Presentiamo alcuni stralci del testo Mio Signore e mio Dio! che raccoglie gli interventi di don Bruno Maggioni in occasione degli Esercizi spirituali tenutisi nel Duomo di Milano, nei giorni 20-21-22 novembre 2000 alla presenza di migliaia di giovani della diocesi ambrosiana in occasione dell’inizio del cammino “Sentinelle del mattino”.

Il libro – con la raccolta integrale degli interventi e due lettere scritte ai giovani dall’Arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini – è stato pubblicato dall’editrice In dialogo (via S. Antonio 5, Milano) ed è disponibile presso tutte le librerie cattoliche (prezzo di copertina £ 11.000), nonché presso la libreria stessa di via S. Antonio 5, che – su richiesta – può anche inviarlo direttamente a casa agli interessati (tel. 02.58391348).

 

"Sentinelle del mattino"

Bruno Maggioni, “MIO SIGNORE E MIO DIO!”

L’incontro che cambia la vita 

L’INCONTRO

“Venite e vedrete”

Un incontro “per caso”

[…] La prima osservazione che mi colpisce e che ricorre frequentemente nelle azioni di Dio è l’occasionalità di quanto è accaduto. Si direbbe che avviene tutto per caso. […]
Per caso sembra a noi. Ma forse quest’apparenza di occasionalità è la traccia che indica un evento che non è nostro: non siamo stati noi a pensarlo né a servirlo, né a progettarlo, accade! Le cose di Dio accadono.

Gesù è qualcosa in più
[…] La ricchezza dell’incontro con Gesù è un di più, una grandissima sorpresa che non ci si aspettava, ma che, una volta intravista, capita che faccia impallidire tutto il resto.
L’incontro con Gesù, la sua bellezza, il suo centuplo si vede stando con lui, avendo il coraggio di stare con lui. […]

“Che cosa cercate?”
[…] Alle volte si ha l’impressione che cerchiamo troppe cose e quindi niente. Forse abbiamo troppi desideri. […] I desideri possono essere tanti, ma quelli essenziali devono essere pochi. Non lasciamoci incantare da tutto: si potrebbe anche scoprire che cerchiamo di servire due padroni! […]
Invece Gesù dice: “Venite e vedrete!”. Usa un verbo al futuro: vedrete. Bisogna anche aspettare, camminare, andare avanti. La compagnia di Cristo deve essere continua, solo così lo si conosce, anzi ogni giorno lo si conosce di nuovo e un po’ diversamente perché l’incontro con Cristo non è abitudinario.
La ricerca giusta potrebbe seguire questi passaggi: cerco la verità, la verità di me stesso, la verità della vita, cerco che cosa veramente conta in modo da costruire la vita sulla roccia e non sulla sabbia, altrimenti mi ritrovo con una vita vuota.

“Dove abiti, Signore?”
[…] Non si tratta solo di incontrare Gesù: il problema è saper riconoscere il Signore. Il Signore è lì, è già nostro compagno di viaggio.
[…] La domanda “dove abiti?” si traduce allora in: come fare per costruire un mondo più giusto? Una domanda che non si sente molto spesso, la mentalità dominante ci ha appiattiti. Però Gesù ha detto chiaramente che lo incontreremo nei suoi fratelli più piccoli. Magari di fronte a loro non potremo fare nulla, o molto poco. Ma possiamo incominciare a guardarli con occhi da fratelli, anzi – di più – non come fratelli nostri, ma suoi.
Concludo con una frase giubilare di don Tonino Bello: “Secondo me le porte del Giubileo dovrebbero essere due, due porte sante. Una per entrare, per entrare nel cuore della Chiesa, e un’altra per uscire, per uscire nel mondo e incontrare il Signore che cammina sulle strade”.

LA CHIAMATA

“Tu sei Simone, figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa”

“Abbiamo trovato”

[…] Uno dei due che, per caso, hanno sentito Giovanni il Battista dire di Gesù “Ecco l’Agnello di Dio” si chiamava Andrea e l’altro non ci è detto. Qualcuno suggerisce che la casella è vuota perché tocca a ciascuno di noi riempirla col proprio nome. Mettiamoci nel gruppo!
Andrea, dopo aver incontrato Gesù, si imbatte in suo fratello Simone. Il verbo greco potrebbe volere dire “andò a cercare il fratello Simone”, ma potrebbe anche significare “incontrò per caso il fratello Simone”. A me piace di più la seconda traduzione.
Andrea dice al fratello quello che gli è capitato: “Abbiamo trovato!”. Chi ha incontrato il Signore deve pur dirlo, non può tacere! Quando ci capita una cosa bella, la raccontiamo. Ci crederanno sì, ci crederanno no, tuttavia noi diciamo quello che abbiamo trovato. […]
Una cosa curiosa in questo primo quadretto è che Simone non parla, non dice niente, non risponde nulla al fratello, si lascia condurre, non si pronuncia neppure con Gesù e, anche quando Gesù gli cambia il nome, non dice niente.

