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IL GIORNALE DELLE EGADI - MARZO 1993

S A N   G I U S E P PE
LA FESTA DI MARETTIMO

Nella vita della comunità di Marettimo esistono varie occasioni in cui si manifesta il forte senso di appartenenza all'isola, di attaccamento alle tradizioni e alla propria cultura e la festa religiosa dedicata a San Giuseppe ne è l'esempio più significativo. E' impossibile, per mancanza di fonti, stabilire a quale anno risalga l'origine di questa festività, poiché la tradizione si è sempre tramandata oralmente e non esistono fonti di documentazione che possano attestarne la data di inizio.
Ma perché i marettimari hanno proclamato proprio San Giuseppe Patrono dell'isola? Sicuramente un profondo senso di religiosità li ha sempre contraddistinti fin dai tempi più remoti. Una religiosità forse poco legata, in particolare per gli uomini, agli inginocchiatoi della piccola chiesa del paese ma, sicuramente, molto sentita nella quotidianità delle loro esistenze, in passato più che adesso, improntate sui sacrifici che imponeva il loro umile mestiere di pescatori. Ecco forse proprio questo li ha avvicinati alla figura di questo Santo anch'egli uomo silenzioso ed umile nonché lavoratore integerrimo. Il primo a cui rivolgersi nelle preghiere ed il primo da ringraziare per i piccoli "miracoli quotidiani".
I festeggiamenti in onore di San Giuseppe cominciano con la novena e, la sua immagine, oltre che in chiesa dove è rappresentato da una statua risalente all'epoca della costruzione della chiesa (fine '800), viene incorniciata presso moltissime famiglie nei caratteristici "Altari" realizzati con stole di tela decorate a mano e con ritagli di carta stagnola. E' in uso esporre in questi altari oggetti simbolici come tre arance, i "panuzzi", i "cucciddati" ed infine ceri accesi e vasi colmi di fiori color viola (violacciocche) comunemente chiamati "U barco".
L'atmosfera di festa è già viva nel giorno della vigilia, giorno dell'arrivo della banda musicale che porta la musica per tutte le vie del paese, mentre la sera si assiste al rito della "Duminiara". Si fanno ardere tre cumuli di fascine di legna composta di arbusti raccolti sull'isola e fatti essiccare per qualche tempo. La triade dei fuochi rappresenta il simbolo religioso della Sacra Famiglia di cui San Giuseppe è il padre buono e protettivo, ma non mancano gli elementi laici come l'usanza di gettare nel fuoco centrale una vecchia barca. Intanto, tra una sonata e l'altra della banda, una voce di uomo grida: "EVVIVA U PATRIARCA DI SAN GNU-SEPPE" seguito da un coro di "VIVA".
Ma eccoci al giorno tanto atteso. La sveglia è di buon mattino, al suono della banda musicale. Nella piccola piazza del paese è pronto un palco, adornato con ramoscelli di mirto, su cui si svolgerà, dopo il rito religioso, il tradizionale pranzo dei Santi, impersonati di anno in anno, a turno, da coloro che l'hanno promesso in "voto" come ringraziamento a San Giuseppe per avere esaudito le loro preghiere in momenti difficili o particolari della loro vita. Al termine della santa messa davanti al portone chiuso della chiesa si celebra il rito dell'"Alloggiate" che è sicuramente il momento più commovente dell'intera manifestazione poiché, rievoca la fuga in Egitto di Maria, Gesù e Giuseppe in cerca di Ospitalità presso varie locande. I tre pellegrini si avviano per bussare simbolicamente a quella porta chiusa accompagnati da un coro di donne che intonano la seguente nenia: "Alloggiate Alloggiate i tre poveri pellegrini:/ Alloggiate Alloggiate sono stanchi i meschini./ Oh che pena, che dolore…".
Da tanti anni ormai è sempre Giuseppe Bevilacqua, detto Peppe di Pippinedda", attivo organizzatore dei festeggiamenti, a bussare per chiedere ospitalità per i pellegrini i quali per due volte vengono respinti con un secco: "Un c'è posto" e la porta sbattuta in faccia.
 

La scena è molto toccante. Molti si commuovono fino alle lacrime forse perché dietro la porta chiusa ci siamo stati un po' tutti quando abbiamo rifiutato il nostro aiuto al prossimo e ci siamo barricati dietro al muro dell'orgoglio. Finalmente al terzo tentativo dopo la frase: "Cu è?" - "Gesù, Maria e Giuseppe" le porte si spalancano per la Sacra Famiglia. Le campane suonano a festa e la folla, che aveva ascoltato tutto in religioso silenzio, esulta al grido "EVVIVA U PATRIARCA DI SAN GIUSEPPE".
 


