Privacy Policy Cookie Policy

Diocesi di Tortona - Unità Pastorale di Voghera Collina - Parrocchie dei Comuni di:

Codevilla: S. Bernardo - S. Bartolomeo in Mondondone

Retorbido: Natività di Maria Vergine nel capoluogo - Natività di Maria Vergine in Murisasco

Torrazza Coste: S. Antonino Martire - S. Carlo Borromeo - S. Maria Immacolata e S. Giuseppe

Parrocchia S. Antonino Martire - Torrazza Coste - Ente Morale Religioso senza fini di lucro

Sommario - Mappa del sito - Chi siamo - Contatti - Albo d'oro benefattori - Donazioni - Home

   2003: VARIE SOLENNITA'

Cap. F01 - Immagini / Solennità / Memorie - Pag. F01.11

Gli argomenti trattati sono stati inseriti da Ing. Arch. Michele Cuzzoni nel 2004 - © Copyright 2000 - 2024 - e sono desunti dalla documentazione indicata in Bibliografia a fondo pagina




Speciale Mese di Maggio 2004: Il Santo Don Luigi Orione


Cenni storici

Luigi Orione nacque a Pontecurone (AL) nel 1872 da umili genitori. Chierico poco più che ventenne, cominciò ad interessarsi dei ragazzi poveri, accogliendoli in una casetta nel rione di S. Bernardino, a Tortona (1893).

Fu quello l'inizio di un lungo cammino che ha portato Don Orione per le strade del mondo a diffondere gli aiuti spirituali e materiali provenienti dalla ricchezza della Divina Provvidenza e del suo cuore senza confini.

Per realizzare quanto il suo amore per Cristo e per i poveri andava progettando, cominciò a raccogliere attorno a sé collaboratori che diedero origine alla prima delle famiglie religiose, Figli della Divina Provvidenza.

Ben presto sorsero accanto ai Sacerdoti, anche gli Eremiti ciechi e vedenti e i Fratelli coadiutori, quindi le Piccole Suore Missionarie della Carità  (1915), poi le Sacramentine adoratrici non vedenti, fino alla recente apertura della Comunità  delle Contemplative di Gesù Crocifisso. Coinvolse numerosi Laici nel suo apostolato della carità . Insieme formano quella che fin dagli inizi Don Orione chiamò la Figli della Divina Provvidenza.

Nato e vissuto nella povertà , a contatto con tante ingiustizie sociali e in un mondo che andava scristianizzandosi, alzò la bandiera della carità  di Cristo: "la carità  e solo la carità  salverà  il mondo".

Sempre pronto alla chiamata del Signore, si lanciò con entusiasmo e coraggio ponendo ogni sua fiducia nella Divina Provvidenza. Si prodigò con tutte le sue forze nei terremoti di Reggio e Messina (1908) e della Marsica (1915).

Portò la sua opera caritativa ed il suo zelo per la Chiesa da un capo all'altro d'Italia e del mondo, ovunque erigendo scuole, chiese e soprattutto case per i poveri e i bisognosi, a tutti annunciando il Vangelo di Cristo.

La sua opera si è propagata in Europa, nelle due Americhe - ove egli fece due viaggi missionari - e poi in Africa e recentemente nei Paesi dell'Est europeo, nelle Filippine, in Giordania, in Messico e altrove.

Animato dai suoi quattro amori - "Gesù, Anime, Papa, Maria" - fece della sua vita un olocausto, un martirio, un canto, fedelmente, fino al giorno della sua morte, il 12 marzo 1940. Il 26 ottobre 1980, Papa Giovanni Paolo II lo proclamò "Beato". Oggi vivono gli esempi e la venerazione de "l'apostolo della carità , padre dei poveri e benefattore dell'umanità  dolorante e abbandonata" (Pio XII), "una delle personalità  più eminenti di questo secolo per la sua fede cristiana apertamente professata e per la sua carità  eroicamente vissuta" (Giovanni Paolo II). La sua devozione e viva nei suoi discepoli ed in quanto a lui ricorrono come intercessore di grazie spirituali e materiali.

SOLENNE CANONIZZAZIONE: DOMENICA 16 MAGGIO 2004

Appunti sul carattere


Il volto di don Orione. Lo conosciamo dalle fotografie o grazie alla descrizione dei testimoni: energico e rugoso, occhi vivi e penetranti, protetti da folte sopracciglia, capelli canuti e fitti, mascella robusta, sorriso aperto.
Ma quale era il suo carattere, la sua personalità ?
In questo breve viaggio introspettivo dobbiamo rifarci necessariamente a coloro che lo conobbero di persona.

Nel corso delle lunghe deposizioni rilasciate in occasione del processo di beatificazione, quasi tutti i testimoni riferiscono del temperamento di don Orione, definendolo  «ardente e sensibilissimo » (Perduca),  «pronto e ardente » (Penco),  «impulsivo, vivace » (Gallarati Scotti),  «vivo e ardente » (Piccinini),  «forte, quasi impulsivo » (De Paoli),  «ardente e generoso » (Cribellati).
Sorprendentemente, in un suo scritto, lo stesso don Orione confessa di avere  «un carattere selvaggio ».