Filippo e Natanaèle

Il giorno dopo, Gesù aveva stabilito di andare in Galilea e “incontrò Filippo”: ritorna lo stesso verbo di prima. Gesù non ha fatto quella strada apposta per incontrare Filippo; semplicemente lo ha incontrato. E però, avendolo incontrato, gli dice: “Seguimi!”. […]
Filippo incontrò Natanaèle – ancora una volta per caso – e anche Filippo dice a Natanaèle quello che ha trovato. Andrea ha trovato “il Messia”, Filippo ha incontrato “colui del quale hanno parlato Mosè e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret”.
Natanaèle è l’unico di questi che pone un’obiezione: “Come può venire qualcosa di buono da Nazaret?”. Di fronte alla chiamata è possibile porre le proprie obiezioni, si può fare una domanda, chiedere una spiegazione.
L’obiezione di Natanaèle è seria. Il Messia, di cui ha parlato Mosè, di cui hanno parlato i profeti, il Messia glorioso, colui che deve imprimere al mondo una svolta, può venire da un paese sconosciuto, essere figlio di un falegname? […]   E, d’altra parte, la novità di Gesù, la novità cristiana, è proprio questa: il Figlio di Dio si è fatto uomo, un uomo che è vissuto trent’anni a Nazaret senza che lo si sapesse, nell’anonimato, nel quotidiano, eppure era il Figlio di Dio. […]
Natanaèle, pur avendo fatto l’obiezione, non chiude il discorso, è disponibile. E Filippo gli risponde: “Vieni e vedi!”. Che altro può rispondere Filippo? Che altro posso rispondere io, o altri, se non affermare quello in cui credo? […]
Natanaèle ha anche la fortuna di avere un segno per confermare la sua fede, per fare crollare la sua obiezione. Dio offre anche i suoi segni. Alle volte sono segni molto semplici, come questo, del resto. “Prima che Filippo ti chiamasse, ti ho visto sotto il fico”, non un fico qualunque, ma quello davanti a casa sua. Gesù ci conosce da sempre, anche se pare che capiti davanti per caso e all’improvviso! Le obiezioni di Natanaèle cadono immediatamente. Basta poco, perché è un uomo trasparente, onesto, disponibile, che non ama difendere se stesso, ma è capace di consegnarsi alla verità, a ciò che intuisce: “Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. […]

Una missionarietà per contagio

Vorrei sottolineare il fatto che sia Andrea che Filippo hanno incontrato e, dunque, raccontano. E raccontano alle persone che incontrano, alle prime che incontrano. Questa è una missionarietà “per contagio”, che avviene per caso: parlo di Cristo a te perché ho incontrato te. Credo che sia il modo missionario più incisivo. […]
Così avremo testimoniato Cristo che ha rivelato un Dio che ama tutti gli uomini allo stesso modo, anche senza nominare Gesù Cristo. Intervenendo così, con semplicità, si afferma il primato del Dio di Gesù Cristo. Il primato, infatti, si afferma non solo dicendo che Dio è l’unico Dio ma anche che, proprio per questo, non fa differenze tra le persone. […]

Chiamare

Il racconto si snoda attorno a tre verbi principali: chiamare, seguire, vedere.
Cominciamo dal verbo chiamare, che Gesù utilizza per dire a Pietro: “Ti chiamerai Cefa!”.
Gesù chiama per nome, conosce per nome: “Tu sei Simone, figlio di Giovanni”. Dio ama gli uomini uno ad uno e li conosce nella loro precisa individualità. Però Gesù non si accontenta del nome di battesimo, Gesù cambia nome e, in tal modo, cambia tutto, è come assumere una nuova identità. […] Dio ti dà un nuovo nome per assegnarti un nuovo incarico. Per Pietro il nuovo incarico è il centro.
Qual è il nostro incarico, quale nome vogliamo darci? Come ci piacerebbe che Dio ci chiamasse, con quale nome? […]

Seguire

Il verbo seguire è semplice e bello insieme. Seguire vuol dire camminare […].
Seguire vuol dire anche andare dietro a qualcuno, scegliere di mettere i piedi dove li ha messi quel tale che si segue. Però attenzione! Seguire non vuol dire andare davanti. Talvolta ci sono seguaci che camminano davanti al Signore e lo pregano di realizzare i progetti che hanno in mente. Invece è il Signore che ha dei progetti, noi dobbiamo seguirlo senza camminare davanti; dobbiamo stare vicino a lui, ma sempre un passo indietro, perché è lui che traccia la strada, non noi.
Se tre, quattro, mille o più hanno deciso di seguire Gesù, questi si trovano a vivere insieme la comunità. La comunità non nasce perché questi hanno deciso di vivere insieme, bensì perché ciascuno ha deciso di seguire il medesimo Signore […].