Ora è il momento del pranzo dei "Santi". Si svolge nella piazza centrale del paese su un tavolo apparecchiato con il servizio buono e pieno di fiori. Sulle sedie sono appesi i "cucciddrati", grosse ciambelle di pane, e tutto intorno una grande quantità di cibi e dolci giunti da tutte le famiglie del paese. I Santi però non toccheranno il cibo ma verranno imboccati da tre persone che, insieme a coloro che laveranno i piatti completano lo scenario di questo pasto sacro.
I dolci caratteristici come "pignolo", "petra mennula", "cubbaita", e "cassatelle", alla fine vengono distribuiti a i presenti. Poi, al seguito dei Santi, si raggiungono i due moli dell'isola come segno propiziatorio per la stagione di pesca del "cianciolo" che inizia proprio dopo la fine delle festività.
Nel pomeriggio la statua del Santo viene trasportata per le vie del paese, si ferma porta a porta, in segno di benedizione, e raccoglie offerte e voti da tutte le famiglie.
Come spesso accade alla sacralità, sicuramente molto sentita in tutte le rappresentazioni religiose, si mescolano elementi profani come i tipici giochi locali (ioco 'ntinna, pignateddre, cursa 'i sacchi) o i consueti spettacoli serali. Questi aggiungono un clima di gioiosità, di voglia di stare assieme e di incontrarsi anche con coloro che, emigrati all'estero, ritornano in questa occasione. Emigrati che rivedono parenti ed amici, scambiano due chiacchiere sul molo con i pescatori, sentono l'odore del mare ed il profumo dei dolci fatti in casa: rivivono il profondo legame delle proprie origini.
 

Elisa Aliotti
Tiziana Maiorana
Lea Vaccaro


IL COMITATO


Verrà dalla California per avere il privilegio di lavare i piatti a Marettimo. Si tratta di Giuseppe Bonanno inteso Linuccio abitante a Monterey. Quest'anno assieme a Marco Torrente e Matteo Noto dovrà pulire pubblicamente tutti i piatti necessari al pranzo della Sacra Famiglia che ogni anno si tiene a Marettimo.
 


A servire i Santi invece, dopo l'esperienza di pulire i piatti dello scorso anno, saranno Marco Maiorana, Francesco Maiorana e Giuseppe Febbraio del ceppo degli Spandilla. Il tutto sarà coordinato da un apposito comitato composto da Nicola Galuppo in qualità di presidente, Filippo Li Volsi, Rosario Aliotti, Salvatore Torrente, Gaspare Aliotti, Gino Vitale, Pippo Incaviglia ed altri che si prodigano a dare una mano d'aiuto per la buona riuscita della manifestazione. Molti sono i personaggi che ruotano ogni anno, vuoi per devozione che per tradizione, attorno alla manifestazione di San Giuseppe a Marettimo. Fra i tanti a brillare è Giuseppe Bevilacqua, detto "Peppi di Pippinedda". E' lui il sommo sacerdote laico della liturgia che ogni anno si svolge nella piazza principale. Osservante della volontà della madre che per grazia ricevuta lo vide ritornare dalla Germania (dove era stato prigioniero), per voto si è da sempre dedicato all'organizzazione della grande festa di Marettimo. E' lui che provvede con 'a za' Rosina Bevilacqua a preparare "U vagnu", una mistura ricavata da un decotto di erbe composte da artemisia (detta erba bianca), menta, "barcu" (violacciocca) e mirto, necessario a purificare le mani dei Santi prima d'iniziare il rituale del pranzo.


  

L'ISOLA DELL'UTOPIA


di Matteo Sammartano *
  

ISOLE EGADI: vicini, ma lontani...
Tre isole meravigliose, Levanzo, Marettimo e Favignana, unite da coordinate geografiche che ne danno una identità fisica ed un solo nome "Egadi", ma lontane mille miglia per ciò che riguarda i rapporti sociali.
Abbiamo molti problemi in comune, primo fra tutti l'insularità, ma non siamo mai riusciti ad affrontarli insieme.
I collegamenti, le riserve marine, il turismo, problemi seri che, nei tempi a venire, possono lasciare il segno, sia in positivo, che in negativo.
Per esperienza diretta nel settore della Sport, mi sono reso canto che per un atleta di Marettimo è più facile militare in una squadra della provincia che in una di Favignana.
Ci siamo mai chiesti perché è così difficile essere collegati fra di noi? Un lavoratore, uno studente di Marettimo, hanno la possibilità di fare i pendolari come avviene per gli abitanti delle altre due isole e del Trapanese? C'è la possibilità, per noi egadini, di avere interscambi di ogni tipo, come avviene con la terraferma?
Dobbiamo creare occasioni per stare insieme. Lo Sport può essere la scintilla, ma vanno valorizzate tutte le occasioni sociali e culturali a difesa delle tradizioni in particolare. Mettiamo da parte il campanilismo che sicuramente ha una valenza positiva se condotto nei giusti binari.
"L'Isola dell'UTOPIA"!
Dobbiamo realizzare un ponte ideale fra noi isolani, che ci unisca, non solo geograficamente, e cercare di risolvere insieme i problemi che ci riguardano, nel rispetto delle peculiarità che differenziano, le nostre esigenze, e quelle della collettività in generale.
 

