INCOLPATA L’OPUS DEI di Roberto Beretta |
Il Codice da Vinci muove accuse gravissime
alla Prelatura fondata da san Josemaria Escrivà. Ne parliamo con Giuseppe
Corigliano, portavoce dell’Opus Dei in Italia. |
Finora hanno risposto secondo il loro stile da gentiluomini, con
molto fair play: il Codice da Vinci
li dipinge come una setta che spinge un «monaco» albino, di nome Silas, a commettere omicidi nel
nome di Dio? Loro con un certo humour
diffondono l'intervista di un membro dell'Opus Dei che si chiama davvero
Silas, che però è di origini nigeriane e quindi assai scuro di
pelle... In verità, l'Opus Dei
avrebbe tutti i diritti di sentirsi offeso dal bestseller di Dan Brown,
tante sono le fandonie e le inesattezze che ha sparso sul suo conto. Solo
che sa benissimo come ogni polemica, alla fine, faccia pubblicità alla controparte e allora preferisce tenere i nervi
saldi e intervenire solo quando è necessario;
del resto, non esiste replica ragionevole che riesca a smantellare il
pregiudizio di chi non vuole sentire. È dunque
piuttosto rassegnato Giuseppe Corigliano, direttore dell'Ufficio informazioni
della Prelatura in Italia: in pratica, il portavoce dell'Opus Dei nel nostro
Paese. Ingegner Corigliano,
pare tuttavia che nel nuovo film sul «Codice da Vinci» non ci sarà alcuna allusione esplicita all'Opus Dei. Allora
siete davvero potenti, se siete riusciti a tanto. «Non ho conferme
in tal senso. Non sappiamo se il riferimento ci sarà o meno. Quello che è sicuro è che abbiamo
pregato fin dall'uscita del libro. Come a tutti i cristiani, ci è dispiaciuta la contraffazione dell'immagine di
Gesù e la
confusione che si sarebbe generata nei cuori di persone semplici che potevano
credere a simili fandonie. D'altra parte la storia della Chiesa è piena di tentativi di discredito che, alla fine,
portano a un rafforzamento della fede. Siamo sempre seguaci di Colui che è stato crocifisso. Poi c'è la resurrezione, quella storica e quella che
avviene continuamente nei cuori di ogni uomo di buona volontà». Quando uscì il libro dì Dan Brown, lei si distinse per signorile ironia
affermando che in tanti si sarebbero avvicinati all'Opus Dei dopo averlo
letto. Ora, in previsione del film, ha ammonito invece che «presentare un membro dell'Opera come un assassino
è un'ingiustizia.
Non è esclusa
l'azione legale».
Ha dunque cambiato idea? E perché? «Così è stato. Tanti
si sono avvicinati all'Opera, in Italia e soprattutto in America, e ne hanno
tratto un beneficio per la loro fede e per un maggiore affetto nei confronti
dei familiari e compagni di lavoro. Indubbiamente l'Opus Dei aiuta a
comprendere che la vita acquista il suo senso quando la si dona completamente
agli altri. E grazie a Dio questa è una realtà commovente: basta fare un giro nei centri
dell'Opera dove si fa del bene a tanta gente. Bene al fisico (penso, fra
l'altro, agli ospedali) e bene allo spirito. Presentare un membro dell'Opera
come uno che leva la vita agli altri è una menzogna
paradossale e quindi un'ingiustizia. Come ha detto Marc Carroggio,
responsabile de rapporti con la stampa estera, ci sono persone dell'Opus Dei
in 60 nazioni. Alcuni di loro hanno fatto nascere, con i loro amici, centri
di formazione professionale per contadini, o per giovani con scarse
prospettive di lavoro, o anche ospedali in aree depresse. Tutte queste
iniziative si sostengono grazie all'aiuto economico d molte persone. È evidente che il romanzo e i film possono rendere
più difficile il
reperimenti dei fondi. Per questo motivo non sarei sorpresi se alcune di
queste organizzazioni richiedessero un indennizzo economico. C'è da considerare che un film è diverso da un libro. Ci sono le sale
cinematografiche, la tv e i Dvd...». |
Negli Stati Uniti
avete avuto un milione e nuovi contatti al vostro sito web, e il «famoso» grattacielo dell'Opus Dei a New York ha dovuto
assumere una guardia giurata per «difendersi» dalle comitive di giapponesi in visita. Tutto «merito» del «Codice da Vinci»... Che ne pensa? «Fa piacere che
le menzogne richiamino la curiosità per la verità e la realtà. Teniamo
presente poi che a New York un grattacielo è un palazzo come gli altri e che il nostro è pure "bassetto" ed è stato solo un modo per concentrare le attività in un posto accessibile alla gente che lavora». Resta il fatto,
comunque, che l'Opus Dei non è
ben vista in molti ambienti, anche cattolici. Come mai? Per invidia, perché è
troppo ricca e potente, perché funziona
con meccanismi che sembrano «segreti»...? «Ho sempre
riscontrato una cordiale, reciproca simpatia negli ambienti cattolici.
