Una vita vissuta nei ricordi.
Spesso i ricordi fiaccano la spirito, perché indugiando sulle cose del passato, si avverte che quel tempo è perduto per sempre.
Aurelio Giangrasso, invece, con la sua poesia è riuscito a tramandarci i suoi ricordi come una speranza: la speranza che in un luogo, forse lontano nel tempo e nello spazio, è possibile ritrovare quelle cose genuine cui l'animo umano anela con una valenza imperitura.
Sono cose che Lui ha potuto sperimentare nella sua giovinezza e nella sua Favignana. Non a caso il componimento poetico che ha dedicato a quest'Isola è il più significativo di tutta la sua produzione, vuoi per la forza espressiva dei suoi versi, vuoi per quella sensibilità che lo porta a realizzare una mutua intesa con le pietre del suo
"Scogghiu 'nfatatu (...'na petra di Faugnana mia, s'a vardi si rrimina... e si ci parli ti senti... e t'arrispunni...) (Faugnana).
Oggi si dice: questo è amore per la natura!
Per Aurelio, però, la natura non è un semplice contenitore dove si svolge la vita, ma è tutta la vita nelle sue varie sfaccettature.
Come non vedere, infatti, "Vanni u craparu" perfettamente integrato "ne rutti d'a Ucciria 'nfacci o Faragghiuni"? |
Tutto il paesaggio intorno è meraviglioso, incontaminato, ma la cosa che più colpisce di quei versi
(ivi è perfetta letizia) è la solennità della vita semplice e serena che quell'essere umano conduce in maniera naturale, come espressione di un particolare aspetto di tutto il creato.
In alcune poesie Aurelio ama soffermarsi su quadretti compositi o su fotogrammi di rapporti sociali
(firrianu artari), oppure su fantastici accadimenti (si spetta a
mmia), tutte espressioni di vita vissuta o... auspicata. E questi concetti di vita emergono in ogni ricordo del Poeta e la sua poesia, spesso "pensata", a volte "ispirata" o "istintiva", riesce sempre a trasmettere messaggi di vita permeati di speranza.
Speranza, innanzitutto, di ritornare nell'angolo di mondo dove abbiamo consumato gli anni belli della nostra giovinezza, ma speranza ancora più ambiziosa e più vera come quella di potere recuperare in noi stessi, anche se travagliati dalla precarietà della vita e dalla incertezza di una società che cambia, il valore assoluto ed eterno dei principi e dei sentimenti che abbiamo trovato sotto il
cuscino della nostra culla.
Pietro Torrente |
Ritengo doveroso ricordare affettuosamente e con riconoscenza questo insigne benefattore non solo della Parrocchia ma di tutta l'Isola.
Nel lontano 1974 la sua prestazione è stata benemerita per realizzare
l'Oratorio di cui fu sempre ammiratore e sostenitore.
Conoscendo le precarie condizioni economiche della Parrocchia non solo offrì la sua manodopera di idraulico, ma donò anche tutto il materiale necessario per l'impianto idrico.
Come se ciò non bastasse si adoperò e si improvvisò anche come muratore per la sistemazione dell'Oratorio stesso, assieme a zu Sarinu.
La sua disponibilità sempre grande in ogni necessità, pronto, generoso e direi premuroso e a "mo' di taxi" per accompagnare Sacerdoti e Suore Canossiane non solo al capezzale degli infermi lontani dal centro abitato, ma anche per godere il fascino dell'Isola.
Venanzio non ha mai voluto nessuna retribuzione e diceva sempre confidenzialmente: "va tutto per riparare i miei peccati".
Mi piace riportare quanto di lui ha scritto il suo amico l'Avv. Giancarlo Marcelli, corrispondente del giornale
"La voce di Fiuminata".
"Da Fiuminata (Macerata) suo paese nativo raggiunse per lavoro una lontana piccola isola: Favignana, all'epoca sconosciuta, oggi luogo turistico rinomato dove trascorse tutta la vita, circondato dalla stima e dall'affetto degli abitanti, apprezzato per quelle doti che tanti fiuminatesi hanno espresso.
Venanzio Barboni, classe 1906, della famiglia dei "Fagiolo". Alto, con portamento da corazziere, detto
"lu rusciu" per via del colore dei suoi capelli. Dopo breve periodo di lavoro a Roma, dove si fece subito apprezzare per le sue capacità, ebbe la fiducia dei
"Parodi", una prestigiosa famiglia industriale genovese, che lo prepose allo stabilimento Florio della tonnara di Favignana. Favignana, una delle isole che con Levanzo e Marettimo forma
l'arcipelago delle Egadi, poste di fronte alla punta estrema della Sicilia, là dove l'insenatura racchiude Trapani, terra delle saline e Marsala. Il paesaggio, tanto diverso da quello marchigiano, è stupendo: mare incontaminato e trasparente, spazi immensi, talora dolci, talora aspri, ricordi di millenarie civiltà. Arte, tradizione, cucina vigorosa, vini ardenti e tanto sole. Un'intera estate senza fine.
Zona omerica se, come sembra, Favignana, corrisponde all'Isola delle Capre e Marettimo alla mitica Itaca, dove Penelope attendeva Ulisse, tessendo la tela. Tanta bellezza dovette ammaliare Venanzio che lì formò la sua famiglia e costruì una splendida casa, con il giardino fiorito tutto l'anno. A Favignana è vissuto fino all'inizio della scorso anno quando ha terminato la sua vita terrena. |
L'azzurro cobalto del mare ha legato il nome di Favignana, alla pesca del tonno e all'antico rito della mattanza.
Nelle rare volte in cui Venanzio tornava a Fiuminata raccontava della vita dei pescatori e delle avventure del mare e concludeva: "venite a visitare l'Isola nel mese di maggio quando passano i tonni. Io aspetterò al molo! ".
Quel giorno venne dopo tanti anni e Venanzio stava al molo come promesso. Alto, dritto come un corazziere, felice di ricevere un fiuminatese come lui. In casa Barboni fu festa grande.
Furono giornate indimenticabili: la spettacolo della cattura dei tonni è unico ed impressionante nel rito secolare dei pescatori che in piedi, sulle loro caratteristiche barche, costringono pesci enormi in rete sempre più ristrette sino alla gabbia finale, detta camera della morte, dove avviene la mattanza. Lasciai il porto recando in me il ricordo di quella terra con la promessa di tornare in quell'incanto appena possibile.
Erano passati altri venti anni, quando nel febbraio della scorso anno cominciò a delinearsi all'orizzonte la cima della collina di Favignana con il suo castello.
Questa volta Venanzio non stava ad aspettarmi al molo, ma nella sua bella fiorita casa, perché sofferente da lungo tempo per una malattia, assistito amorevolmente dalla figlia Silvana.
Sempre energico e fiero lo sguardo, il primo ricordo fu per Fiuminata, di cui volle sapere fatti e notizie...
Ora riposa a Favignana, battuta dai venti caldi del sud, in quel mare incontaminato nel quale navigò Ulisse".
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