PIETRO GR. PETROS (“pietra”) |
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Era un candidato improbabile per guidare una rivoluzione
religiosa, tuttavia quando Gesù lo chiamò perchè
diventasse suo discepolo, la vita di Pietro il pescatore cambiò completamente
e in modo irreversibile. Diventò non soltanto il più importante tra i
discepoli di Gesù di Nazaret, ma anche, più tardi,
il capo e il principale portavoce della nascente e titubante Chiesa
cristiana. Sappiamo poco della vita di Pietro prima del suo
incontro con Gesù. Si chiamava Simone (o Simeone) bar Jona,
che in aramaico significa
"figlio di Giona". Era nato a Betsaida
Giulia, sulla riva settentrionale del Mare di Galilea. La città, il cui nome significa "casa del pescatore", si trovava a
oriente del Giordano ed era pertanto fuori della provincia della Galilea
propriamente detta e sottoposta al governo di Erode Filippo, figlio e uno dei successori del famoso Erode il Grande. |
Filippo aveva trasformato il villaggio ebreo di Bet-Saida in un prospero centro urbano, con una
popolazione mista di Greci ed Ebrei, aggiungendo l'appellativo Giulia al nome
ebraico in onore della figlia dell'imperatore Augusto. Pietro e suo fratello Andrea, al quale era stato
dato un nome greco, crebbero in una famiglia di pescatori, che commerciava -
com'è immaginabile – sia con la popolazione ebraica sia con quella greca.
Nonostante avesse certamente frequentato la scuola di base della
sinagoga, pare molto improbabile che avesse ricevuto un'istruzione più
approfondita sulla Torà (Legge). Quando incontrò Gesù, Pietro era sposato e si era
trasferito alcuni chilometri più a ovest del suo luogo natio, nella città galilea di Cafarnao. Li, si era
messo in società con il fratello Andrea e con i figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni. Ancora prima di incontrare
Gesù, Pietro e Andrea nutrivano speranze messianiche ed erano scesi lungo la
valle del Giordano per ascoltare Giovanni
Battista, il profeta ascetico che predicava l'imminente giudizio del
Signore ed esortava Israele al pentimento. Entrambi non soltanto si erano
fatti battezzare da Giovanni, ma erano diventati anche suoi discepoli,
rimanendo con lui per imparare. Il momento cruciale in cui Pietro diventò seguace di
Gesù è descritto in tre modi diversi nel Nuovo Testamento. Secondo il Vangelo
di Giovanni, Andrea incontrò Gesù tramite il Battista e portò poi da Gesù suo
fratello. Identificando immediatamente Simone, come se lo conoscesse già, il
Nazareno gli disse: «Ti chiamerai Cefa» (Gv 1,42). In aramaico Cefa significa "roccia" come il corrispondente
nome greco Petros. I Vangeli di Matteo e di Marco
tramandano che Gesù incontrò Pietro per la prima volta sulle rive del Mare di
Galilea. Pietro e Andrea stavano gettando le reti, quando Gesù disse loro
semplicemente: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini» (Mt
4,19). E la forza delle parole di Gesù Cristo era tale che «subito, lasciate
le reti, lo seguirono» (Mc 1,18). Ma è il Vangelo di Luca a fornire il racconto più
spettacolare della chiamata di Pietro. Gesù stava insegnando sulle sponde del
lago di Genesaret (altra denominazione del Mare di
Galilea o lago di Tiberiade), dove i pescatori stavano lavando le reti
accanto alle barche dopo una notte di pesca infruttuosa. Salito sulla barca
di Pietro, Gesù gli chiese di scostarsi un po' dalla
riva e, sedutosi, iniziò ad ammaestrare le folle. Quando ebbe finito di
parlare, disse a Pietro e ai suoi aiutanti di spingersi al largo e di gettare
le reti. In un primo momento, Pietro protestò, ma poi acconsentì: «Maestro,
abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua
parola getterò le reti» (Lc 5, 5). Immediatamente
le reti cominciarono a tendersi con forza sotto il gran peso dei pesci
catturati. Pietro si rese subito conto che non si trattava di un colpo di
fortuna, ma che era in presenza di un potere che
emanava dalla persona di Gesù e che non riusciva a capire. La prima reazione di Pietro fu di sgomento e di timore:
«Si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: "Signore, allontanati da me
che sono un peccatore"» (Lc 5,8). Gesù, però,
non intendeva affatto andarsene: stava cercando proprio un uomo così,
qualcuno che conoscesse le proprie debolezze e deficienze, ma sapesse
riconoscere e accettare la presenza del potere divino; per questo egli disse
gentilmente al pescatore inginocchiato: «Non temere; d'ora in poi sarai
pescatore di uomini» (Lc 5,10). E Pietro lasciò
tutto e seguì Gesù. Fin dall'inizio, Pietro fu una figura dominante tra i
discepoli di Gesù ed ebbe un rapporto particolare con il maestro. Quando Gesù
scelse 12 persone per formare un gruppo di seguaci più ristretto, Pietro fu
il primo di loro. Egli fece sempre da portavoce, anche se spesso parlò con
impeto, senza rendersi perfettamente conto di ciò che diceva. Allorché Gesù
si trovava a Cafarnao,
sembra si servisse della casa di Pietro come base per il suo insegnamento, e
quando si recò per la prima volta alla dimora del discepolo, con un semplice
tocco della mano gli guarì la suocera dalla febbre. I Vangeli spesso presentano Pietro come un esempio di
grande fede, ma anche di umana incertezza e di dubbio: lo dimostra l'episodio
di Gesù che, nell'oscurità, cammina sulle acque agitate del Mare di Galilea
verso i suoi discepoli, che cercano di governare la loro barca contro il
vento impetuoso. Quando lo intravidero, i discepoli urlarono di terrore. Poi,
non appena Gesù li ebbe rassicurati, dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate
paura», Pietro subito gridò: «Signore, se sei tu, comanda che io venga da te
sulle acque». Gesù gli disse di farlo. Fidandosi della sua fede, Pietro saltò
fuori bordo e cominciò a camminare verso Gesù, facendo con facilità quella
cosa impossibile. Ma la furia degli elementi distolse il suo pensiero,
cosicché «per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare,
gridò: "Signore, salvami!"». Gesù lo trasse dalle onde, dicendogli:
«Uomo di poca fede, perchè hai dubitato?» (Mt 14,27;28;30;31). La fede talvolta vacillante di Pietro
rispecchia la lotta dei discepoli per capire il grande mistero della venuta
di Gesù in un mondo turbolento. In un'altra occasione Pietro dimostrò ispirazione e,
nello stesso tempo, di nuovo incomprensione nel
tentativo di esprimere il significato della missione di Gesù. Mentre si
dirigevano verso le sorgenti del Giordano, il Nazareno chiese ai suoi
discepoli cosa la gente pensasse di lui. Le opinioni della folla erano varie
e interessanti: chi lo riteneva Giovanni il Battista, chi Elia, o
forse qualcun altro dei profeti. Poi Gesù chiese direttamente: «Voi chi dite che io
sia?». E Pietro rispose a nome di tutti i suoi
compagni, dicendo semplicemente: «Tu sei il Cristo» (Mc
8,29). Il termine Cristo, o Messia, incarnava tante speranze e
tante attese che Pietro ben difficilmente avrebbe potuto trovare parole di
fede più forti. Matteo nella sua opera sottolinea la
grandezza della professione di fede di Pietro, aggiungendo l'ampio elogio di
Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché ne
la carne ne il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cicli.