Don Orione, dunque. non passava di certo inosservato!
Don Vincenzo Guido che gli fu compagno durante gli anni del seminario attesta:  «don Orione ebbe sempre, anche da giovane, un carattere vivace, ardente e pronto: ho però sempre notato in lui uno sforzo costante per dominarsi. Non mi risulta che abbia nelle sue parole, e nei suoi scritti, usato acrimonia ».
Un altro sacerdote, don Isola, che per anni gli fu confidente, riferisce:  «don Orione riconosceva di avere un carattere impulsivo. Un giorno, nell'invitarmi a restare con lui mi disse: "Guarda che io sono un uomo duro". Se ben ricordo, citò in proposito il carattere di S. Gerolamo ».

Questo caratteristico temperamento gli proveniva in parte dalla natura, in parte dall'educazione ricevuta dai genitori. Suo padre aveva combattuto per Garibaldi, ed egli era cresciuto con una naturale ammirazione per i caratteri forti, riconoscendo di essere in fondo al cuore un impulsivo congenito.
Ma fu la madre Carolina, in particolare, a trasmettergli e forgiargli quel carattere di fuoco che i testimoni gli riconoscono. Essa si distingueva per l'energia nelle decisioni e il gran senso pratico. Non sapeva né leggere né scrivere, tanto che firmò l'atto di matrimonio con la caratteristica croce degli analfabeti. Alcune testimonianze ce la presentano come  «donna di profondi sentimenti religiosi » ;  «di gran fede e di grande animo »;  «donna risoluta, molto devota ».

Don Orione non fece mai mistero che l'impulsività  del suo carattere venne domata dalla madre, la quale non gli risparmiò, in qualche occasione, nemmeno delle buone battute.
Passando un giorno da Pontecurone, suo paese natale, confidò a chi lo accompagnava:  «Qui mia madre mi diede un sacco di sante botte... Quando andavo a far legna, io cercavo di non fare i "sanguanei" (una specie di vimini), perché mia madre li adoperava per darmeli sulle gambe, quando facevo i capricci. E mi ricordo che quando mi batteva mi diceva: Io porto la gonna, ma posso anche portare i calzoni... Si domano le bestie feroci e non si domeranno i cristiani? E come mi ha domato! Adesso che ho i capelli bianchi, benedico la severità  della mia buona mamma ...  ».

Nonostante la vivacità , si potrebbe dire passionale del suo temperamento, don Orione era alieno dal pensare male degli altri e incline a compatire e scusare eventuali mancanze, con un auto-controllo eccezionale. Per la sua indole volitiva ciò gli costava sforzo, ma riusciva sempre a vincersi e a dominarsi, fino al punto da subire vere villanie ed ingiurie.
Una volta un giovane, licenziato per cattiva condotta, lo osò insultare con frasi molto offensive.  «Le mani di don Orione - riferisce un testimone - fremevano, come se dalle dita si scaricasse l'ira repressa in cuore ». Ma seppe mirabilmente dominarsi, limitandosi ad accennare al giovane che adesso poteva andare.

Conforme al suo temperamento di fuoco, Luigi Orione esercitava un potente fascino sui suoi allievi, i quali spesso parlano della vivacità  e dell'entusiasmo del loro direttore:  «Aveva uno sguardo vivacissimo: bastava a volte che fissasse qualcuno in volto per farlo intimorire generalmente, però, aveva uno sguardo penetrante e un fare paterno, accompagnato da una bella voce, calda, suadente ».
La forza, la schiettezza e la vivacità  del suo caratteri voleva distillarla in ognuno dei suoi chierici:  «Non voglio dei presuntuosi ma non voglio neanche dei conigli: non voglio sacerdoti, né religiosi pieni di sé e di amor proprio, ma non voglio neanche gente fiacca, piccola di testa e di cuore, priva del necessario coraggio! ». E ancora:  «Il nostro carattere deve essere ardente, leale, retto, magnanimo, ma tenero insieme e vivificato dalla carità  del Signore, e, nella carità , generosissimi sempre. Generosissimi con Dio, senza limiti, e, generosissimi con le anime dei fratelli, per la carità  di Cristo ».

Nel corso di una "buona notte" egli esortò i chierici con queste parole:  «più di una volta ho detto a me stesso questa esortazione: Esto vir et non frasca, sii uomo non una banderuola. E ora lo dico anche a voi: Dobbiamo essere gente di carattere nell'amare Dio sul serio, non a chiacchiere, ma a fatti! Essere forti nella costanza del bene e vincere, con la bontà  e con il bene, il male. Esto vir! Essere calmi nelle prove. La vita è un combattimento il cui premio è il cielo!".
In varie circostanze disse ai suoi chierici che, se non fosse stato sacerdote avrebbe fatto strada in altre direzioni: "Se Gesù Cristo non avesse tenuto la sua santa mano sul mio capo, sarei stato un rivoluzionario o un generale!".
Era inoltre risaputo che egli provava una spiccata simpatia per i santi battaglieri. Alludendo a questo suo temperamento una volta confidò ad un suo sacerdote:  «Se il Signore non mi avesse dato la vocazione religiosa, sento che sarei diventato un altro Mussolini ».

Quando lo scrittore Douglas Hyde chiese ad Ignazio Silone se avesse mai incontrato qualcuno dotato di un temperamento come quello di don Orione, il romanziere rispose senza esitare:  «Soltanto un uomo: Lenin. Non ho mai incontrato nessun altro della statura intellettuale di questi due uomini, combinata con la stessa personalità  magnetica e indomabile e lo stesso immenso fuoco. Don Orione avrebbe potuto facilmente diventare un Lenin ».