L'Opera ha sempre svolto la sua attività in armonia con
la gerarchia. Può darsi che
qualche cattolico subisca l'influenza di alcuni organi di stampa laicista.
Questi laicisti vedono con preoccupazione la testimonianza cristiana negli
ambienti di lavoro e proiettano un'immagine distorta della realtà dell'Opera. Ecco i miti di potenza, che sono i
loro miti ricalcati sul mondo cattolico. L'unico interesse dell'Opus Dei è il risveglio dell'amor di Dio e del prossimo
nelle persone che svolgono le più comuni
attività». Parecchi
particolari del «Codice» relativi all'Opus Dei sono semplicemente
ridicoli, per chiunque
conosca non dico l'Opera dall'interno ma semplicemente qualcosa della Chiesa
cattolica. Il monaco albino (nell'Opus Dei non ci sono monaci), il cilicio
obbligatorio, l'ordine di uccidere impartito dal vescovo dell'Opus Dei...
Qual è
stata però,
per lei, la falsità
più dolorosa? «Per fortuna
alla fine del romanzo si scopre che l'ordine di uccidere non è impartito dal vescovo ma dallo studioso inglese.
La falsità più odiosa è quella
relativa a Gesù. È antipatica la rappresentazione della gerarchia
ecclesiastica impegnata con tutti i mezzi per nascondere la discendenza di
Gesù e in genere
per soffocare il ruolo della donna nella Chiesa. Mai come adesso è evidente che il cristianesimo crea un contesto
culturale in cui la donna è valorizzata
come non succede in nessun'altra cultura. In merito al cilicio: il vero
cilicio per me è stato leggere
il libro». Come esce da
tutta questa vicenda l'Opus Dei, a suo parere: danneggiata o rafforzata?
Qual è la
«morale» che ne avete tratto? «La morale è che questi eventi alla fine fanno bene. Si
prega di più e si impara,
come diceva san Josemaria, a sorridere, perdonare, tacere e lavorare». Qualcuno ha
scritto che se Dan Brown l'avesse conosciuta, l'avrebbe messo tra i
protagonisti del suo libro... Ma lei lo ha letto? E ora andrà a vedere il film? «Il libro è una specie di "Indiana Jones", cioè un libro di avventure per ragazzi, che
probabilmente ha raggiunto tale popolarità perché la gente è attratta dalla figura di Gesù. Per quanto riguarda me, mi chiamo Giuseppe ma
mi hanno sempre chiamato Pippo. Mi basta Walt Disney... E preferisco Pluto e
Paperino alle cabale di Dan Brown. Spero di risparmiarmi il film ma temo che
dovrò vederlo perché mi chiederanno pareri... Offriremo al Signore
anche questo sacrificio». |
Ricorda «Walt Disney confidava
ai suoi collaboratori di essere un ammiratore di Cammino, 999 pensieri di spiritualità «forte», il best-seller da 4 milioni di copie scritto da
Jose-maria Escrivà, fondatore
dell'Opus Dei. E Indro Montanelli, che l'Opus aveva conosciuto da vicino in
Spagna, ne era rimasto quasi folgorato: dopo la visita all'università di Navarra, a Pamplona (la cui fondazione fu
fortemente voluta dallo stesso Escrivà che ne fu gran
cancelliere fino alla morte, nel 1975), non solo ne scrisse nelle sue
"stanze", ma spedì una lettera a Papa Paolo VI chiedendo che
Escrivà fosse fatto
santo». (Mauro Anselmo, Walt Disney, Montanelli e il santo, in "Panorama",
4.01.2002). |