Nato a Marettimo il 13 dicembre 1894, Giuseppe Spadaro emigrò negli Stati Uniti all'inizio di questo secolo. Fu tra i primi pescatori di sardine della baia di Monterey e di salmoni in Alaska. Membro del Monterey Fisherman's Union, e dell'Alaska Fisherman's Union nonché dell'Italian Catholic Federation e della San Carlo Cathedral Parish.
Riportiamo una sua intervista effettuata nel '92 durante la nostra permanenza a Monterey.
Perché emigrò all'inizio del secolo negli Stati
Uniti?
Un'annata, mi ricordo che a Marettimo le sarde erano così tante che si riempì tutta la banchina, noi con la nostra barca arrivammo per ultimi a scaricare il pescato. Parlammo con il proprietario di una "baracca" del salato, avevamo circa otto
"càntari" di pesce (un càntaro equivale a circa 120 Kg) ma aveva già finito tutto il sale e riempito tutti i
"vallìri". Così mio padre fu costretto a buttare tutto il pesce a terra e vennero a prenderlo i campagnoli per farne "fumere" (concime). Lavorammo tutta la notte per niente. Questo fu il motivo.
San
Francisco 1944 varo del "New Marettimo"
Ultimo a destra Giuseppe Spadaro con i familiari
Ci
racconta del suo primo avventuroso viaggio per l'America?
Partii da Napoli nel 1910 viaggiando nella stiva della nave di nascosto, per quel viaggio da clandestino che ci portò per la prima volta in America. Durante la navigazione, a causa dell'eccessivo caldo proveniente dalle caldaie, non potrò mai dimenticare la morte di un mio compagno di sventura, che cessò di vivere nel corso della navigazione. Ho ancora, come se fosse successo ieri, il ricordo di quando il capitano fece gettare in mare il corpo senza vita di quel povero sventurato che non ha avuto la fortuna come me di vedere l'America.
Monterey
1936 - Peschereccio "Marettimo"
Quali furono le sue impressioni quando, per la prima volta, vide il nuovo
Continente?
Quando vidi per la prima volta l'America "era troppo bello", ma io sembravo un "locco", non capivo niente e non sapevo parlare. Ricordo che era tutto organizzato. Si arrivava a Nuova York nell'isoletta di Ellis Island dove ci assisteva la Croce Rossa Italiana. Poi un ragazzo gridava: "telegrammi" per chi volesse far sapere in Italia notizie. C'era chi vendeva pacchi di cibo per il viaggio che dovevamo ancora fare in treno.
"O Marètamo unn'avìamo vistu mai di sti cosi".
Costava tutto un dollaro, ed io aprivo il mio portafoglio e loro prendevano.
Trovò subito lavoro?
La prima tappa la facemmo a Milwaukee vicino a Chicago e lavorammo nelle ferrovie a scaricare i vagoni merci: carbone, legname, travi dei binari. Stetti in quella cittadina un anno e mezzo. La mia paga era di un dollaro e settantacinque centesimi al giorno per 10 ore di lavoro.
Quando rientrò successivamente in Italia?
Scoppiò la prima Guerra Mondiale e il governo Italiano richiamò in patria tutti noi pagandoci il biglietto del viaggio e promettendo di pagarci anche il biglietto per rientrare alla fine della guerra negli Stati Uniti. Ritornai nel 1920.
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Il
governo Italiano nel '79 mi ha insignito del titolo di Cavaliere di Vittorio Veneto. Venni diverse volte a Marettimo mi sposai e nel 1936 richiamai, mia moglie e mia figlia Vitina, che aveva 10 anni, in America.
Come si trovò con il lavoro a Monterey?
Negli anni 30 nella Baia di Monterey vi fu il boom della pesca delle sardine e le fabbriche del salato lavoravano giorno e notte.