Un ultimo episodio rivela magnificamente la tempra d'acciaio, la volontà  indomita, la fede e la speranza incrollabile del Beato.
Durante il difficile periodo che don Orione, trascorse come Vicario generale sulle zone del terremoto calabro-messinese, un giorno alcuni del clero, in termini non proprio amichevoli, gli fecero osservare che l'Arcivescovo locale portava nel suo stemma il motto  «Frangar, non flectar » ( «Mi spezzo, ma non mi piego »).
Don Orione ascoltò in silenzio poi rispose prontamente:  «Io non sarò mai Vescovo, ma, se un giorno per ipotesi dovessi esserlo, senza che io lo imprima nel mio stemma, tutti si accorgerebbero che io ho per motto  «Nec frangar, nec flectar! » ( «Non mi spezzo e non mi piego »).

LE VIRTU' SACERDOTALI DI DON ORIONE

Tratto da uno scritto di LUIGI FIORDALISO*

DON ORIONE  «SACERDOTE »


Don Orione ha incarnato l 'identità  del Sacerdote in modo pieno ed esemplare.
Il Sacerdote è un uomo, preso in mezzo al popolo e dal Signore destinato a fare da intermediario, tra Lui e la gente della Grazia e della salvezza.
Offre a Dio preghiere e suppliche per le necessità  degli uomini; presenta al popolo le esigenze del Signore, trasmette e sbriciola la sua Parola in modo che tutti possano comprenderla, orienta i passi di quanti cercano Dio con cuore sincero. Santifica, conforta, benedice, insegna, distribuisce il Pane dell 'Eucaristia, perdona, e, soprattutto, diventa l 'uomo della preghiera. Davvero il sacerdote è un rappresentante di Dio sulla terra: quanto santa deve essere la sua vita!
Se il sacerdote è colui che dà  Cristo e le cose sante alle anime, Don Orione è un grande sacerdote. Tutta la sua personalità  incarna la figura ideale del sacerdozio cattolico.
Don Orione è  "tutto sacerdote, consacrato a Dio, alla Chiesa, alle anime. Non c 'è spazio per altre dimensioni, espressioni di una vita privata, come succede in chi esercita una professione.
Ha vissuto la sua vocazione con eroicità  ammirabile.


ERA UN SACERDOTE  «TUTTO DI DIO »

Non era ancora ordinato ma la Grazia lo aveva conquistato. Già  negli anni del seminario appare qualche singolarità  nella sua vita, come se si sentisse chiamato a essere un prete in modo differente. Egli stesso ne è cosciente e in qualche scritto giovanile scrive che rinuncia alla carriera, alla parrocchia perché avverte che il Signore lo chiama per altre strade ad una modalità  diversa di incarnare la vocazione.
Quando si è tutti di Dio si va incontro a molti imprevisti, si è chiamati a percorrere strade non battute in antecedenza, e tutta la vita appare come una grande avventura.
Dio non si ripete mai nei suoi santi e ognuno costituisce una vera sorpresa per la sua Chiesa. Non ce ne sono due uguali. è come se Dio si divertisse a esprimere in ciascuno di loro, la sua infinita varietà  nel modellarci a sua immagine, senza mai esaurirsi.
L 'essere  "tutto di Dio " è stato un traguardo, frutto di una vita eroica senza tentennamenti o ripiegamenti su se stesso. è diventato  "tutto di Dio " dopo un lungo lavoro di purificazione il cui artefice è lo Spirito Santo, autore e artefice della nostra santificazione.
Ci sorprendiamo quando Don Orione scrive:  "Vidi che invece di cercare nel mio lavoro di piacere a Dio solo, era da anni che andavo mendicando la lode degli uomini, ed ero in continua ricerca, in un continuo affanno di qualcuno che mi potesse vedere, apprezzare, applaudire e conchiusi tra me: bisogna cominciare vita nuova, lavorare cercando Dio solo! ". (1)
Noi ci sorprendiamo di questa confessione giovanile perché mai chi viveva accanto a lui poteva ammettere che ci fosse altra intenzione nel suo agire se non quella di piacere al suo Signore.
Ma la luce di Dio è così pura che quando si riflette nell 'intimo dei santi fa scoprire anche le minime imperfezioni. Anche i santi si confessano!  "Lavorare sotto lo sguardo di Dio, di Dio solo! Come è utile e consolante il volere Dio solo per testimonio. Dio solo, figli miei, Dio solo! ". (2)
Don Orione è un uomo tanto attivo, pieno di zelo infaticabile eppure il suo cuore è sempre immerso in Dio. Lavorare sempre, senza soste, ma senza lasciare il suo Dio.
 "Gesù non venne per i giusti ma per i peccatori. Certo, il mio ministero riuscirebbe più facile, ma io non vivrei di quello spirito di apostolica carità  verso le pecorelle smarrite, che risplende in tutto il Vangelo. Preservatemi, o mio Dio, dalla funesta illusione, dal diabolico inganno che io prete debba occuparmi solo di chi viene in chiesa e ai sacramenti, delle anime fedeli e delle pie donne. Solo quando sarò spossato e tre volte morto nel correre dietro ai peccatori, solo allora potrò cercare un po ' di riposo presso i giusti. Che io non dimentichi mai che il ministero a me affidato è ministero di misericordia, e usi coi miei fratelli peccatori, un po ' di quella carità , che tante volte usaste verso l 'anima mia, o gran Dio! ". (3)


