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Lettura artistica della Chiesa di San Giorgio:

Da QB - Quaderni della biblioteca 1/93
di Lorenzo Lorenzini

Sui primi due pilastri sono collocate le eleganti acquasantiere settecentesche a conchiglia a doppia valva in pietra rosa di Verona.
Il primo altare a destra ospita una pala rappresentante S.Antonio da Padova adorante il Bambino presentatogli da S.Giuseppe e l’immagine della B.V. del Buon Consiglio trasportata dagli angeli di Scutari d’Albania occupata dai turchi a Gennazzano di Antonio Bresciani (1720 - 1817). Il quadro venne commissionato al pittore piacentino ma di formazione bolognese, nel 1770 dalla famiglia di Antonio Panini che aveva acquistato il patronato dell’altare. Infatti, a seguito dell’altissimo costo della riedificazione del duomo, la Comunità sassolese decise di cedere a privati due degli altari laterali. Questo fu acquistato dai Panini che fecero apporre il proprio stemma agli estremi della mensa, mentre quello sul lato opposto fu ceduto ai Baggi. L’ancona in stucco fa parte del ciclo decorativo ideato dallo Schiassi il quale pensò per i quattro altari minori una partitura architettonica e plastica meno monumentale rispetto a quella delle due cappelle centrali. Sulla parete di destra è conservato un confessionale settecentesco con intagli di fine esecuzione uguale a quello collocato simmetricamente nella cappella opposta.
Di seguito si trova la cappella dedicata alla Madonna del Carmine nella cui ancona sono collocate due sculture a tuttotondo che condividono il programma iconografico della cappella opposta dove altre due figure femminili completano il tema della Quattro Virtù Cardinali. E’ questo uno snodo particolarmente accentuato nella spazialità della chiesa in cui le due cappelle, movimetate dalla concavità delle ancone, creano una sorta di pausa nella partitura architettonica sottolineando il grande vuoto della luminosissima cupola. Le ancone sono arricchite da una leggera ed elegante decorazione plastica dovuto almeno per quanto riguarda le figure, ad una mano estranea allo Schiassi. 
I Quattro Evangelisti nei pennacchi della cupola sono invece dovuti all’artista bolognese.
Nella nicchia della cappella di destra è conservata una scultura lignea di ignoto databile al secolo XVII raffigurante La Madonna del Carmine. 
Nell’altare successivo dedicato a San Paolo è collocato un dipinto su tavola che ha per soggetto il santo titolare. Di recente è stata avanzata da Vincenzo Vandelli l’ipotesi che l’autore del quadro possa essere identificato in Giacomo Cavedoni ma le condizioni della tavola, notevolmente ridipinta, non consentono per ora di accettare pienamente l’attribuzione. E quasi certa, però, la provenienza da uno dei tredici altari precedenti alla riedificazione settecentesca a seguito della quale la pala fu adattata con aggiunte e ridipinture. D’altra parte il fatto che solo questo dipinto e quello del Boulanger sull’altare maggiore siano stati ricollocati dopo la ristrutturazione, potrebbe essere spiegato nella volontà di conservare un’opera di un illustre concittadino. Sullo stesso altare è collocato l’altarolo rappresentante La Madonna delle Grazie donato, come attesta un cartiglio sul retro, nel 1847 dal canonico Don Giacomo Speranza e proveniente dalla nobile famiglia dei Benincasa*. A quella data risale probabilmente la fostosa cornice dorata fabbricata su modelli di gusto settecentesco mentre il bel dipinto è opera di un anonimo emiliano del secolo XVIII. 
Di seguito, l’ultima campata ospita una delle due cantorie affacciate sul presbiterio mentre nella parte inferiore, lo spazio risulta quasi come la prosecuzione della navata laterale. In questa zona si trova una lapide commemorativa della famiglia Rubbiani, proprietaria nel secolo scorso delle più antiche manifatture di ceramiche. A questa fabbrica sono riconducibili i tondi in terracotta smaltata in blu e bianco che ricordano la consacrazione della chiesa.
Sulla parete di fondo si trova un confessionale settecentesco in legno intagliato uguale a quello posto sotto la cantoria di fronte, mentre accanto alla porta che immette nel vicolo di collegamento fra le due piazze è situata un’acquasantiera a pila di origine seicentesca.

