![]() |
||||||||
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
||
![]() |
Un po di storia... L'Azione Cattolica Italiana è la più antica, ampia e diffusa tra le associazioni cattoliche laicali d'Italia. Attualmente conta circa quattrocentomila soci e, secondo i dati emersi da alcune ricerche della Conferenza Episcopale Italiana, alle sue attività partecipano ogni anno complessivamente oltre un milione di cattolici italiani. Fino al Concilio Vaticano II è stata l'unica associazione laica di cattolici esistente in Italia. L'OTTOCENTO
Le origini dell'Azione Cattolica possono essere fatte
risalire al
1867, quando due giovani universitari,
Mario Fani, viterbese, e
Giovanni Acquaderni, bolognese, fondano la
Società della Gioventù Cattolica. Il motto "Preghiera,
Azione, Sacrificio" sintetizza la fedeltà a quattro principi
fondamentali:
La costituzione dell'associazione viene approvata il
2 maggio
1868 da
papa Pio IX con il breve pontificio
Dum filii Belial. In
sintonia con le posizioni del Papa (dello stesso anno è la prima
formulazione del
non expedit) la Società esclude
l'impegno politico diretto.
L'associazione cresce rapidamente e nel giro di pochi
anni si diffonde nelle parrocchie di tutta Italia, dal nord al
sud. In principio conservava una divisione in sessione maschile
e femminile, che negli anni fu superata.
Nel
1896 durante il XIV Congresso
dei cattolici italiani viene ufficializzata la
Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI), idea nata nel
1894
alla fondazione del circolo universitario di
Roma.
Nel 1905 prende il nome di Azione Cattolica. Nel
1908
viene fondata l'Unione fra le Donne Cattoliche Italiane
ad opera di Maria Cristina Giustiniani Bandinim con la
collaborazione di Adelaide Coari e nel
1918,
per iniziativa di
Armida Barelli con il sostegno di
papa Benedetto XV prima e di
Pio XI poi, nasce all'interno dell'Unione Donne la
Gioventù Femminile di Azione Cattolica. Nel 1919 un gruppo
dell'Azione Cattolica fonda gli
Scout in Italia.
La nascita del
Partito Popolare Italiano di don
Luigi Sturzo nel primo
dopoguerra impone una riorganizzazione del laicato cattolico con
una migliore definizione di compiti tra Azione Cattolica,
Partito
Popolare Italiano e
sindacato. Nel
1922 le
opere degli adulti vengono raggruppate nell'Unione Uomini
Cattolici, organizzata da
Augusto Ciriaci e
monsignor
Domenico Tardini su volontà di
papa Pio XI, il quale nel
1923
promuove nuovi statuti per l'Azione Cattolica, che viene
organizzata in quattro sezioni:
Però l'attività formativa esercitata nei circoli
dell'Azione Cattolica e la vicinanza di molti suoi iscritti al
PPI diventano motivo di scontro con il governo
fascista. Già tra il
1921 ed
il
1924
alcune sedi dell'AC furono "sfigurate" da parte dei militanti
fascisti, pervasi da un'ispirazione
anticlericale. L'AC, infatti, era vista come il braccio laicale
della Chiesa.
Mussolini, ormai consolidato il suo
potere, il
9 aprile del
1928 aveva decretato lo
scioglimento di tutte le associazioni che non fossero state
fasciste. Da qui nacque lo scontro con il Vaticano, che non
accettò lo scioglimento anche dei circoli di Azione Cattolica.
Mussolini fu costretto, per non compromettere la stabilità
dell'edificio concordatario dei
Patti lateranensi, a far marcia indietro e ad escludere dal divieto
l'Azione Cattolica, "pupilla degli occhi" del Papa. L'Azione
Cattolica, sotto la presidenza di
Luigi Colombo, un milanese propenso al compromesso clerico-fascista,
l'aveva parzialmente ripagato contribuendo al seppellimento
della
Confederazione Italiana del Lavoro nell'ingenua illusione che
il
corporativismo fascista si potesse permeare di principi cristiani
grazie ai quadri e agli iscritti cattolici.
L'articolo 43 dei
Concordato infine aveva riconosciuto ufficialmente l'Azione
Cattolica a patto che essa svolgesse la propria attività fuori
di ogni partito, alla dipendenza della Chiesa e per diffondere i
principi cattolici. Era un articolo che entrambe le parti
avevano accettato con molte riserve e molti sospetti, ciascuno
pensando al dopo: il fascismo alla sua
Opera Nazionale Balilla e all'allevamento "in
batteria" delle nuove leve, come succede in tutte le
dittature; la
Chiesa
badando al suo impegno pastorale che privilegia l'aspetto
spirituale e religioso, ma non esclude l'impegno e la
responsabilità sociale. Entrambe, con una dichiarata visione
totalitaria delle cose, ossia guardando Mussolini al
totalitarismo dello Stato e il Papa al totalitarismo dell'anima.