L 'ESSERE DI CRISTO, L 'APPARTENENZA AL SUO SIGNORE

è come se Don Orione sentisse quest 'appartenenza a Cristo come una sua seconda natura. Credo che sia il principio di tutto. Il sacerdote è un uomo posseduto da Cristo: tutto lo porta a donarsi alle anime fino alla totale oblazione di sé. Un essere che non esiste se non per gli altri. Chiunque vive in questa dimensione è un modello per la Chiesa.
Non parlo con entusiasmo solamente perché il Signore mi ha additato Don Orione come Padre e Maestro, ma considero che egli è un gran santo dei nostri giorni e appartiene a tutti. La Chiesa stessa ce lo presenta come una mirabile realizzazione della Grazia.
Molte persone che non appartengono alla Congregazione da lui fondata, hanno parlato e parlano ancora, hanno scritto e continuano a scrivere di lui con accenti che ci lasciano sorpresi e immensamente lieti. è gente importante che ha un nome nella società  e nel mondo della cultura (4). Quello che io posso dire è ben poca cosa al confronto. A tutti fa piacere sentir lodare il proprio padre da altre persone.
L 'amore di Cristo è in lui un fuoco che lo divora, e non gli permette il ripiegamento su se stesso, in nessun momento. Non ha cura di sé ma è tutto preso dalle attenzioni per gli altri.
Il Gesù di Don Orione è il Crocifisso, è l 'Eucaristia; è quella presenza appena percettibile nel sofferente e nel povero, nell 'emarginato. Avevo fame e sete; ero malato e povero e mi avete assistito. (Mt 25, 35-36). L 'amore per Cristo lo portava a cercare instancabilmente vocazioni per il servizio di Dio, per l 'altare, per servire i poveri ed educare la gioventù. Amava chiamarsi il facchino delle vocazioni e molti divennero sacerdoti grazie ai suoi piccoli risparmi e alla questua delle vocazioni in tutte le diocesi d 'Italia.
 "Sostenuto dalla grazia del Signore, ho evangelizzato i piccoli e gli umili. Ho procurato di evangelizzare i poveri e il povero popolo che, avvelenato da teorie perverse, è strappato a Dio e alla Chiesa.
Nel nome della Divina Provvidenza, ho aperto le braccia e il cuore a sani e ad ammalati, di ogni età , di ogni religione, di ogni nazionalità . A tutti avrei voluto dare col pane del corpo, il divino balsamo della fede, ma specialmente ai nostri fratelli più sofferenti ed abbandonati.
Tante volte ho sentito Gesù Cristo vicino a me, tante volte l 'ho come intravisto, Gesù nei più reietti e nei più infelici.
Tutto passa, solo Cristo resta! è Dio, e resta. Resta per illuminarci, per consolarci, resta per dare a noi, nella sua vita, la sua misericordia! Gesù resta e vince, ma nella misericordia! ". (5)

Sembra presunzione questo parlar di sé. Ma quando si è nella verità , si sa attribuire alla sorgente di ogni bene quanto di buono ritroviamo in noi stessi. è il messaggio del Magnificat della Madonna. Non è diverso il linguaggio di San Paolo nelle sue lettere, quando parla del suo mondo interiore, delle sue fatiche apostoliche, di quel suo farsi tutto a tutti per portare tutti a Cristo. Non è presunzione ma la pura verità  e Don Orione lo riconosce. Il suo cuore è dilatato dalla carità  di Cristo che lo porta ad abbracciare ogni dolore. Egli stesso si definiva:  «un cuore senza confini ».(6)


AMORE TENERO E FILIALE ALLA SANTA MADONNA

è Gesù stesso che indica al discepolo prediletto, l 'unico che era sotto la Croce, la Madre sua. Gliela addita come Madre e quel discepolo l 'accolse nella sua casa. Seguendo l 'esempio di San Giovanni, tutti coloro che seguono più da vicino il Signore sentono come propria questa maternità  di Maria. Ogni sacerdote è un familiare di Cristo ed entra nella sua intimità . Deve esercitarla anche con Maria.

Nella vita di Don Orione le predilezioni di Maria risalgono a prima della sua nascita. Ne è segno quella rosa che non appassiva e che sua madre, Carolina Feltri, aveva deposto davanti all 'edicola della Madonna verso la fine del mese di maggio del 1972. Don Orione nascerà  nel mese di giugno. Lo stesso parroco di Pontecurone intuiva che quella rosa significava una particolare grazia che la Madonna stava per fare al paese (7).
La povertà  accompagnò tutta l 'esistenza del nostro Santo e costituì un ostacolo anche per la vocazione al sacerdozio che egli sentiva in cuore. Nel santuario in rovina della Fogliata promise di riedificare il tempio se la Madonna lo avesse aiutato a diventare sacerdote. Entrambi mantennero la promessa (8).
La turba dei suoi ragazzi si raccoglieva accanto all 'altare della Madonna del Buon Consiglio nel Duomo di Tortona. Si pregava ogni giorno, si cantava alla Madonna ... e quando giunse inaspettato l 'ordine di chiudere l 'Oratorio, il giovane seminarista legò alla mano della statua dell 'Immacolata la chiave della porta (9).  "Oh Madre mia che non hai mai abbandonato nessuno, non abbandonare questo tuo povero ed ultimo figliuolo! Non ne posso proprio più ... Salvami o Mamma cara, salvami coi miei giovani e col mio oratorio. Vieni, Madre, a prenderti cura di noi. Eccoti, prendi la chiave dell 'oratorio ... O Maria salva i tuoi figli! " (10).
L 'Oratorio non fu riaperto, ma si aprirono nuovi e impensati orizzonti. Quello stesso anno (1893) la sua Madonna gli ottenne di aprire il primo Collegio a San Bernardino per i ragazzi poveri. Era il principio di una lunga serie di opere e istituzioni in molti paesi del mondo (11).