Ricordo che le prime imbarcazioni erano a vela e spesso quando si pescava locale si andava a remi come a Marettimo. Io mi comprai una barca a motore e andavo a lampara.
Era la mia prima barca e si chiamava "Jane". Nell'anno '36 mi comprai un motopeschereccio con mio fratello a cui misi il nome "Marettimo" e nel 1944 il "New
Marettimo".
Giuseppe
Spadaro e Luigi Ialuna a Monterey nel '92
Pensò mai di ritornare definitivamente a
Marettimo?
Quando ebbi un po' di dollari e venni in Italia negli anni '30 pensai di farmi socio in una società dell'estrazione del marmo.
Mi dissero che a Marettimo c'era un marmo buono, colore del miele, lo chiamavano "onice". Così venne da me un giovane che si chiamava Sercia e parlò a me e ad altri venti emigranti, che avevamo qualche soldo da parte. Ci prospettò cose positive. Non avevamo più bisogno di andare in America se questa industria di marmo camminava bene.
Così iniziammo. Sercia andò a Carrara dove vi era gente pratica per l'estrazione. Mi ricordo che lo scendevano con "parati" e corde fino allo Scalo Vecchio per l'imbarco.
Facemmo fare una segheria dove si tagliava questo marmo "nice-nice". Ma a conti fatti, tra l'estrazione, scenderlo giù dalla montagna, portarlo in segheria e poi imbarcarlo, le spese erano tante, il lavoro era troppo. Così fini il sogno dell'America a Marettimo, e ritornammo di nuovo al di là dell'Oceano.
La
famiglia Spadaro nel '92 durante
la nostra visita a Monterey
Ci
racconti di quando andava a pescare in Alaska.
Ai primi del secolo, da San Francisco fino in Alaska si viaggiava con bastimenti a vela e ci volevano 30-35 giorni. Negli anni '20 si iniziò a viaggiare con i battelli a vapore e s'impiegava 9-10 giorni. Spesso il nostro viaggio rallentava per il mare ghiacciato che trovavamo vicino l'Alaska e per i grossi iceberg. Quando si arrivava la
Compagnia ci dava la barca, le reti e il mangiare. Si pescava su una barca a vela a due posti per quattro giorni di seguito poi seguivano trentasei ore di riposo.
La pesca durava per un mese intero.
Quando pescai per la prima volta in Alaska ero con Turi Billante e tagliammo questo, per noi sconosciuto, pesce: il salmone.
Alla vista di quella carne rossa u zu Turi mi disse: "Ma queste sono medaglie d'oro! Fuori è colore della moneta, dentro dell'oro". E
baciammo quel pesce che da lì a pochi anni ci avrebbe dato tanta ricchezza.
V.V.
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Con la chiassosa e caotica estate ormai alle spalle, l'isola di Marettimo, scrollatasi di dosso con i primi temporali anche i più accaniti villeggianti, si immerge dolcemente in quello che a mio avviso rimane il periodo dell'anno più intenso e dalle più forti emozioni: l'autunno.
La prima piacevole sensazione per chi ci vive e la frequenta, è che la sua isola dopo essere state rivoltata, calpestata, e sbatacchiata come un giocattolo nelle mani di un bimbo durante tutto il periodo estivo, ora sia ritornata alla sua originaria integrità, restituita alla sua consueta e serena solitudine.
L'autunno è anche il mese delle riflessioni, e, trascorsa l'euforia estiva, ci si accorge ad un tratto che nel cimitero non c'è più un metro quadrato di terra per seppellire i propri cari, e nessun Amministratore sa, o desidera spiegare, perché i lavori già appaltati da tempo non sono neppure iniziati.
In autunno ti accorgi anche che la nave della Si.re.mar., considerata ormai la scarsa densità abitativa dell'isola, si diverta a combinarti scherzi davvero gustosi. Ti lascia (in condizioni di mare calmo), sulla banchina dello scalo nuovo ad osservare la maestosa figura del traghetto strombazzare a pochi metri dall'attracco. La nave riporta indietro il suo carico di persone e cose e ti abbandona sul molo incurante delle tue proteste.