Vedere

Il terzo verbo è vedere, qui usato al futuro: “Vedrai cose ben più grandi di queste”. Il testo dice che “Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’Uomo”, il Figlio di Dio che è venuto nel nostro mondo ha aperto il cielo. Anzi, addirittura, per vedere il cielo devi guardare lui, Gesù Cristo. Per capire chi è Dio possiamo vedere l’incarnazione di Dio, Cristo, che è Gesù, la vita che ha fatto, le cose che ha detto. [...]
Possiamo intendere il verbo “vedrai” anche in un altro modo. Proseguendo la lettura del Vangelo scopriamo che cosa hanno visto e trovato i discepoli: […] hanno capito che Gesù è Figlio di Dio proprio perché crocefisso, perché ha manifestato un amore che ha resistito fino all’ultimo, ha perdonato, non ha usato la violenza, è morto per tutti in mezzo a due ladroni. […]
Voglio aggiungere un’altra riflessione. Vediamo un Figlio di Dio che, venuto al mondo, anziché cambiare subito le cose, preferisce condividere le nostre situazioni. […] Ha condiviso la nostra situazione, le situazioni dell’uomo, le più profonde, le più vere, quelle che possono scandalizzarci e che qualche volta ci fanno sorgere dei dubbi: come mai la verità non vince? […] Il crocifisso è l’unica cosa che vince, che risorge. Questa è la grande novità cristiana.

Perché proprio io?

Nel nostro primo incontro la domanda chiave è stata: “Cosa cercate?”.  Poche cose vanno cercate, quelle essenziali, altrimenti siamo distratti.
Credo che questa sera dovremmo fare un’altra domanda: “Noi apparteniamo al numero di questi chiamati, apparteniamo al numero dei fortunati? Perché hai chiamato noi e non altri? È giusto?”. E forse la risposta del Signore è: “Ti ho chiamato per caso, cioè liberamente, non perché te lo meritavi”.
Ci sono domande a cui la sola risposta possibile è quella dei bambini. Perché io? Perché sì! Però è chiaro che se noi siamo chiamati fortunati dobbiamo aiutare chi non è fortunato come noi. Non si può avere questa fortuna e tenerla per sé: si banalizza e muore. Dobbiamo allora essere contagiosi.
Proviamo a domandarci come possiamo essere contagiosi, domani, dove.

LA RISPOSTA

“Tu hai parole di vita eterna…”

Pane disceso dal cielo per la vita del mondo

[…] Nel capitolo 6 Gesù ha detto sostanzialmente due cose, che costituiscono la sua identità: la prima è di essere un pane disceso dal cielo; la seconda di essere un pane per la vita del mondo. Due cose difficili.
Come può essere un pane disceso dal cielo? […]
In secondo luogo Gesù afferma di essere venuto per la vita del mondo. Anche questo scandalizza: semmai dovremmo essere noi a dare la vita per lui e invece è lui che l’ha data per noi. Il rapporto è rovesciato. Questa – che per altri è uno scandalo – è la cosa più bella per il credente. [...]
Quindi ci troviamo di fronte a un capovolgimento, duro teologicamente e duro da mettere in pratica, perché se è chiaro che Gesù ha dato la vita per il mondo, vuol dire che anche noi dobbiamo spendere la nostra vita per qualcuno, dobbiamo offrirla per il mondo. È un progetto difficile, tuttavia proviamo a pensare il contrario: vivere chiusi in noi stessi. Quella è vita? No! Solo l’amore è vita, il donarsi, il perdersi, il mettersi anche a repentaglio. Dunque siamo sempre al solito punto: ciò che scandalizza molti è proprio la ragione per cui noi crediamo, è la bellezza del nostro Dio.

La sequela: un rischio e una sicurezza

C’è subito, però, anche una seconda riflessione da fare. Questa volta ad essere in difficoltà sono dei discepoli, persone che l’hanno seguito e che, almeno fino ad un certo punto, lo credevano adatto a loro […].
C’è una cosa, però, che ci consola ed è la nostra sicurezza. È vero che il discepolo abbandona Gesù, i Vangeli sono pressoché unanimi nel dirci che i suoi seguaci lo hanno abbandonato nel momento cruciale, ma Gesù non ha abbandonato loro, il suo amore è ostinato.
Questa è la nostra sicurezza: Cristo è sempre con noi, anche se ci tiriamo indietro verrà a riprenderci, possiamo sempre farci ritrovare, ricominciare da capo. Abbiate il coraggio di ricominciare sempre da capo. Sempre! Appena c’è una voce che chiama, da capo.

