Chiesa
"San Lorenzo Martire" Cattedrale della Diocesi di
Trapani |
INNO
IN ONORE DELLA PASSIONE DI S. LORENZO, DIACONO E
MARTIRE
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E
questi che superbo
disprezzi e stimi immondi,
pasta non avranno ulcere,
le membra avranno incolumi,
e dalla carne inferma
sciolti e liberi, infine,
splenderanno beati
nella casa del Padre,
non insozzati o deboli,
come ti appaiono ora,
ma con vesti di porpora
e con corone d'oro.
Vorrei esser capace
di mostrare costoro
davanti agli occhi tuoi
tra i signori del mondo.
Son coperti di cenci,
sporchi di moccio al naso,
di saliva sul mento,
hanno cisposi gli occhi.
Però d'un peccatore
niente è più sozzo e fetido;
brutta ferita è il crimine
e puzza come il Tartaro.
Sono afflitti nell'animo
da turpe corruzione
coloro che nel fisico
apparivano belli.
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Ti sembrò bello e
a modo
trattarci con gli scherzi?
Fui io, ai lazzi esposto,
della festa il buffone?
Severità non hanno
né più giustizia i fasci?
Così si è rammollita
la scure dello Stato?
Dici: 'Morrò con gioia:
sacro e il sangue del martire,
- avete, lo sappiamo,
tale vana opinione -.
Vorresti; ma non ordino
che d'una morte rapida
ti si appresti la fine:
non morrai tanto presto.
Ti protrarrò la vita
tra estenuanti supplizi;
una morte difficile
prolungherà i dolori.
Stendete brace tiepida,
perché il troppo calore
non divori il ribelle
nel volto o nelle viscere.
Resti il fumo a languire,
e con soffio leggero
gli temperi i tormenti
del corpo abbruciacchiato.
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gli occhi ciechi
degli empi,
avvolti dalla notte,
cinti da oscuro velo,
non vedono il chiarore.
Già la piaga d'Egitto
i barbari alle tenebre
condannava e agli Ebrei
mostrava giorno e luce.
L'odore, anche, che sale
dalla carne ustionata
sentono ben diverso:
chi il bruciato, e chi nettare.
Così alla percezione
l'aria appare diversa:
fa orrore e raccapriccio,
o accarezza piacevole.
E il Dio del fuoco eterno -
ché Cristo è vero fuoco -
riempie di luce i giusti,
mentre i malvagi brucia.
Poi che il calore lento
bruciò il fianco riarso,
egli dal rogo il giudice
brevemente interpella:
"Gira dall'altro lato
la parte ormai bruciata;
vedi di che è capace
il tuo ardente Vulcano".
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Sia, Cristo, ai
tuoi Romani
cristiana la Città:
per essa a tutti gli altri
desti un'unica fede.
Hanno un unico simbolo
di qui tutte le membra
cede suddito il mondo,
ceda il capo supremo!
Porta a terre lontane
Roma l'unica grazia;
abbia le fede Romolo
e sia credente Numa!
Troia fa errare ancora
la curia dei Catoni:
nel fuoco occulto venerano
frigi esuli Penati.
Giano bifronte e Sterculo
i senatori adorano:
temo a dire quei mostri
ed il vecchio Saturno.
Scaccia, o Cristo, lo sconcio!
manda il tuo Gabriele:
la cecità di Iulo
conosca il vero Dio!
Ed abbiamo i garanti
già di questa speranza:
qui già regnano i due
principi degli apostoli.
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Trionfo
di San Lorenzo, Patrono del quartiere
(Cattedrale di Trapani, affresco del pittore palermitano
Vincenzo Manno, 1800) |
Ed ecco i soldi d'oro
che t'avevo promesso:
non può il fuoco distruggerli,
né un ladro può rubarli.
Vi aggiungo ora le gemme
(non è povero Cristo),
gemme di chiara luce,
che ornano questo tempio.
Le consacrate vergini vedi
e le caste vedove
(morto il primo marito,
non ebbero altro amore):
gioielli della chiesa!
di queste gemme è adorna;
dote che piace a Cristo,
così orna l'alto capo.
Ecco i talenti, prendili:
potrai ornarne Roma
ne arricchirai il principe;
sarai anche tu più ricco"
"Di noi si ride - esclama
il prefetto furioso -
con giochi di parole
(e questo folle è vivo.
Furfante, impunemente
pensi d'aver composto
queste strofe da mimi,
presentando la farsa?
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E' bene che tra tutti,
lui addetto ai misteri,
lui solo dia l'esempio
di cosa è da temere.
Sali sul rogo pronto,
sul letto di te degno,
poi, se hai voglia, sostieni
che nulla è il mio Vulcano".
Cosi dice il prefetto
ed aguzzini truci
tolgon la veste al martire,
legan le membra tese.
Brillò di luce il volto,
splendette di fulgore;
tal tornando dal monte
mostrò Mosè il suo volto,
e i rei Giudei, pallidi
per il vitello d'oro,
temettero e si volsero,
vedere Dio non ressero
Tale volto di gloria
splendente mostrò Stefano,
vedendo i cieli aperti,
mentre lo lapidavano.
Questa luce ai fratelli
purificati splende,
che il battesimo ha resi
portatori di Cristo;
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Girar lo fa il prefetto,
e quello: "E cotto: mangia!
assaggia se è più dolce
la parte cruda o cotta".
Detto questo per scherno,
al cielo si rivolge,
geme e prega pietoso
per la Città di Romolo:
"O Cristo, unico nome,
luce e forza del Padre,
creator dell'universo
e autor di queste mura,
tu che del mondo intero
desti a Roma lo scettro,
e dei Quiriti a tutti
toga ed armi imponesti,
sì che di tante genti
costumi, usanze, lingue
ingegni e riti fossero
sotto un'unica legge:
sotto il regno di Remo
ridotta, ecco, è ogni gente,
hanno tutti una lingua,
tutti la stessa mente.
Fu questo destinato
perché il nome cristiano
ogni angolo del mondo
legasse a un solo vincolo.
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Uno chiamò i gentili,
l'altro la prima cattedra
tenendo apre le porte
eterne a lui affidate.
Va' via, Giove adultero,
che tua sorella stupri!
lascia libera Roma
e il popolo di Cristo!
Di qui ti scaccia Paolo
ed il sangue di Pietro
contro di lui Nerone
armasti, e ne hai condanna.
Vedo in futuro un principe,
che al servizio di Dio
non lascerà che Roma
serva infamanti dei;
che sbarrerà i templi
e le porte d'avorio,
chiuderà le empie spoglie
con chiavistelli bronzei.
Puri allora del sangue
risplenderanno i marmi;
staranno innocui i bronzi,
ora adorati idoli".
Finita la preghiera,
cessò d'esser nel corpo,
ed insieme alla voce
con gioia uscì la spirito.
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