E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la
mia Chiesa» (Mt 16,17-18). Gesù non solo benedì
Pietro, ma ricorse anche a un gioco di parole (Pietro-pietra,
appunto) per metterlo in relazione con la fondazione stessa della Chiesa. |
FORZA E DEBOLEZZA Con sottile ironia, Marco e Matteo rivelano che Pietro
non comprese il significato delle parole di Gesù. Quando il maestro prese a
dire che egli doveva soffrire ed essere ucciso — idea che non collimava con
la concezione del Messia che avevano i discepoli — Pietro cominciò subito a
protestare. Rendendosi conto che, in realtà, Pietro esprimeva
l'incomprensione di tutti i discepoli, Gesù reagì con parole durissime:
«Lungi da me, Satana! Tu mi sei di scandalo!» (Mt
16,23). Mostrando la sua debolezza e non soltanto la sua forza, i Vangeli non
vogliono assolutamente ridimensionare l'importanza di Pietro. Anzi, in tal
modo egli diventa un esempio della lotta per la fede e la comprensione che
ogni discepolo deve affrontare. Pietro (insieme con Giacomo e
Giovanni, i figli di Zebedeo) faceva anche parte
del gruppetto scelto di tre discepoli che Gesù prese con sé in occasione di
rivelazioni particolari. I tre salirono con Gesù «sopra un monte alto, in un
luogo appartato» (Mc 9,2) dove lo videro trasfigurato
nella gloria, con Mosè
ed Elia. La notte prima della sua crocifissione, Gesù prese con sé Pietro,
Giacomo e Giovanni e li portò nell'orto del Getsemani.
Lì avrebbero potuto assistere alla dimostrazione più sconvolgente del
rapporto unico tra il maestro e Dio, quando Gesù pregava dicendo: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me
questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu» (Mc 14,36). Ma i tre furono sopraffatti dal sonno. Gesù aveva visto chiaramente la combinazione di forza e
di debolezza in Pietro, ma mai dubitò della sua scelta in merito
all'apostolo. E la difficoltà che Pietro trovava nell'apprendere gli
insegnamenti di Cristo continuò fino al termine della vita di Gesù. In
occasione dell'Ultima Cena, Pietro si disse pronto ad affrontare i pericoli
che Cristo aveva preannunciato. Era devoto al maestro e sicuro di poter
affrontare la morte con lui. Durante il pasto, però, quando Gesù si inginocchiò con una bacinella d'acqua per lavare i piedi
ai discepoli, egli non volle che il maestro facesse quel lavoro da schiavi.
Si rifiutò decisamente di farsi lavare i piedi finché Gesù gli disse: «Se non
ti laverò, non avrai parte con me!»; allora Pietro replicò: «Signore, non
solo i piedi, ma anche le mani e il capo!» (Gv 13,8;9). Più tardi, nel corso della sera, Gesù li avvertì della
prova che li aspettava: «Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa
notte». Di certo, come in precedenza Pietro era convinto che il Messia non
poteva soffrire, così anche in quel momento credette
che ciò che Cristo asseriva fosse impossibile: «Io non mi scandalizzerò mai»,
affermò. Gesù lo guardò con calma e disse: «Questa notte stessa, prima che il
gallo canti, mi rinnegherai tre volte». Allora Pietro giurò per tutti: «Anche
se dovessi morire con te, non ti rinnegherò» (Mt
26,31;33;34;35). Nessuno ancora poteva sapere del tumulto in mezzo al
quale si sarebbe trovato Pietro durante quella stessa notte. Dopo il pesante
sonno nell'orto del Getsemani, il risveglio di
fronte al gruppo armato venuto per arrestare Gesù, l'inutile aggressione con
la spada nei confronti di Malco, servo del sommo sacerdote, e dopo il panico e la
fuga quando Gesù fu arrestato, finalmente Pietro trovò il coraggio di seguire
il gruppo delle guardie e perfino di entrare nel cortile del sommo sacerdote Caifa, dove Gesù era stato condotto. Ma mentre il maestro
veniva interrogato e condannato, Pietro sentì
