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ORIGINI E SVILUPPO DELLA CHIESA |
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La
Chiesa di S. Maria delle Grazie
sorge a pochi passi dalla Porta
Piccola, uno degli accessi al bosco
di Capodimonte da Via Miano.La
collina di Capodimonte risultava
ancora completamente isolata dalla
città di Napoli, quando, nel 1575,
il Marchese Innocenzo Mazza,
rappresentante di una delle famiglie
aristocratiche della zona, decise di
far costruire una piccola chiesa a
sue spese, nei pressi della sua
abitazione. Il piccolo villaggio,
ivi situato, aveva così un proprio
luogo sacro, sorto in un punto
strategico: al lato dell’unica
strada che lo collegava ad alcuni
dei paesi limitrofi ed al posto di
una piccola edicola religiosa,
contenente l’immagine della madonna
delle Grazie.Fu proprio per tale
ragione che la nuova chiesa fu
intitolata alla Vergine della Grazie
ed un’effige che ne ornava l’altare. |
Divenne primo parroco della nostra
chiesa un esponente della famiglia
Mazza, che si adoperò a proprie
spese per contribuire a sostenere le
necessità delle varie attività
parrocchiali. Anche il Marchese
aveva provveduto ad assegnare
rendite alla chiesa, riservandosi lo
jus
patronatus
sul beneficio. L’elezione in
parrocchia, come confermano i
documenti conservati non solo
nell’archivio parrocchiale, ma anche
nell’Archivio Diocesano di Napoli,
avvenne tra il Dicembre del 1597 e
il Gennaio del 1598, con un decreto
della Curia Arcivescovile di Napoli.
La giurisdizione della Parrocchia di
Santa Maria delle Grazie era molto
ampia: ad oriente fino a S. Eframo
Vecchio, a mezzogiorno fino alla
Montagnola, a Miradois e alle
Catacombe di San Gennaro, ad
occidente fino a S. Croce, a nord
fino a Marianella. |
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LA CHIESA NEL
XVIII SECOLO |
Nel XVIII secolo
la chiesa ebbe un forte impulso a seguito
dell’aumento della popolazione, costituita anche
da coloro che erano impegnati nella costruzione
della Reggia di Capodimonte ed in seguito
abitarono nel Palazzo o servirono quale
manodopera nella annessa Fabbrica di Porcellane.La
presenza della nuova Reggia attirò sulla collina
anche nobili napoletani, che fecero costruire
delle dimore, usate prevalentemente come
residenza estiva, a pochi passi dal Real Bosco.Di
questo periodo ben ci raccontano le carte
dell’Archivio Parrocchiale, che conservano i
nomi dei nuovi fedeli compresi tra le anime
della parrocchia e tra i quali troviamo cognomi
noti di ceramisti e decoratori di Corte. |
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TRASFORMAZIONI
NEL NOVECENTO |
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Agli inizi del
Novecento, la parrocchia fu interessata da
radicali lavori, occorsi sia per l’ampliamento
degli spazi interni, reso necessario dal
moltiplicarsi del numero dei fedeli giunto circa
a diecimila, sia a causa della precaria
situazione del tetto di copertura del
presbiterio; per tale motivo l’acqua piovana,
infiltratasi nella volta, aveva determinato la necessità di sospendere le funzioni nella chiesa
parrocchiale e di trasferirle nell’attigua
Congrega.Il parroco di allora, reverendo
Domenico Liguori, si era già adoperato per
rimodernare alcune strutture della chiesa, era
stato acquistato un nuovo organo e costituita
una struttura in ferro per l’orchestra che
sostituiva la precedente |
in legno. La sepoltura
comune, fino ad allora praticata, era stata
definitivamente abolita.La chiesa aveva
all’epoca sei altari, intitolati come segue:
entrando a sinistra il primo dedicato a Maria
Santissima del Buon Consiglio, il secondo a
Maria Santissima Addolorata, il terzo a Maria
Santissima del Rosario. A destra, il primo
dedicato a Sant’Anna, il secondo a Maria
Santissima Immacolata.Il progetto del parroco
era di far ampliare la chiesa e rimodernare la
facciata: a questa fase risale un disegno che si
conserva nelle carte dell’archivio parrocchiale
raffigurante la facciata datato 1904, che indica
un’ipotesi di decorazione, probabilmente
dell’ingegner Bagnulo, che era stato all’epoca
incaricato di svolgere i lavori. Egli si adoperò
nel procurare un maggiore ampliamento in
lunghezza dell’intero edificio, non potendo
sottrarre spazio agli ambienti della
Congregazione della Santissima Annunziata.I
lavori intrapresi furono minuziosi: nel 1911 è
richiesto alla Curia di reintitolare tutti gli
altari.Le spese di ristrutturazione andarono
oltre il previsto ed alla morte del parroco i
suoi successori assunsero l’arduo compito di
continuare l’opera, in particolare il Parroco
Umberto Scandone, in carica dal 1921 al 1967 ed
autore dell’unica breve storia della Chiesa di
Santa Maria delle Grazie edita nel1927, alla
fine di una sostanziale opera di restauro.In
tale occasione il parroco menziona tutti i
fedeli della parrocchia il cui contributo aveva
reso possibile il completamento dei lavori.Il
periodo della seconda guerra mondiale segnerà
una stasi nei lavori di abbellimento e decoro
della Chiesa. I documenti risalenti a quegli
anni e conservati nella Chiesa fanno solo
riferimento ai danni bellici subiti da alcune
proprietà appartenenti alla Parrocchia ed al
contributo da parte del parroco di spese
inerenti i ricoveri. |
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LA CHIESA
ATTUALE |
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La Parrocchia di
Santa Maria delle Grazie si presenta ancor oggi
come il “cuore” per gli abitanti della zona. La
chiesa, posta ancora attualmente sull’unico asse
viario principale che si dirama nel denso
agglomerato di case, presenta un’ampia facciata,
sormontata da un timpano triangolare e divisa in
due ordini, modulati da un cornicione aggettante
e quattro lesene distribuite sull’intero
prospetto. Una torre campanaria, posta sulla
destra, è decorata da quattro monofore, che
rendono più leggera la massa volumetrica. La
parete laterale destra, esterna alla chiesa, che
rasenta Via Bosco di Capodimonte, presenta due
nicchie. La porta principale della
chiesa è preceduta da un cancello di
ferro, probabilmente lo stesso di cui si
fa menzione nei documenti d’archivio
costruito nel primo decennio del
Novecento. |
Varcata la
soglia d’ingresso, l’interno si presenta
a pianta rettangolare, priva di
transetto. Il soffitto, ricoperto da una
volta a botte, è d’altezza inferiore
nella zona absidale. La decorazione in
stucco presenta motivi geometrici e
risale probabilmente ai lavori di
ammodernamento della chiesa svolti
nell’ultimo ventennio del secolo scorso.