I nodi vennero al pettine all'inizio del
1931.
L'AC, con cinquemila sedi sparse in tutta
Italia,
man mano espandeva i suoi interventi al di fuori dei compiti
strettamente religiosi, con iniziative sociali, attività
culturali, ricreative, ecc. L'Opera Balilla dal canto suo era
ormai diventata un grande apparato del regime e contava più di
un milione e mezzo di iscritti divisi in balilla, avanguardisti,
piccole italiane e giovani italiane. L'AC riuniva gli
universitari nella
FUCI,
il fascismo nel
Gruppo
Universitario Fascista (GUF).
Già nel
1930,
il
3 agosto,
L'Avvenire d'Italia, aveva invitato l'AC «ad
invadere tutti i settori della vita sociale». Nascono i gruppi
professionali. La FUCI rischia di far ombra ai GUF. La
commemorazione del quarantesimo anniversario della
Rerum novarum suona critica alle
corporazioni fasciste e un informatore della polizia la
definisce «una manifestazione di mai represso
antifascismo».
L'8 aprile Mussolini chiede alla Santa Sede che la stampa
cattolica venga moderata, che l'AC la faccia finita colle
provocazioni sindacali, che i caporioni popolari siano
licenziati.
Il
21 aprile l'onorevole
Mario Giuriati,
in un discorso a
Milano, rivendica l'assolutismo dello Stato; replica
immediatamente il papa, con una lettera all'arcivescovo di Milano cardinale
Ildefonso Schuster, in cui si afferma tra
l'altro che la Chiesa ha il diritto di entrare nella moralità
sociale, che il fascismo erra educando i giovani alla
violenza e all'aggressività.
Per tutto il mese le violenze continuano e preoccupano
persino Mussolini che deve raccomandare ai prefetti un'attenta
vigilanza perché non accadano incidenti che offendano il
sentimento religioso popolare. Ci fu da parte vaticana un'accesa
protesta e per tutta risposta Mussolini fa prudenzialmente
chiudere le sedi di tutti i circoli della gioventù cattolica e
tutte le federazioni universitarie. Il decreto di scioglimento è
del
29 maggio 1931. Gli ultimi tre giorni del mese di maggio
registrano il sequestro di tutti i circoli cattolici ad opera
della polizia. In questo clima di accesa tensione (si imputa
all'Azione Cattolica di tenere anche adunanze cospiratrici), ai
primi di luglio esce, ma è datata 29 giugno, l'enciclica
Non Abbiamo Bisogno che resta il documento
fondamentale per definire la posizione e il giudizio del papa
nei confronti di quel regime. Pio XI con questo testo condanna
esplicitamente il fascismo come dottrina totalitaria,
definendolo «una vera e propria statolatria pagana, non meno in
contrasto con i diritti naturali della famiglia che con i
diritti soprannaturali della Chiesa... un programma che
misconosce, combatte e perseguita l'Azione Cattolica, che è dire
quanto la Chiesa e il suo Capo hanno notoriamente di più caro e
prezioso». L'enciclica, inoltre, dichiara illecito il giuramento
di fedeltà al
duce.
È di questo periodo, il messaggio che, proprio per il
tramite di padre Tacchi, Pio XI inviò a Mussolini e nel quale il
papa asseriva senza mezzi termini di aver ormai acquisito la
certezza che i programmi, affermazioni e principi fascisti erano
in urto con la coscienza cattolica e dichiarava testualmente di
dover «addivenire all'esplicita riprovazione di principi che
sono in contrasto con la dottrina e con i diritti della Chiesa».
Questa dichiarazione è tanto più rilevante in quanto è del
24 luglio, cioè successiva alla enciclica
Non abbiamo bisogno.
Quindi Pio XI era giunto alla convinzione che tra fascismo e
Chiesa il matrimonio era impossibile.
Il successivo accordo del
2 settembre stabilì che:
Ma l'AC, pur costretta ad una vita grama e repressa,
sopravvisse, si rinforzò e poté preparare i quadri della futura
Democrazia Cristiana.
Nel 1931 la Società della Gioventù Cattolica Italiana
(SGCI) diventa Gioventù Italiana di Azione Cattolica (GIAC). Al
presidente
Angelo Jervolino succederà nel
1934
Luigi Gedda che guiderà l'associazione dei giovani fino al
1946.
Nel 1935 nasce, come editrice della GIAC, l'AVE Anonima Veritas Editrice
con l'obiettivo di fornire sussidi per la formazione
religioso-morale di adulti, giovani e ragazzi.
L'Azione Cattolica conosce un momento di grande
espansione nel secondo dopoguerra grazie all'impegno di
Papa Pio XII. Le prime scadenze elettorali successive alla
proclamazione della
Repubblica Italiana, poi, aumentano l'impegno
dell'associazione.