riaffiorare la paura. Quando i presenti lo indicarono come uno dei seguaci di
Gesù di Nazaret, egli negò, giurò e spergiurò. Un
gallo cantò, «e Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù [...] E, uscito all'aperto, pianse amaramente» (Mt 26,75). Tuttavia, dopo la crocifissione di Gesù,
Pietro tornò in sé, aiutò i discepoli a rimanere uniti e aspettò gli sviluppi
della situazione. Dopo che Maria
Maddalena e qualche altra donna annunciarono la risurrezione di Gesù,
Pietro fu il primo dei Dodici (ormai Undici, dopo il tradimento di Giuda
Iscariota) al quale Gesù scelse di apparire, sebbene i Vangeli non
descrivano l'apparizione nei particolari. In realtà, Pietro assistette a diverse manifestazioni di
Cristo risorto, compresa quella memorabile sulle rive del Mare di Galilea,
dove egli insieme con altri discepoli stava di nuovo pescando. Com'era
accaduto nella prima chiamata di Pietro, Gesù si manifestò facendo fare agli
sfortunati pescatori una pesca eccezionale. Poi offrì ai discepoli uno spuntino a base di pane e
pesce; quindi si rivolse a Pietro. Come Pietro lo aveva rinnegato per tre volte, così Gesù gli chiese per tre volte: «Simone di Giovanni, mi ami?». E
per tre volte, alla domanda, Pietro rispose non più con l'esuberante fiducia
in se stesso, ma sottolineando la conoscenza di Gesù: «Certo, Signore, tu lo
sai che ti amo». Gesù incaricò Pietro di pascere le sue pecorelle (Gv 21,15;17), poi gli predisse
anche, in forma misteriosa, la morte: alla fine sarebbe morto per il suo
maestro, proprio come aveva promesso. Pietro era stato messo nel crogiolo. Era stato provato con il fuoco della propria debolezza e
vigliaccheria; era stato sconvolto dalla tremenda visione della morte di
Gesù; era stato ricuperato all'amore e al servizio dal mistero della
risurrezione di Cristo. |
IL DONO DELLE LINGUE Sette settimane dopo la crocifissione di Gesù, nel
giorno di Pentecoste, l'inizio della grande festa delle Settimane, Pietro e
gli altri discepoli ricevettero la nuova forza che Cristo aveva loro
preannunciato: la venuta dello Spirito
Santo. Radunati in Gerusalemme, i discepoli udirono un suono come di un
vento impetuoso e videro come delle lingue di fuoco che si dividevano e si
posavano su ciascuno di loro. Si precipitarono fuori in mezzo alla folla in festa e
iniziarono a proclamare «le grandi opere di Dio» (At 2,11), perché lo Spirito
Santo li aveva colmati della sua forza. Curiosamente, i numerosi ebrei
provenienti da tutte le regioni dell'impero romano e dai domini dei Parti si
accorsero di udire quel forte messaggio nelle rispettive lingue nazionali. Pietro,
allora, si fece avanti come portavoce e con calma spiegò il significato di
quello che stava accadendo. Parlando per bocca del profeta Gioele, come Pietro ricordò ai
suoi ascoltatori, il Signore aveva predetto ciò che stava succedendo: «Negli
ultimi giorni [...] io
effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre
figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani
faranno dei sogni» (At 2,17). Questo ritorno a lungo atteso dello Spirito
profetico, disse Pietro, era stato inviato proprio da quel Gesù nel quale
avevano visto all'opera il grande potere di Dio e che «uomini empi» avevano
crocifisso. Il Signore, però, aveva rovesciato la condanna dell'umanità,
facendo risorgere Gesù da morte ed esaltandolo «alla destra di Dio» (At 2,23;33). Circa 3000 persone furono convinte da quell'incisivo messaggio e furono battezzate quel giorno,
unendosi a Pietro e agli altri discepoli per formare il primo nucleo della
nuova comunità di fedeli. I mesi successivi segnarono un periodo di entusiasmo e
di lotta, come ricordano gli Atti. Una volta Pietro, accompagnato da Giovanni,
guarì uno storpio nel cortile del tempio e con quel gesto proclamò Gesù e la