Don Orione mostrò la sua devozione e il suo amore filiale verso la Vergine Maria in mille circostanze della vita. Sono davvero innumerevoli i gesti di una tenerezza indicibile tra lui e la Madonna che mostrava visibilmente gradire il suo affetto di figlio e rispondeva con uguale premura esaudendo i suoi desideri e guidando i suoi passi.
La semina delle medaglie (12), la statuetta nascosta sotto la tegola (13), la cornice composta dai 25 biglietti delle mille lire (14), la questua delle pentole rotte per farne una grande statua (15), gli orecchini di sua madre collocati alla statua del Carmine nella parrocchia di San Michele (16) e tanti altri episodi, sono soltanto alcuni dei gesti filiali di Don Orione verso la Madre sua.

La spontaneità  dell'amore di lui, non sorprende di più dell'amabilità  di Maria. Quanti segni della vicinanza di lei, disseminati durante tutta la vita! Don Orione e la Madonna si intendevano in maniera meravigliosa.
La Madonna era il suo canto più dolce. Portò a Lei gente del popolo e fedeli di ogni condizione, organizzò pellegrinaggi, innalzò templi e statue in suo onore e Tortona ne è testimone; animò e infervorò tutti verso un grande e tenero amore, parlò di Lei, scrisse e predicò con indicibile entusiasmo. Avrebbe voluto morire invocando il suo nome. La Madre di Dio e la Madonna della Guardia erano le sue invocazioni preferite.
 "Leggete sulla mia fronte, leggete nella mia vita leggete nel mio cuore: non troverete altro scritto se non  «Grazia di Maria ». Portami, o Vergine benedetta, tra le moltitudini che riempiono le piazze e le vie; portami ad accogliere gli orfanelli e i poveri, i membri di Gesù Cristo, i tesori della Chiesa di Dio. Se sorretto dal tuo braccio, tutti io porterò a Te, o beata Madre del Signore! Madre tenerissima di tutti noi peccatori, di tutti gli afflitti! " (17).

 "Che questo tuo povero figlio, o Santa Madonna, sia in vita e in morte et ultra, il pazzo della carità , l 'inebriato della Croce e del Sangue di Cristo Crocifisso! Dacci, o Maria, un animo grande, un cuore grande e magnanimo, che arrivi a tutti i dolori e a tutte le lacrime. Fa che tutta la nostra vita sia sacra a dare Cristo al popolo e il popolo alla Chiesa di Cristo! ". (18)


DALL 'APPARTENENZA A CRISTO ALL 'IRRADIAZIONE NELLA SOCIETà"

I Santi sono da collocare tra i più grandi e veri benefattori dell 'umanità . Dove sono passati loro, il mondo si è fatto più buono e la situazione della società  è diventata più umana. Noi stessi ancora non abbiamo scoperto tutta l 'influenza che Don Orione ha avuto nella società  del suo tempo. Gli ulteriori approfondimenti nell 'archivio della Congregazione ci riservano sempre sorprese e scoperte.
Gli avvenimenti dell 'Italia del secolo ventesimo, fino al 1940, lo hanno visto sempre in prima linea. Talmente si sentiva inserito nella città  terrena che partecipava attivamente e seguiva con attenzione le correnti, i movimenti e le vicende, spesso drammatiche del suo tempo.
Viveva tutto con la passione del credente, con le certezze che gli provenivano dalla sua fede ancorata in Cristo, per cui parlava con grande fiducia, e sapeva infondere speranza perché era sicuro del trionfo finale del Regno di Cristo.
 "Leviamo lo sguardo della fede, o fratelli: ecco Cristo che viene a darci vita con la sua vita, nell 'effusione copiosa della redenzione. Egli procede raggiante, avvolto nel gran manto della misericordia, e avanza amabile e possente. Avanza al grido angoscioso di popoli: Cristo viene portando sul suo cuore la Chiesa e, nella sua mano, le lacrime e il sangue dei poveri: la causa degli affitti, degli oppressi, delle vedove, degli orfani, degli umili, dei reietti. E dietro a Cristo si aprono nuovi cieli: è come l 'aurora del trionfo di Dio ... L 'ultimo a vincere è Lui, Cristo, e Cristo vince nella carità  e nella misericordia. L 'avvenire appartiene a Cristo, Re invincibile! " (19).

