Pellegrinaggio domenicale

 ...la partecipazione all'Eucaristia rivela il senso della nostra vita cristiana, che è vita di pellegrini, di uomini in continuo cammino, che mai possono dirsi “arrivati”. Anzi, nel momento stesso in cui un cristiano si considerasse “arrivato”, tradirebbe la sostanza stessa della sua vocazione: “Poi, a tutti, diceva: se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua!” (Lc 9,23).

Ora, celebrare l’Eucaristia significa appunto prendere la “sua” croce, quella che dà senso e speranza alle nostre, quella che riassume e riscatta tutte le croci orribili dell’umanità, che Cristo continua a portare con i singoli e con i popoli nel cammino della nostra storia.

Ogni Domenica noi facciamo il nostro pellegrinaggio, forse breve geograficamente, ma di enorme significato spirituale, quando usciamo dalle nostre case, deponiamo le nostre occupazioni feriali, respingiamo la tentazione di essere padroni del nostro tempo e di risolvere tutto con i nostri mezzi e ci mettiamo in cammino per convergere in uno stesso luogo, verso la stessa realtà (1 Cor 11,20, ripreso da S. Giustino in 1 Ap 67,3), per fare esodo incontro al Signore (Es 19,17), perché mediante la Croce e la Resurrezione di Cristo “possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito” (Ef 2,18).

Partecipando all’Eucaristia riconosciamo che il cibo che perisce non ci basta, la comoda schiavitù di questo mondo non ha più potere su di noi, che non abbiamo qui sulla terra “una città stabile, ma cerchiamo quella futura” (Eb 13,14), dichiariamo di essere “stranieri e pellegrini sopra la terra” (Eb 11, 13) e, più ancora, camminiamo “per questa via nuova e vivente che Cristo ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne” (Eb 10,20).

Questo pellegrinaggio non è mai un fatto solo individuale, ma ci costituisce come Popolo, come Santa Convocazione, “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa” (1 Pt 2,9), per cui siamo esortati “come stranieri e pellegrini ad astenerci dai desideri della carne, che fanno guerra all'anima” (v. 11).

Non si tratta di un percorso facile, né di una escursione turistica, ma di una via angusta (Mt 7,14), in cui sono inevitabili le tentazioni e le prove: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi.

“Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore” (Dt 8,2-3).

Ecco perché chiediamo che la partecipazione ai Santi Misteri “ci sostenga nel nostro cammino”, qui troviamo “il pane dal cielo, quello vero”, quello che il Padre ci ha dato e “dà la vita al mondo” (Gv 6,32-33).

Chi ha partecipato ad un pellegrinaggio di gruppo, sa quali sono gli inconvenienti più frequenti: c’è chi si attarda e chi lascia indietro gli altri, perché va troppo in fretta, c’è chi non rispetta le regole e non si preoccupa di ascoltare le indicazioni della guida, c’è chi pensa solo a se stesso e non si cura delle difficoltà altrui, c’è chi si lamenta e chi disturba con la sua invadenza o la sua superficialità.

Provate a trasporre tutto questo nella realtà del nostro cammino di Chiesa e troverete come le leggi che regolano un pellegrinaggio ben riuscito valgano anche nella quotidiana esistenza delle nostre comunità, che solo l’Eucaristia può rendere “un corpo solo ed un’anima sola”...

(Vincenzo Apicella, vescovo di settore)

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