sua risurrezione alla gran folla dei fedeli presenti nel tempio. La loro predicazione, però, allarmò l'aristocrazia
sacerdotale del tempio, formata per lo più da sadducei,
che non credevano nella risurrezione da morte. Pietro e altri discepoli
furono ripetutamente arrestati e gravemente minacciati se non avessero smesso di parlare; ma Pietro rispose: «Bisogna
obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5,29). Una simile fiduciosa
franchezza in uomini «senza istruzione e popolani» provocò stupore anche nei
loro avversari, che «li riconoscevano per coloro che erano stati con Gesù»
(At 4,13); e valse loro perfino una cauta tolleranza da parte di Gamaliele,
il dotto fariseo che consigliò alle autorità ebraiche di lasciarli andare
liberi, perché «non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!» (At 5,39). Durante quel periodo, Pietro e gli altri apostoli
frequentavano con regolarità il tempio, utilizzando un vasto colonnato, detto
portico di Salomone, per le loro riunioni e «il popolo li esaltava» (At
5,13). Significativamente, allorché la grave persecuzione contro i credenti
di lingua greca, quali
Stefano e il diacono Filippo,
costrinse molti a lasciare la Giudea, Pietro e gli altri apostoli rimasero
indisturbati in Gerusalemme. Ma i responsabili cristiani di Gerusalemme erano
in stretto contatto con i fedeli dispersi. Pietro e Giovanni si recarono in Samaria per aiutare e confermare l'opera di Filippo e
imporre le mani sui convertiti in modo che «ricevessero lo Spirito Santo» (At
8,15). In quel luogo Pietro incontrò un famoso mago chiamato Simone, che aveva ingannato un gran
numero di Samaritani e che ora era diventato credente. Quando Simone vide il
potere dello Spirito Santo trasmesso da Pietro e Giovanni, offrì denaro a
Pietro per potere anch'egli conferire lo Spirito Santo con il tocco. «Il tuo denaro vada con te in perdizione» gli rispose
Pietro, «perché hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di Dio»
(At 8,20). |
L'ACCOGLIENZA DEI PAGANI Subito dopo, Pietro sentì che lo Spirito lo sospingeva a
gesti ancora più eclatanti! per quella prima
generazione cristiana e che avrebbero portato all'accettazione dei pagani
nella nuova fede. Un pomeriggio, nella città di Giaffa,
Pietro si trovava sulla terrazza della casa di un certo Simone, conciatore, e stava pregando, quando ebbe una strana
visione. Un ampio lenzuolo scendeva verso terra, con dentro ogni sorta di
animali ritenuti impuri dalla Legge ebraica. D'improvviso una voce disse:
«Alzati, Pietro, uccidi e mangia!». Pietro rifiutò decisamente di cibarsi di
qualcosa di «profano e di immondo». Ma la voce, con altrettanta decisione,
ribadì: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano» (At 10,13;14;1 5). La visione si ripeté altre due volte
prima che lo Spirito dicesse a Pietro che vi erano persone che lo
cercavano: «Alzati, scendi e va' con loro senza esitazione» (At 10,20). Quegli uomini accompagnarono Pietro e un gruppo di suoi
compagni ebrei a Cesarea, a casa di Cornelio,
un soldato romano che era diventato credente nel Dio di Israele. Ora Pietro
si rendeva conto che il significato della visione era «che non si deve dire
profano o immondo nessun uomo». Egli raccontò a Cornelio e ai suoi familiari
la storia di Gesù e, prima che avesse finito, «lo Spirito Santo scese sopra tutti coloro che ascoltavano il discorso». Il messaggio
dello Spirito Santo per Pietro fu chiarissimo: i pagani potevano essere
accolti come cristiani. «Forse che si può proibire che siano battezzati con
l'acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?» (At10,28;44;47). L'esempio di Pietro, che dovette difendere con forza quando tornò a Gerusalemme, aprì il futuro del