Il contatto continuo con il Signore lo rendeva particolarmente sensibile ai bisogni del prossimo. è una norma di vita spirituale: più si è di Cristo, più si ama l 'umanità . Don Orione non attendeva d 'essere sollecitato di un aiuto, sapeva prevenire e farsi presente ancor prima che glielo chiedessero. Come del resto faceva Gesù. Il paralitico della piscina di Siloe non gli aveva chiesto nulla:  "Vuoi guarire? Prendi il tuo lettuccio e va a casa tua! "
. Davanti al feretro del giovinetto che era condotto alla sepoltura, è lui che ferma i portatori e restituisce vivo il figlio alla madre, senza che nessuno glielo avesse richiesto.
A chi ha sensibilità , gli basta vedere per intuire le necessità  altrui. Don Orione dà  vita a innumerevoli attività  di bene, spinto unicamente dalla visione del bisogno e dal fuoco interiore che lo portava sempre a donarsi senza soste.
è stato così sin dal primo ragazzo che egli accolse, Mario Ivaldi, perché era stato allontanato in malo modo dal catechismo (20). Tutta la sua opera è nata come risposta ai bisogni che egli intravedeva. Doveva avere un filo diretto con l 'Eterno perché dimostra di aver chiaro il suo cammino sin dai primi anni, quando contava con quattro o cinque ragazzi che lo seguivano, affascinati dai suoi ideali. In quei sogni giovanili c 'è tutta la Piccola Opera della Divina Provvidenza.
Non aveva forze, non disponeva di mezzi e di risorse, ma aveva chiara la visione di quello che intendeva fare. Forse è più giusto dire che il Signore gli mostrava con chiarezza che cosa si sarebbe degnato di fare per mezzo di lui.


DON ORIONE E LA POLITICA

 "Noi non facciamo politica: la nostra politica è la carità  grande e divina, che fa del bene a tutti. Noi non guardiamo ad altro che alle anime da salvare. Anime, anime! Ecco tutta la nostra vita, il nostro programma! ". (21)
Se in qualche momento dà  l 'impressione di inserirsi nelle vicende politiche, lo fa per amore della sua Patria e per scongiurare qualche pericolo imminente, per prestare un aiuto, un servizio.
Quando era ancora giovane sacerdote, reagiva con forza davanti alla sopraffazione dei diritti delle mondine nelle risaie, povere donne costrette a lavorare nell 'acqua per lunghe ore e senza un salario adeguato (22).
A fine 1800, tanti parlano di un grave problema che preoccupa tutta l 'Italia: la triste visione dei campi infruttuosi in tante regioni, per mancanza di braccia che li lavorino. Tanti andavano ad ammassarsi in città  e perdevano la fede dei padri. Guardando quella realtà  con gli occhi della fede trova una risposta sorprendente e innovativa: dar vita a un gruppo di lavoratori ... consacrati al lavoro e all 'educazione della gioventù. Intuisce come voluta da Dio la fondazione dei suoi eremiti, contadini e contemplativi, che seguendo gli antichi esempi di San Benedetto,  «ora et labora », ridessero fertilità  alla nostra terra con il loro lavoro (23).
Rassicurato dal suo Papa, San Pio X, si inserisce nel Patronato laico  "Regina Elena " per salvaguardare la fede dei minori, vittime scampate al terremoto di Messina (1908) (24).
Quando c 'è da proteggere i bambini non si ferma nemmeno davanti a Sua Maestà  il Re d 'Italia, e gli chiede qualcuna delle sue vetture per portarli lontano, al sicuro, dopo il terremoto di Avezzano (1915) (25).
Durante la prima guerra mondiale molti dei suoi religiosi erano sotto le armi e Don Orione, con vanto, scriveva ai suoi figli lontani, che quanti erano rimasti nelle sue case hanno continuato ad accogliere gli orfani, anche se le forze erano diminuite (26). Il Santuario della Madonna della Guardia in Tortona, sorto come voto per il trionfo della Patria e per il ritorno dei suoi soldati (27).
In questi anni si è scoperto il suo interessamento diretto presso il Duce Benito Mussolini, per la auspicata riconciliazione tra lo Stato italiano e la Chiesa e presso il ministro delle finanze Penna, per migliorare la giustizia economica. Questi sono solo alcuni esempi chiari di fede e di patriottismo (28).


AMA IMMENSAMENTE LA SUA CHIESA

La sente come sua Madre, come l 'emanazione di Cristo, come la realizzazione mai esaurita del progetto di Dio sul mondo; l 'asse su cui s 'appoggia l 'Instaurare omnia in Christo. Per questa Chiesa egli è pronto a dare il suo sangue, la vita e tutto il suo amore. Se la vede in pericolo non scrive trattati di apologetica o di ecclesiologia. La sua apologetica è la carità  verso i poveri. In nome della Chiesa apre case e istituzioni per raccogliere le miserie del mondo. Vuole portare tutti a Cristo e alla Chiesa, ma specialmente i piccoli, i deboli, i poveri. Pensa colmare con l 'amore effettivo i solchi profondi aperti dall 'odio e dalle lotte di classe (29).
 "Stendi, o Chiesa del Dio vivente, le tue grandi braccia, e avvolgi nella tua luce salvatrice le genti. O Chiesa veramente cattolica, Santa Madre Chiesa di Roma, unica vera Chiesa di Cristo, nata non a dividere, ma ad unificare in Cristo e a dare pace agli uomini! Mille volte ti benedico e mille volte ti amo! Bevi il mio amore e la mia vita, o Madre della mia fede e della mia anima!
Oh come vorrei delle lacrime del mio sangue e del mio amore fare un balsamo da confortare i tuoi dolori e da versare sulle piaghe dei miei fratelli! "
O Santa Chiesa Cattolica, Chiesa di Gesù Cristo: luce, amore e Madre mia dolcissima! Madre Santa e Madre dei Santi, che sola non conosci la confusione delle lingue! Madre della nostra vita, palpito del nostro cuore, vita della nostra stessa vita! ". (30)

Non è solo sublime poesia: è la sua vita! E quest 'amore profondo lo spingeva a moltiplicare le iniziative benefiche per portare a Cristo e alla Chiesa i poveri e il popolo.
Uno dei suoi più grandi dolori era quando i cattolici più in vista si alzavano a criticare la Chiesa, o si allontanavano per correre dietro le fantasie del loro pensiero, oppure con la loro vita muovevano allo scandalo o alla avversione (31).
Non è possibile in questi appunti accompagnare ogni affermazione con esempi tratti dalla sua vita; dietro ogni affermazione ci sono fatti reali e non semplici esaltazioni di un sentimento.