 


L’ideazione delle due elegnati cantorie decorate di lievissimi stucchi a “cartoccio” con volute cartigli e strumenti musicali spettano al Massari. In quella di sinistra trova collocazione l’organo costruito nel 1761 da Agostino Scarabelli-Traeri il quale aveva in origine avanzato la proposta, prontamente rifiutata dalla Municipalità, di collocare lo strumento su una cantoria costruita ex novo sopra la porta principale. L’organo rinnovato più volte nel corso dei secoli, è stato oggetto di un accurato restauro che, nel 1984, ha riportato alla luce l’originaria cromia della cassa lignea intagliata da Giuseppe Casalgrandi.
Il presbiterio mantiene sostanzialmente l’assetto che gli venne dato dall’intervento attuato nel 1690 ad opera dell’architetto Antonio Paltrinieri. In quell’occasione, oltre all’avanzamento dell’altare verso la navata, venne sopraelevata di un gradino l’intera area. Il coro ligneo, invece, fu eseguito dal servita Fra Carlo Guastuzzi attivo a Sassuolo fra il 1646 e il 1690) su disegno dello stesso Paltrinieri. L’architetto abbandonò l’incarico a causa della distruzione, contro il suo parere, del cinquecento ornato in “bianconero” che decorava il presbiterio.
Nel 1706, come attesta una scritta incisa su una cornice il coro venne allungato di tre stalli per parte costruiti in perfetto accordo con gli altri. 
La grande pala centrale rappresentante la Madonna con i santi Giorgio, Aurelia, Francesco, Ruffino, Domenico e Antonio da Padova, fu iniziata da Jean Boulanger (1606 - 1660) nel 1646 e collocata, sull’altare solo nel 1649. Le travagliate vicende storiche, che caratterizzarono il ducato estense in quegli anni, furono la causa della lunga permanenza presso la bottega del Boulanger del dipinto raffigurante fra gli altri patroni di Sassuolo, anche San Ruffino ** eletto a tale ruolo in seguito alla cessazione della guerra con la Spagna avvenuta proprio il 27 febbraio 1649 alla vigilia del giorno dedicato al santo. Il dipinto, restaurato nel 1985, è collocato in una ancona in stucco che conclude scenograficamente l’asse principale della chiesa secondo una concezione teatrale tipicamente settecentesca. Dovuta allo Schiassi, la grande ancona propone il modello architettonico della colonna libera affiancata delle figure (virtù teologali) della Carità e della Speranza mentre sul frontone di forma complessa svetta la Fede con alcuni angeli. 


L’altare maggiore reca all’interno un piccolo sarcofago in pietra veronese datato 1648 e contenente le reliquie di San Ruffino traslate solennemente da Roma il 26 aprile di quell’anno. La mensa in scagliola, databile ai lavori settecenteschi, è stata nel corso dei restauri del 1970 traslata in avanti ma, allo scopo di rendere più visibile il coro ligneo, sono state ... tolte le scaffe che appaiono ora in parte collocate ... in un altare laterale. Il settecentesco paliotto ligneo intagliato a giorno, ospita al centro una targa fra volute recante un dipinto ad olio che raffigura S.Giorgio e S.Ruffino adoranti il Sacramento.
A destra, nel vano sottostante alla tribuna dell’organo, parte la scala che collega con la sacrestia costruita nel 1818 anche se già tra il 1760 e il ‘64 furono consegnati i primi progetti elaborati dal bolognese Giuseppe Antonio Ambrosi ma non eseguiti. Sul pianerottolo si conserva una pala seicentesca raffigurante la Madonna in gloria con S.Domenico e S.Caterina da Siena probabilmente proveniente dalla distrutta cappella della Pellicciona, ubicata sulla strada per la montagna prima della frazione Pontenuovo.
A sinistra, il primo altare dopo il presbiterio è dedicato a S.Aurelia Martire, (ma in origine del Crocefisso e di patronato della Comunità) coopatrona di Sassuolo e proclamata tale assieme a S.Domenico e S.Antonio da Padova il 2 gennaio 1642. Nella nicchia è conservata una statua del Sacro Cuore di recente fabbricazione mentre sotto la mensa troviamo un’urna in scagliola marmorizzata contenente, oltre alle reliquie della santa, anche quelle della Martire Veronica. 