Una libertà senza prezzo

[…] Ma dove trova Gesù questo coraggio, questa libertà anche di rimanere solo? Penso che il segreto ce l’abbia rivelato in un’altra pagina, quando risponde ai suoi discepoli che credevano di averlo capito: “Mi lascerete solo e ciascuno tornerà ai suoi affari, ai suoi interessi. Ma io non sono solo perché il Padre mio è con me”. Questa è la radice del coraggio di Gesù. Può stare solo perché sa di non essere solo. Potranno abbandonarlo gli altri, potranno crocifiggerlo, potranno fare di tutto per convincerlo che la sua verità è inutile, ma lui rimane fermo perché il Padre è con lui. […]

Carne e Spirito

Abbiamo sentito parlare in questo passo di Vangelo di “carne e Spirito”: “È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla”. Cosa vorrà dire Gesù? Non dobbiamo pensare all’equazione spirito = anima e carne = corpo.
Spirito e carne indicano altre due cose. Carne è l’uomo chiuso in se stesso, che vuol fare da solo, con le proprie forze e a modo suo, colui che rifiuta la gratuità, che si sente il conquistatore della verità, anzi colui che la scopre, che la inventa. Quest’uomo non arriva da nessuna parte. L’uomo deve invece aprirsi allo Spirito di Dio, accogliere una verità che arriva da un’altra parte, che non è lui a darsi, a farsi. […]
Carne e Spirito. Novità e gratuità: abbandonare la carne per poter rinascere.

Credere e conoscere

Nelle parole di risposta di Pietro sembra esserci una stranezza nell’ultima frase. Sembra quasi che siano stati messi in disordine i due verbi credere e conoscere. Dice Pietro: “Noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il Santo di Dio”. Non doveva essere il contrario? “Abbiamo conosciuto che tu sei il Santo di Dio e allora abbiamo creduto”. Ci aspetteremmo che venga prima la conoscenza e poi la fede. Non è sempre così. Forse capovolgendo i verbi, mettendoli apparentemente in disordine, Pietro voleva dire una grande cosa che è vera per il nostro rapporto con Dio ed è vera anche per gli altri rapporti: cioè conosci, capisci la bellezza e la ragionevolezza di una cosa quando in quella cosa hai fiducia e la stai vivendo. […]

Tre parole di vita eterna

Cosa significa per il Vangelo di Giovanni “vita eterna”? Non vuol dire che la vita comincia dopo la morte, perché la vita è già ora con Dio che è amore. […] È amando che capiamo di essere vivi. Decidersi: questa è la vita eterna. […]
La vita eterna è ancora di più. Il Vangelo di Giovanni è pieno di parole di Gesù, ma se dovessi sceglierne tre, la prima parola che davvero è verità e che pongo a fondamento di ogni altra è la parola che Gesù ha detto a Filippo, il quale voleva vedere Dio: “Chi vede me, vede il Padre!”. È in Gesù Cristo, nella sua vita, nella sua persona, nelle sue parole che incontriamo l’immagine visibile di Dio. […]
Una seconda frase che ho scelto si trova al capitolo 8. Gesù si rivolge ai discepoli che sono convinti di essere liberi, di non aver bisogno della libertà di Cristo dicendo: “Se rimanete fedeli alla mia parola e sarete miei discepoli conoscerete la libertà e la libertà vi farà liberi”. […]
Il verbo che usa Gesù sembra l’opposto della libertà intesa come possibilità di cambiare esperienza ogni momento: dovete “rimanere fedeli” e per di più come “discepoli”. […]
La terza parola pregnante, più pratica e concreta, si trova nell’episodio della lavanda dei piedi. […]     La nostra vita deve farsi, dunque, servizio e le possibilità di servizio sono tante: ognuno può trovarne uno.

L’incontro con Gesù fa vedere tutto in modo diverso

Termino offrendovi due immagini del Vangelo di Giovanni.
La prima immagine è la Samaritana, la quale va al pozzo a prendere acqua, ha bisogno di acqua da bere, ma quando incontra Gesù Cristo dimentica il suo bisogno. […]
La seconda immagine è Tommaso, il discepolo che esprime i nostri dubbi, i nostri tentennamenti. Vuol toccare, vedere. Quando Gesù gli si presenta davanti si dimentica di toccare e vedere. […]
Con questo credo di avervi detto quello che mi stava a cuore a proposito di questo Vangelo. Ma siccome è l’ultima sera concedetemi di esprimere la mia soddisfazione, la mia gioia per questa opportunità che ho avuto – dovrei dire per caso – di parlare con tanti giovani in ascolto, di parlare di Gesù Cristo e soltanto di Gesù Cristo.

 

                                            

 

 

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Aggiornato il: 01 marzo 2001