La ripartizione tra la zona absidale e
la navata è sottolineata da un ampio arcone, sorretto da due
lesene decorate con capitelli corinzi e quattro
angeli realizzati in stucco, che sorreggono lo
stemma di Maria. Ai lati della navata sono
ancora presenti quattro archi decorati in
stucco, che un tempo ospitavano gli altarini,
rimossi durante l’ammodernamento fatto nel 1968.
Dal secondo arco, posto sulla sinistra, si
accede alla Cappella dedicata a Sant’Anna,
profonda circa quattro metri. L’altare è
decorato nel paliotto da un altorilievo
raffigurante Sant’Anna e la Madonna, alla base è
posta una scritta indicante il nome del
committente Tommaso Scotti e l’anno di
realizzazione 1783. L’opera è di pregevole
fattura ed è collocabile in ambito sammartiniano;
il “marmoraro” che realizzò l’altare è con molta
probabilità Antonio di Lucca, che lavorava
nell’ammodernamento della chiesa proprio in
quegli anni. Nella nicchia superiore, in uno
scarabattolo in vetro e legno, è collocato il
busto in legno dipinto di Sant’Anna, realizzato
anch’esso con molta probabilità nello stesso
periodo dell’altare, come confermano i documenti
sopra citati. Da un vano posto sulla sinistra
della Cappella si accede all’Arciconfraternita
della Santissima Annunziata. L’ambiente fu
aggiunto con ogni probabilità alla fine del
Seicento per ospitare una prima aggregazione di
fedeli, che solo nel 1723 assunse il nome
odierno e si dette delle regole con un proprio
statuto. L’ambiente si presenta a navata unica,
coperta da volta a botte, con decorazioni a
stucco a motivi curvilinei. La zona absidale è
sormontata da una calotta semicircolare e da un
lanternino da cui proviene la luce, decorato da
due angeli che sorreggono una corona. Un unico
altare è nella cappella, decorato nella parte
superiore da lesene leggere, sormontate da un
timpano contenente la scritta che ricorda ai
fedeli che si tratta dell’altare privilegiato.
Sull’altare è posta una tela, restaurata di
recente, che rappresenta la Vergine Annunciata
con due confratelli oranti, posti in basso a
destra, di autore ignoto, databile agli inizi
del diciottesimo secolo. All’entrata, sul lato
sinistro è collocata una lapide che ricorda le
indulgenze concesse ai confratelli nel gennaio
del1780 dal Papa Pio VI. |
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CULTO DI SANT’ANNA |
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L’incremento del
culto di Sant’Anna è avvenuto ad opera del
parroco Domenico de’ Bonis, nativo di Venafro,
che amministrò la parrocchia dal 1735 al 1770.
Nell’Archivio Diocesano è conservata una sua
relazione dove vi è riportata la descrizione
dettagliata delle celebrazioni in onore di Sant’Anna,
ribadendo ancora che per sua volontà
aveva inserito e favorito la festa
dedicata alla Santa, e messe solenni in
occasione della festività della Vergine
delle Grazie, soffermandosi, in modo
particolare sulla grande spiritualità
che accompagnava la preparazione a tali
avvenimenti liturgici.Tutto ciò
probabilmente determinò anche la
decisione di dedicare un altare alla
Santa all’interno della chiesa: |
nel
racconto riportato dal parroco è,
inoltre, citata una statua della Santa
portata in processione, probabilmente
potrebbe trattarsi di un’opera
provvisoria sostituita, come risulta dai
documenti successivi, dalla statua
lignea che ancora si conserva in chiesa.
Il culto di Sant’Anna si radicò, quindi, proprio in quegli
anni tra i fedeli della parrocchia, i quali
continuarono a prestarle particolare devozione
tanto che fu deciso di dedicarle una cappella
all’interno della Chiesa, ornando l’altare con
un altorilievo che risulta ancor oggi, il più
pregevole, sotto il profilo artistico. La
diffusione del culto della Santa è da collegare
anche alla sua elezione tra i compatroni di
Napoli, titolo che una deputazione di cavalieri
di sei piazze di Napoli aveva richiesto al
vescovo della città, sin dal 1720, ma ottenuto
solo nel 1805, quando dopo un terremoto
verificatosi il giorno 26 luglio di quell’anno,
la città rimase per gran parte illesa. |
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delle Grazie a Capodimonte | | | |
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