IL
GIORNALE DELLE EGADI - DICEMBRE 1997
EGADI: LA RASSEGNAZIONE DI UN POPOLO AD UN
DESTINO INELUTTABILE
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Da qualche tempo, un triste destino sembra avvolgere e avviluppare in una morsa fatale, le tre isole dell'arcipelago egadino.
Un decadimento lento, costante ma inesorabile della volontà, dei valori e della determinazione che avevano contraddistinto negli anni passati il carattere e la forza d'animo di queste genti, sembra improvvisamente svanito, lasciando posto ad un fatalismo rassegnato che sta trascinando le Egadi, verso il baratro dello smembramento sociale e politico e dell'autodistruzione.
La classe politica, per quanto apatica e inefficiente, non è comunque l'unica responsabile di questo declino, ormai rapidamente avviato e difficilmente arrestabile. Come vittime predestinate ad un sacrificio, la gente di Marettimo assiste impotente ed impassibile allo sfascio della propria isola con un distacco davvero sconcertante.
I diritti civili e la democrazia su quest' isola, sono costantemente violati, e la fragile economia paesana, minata e messa continuamente a dura prova da trasporti e servizi scarsi ed inefficienti.
Il tenue filo che legava la frazione di Marettimo al comune di Favignana, è stato recentemente reciso dopo la chiusura delle delegazione comunale di Marettimo, aperta abusivamente e senza permesso di agibilità per volere e scelta dei precedenti Amministratori comunali.
Non c'è denaro per aprire nuove e più regolari sedi, né per assumere impiegati in pianta stabile, quindi, al di là delle consuete rassicurazioni da parte del primo cittadino delle Egadi, la conclusione nuda e cruda della vicenda è ARRANGIATEVI.
Chiunque avrà bisogno di un documento o di un qualsiasi servizio comunale, dove sobbarcarsi una giornata di aliscafo fino all'isola madre, e, considerando le frequenze delle corse tra le due isole, dove uscire di casa la mattina alle 9,30 per rientrare il pomeriggio alle 16.00, condizioni meteomarine permettendo.
All'isolamento politico e burocratico, in questa terra ormai alla deriva, si aggiunge quotidianamente quello reale e più concreto causato dalle disastrose condizioni del porto, ormai da tempo abbandonato a sé stesso, ed i cui lavori fin qui espletati, stanno causando danni incalcolabili alla fragile economia isolana.
A causa dei massi e del cassone in cemento abbandonati disordinatamente nello specchio d'acqua prospiciente la banchina di attracco della nave-traghetto, la Società Si.re.mar. ha esposto da tempo un esplicito cartello nella biglietteria di Trapani dove a chiare lettere si evince che a causa delle condizioni del porto dell'isola di Marettimo, la nave-traghetto non garantisce l'attracco nel medesimo, ed ogni viaggio è un rischio esclusivo del passeggero e delle sue merci, senza neppure il rimborso del biglietto nel qual caso, come spesso avviene, la nave-traghetto non attracchi. La multinazionale Sailem titolare e responsabile da decenni dei lavori di questo porto, dopo aver divorato miliardi su miliardi, ed aver truffato, danneggiato e deriso i cittadini di Marettimo, si è data alla latitanza.
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Non sono bastate le decine di denuncie e di esposti da parte di organi competenti e semplici cittadini, a scalfire od incrinare minimamente l'arroganza e la determinazione con le quali questa Società ha gestito a suo piacimento le opere di ampliamento di questo porto.
La Prefettura e la Procura della Repubblica di Trapani, sono state investite negli anni scorsi, dalle denuncie partite dalla Capitaneria di Porto di Trapani, dal Genio Civile Opere Marittime e da vari rappresentati del Comune di Favignana, affinché fossero perseguiti i responsabili di questo scempio e fosse trovata una rapida soluzione per rendere sicuro l'approdo.
Niente. Incredibilmente non è successo niente. E mentre stanno processando ex presidenti del Consiglio come Giulio Andreotti e smantellato interi e potenti apparati politici come la DC e il PSI con tutti i loro dirigenti e segretari, nessuno è ancora riuscito a mettere sotto processo i responsabili di questa società che continua indisturbata a tenere in scacco un'intera isola.