cristianesimo su un orizzonte ben più vasto di quanto i discepoli potessero
mai immaginare. In seguito, molti cristiani provenienti dal giudaismo
insistettero perché i convertiti dal paganesimo si facessero circoncidere e
osservassero i precetti alimentari. Nel 49 d.C. Paolo
e Barnaba si recarono a
Gerusalemme per una riunione nella quale discutere e decidere su quella questione
e l'esempio di Pietro portò alla soluzione favorevole ai pagani. Nello stesso
tempo, Paolo scrive che i capi della Chiesa furono d'accordo che Pietro
continuasse a predicare agli ebrei, mentre egli si sarebbe occupato di fare
lo stesso tra i pagani. Nel frattempo, però, Gerusalemme era diventata un
luogo pericoloso per diffondervi il Vangelo. Erode Agrippa I aveva
fatto uccidere Giacomo, il figlio di Zebedeo, e
aveva arrestato Pietro. Mentre Pietro aspettava la sentenza di morte, venne miracolosamente liberato di prigione da un angelo;
lasciò subito Gerusalemme «e s'incamminò verso un altro luogo» (At 12,17). In verità, Pietro si recò in molti altri luoghi, spesso
in regioni pagane. Paolo ricorda, per esempio, che Pietro (o Cefa, come egli lo chiama)
diventò una figura importante nelle Chiese di Antiochia e di Corinto. Fu ad
Antiochia che
Pietro e Paolo si trovarono in profondo disaccordo su come i cristiani
convertiti dal paganesimo dovevano comportarsi circa i precetti sulla purità
dei cibi. Pietro viaggiò in lungo e in largo e insegnò alle Chiese «nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell'Asia e nella Bitinia» ( Quando Pietro scrisse la sua prima lettera a tali
Chiese, era ormai prossimo alla fine ed era arrivato a Roma, che spregiativamente
chiama «Babilonia» ( Non sappiamo con certezza come Pietro fosse giunto a
Roma o quanto vi fosse rimasto. Fu accompagnato da Silvano (Sila) e Marco; entrambi avevano
lavorato anche con Paolo. Un cristiano del II secolo d. C., Papia, registra una tradizione secondo la quale Marco fu
traduttore di Pietro e scrisse il Vangelo di Marco basandosi sui ricordi che
Pietro aveva di Gesù. Un altro autore narra che Paolo e Pietro svolsero
insieme la loro attività in Italia; altri addirittura scrivono che Pietro e
Paolo furono cofondatori della Chiesa di Roma. Si dice che Pietro sia morto a Roma durante la terribile
persecuzione di Nerone, che iniziò nel 64 d.C. Nel II secolo, un elaborato
tessuto di leggende sulla morte di Pietro fu raccolto in un'opera apocrifa
molto pia, gli Atti di Pietro, il primo dei molti apocrifi riguardanti
l'apostolo. Secondo quel testo, Pietro fu da Gesù mandato da Gerusalemme a
Roma, dove convertì a una vita di castità molte nobildonne, compresa la bella
moglie di un amico di Cesare. Il marito, esasperato, si adoperò per far
condannare Pietro a morte. L'apostolo fu avvisato del complotto e stava
lasciando Roma travestito quando, alle porte della
città, incontrò Gesù: «Domine, quo vadis?.» ("Signore, dove vai"?), chiese Pietro. «Vado a
Roma per essere crocifisso una seconda volta», gli rispose Cristo. L'apostolo
capì il significato di quelle parole e tornò a Roma per affrontare l'arresto
e la propria crocifissione. Quando stava per essere posto sulla croce,
secondo gli Atti di Pietro, chiese di essere crocifisso a testa in giù. La tradizione vuole che il luogo del supplizio di Pietro
sia stato il colle Vaticano, dove si trovava il circo di Nerone; gli scavi
archeologici hanno portato alla luce un antico sacrario in memoria
dell'apostolo. Le leggende sulla predicazione e il martirio di Pietro a Roma
continuarono a moltiplicarsi e contribuirono molto allo sviluppo del papato e
dell'autorità di Roma sulla Chiesa occidentale. Da pescatore galileo a propugnatore della fede, rinnegatore,
apostolo, vescovo e martire: Pietro fece davvero un viaggio straordinario con
Gesù. |