L'AC conta due milioni e mezzo di iscritti.
Lo spirito di rinnovamento seguito al
Concilio Vaticano II del
1962
porta nel
1964
alla nomina di
Vittorio Bachelet a Presidente della Giunta
Centrale di AC. In questo contesto l'Azione Cattolica compie la
"scelta religiosa" e decide di non essere più collaterale a
nessun partito politico. Pur rimanendo immersa nel sociale,
torna a riscoprire le proprie origini religiose nell'impegno
all'annuncio del Vangelo e all'educazione alla fede. Sulla base
di queste nuove prospettive, nel
1969
viene emanato un nuovo
Statuto secondo il quale l'Associazione viene organizzata
in due Settori, uno per i giovani e uno per gli adulti, al posto
dei precedenti quattro Rami (Gioventù Maschile, Gioventù
Femminile, Unione Donne, Unione Uomini), mentre le Sezioni
minori sono sostituite con l'unica struttura dell'Azione
Cattolica dei Ragazzi
(ACR) che compare per la prma volta nel 1971.
Negli anni post-conciliari l'AC si fa pienamente
portavoce dello "spirito" del
Concilio Vaticano II; però, mantenendo una
struttura legata alle parrocchie, comincia a perdere consensi in
diversi strati sociali. Risultato: tra il 1964 e il
1974 l'associazione passa da
3,5 milioni di iscritti a 600 mila.
Nel
1976 Vittorio Bachelet viene
eletto vicepresidente del
Consiglio Superiore della Magistratura. Gli anni settanta si concludono tragicamente con
l'assassinio di
Aldo Moro (presidente della FUCI dal
1939 al 1942) e di Bachelet da parte delle
Brigate Rosse.
Nel
1998 viene eletta la prima
donna alla guida dell'Azione Cattolica:
Paola Bignardi.
Appoggiata dalla
Conferenza Episcopale Italiana, ha guidato l'associazione in un forte processo di
rinnovamento, conclusosi con l'aggiornamento dello Statuto
avvenuto nel settembre del
2003. Le revisioni statutarie hanno suscitato un grande
dibattito interno e alcuni ex-dirigenti nazionali e locali
pubblicarono, all'apertura dei lavori dell'assemblea
straordinaria dell'associazione, una lettera aperta in cui si
esponevano alcuni dubbi su quale ruolo i laici e l'associazione
avrebbero dovuto avere in futuro. Nonostante le accese
discussioni, il nuovo Statuto associativo fu approvato
dall'assemblea dei responsabili diocesani con oltre l'80% dei
consensi. Durante la presidenza Bignardi gli iscritti
all'associazione si stabilizzarono in 350.000.
La ratifica del nuovo Statuto dell'Associazione avviene
lo stesso anno durante l'Assemblea generale della CEI (Assisi,
17-20 novembre). Il 13 e 14 marzo 2004 viene poi approvato dal
Consiglio Nazionale il Regolamento Nazionale.
L'anno seguente un altro episodio segnò polemicamente
la presidenza Bignardi. In occasione dell'incontro nazionale di
Loreto (settembre
2004)
ad uno dei convegni organizzati dalla presidenza nazionale e dal
Centro
Sportivo Italiano fu
invitato a parlare su una recente legge relativa agli oratori
giovanili l'allora Vicepresidente del
Consiglio dei Ministri
Gianfranco Fini. L'invito provocò la secca replica di alcuni
ex-presidenti nazionali, dirigenti e dell'ex-presidente
Oscar Luigi Scalfaro.
L'azione di rinnovamento guidata dalla Bignardi e
culminata nell'approvazione del nuovo Progetto formativo
dell'Associazione ha dato nuova vitalità e visibilità pubblica
ed ecclesiale all'associazione, che ha portato nel
2006, sotto la presidenza di
Luigi Alici, ad un aumento delle adesioni, il primo dopo molti
anni segnati da una generalizzata difficoltà
dell'associazionismo.
Nel
2008, in occasione del suo 140°
anniversario, l'Azione Cattolica ha presentato il
Manifesto
al Paese[2], un documento in cui sono affermati i valori non
negoziabili dell'AC, che si fa sentinella di quell'ethos
condiviso in cui si possono riconoscere tutti gli italiani. Il
Manifesto è stato consegnato il
2 aprile
2008 al
presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano nel corso di un'udienza
concessa dal Capo dello Stato al presidente nazionale
dell'associazione. Le celebrazioni per i 140 anni
dell'associazione sono poi culminate, il
4 maggio seguente, in un incontro dell'associazione con
papa Benedetto XVI in piazza San Pietro a
Roma,
al quale hanno partecipato 150.000 soci dell'Ac. |