa, "…ma non una mensa qualsiasi,…così come l’Eucaristia è un pasto, ma non un pasto qualsiasi. E’ una mensa da festa ed è la mensa di un pasto sacro, un pasto sacrificale…".
L’Altare di don Rino è una barca che simboleggia la Chiesa, che galleggia nel mare della storia con tutte le sue forze divine e le sue debolezze umane. Ho usato questa suggestione per dare forma alla struttura stessa che è fatta con quattro archi che sostengono il piano e che si intrecciano uniti da un legaccio di corda nei punti di contatto. Questa forma poggia sopra uno zoccolo a base rettangolare con il piano superiore ondulato come la superficie del mare. Il tema della barca è molto convincente e si addice bene ad Angera che è un paese del Lago, ma chi vuole può leggere nell’intreccio degli archi anche un cesto o delle braccia alzate che sostengono il piano.
La struttura è molto essenziale, spoglia, leggera, trasparente, e lascia aperta alla vista l’Altare maggiore: unico elemento decorativo è la corda, grezza e rustica, che rimanda al simbolo del legaccio con profondo valore evangelico. La struttura, la base e la corda sono state realizzate in bronzo fuso con l’antica tradizionale tecnica della cera a perdere. Il piano è in legno massiccio di quercia composto da tre assi di 10 cm di spessore. Un piano di ardesia è incastonato nel punto della celebrazione, al centro.
Il progetto dell’Altare è passato subito alla Commissione per l’approvazione delle opere sacre della Diocesi di Milano, nonostante l’aspetto sia stato definito inusuale, ma l’evocazione della barca è piaciuta molto.
Ho faticato invece molto ad ottenere l’approvazione dell’Ambone e della Sede. In un primo tempo non volevo coordinare l’Altare con gli altri arredi, erroneamente pensando che fossero elementi secondari: ho capito solo dopo l’importanza dell’Ambone e della Sede, non solo per gli aspetti funzionali della celebrazione, ma anche per il significato che rivestono.
L’Ambone infatti non è solo un leggio, ma è il luogo sacro della Scrittura, dove fisicamente viene collocata la Sacra parola di Dio. E’ quindi un oggetto estremamente importante, secondo solo all’Altare, e che deve trasmettere tutta la sacralità della funzione. Dopo vari ripensamenti ho usato anche qui il simbolo del legaccio di corda, che unisce saldamente tre rami arcuati sostenuti da un volume triangolare.
Se ho faticato per l’Ambone, ben più fatica è costato capire e come fare la Sede. I primi disegni erano troppo influenzati dalle forme delle sedie convenzionali e nei vari tentativi di rendere l’effetto più importante ottenevo comici tronetti da scenografie televisive.
Solo dopo aver capito che dovevo farla in bronzo e con il sedile di legno, evitando qualsiasi tipo di imbottitura in tessuto, e dopo aver individuato le proporzioni in altezza e larghezza, ho potuto disegnare quell’archetto che solleva lo schienale e sostiene la seduta abbracciando la struttura delle gambe. Quelle specie di foglie che ammorbidiscono il contatto con il bracciolo e con lo schienale, le ho realizzate direttamente in fonderia per valorizzare l’aspetto tubolare della struttura.
Spero così di aver ben interpretato le necessità funzionali e liturgiche di don Rino e di non aver deluso le aspettative della Comunità Parrocchiale di Angera: confido che le cose semplici ma ricche di significato possano valere nel tempo e durare a lungo.
Michele De Lucchi