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LA CHIESA E’
una bella costruzione, certamente la più armonica della zona nord-est della
conca cittadina. Lo stile è neo classico collocabile nel barocchetto
tardosettecentesto che diede
varie chiese alla diocesi.
E’ a pianta rettangolare e misura 9,50 x 18,40. L’impianto architettonico è
degno di nota per lo slancio ascensionale che lo caratterizza e che, nella
mente dell’architetto, doveva sopperire alle modeste dimensioni da cui
l’edificio sacro era costretto causa le abitazioni
incombenti. L’occhio si posa piacevolmente nell’ambiente luminoso, ricco di
cinque finestroni graziati, suddiviso in aula del popolo ed in presbiterio: il tutto
raccolto dalla leggera scansione delle lesene, dalla fuga della trabeazione e
dalla fioritura dei capitelli compositi a riccio e conchiglia. Ma
più pregevoli sono le opere d’arte con le quali la devozione del popolo l’ ha
arricchita nel corso degli oltre due
secoli di storia. L’AULA
Le stazioni della “Via crucis” che adornano
le pareti dell’aula e del presbiterio sono del noto pittore di Schweidnitz (Slesia), Johann Josef
Karl Henrich (1737 – 1823) -
italianizzato in Carlo Henrici - , discepolo di Cignaroli e del Boscoratti. Di
lui, oltre molti pregevoli dipinti ed affreschi, si conoscono altre vie crucis:
nella parrocchiale di san Vigilio di Marebbe, nel duomo di Abano
Terme (PD) e nella parrocchiale-santuario di santa Maria delle Grazie di
Pellizzano. La qui esposta si differenzia dalle precedenti
per l’uso delle tonalità cupe intonate alla drammaticità della
sofferenza di Cristo. I 14 dipinti erano stati eseguiti ed affissi
nel santuario di Pietralba officiato dai Servi Maria (Serviti). Quando Giuseppe
II nel 1787 soppresse gli ordini religiosi, i dipinti vennero
messi all’asta e furono comprati dal curato di Villamontagna Sebastiano
Brugnara che li pose, salvandoli dalla dispersione, in questa chiesa appena
costruita. Altrettanto degna di visione è la grande
tela posta sopra la porta d’entrata, raffigurante la deposizione di Cristo
dalla Croce. E’ copia, eseguita nel 1700, del celebre originale conservato al
Louvre, di Annibale Carracci (s. XVI°). Di scuola
minore secentesca è
l’ Ecce Homo posto sulla parete sinistra
in prossimità del presbiterio. In
alto nella cupola è descritta la gloria del nome di Gesù – IHS – con attorno un cerchio di angeli adoranti. E’ opera di un
pittore non bene identificato che li eseguì nella seconda decade
del 1900 su un fondo blu preesistente e vivacizzato da stelle eseguite in porpora
d’oro. I dipinti, seppure di tratto convenzionale, raggiungono lo scopo di creare quel
clima di adorazione che s’addice alla “casa di preghiera”. Degni di nota sono i pennacchi riproposti alla vista mediante il
recente restauro di fine 1999. Rappresentano i quattro dottori della Chiesa
occidentale: Agostino (con la tromba), Girolamo (con il leone accovacciato)
Ambrogio ( con le api) e Gregorio Magno (con il triregno). Gli affreschi sono
databili a fine 1700 e con molta probabilità si possono attribuire a discepoli
di Domenico Zeni che decorò il presbiterio. Dello Zeni
è invece l’affresco, bisognoso di restauro, della nicchia del battistero. IL PRESBITERIO
E’
la parte più interessante della chiesa essendo opera – affreschi e tele - di
Domenico Zeni detto il “pittorello”.
Questo artista, figlio d’arte, nato a Bardolino (VR) nel 1762 e morto a Brescia nel 1819, è stato molto attivo in Trentino
dal 1780 al 1811: a lui si devono molte pregevoli opere sparse in varie chiese,
ville e palazzi della provincia. Allievo del Cignaroli e lui stesso cultore di artisti precedenti e contemporanei, ne imita spesso lo
stile personalizzandolo in una capacità espressiva che si impone per il tratto
spedito e per la colorazione sempre efficace. Sua è la bella pala dell’altare
maggiore (300x150), commissionatagli dalla famiglia Pedrolli, ove raffigura i santi
patroni Fabiano e Sebastiano in atto di venerazione alla Madonna del Rosario.
Interessante è notare com’egli si stacchi dalla
normale raffigurazione di detti santi, presentandoli in edizione inedita:
Fabiano con ricco piviale e Sebastiano a dorso nudo e senza ferite. Accanto vi
è un angioletto che porta in mano le freccia simbolo
del suo martirio. A destra, sopra i patroni, sono proposti i
santi Domenico e Caterina, tipici accompagnatori della Madonna del
Rosario. In basso è raffigurato san Rocco già patrono della comunità. Attorno
alla pala, lo Zeni descrive, in rombi (34x34) e cerchi, i quindici misteri del rosario: si
ravvedono in essi riferimenti a Tiziano, Veronese, Cerruti ed altri noti artisti del 1700. I
piccoli dipinti, per la ambientazione scenica e
maestria di pennellata, sono da annoverarsi tra i migliori della sua vasta ed
eclettica produzione. Notevoli
sono gli affreschi con cui nel 1794 ha decorato la cupoletta del presbiterio
nella quale ha rappresentato la gloria di Dio, raffigurato nel classico
triangolo con occhio, circondato da svolazzi d’angeli osannanti. Pregevole anche il tondo contenente l’Eterno Padre in atto
benedicente. Nei quattro pennacchi ha dipinto gli evangelisti Matteo,
Marco, Luca e Giovanni ripresi con la stessa tipicità visibile nella chiesa
parrocchiale di Volano. Nel catino absidale ha infine eseguito quattro ovali:
da sinistra san
Pantaleone (già patrono della comunità), un angioletto con triregno (per san
Fabiano), altro con freccia (per san
Sebastiano) e san Rocco. L’altare
secentesco è un riporto dalla demolita chiesa dei Filippini
di Trento, mentre il ciborio, proveniente da un altare posto in santa Maria
Maggiore, è opera del valente Francesco Oradini. Nella
sacrestia è conservata una pregevole tela raffigurante Cristo crocifisso con accanto Maria e l’evangelista Giovanni
probabile opera del pittore Antonio Vincenzi (secolo XVIII) di Cavalese,
nipote dei celebri artisti Francesco e Michelangelo Unterpegher.
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