Da un passaggio a lato dell’altare si accede ad un piccolo locale che testimonia l’assetto della chiesa precedente la riedificazione settecentesca: la nuova muratura che aveva lo scopo di rettificare la parete di fondo della navata fu eretta davanti ad una sorta di esedra in cui nel 1739 fu messo in opera un nuovo altare in stucco dedicato al Santissimo Crocefisso. Il piccolo locale, che non venne mai demolito, ospita quindi l’unico dei tredici altari della vecchia chiesa. 
La cappella successiva, del S. Sacramento ospita nell’ancona in stucco la Madonna del S.Rosario in cartapesta opera del sassolese Ciro Zironi (1831-1904) mentre sull’altare si trova un tabernacolo a tempietto in marmi policromi databile al secolo scorso.
L’ultimo altare dedicato a S.Camillo de’ Lellis apparteneva ai Baggi il cui giuspatronato fu ceduto dalla Comunità per sopperire, almeno in parte, alle ingenti spese che la fabbrica richiedeva. Inizialmente alla famiglia sassolese era stato ceduto quello oggi dedicato a S.Aurelia, ma Camillo Baggi, a cui non garbava l’ornato scultoreo eseguito dallo Schiassi, nel 1761, brigò per ottenere in cambio l’atuale in origine destinato al patronato della Comunità. L’artista a cui venne commissionata l’opera fu Fra’ Stefano da Carpi (1710-1796) il quale realizzò l’ancona in stucco con quattro putti ed un medaglione a bassorilievo sul palliotto raffigurante S.Camillo de’ Lellis con la Vergine e San Michele a cui appare Gesù. L’altare risulta estremamente significativo poiché vede la presenza di un’altro importante artista modenese del Settecento, Francesco Vellani (1689-1768), che ne eseguì la pala oggi in cattivo stato di conservazione.
Sacrestia. Il locale della sacrestia, progettato durante i lavori settecenteschi, fu arricchito di un’armadiatura a parete che, come attesta da scritta incisa all’interno di un’anta, venne eseguita da maestranze locali nel 1761. Opera di discreto interesse, reca negli sportelli formelle mistilinee assai prossime per forma a quelle che ornano le specchiature alle porte minori della chiesa. Degna di nota è anche una splendida muta seicentesca di candelieri d’altare che fu donata, con ogni probabilità, dalla famiglia ducale. Alle pareti sono appesi alcuni dipinti risalenti ad epoche diverse mentre parte degli arredi e dell’argenteria è stata trasferita presso i locali della canonica dove è visibile solo su richiesta.

* Prima dei restauri del 1970 l’immagine della Madonna delle Grazie era collocata sull’altare di S.Camillo, ultimo a sinistra.

** S.Ruffino fu aggiunto per questo probabilmente all’ “ultimo momento” dal Boulanger e collocato in secondo piano, quasi nascosto dagli altri Santi.

*** Il nuovo pavimento (prima in marmiglia del 1929) è in marmo di Verona ed è stato alleggerito da cinque medaglioni o stemmi: l’Aquila estense, lo stemma della Parrocchia (S.Giorgio), lo stemma del Vescovo Baroni, lo stemma della Madonna “Terra Saxoli, Terra Mariae” secondo la devozione e il decreto del duca Borso d’Este nel 1452, infine il grande stemma della Comunità di Sassuolo, in omaggio ai padri che costruirono la chiesa.

 

Bibliografia per approfondimento artistico e storico:

- L. Cavoli, Memorie della Nobil Terra di Sassuolo,

(di propr. dell’Arciconfraternita del S.Tronco, conservato presso l’Archivio parrocchiale).

- M. Schenetti, Storia di Sassuolo, Modena 1975.

- Mariuccia Bondavalli, Vincenzo Vandelli, ricerca per Piano Regolatore Generale del Comune di Sassuolo, 1978

- Giovanni Boulanger, La pala di Sassuolo, catalogo mostra, Sassuolo, 1985

- L’arte degli Estensi, La pittura del Seicento e del Settecento a Modena e Reggio, catalogo mostra, Modena, 1986

- QB, Quaderni della biblioteca, Sassuolo e la sua storia, 01/93, Comune di Sassuolo, Assessorato alla Cultura

- QB, Quaderni della biblioteca, Sassuolo e la sua storia, 02/96, Comune di Sassuolo, Assessorato alla Cultura