(*) Seg. Polisportiva Canossa Favignana


San Giuseppe made in USA


Negli stati Uniti d'America la tradizione di celebrare il Santo Patrono dei Lavoratori è sentita sopratutto nella cittadina californiana di Monterey dove risiede una compatta comunità di Italiani.
Il privilegio di presiedere ed organizzare i festeggiamenti in onore di San Giuseppe non poteva che toccare a italiani di origine marettimara. Tra i più attivi vogliamo ricordare i coniugi Mary e Ventura Manuguerra, Beatrice e Linuccio Bonanno (che per il prossimo anno avrà anche il privilegio, essendo stato sorteggiato, di servire il Santo nella sua isola di origine). Operativa anche una intera famiglia che si dedica anche ad organizzare la processione con tanto di "alloggiate" e "pranzo": gli Aliotti meglio conosciuti come "Mangiafera"
 


  

NELL'ATTESA DEL PORTO


Siamo ormai alle soglie del duemila.
Tutto è computerizzato, automatizzato, finalizzato a rendere più comoda e produttiva la vita dell'uomo. Eppure in questi tempi di avanzata tecnologia, l'isola di Marettimo sembra essere rimasta al palo, esclusa. Il proliferare di imbarcazioni da diporto e da pesca professionale, sempre più moderne e sofisticate, non trova un reale riscontro nelle infrastrutture esistenti che ne dovrebbero consentire e garantire sicurezza e comodità.
L'annoso e irrisolto problema del porto, ha ormai raggiunto dimensioni e livelli di intollerabilità sfociando nel caos più completo durante il periodo estivo.
I marettimari devono costantemente osservare l'evolversi delle condizioni meteo-marine e, al repentino cambiamento di tempo, mettere precipitosamente in salvo la propria imbarcazione dalla furia degli elementi. L'intera popolazione che da secoli vive in questa situazione di preoccupazione e preallarme è decisamente esasperata. Ventiquattrore su ventiquattro ogni marettimaro scruta ansiosamente il mare che si affaccia da Punta Basano e da Punta Troia ed il cielo con le nuvole che l'attraversano, per cercare di capire dove ormeggiare con sicurezza la propria imbarcazione.
La flotta peschereccia locale ha già rinunciato da tempo a fare base operativa nell'isola, e le famiglie dei pescatori sono state costrette a trasferirsi a Trapani, dove i pescherecci trovano finalmente un sicuro rifugio.  D'estate poi, col sopraggiungere dei turisti e dei loro natanti, si arriva al collasso totale con gravi rischi di incolumità sia per i mezzi che per gli uomini. Si è costretti ad ormeggiare in tripla o quadrupla fila, con le ancore aggrovigliate una sull'altra, pericolosamente esposti alle bizze e agli umori del tempo, senza possibilità di rapide e veloci fughe verso il ridosso.
La storia recente ci narra di decenni di lavori, iniziati ed interrotti, di finanziamenti divorati, di preventivi di spesa approvati e polverizzati. Ed ancora ricordiamo decine di blocchi di cemento gettati alla rinfusa a creare solo ostruzione e pericolo all'attracco dei traghetti e denunciamo lo sperpero di mezzi e denaro pubblico. Denaro pubblico impiegato in lavori che non hanno sortito nessun esito, ma che anzi hanno reso ancor più insicuro l'attracco delle navi e deturpato l'ambiente.
Nessuno può prevedere se e quando quest'incubo avrà fine. Speriamo che, abbandonati cavilli burocratici ed "impedimenti pregiudizievoli", abbia il sopravvento il buon senso e possa operarsi un sano e produttivo intervento di risanamento delle strutture dell'arcipelago. Gli isolani potranno così affrontare con maggiore consapevolezza e sicurezza la secolare lotta contro la furia del mare.
 

A.S.