L 'AMORE E LA FEDELTà" AL SANTO PADRE

Pochi santi hanno sentito così profondamente il primato della carità  del Papa come Don Orione. Le sue parole esprimono la sublimità  della sua visione teologica ed ecclesiale. La sua fede gli fa intuire che è inscindibile l 'amore al Gesù Cristo dall 'amore e l 'adesione al Papa. Ad un primo gruppo di seguaci voleva dare il nome significativo di  "Compagnia del Papa " (32).
Ebbe strette relazioni con i Papi del suo tempo, i quali si servivano di lui per risolvere questioni spinose o per introdursi in situazioni delicate (33).
Pensò al suo Istituto come a un piccolo manipolo di ardimentosi ma fedelissimi figli e servitori del Papa. Li volle legare con il Quarto Voto di speciale fedeltà  al Papa (34).
L 'amore e l 'adesione al Santo Padre, la fedeltà  al suo Magistero e alla sua autorità , non dovrebbero forse essere il vanto e la caratteristica di tutto il Clero? C 'è tanto bisogno, oggi, di stringerci attorno al Papa, per conservare l 'unità  della Chiesa e l 'ortodossia della fede. C 'è bisogno di questa virtù per rendere più trasparente la nostra testimonianza.
Nella confusione di questa valle di Babele, qual è la nostra società , troppi pretendono ergersi come guida e maestro. Ma la loro dottrina non è quella di Cristo e del Vangelo e non fa che aumentare il relativismo dei valori.
 "Il nostro Credo è il Papa, la nostra morale è il Papa; il nostro amore, la ragione della nostra vita è il Papa. Per noi amare il Papa e amare Gesù è la stessa cosa; ascoltare e seguire il Papa è ascoltare e seguire Gesù Cristo; servire il Papa è servire Gesù. Dare la vita per il Papa è dare la vita per Gesù Cristo!
Non vogliamo, non conosciamo altro maestro, né altra luce ... Non conosciamo, non vogliamo altro Pastore. Non conosciamo né vogliamo altro Padre, né altro Cristo pubblico e visibile in terra! " (35).


HA UNA VENERAZIONE FILIALE PER IL SUO VESCOVO

Don Orione ha vissuto una fedeltà  senza limiti e senza incrinature anche nei momenti più dolorosi dell 'incomprensione. Non meno della santità  di Don Orione c 'è da ammirare la grandezza del suo vescovo Mons. Bandi. Avere in Diocesi un prete così poco amante del quieto vivere, così poco tranquillo attendendo alla sua parrocchia; un prete che non resta mai fermo e ha sempre qualcosa di nuovo da inventare, da realizzare; uno che con il suo comportamento sconcerta il modo di vivere dei ben pensanti, anche delle persone oneste: un prete così deve aver provocato molti problemi al suo Vescovo.
La grandezza di Mons. Bandi sta proprio in questo: aver dato fiducia al suo sacerdote. Fu Mons. Bandi che il 21 marzo 1903 approvò con Decreto la nascita del nuovo Istituto (36). Ci bastino alcuni ricordi per ricordare l 'amore di Don Orione al suo Vescovo.
Quando il primo maggio 1917 la folla esasperata e violenta per la guerra che non accenna a finire e per la propaganda socialista invade la Curia vescovile, Don Orione è là  a difendere il suo Vescovo e a calmare i più facinorosi (37).
Nel 1899, nei giorni della bufera scatenatasi contro Mons. Bandi da parte dei suoi avversari, Don Orione porta i suoi ragazzi a riempire per tempo l 'aula del tribunale di Tortona per accogliere il Vescovo il quale, in quel giorno, 7 luglio, doveva presentarsi in pubblico per dichiarare nel processo istituito contro di lui. Non poteva sopportare che il suo Vescovo fosse vilipeso dai nemici della Chiesa e trovò solo figli devoti ad applaudire (38).
Nei momenti più drammatici, quando era in gioco la sua stima personale e la sopravvivenza della famigliola appena costituita, un cenno a Roma presso lo stesso Santo Padre sarebbe stato sufficiente a risolvere ogni questione, per sempre, e Don Orione non lo fa per rispetto al suo Vescovo. Quando nel penultimo anno di Leone XIII, gennaio 1902, Don Orione viene ricevuto in udienza, è il Papa stesso a richiedergli copia delle Costituzioni (le nostre Regole) per approvarle. Don Orione le fa benedire, ma si scusa adducendo che tutta la faccenda dell 'approvazione era già  in mano del suo Vescovo. In realtà  era ancora tutto in alto mare anzi, era quello il tempo dell 'incomprensione e dell 'ostilità  da parte di molte persone di Chiesa. Se avesse seguito il consiglio del Papa, avrebbe risparmiato alla sua piccola Congregazione anni di sofferenza, di dubbi e di attesa (39). Ma Don Orione era fatto così.
Il suo amore filiale, la sua grande devozione non gli impedivano di essere anche franco in qualche straordinaria circostanza, come quando, in ginocchio davanti al suo Vescovo gli manifesta la sua disapprovazione per un 'ingiusta decisione presa nei suoi confronti (40).
In una lettera confidenziale a Mons. Bandi Don Orione, si definì  " il suo cane fedele " che non si è mai rivoltato contro il suo Vescovo (41). Questo è amore eroico, vero amore di figlio.
Certamente si possono applicare a lui tante espressioni delle lettere di Sant 'Ignazio di Antiochia quando parla dell 'adesione piena al proprio Vescovo, come le corde alla lira.