Ma l'autunno è soprattutto il mese della pesca e della caccia, e non c'è abitante che non abbia nel sangue o non si dedichi con passione ad almeno una di queste attività.
I colori del cielo e del mare più forti e marcati rispetto agli altri periodi dell'anno, regalano a chi si alza presto la mattina, sensazioni ed emozioni uniche.
Peccato che sempre più disinteresse e abbandono serpeggia nei confronti di coloro che hanno l'ardire di vivere in quest'isola.
La totale assenza di una politica di sviluppo legata alla mancanza di vitali infrastrutture, fanno sì che a Marettimo si viva di improvvisazione.
Improvvisato e spesso folkloristico è il modo di gestire il turismo nell'isola, così come improvvisato e spesso pericoloso, quello di procurarsi il carburante per le proprie imbarcazioni.
Riserve marine e montane fantasma, contribuiscono a rendere la vita ancora più incerta e confusa. Per conoscere il futuro di questo scoglio sperduto bisognerebbe essere davvero dei maghi, perché, nulla lascia presagire importanti o significativi prossimi cambiamenti. Forse una futura classe politica più attenta e meno burocrate, più aperta e meno cieca, potrebbe iniziare a costruire le fondamenta tracciando obiettivi più concreti per dare un vero volto ed una giusta identità a quest'isola. Ma in attesa e nella speranza che tutto ciò avvenga, non trascuriamo e non perdiamo neppure una di queste splendide e appassionanti giornate: ricordiamoci che è autunno, tempo di calamari e beccacce.
Alberto Sercia
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L'ERA DI INTERNET...?
NON PER TUTTI |
A Marettimo il progresso arriva eccome! Non possiamo lamentarci, per esempio, dell'illuminazione pubblica; tanta e abbondante da poter dare luce persino ai più moderni svincoli autostradali metropolitani. (Vedi piazzale Scalo Nuovo illuminato a giorno per la felicità di isolani e non).
Solo qualche critica da parte di giovani coppiette e di vecchi romanticoni sclerotici che denunciano di non poter vedere più le stelle.
Ma sono critiche di poco conto che non valgono al cospetto del progresso.
Invece, dove ancora si è un tantino indietro è il settore delle telecomunicazioni. Marettimo resta isolata intere giornate, oltre che per via mare anche, per via etere. Praticamente si è tagliati fuori dal mondo. Ora se ai romanticoni sclerotici (di prima) potrebbe andare bene, alla gran parte degli isolani e dei villeggianti crea non poche difficoltà. Questo disservizio - si legge in una lettera di protesta del 21 agosto inviata dall'Associazione all'azienda telefonica - danneggia l'immagine della Telecom che altrove investe diverse risorse per promuovere i suoi servizi.
Dunque si chiede alla spettabile Telecom se è possibile che nell'era di internet, nell'era in cui i satelliti abbondano nei nostri cieli, alle soglie del 2000 e mentre si parla di videotelefoni, Marettimo debba rimanere isolata soltanto per la difficoltà di installare una semplice antenna parabolica un po' più in alto che allo Scalo di Mezzo.
La direzione Telecom di Trapani dal canto suo asserisce che la causa della mancata sistemazione dell'antenna sia da imputare alla negata autorizzazione da parte della soprintendenza. Ma ci chiediamo perché due pesi e due misure: i lampioni, modello autostradale della Scalo Nuovo sì, l'antenna, di primaria necessità, no.
A Marettimo si vive già con tanti disagi e difficoltà e crediamo che aggiungervi anche questo sia sicuramente eccessivo. Pertanto chiediamo che si intervenga celermente o quanto meno si spieghi per quali motivi non si riesce a garantire un servizio telefonico regolare.
V.V.
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