VERO APOSTOLO, COLMO DI ZELO PER LE ANIME

Chi ama Cristo non può non amare coloro che sono amati da Cristo. è una via che non ammette eccezioni. Tutto il ministero di Don Orione è votato alle anime. Non importano la fatica, la stanchezza, il sospetto, la calunnia. Si era proposto di essere  "il prete di coloro che non vanno in chiesa " e in tutta la vita correrà  dietro ai peccatori, a qualsiasi categoria essi appartengano (42). Sono a volte sacerdoti, letterati, gente del governo, umili paesani. Egli è sempre un apostolo. Di tutti.
Nel suo viaggio in nave (1934) verso il continente americano, in occasione del Congresso Eucaristico di Buenos Aires., diventa il confidente spirituale dei viaggiatori e il lungo tragitto si trasforma in una autentica missione popolare. C 'era sulla nave anche il Cardinale Pacelli, il futuro Pio XII, e altri importanti personaggi che mai dimenticarono quel viaggio (43).
Qualcuno ricorda che la gente sostava in preghiera nella sala d 'attesa, prima di incontrarsi con quell 'uomo di Dio, a Genova, a Milano, a Buenos Aires e in altre città , sentivano che nel parlare con lui, Dio si faceva più vicino (44).
 "Vorrei farmi cibo spirituale per i miei fratelli che hanno fame e sete di verità  e di Dio. Vorrei vestire di Dio gli ignudi, dare la luce di Dio ai ciechi ... Vorrei farmi servo dei servi distribuendo la mia vita ai più indigenti e derelitti. Vorrei diventare lo stolto di Cristo per i miei fratelli! (45)
Non saper vedere e amare nel mondo che le anime dei nostri fratelli. Anime di piccoli, di poveri, di peccatori ...; anime di giusti, di traviati, di ribelli alla volontà  di Dio; anime di ribelli alla Santa Chiesa di Cristo, anime di figli degeneri, anime sottomesse al dolore, anime smarrite che cercano una via, anime dolenti che cercano un rifugio o una parola di pietà .
Tutte sono amate da Cristo, per tutte Cristo è morto, tutte Cristo vuole salve, tra le sue braccia e sul suo cuore trafitto.
Ponimi, Signore, sulla bocca dell 'inferno, perché io, per la misericordia tua, la chiuda! " (46)

Si sente tante volte dire che ci sono pochi sacerdoti. Ed è risaputo. Ma probabilmente bisognerebbe aggiungere che sono pochi i preti-apostoli infervorati di amore e di zelo per le anime. Non può essere certo una professione come le altre l 'essere sacerdote. L 'esempio di Don Orione sprona ad incarnare la vocazione, l 'identità  sacerdotale: Sacerdos, alter Christus!



La Madonna del Materno Sorriso - Nuovo quadro inaugurato Domenica 30 Maggio 2004


Preghiera

O Madre Santissima,
affidiamo al Tuo dolce e profondo sguardo celeste,
alla Tua vigile protezione
ed al Tuo cuore traboccante di amore materno,
la vita nostra ed il destino dei nostri fratelli.
 
Ti doniamo il nostro semplice amore,
nella consapevolezza dell 'incommensurabile dono
che Dio ci ha riservato per la Sua bontà  infinita,
nella serena certezza che mai alcuna madre terrena potrebbe mai sovrastarTi
nell 'amore e nella vigile attenzione verso di noi.
 
Ti affidiamo, o Madre celeste, tutti i nostri cari,
totalmente sereni e fiduciosi del Tuo grande amore per noi.
 
Ora siamo qui, con tutta la nostra umiltà ,
colma di presunzioni, di lacune e di difetti,
a pregarTi con la muta voce dell 'anima e del cuore,
nell 'intimità  di questo Santo luogo,
affinché Tu ci renda degni del nome di Tuoi figli adottivi.
 
Aiutaci ad essere ogni giorno migliori,
insegnaci ad essere buoni e comprensivi,
dolci ed amorevoli,
degni dei magnifici doni che il Signore ci ha dato.
 
Infondici il coraggio e la forza di crescere insieme ai fratelli,
di sostenerli ed aiutarli ad affrontare la vita quotidiana.
 
Dacci la forza di seguire sempre Gesù
per non perdere mai di vista la strada che Egli ci indica.
Guidaci ed incoraggiaci lungo la ripida via del bene e della bontà .
 
O Madre Santa, dacci solo la forza di essere buoni cristiani.
 
AMEN
 

Ave Maria ...

(preghiera scritta da una mamma della Parrocchia)



6 Giugno 2004: I 68 Anni di Messa di Don Giuliano - Festa solenne Domenica 6 giugno 2004

 
 




Sommario - Mappa del sito - Chi siamo - Contatti - Albo d'oro benefattori - Donazioni - Home

Bibliografia

Testo di Ing. Arch. Michele Cuzzoni.


 

posta del webmaster