Alle soglie del secondo millennio, alla vigilia dell'entrata in vigore della moneta Euro, e del nostro ingresso in Europa, le isole Egadi sembrano ferme all'età del paleolitico. L'isola di Favignana continuamente impegnata a fronteggiare e rintuzzare gli attacchi del Ministero di Grazia e Giustizia che vuole la chiusura del carcere, si aggrappa disperatamente a nuove soluzioni e nuove costruzioni carcerarie, mentre nel corso dell'estate viene violentata, lordata e disordinatamente assalita da folle di turisti che, privi di guida e di un'organizzazione adeguata, creano più danno che guadagno all'intera collettività.
Levanzo, un presepe splendido nella sua natura, ma pressoché disabitato, e Marettimo con i suoi nuovi e annosi problemi che come gangli malefici ne stanno stroncando l'esistenza, completano il triste quadro di tre meravigliose perle colpevolmente abbandonate al loro destino da Amministrazioni incompetenti e incapaci di elaborare un benché minimo piano di sviluppo e di rilancio per questo arcipelago. Una nota di demerito va doverosamente rivolta all'Azienda Provinciale del Turismo di Trapani, che in tutti questi anni ha brillato per la sua totale assenza senza mai un'iniziativa degna di questo nome, se si esclude qualche ridicola ed inutile giornata delle Egadi, slegata scoordinata e senza senso, buttata lì tanto per far qualcosa. E l'anno prossimo si andrà a votare per rinnovare l'attuale Consiglio comunale e per eleggere il nuovo sindaco.
Si riuscirà questa volta a creare una classe politica efficace ed efficiente o si ripescherà sempre nel mucchio trito e ritrito dei vecchi, incalliti e ciechi amministratori?
A queste scelte probabilmente è legato il destino di queste isole.
Alberto Sercia
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MARETTIMO NATURA 3:
L'UCCELLO DELLE TEMPESTE |
Tra le specie animali, diversi uccelli sono strettamente legati agli ambienti rocciosi di Marettimo. Tra questi tutti e tre i Procellariformi nidificanti in Italia, la
berta maggiore (Calonectris diomedea), la berta minore (Puffinus puffinus) e
l'uccello delle tempeste (Hydrobates pelagicus), e ancora l'aquila del Bonelli (Hieraaetus fasciatus), il
falco pellegrino (Falco peregrinus), il rondone pallido (Apus pallidus), il
corvo imperiale (Corvus corax) e la passera lagia (Petronia petronia). Come si diceva sopra, per almeno due di essi la presenza in quest' isola ha una valenza ai fini conservazionistici nazionale o addirittura internazionale.
Per quanto riguarda l'aquila del Bonelli, il sito riproduttivo di Marettimo è tra i più inaccessibili all'uomo. Il successo riproduttivo sembra abbastanza costante negli anni e pertanto la sua conservazione non sembra difficile. Per quanto riguarda
l'uccello delle tempeste, la colonia nidificante nell'isola è invece particolarmente vulnerabile, in quanto concentrata in un unico grande antro naturale. Si tratta di un sito insolito in cui le diverse coppie si riproducono, l'una accanto all' altra, in differenti livelli e cunicoli di un sistema complesso di grotte con un unico sbocco a mare. La conservazione di questa colonia è stata finora affidata solamente a un fatto casuale, cioè l'inaccessibilità con la barca.
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Altrove, in altre grotte costiere di Marettimo, questo piccolo procellariforme, in grande rarefazione in tutta l'area mediterranea, si riproduceva con certezza fino agli anni Settanta (Krapp, 1970; Massa, 1973), ma la pressione turistica, soprattutto la motonautica da diporto e le continue visite di barche all'interno di ogni possibile anfratto della costa, lo hanno allontanato da tutti i siti riproduttivi, tranne l'unico inaccessibile.
L'uccello delle tempeste peraltro è specie con dinamica delle popolazioni molto lenta. Depone un solo uovo ogni anno e, nonostante le sue piccole dimensioni (un adulto pesa meno di 30 grammi), resta impegnato per la riproduzione almeno quattro mesi l'anno.
La deposizione delle uova a Marettimo è alquanto asincrona (ha luogo cioè nell'arco di circa due mesi e mezzo) e pertanto la grotta è abitata da questi uccelli almeno per sei mesi l'anno, da aprile fino a settembre. Tali peculiari caratteristiche rendono questo sito riproduttivo altamente vulnerabile. Le peculiarità di Marettimo, il suo isolamento e il suo accesso privilegiato al Canale di Sicilia, con le sue notevoli disponibilità trofiche, hanno consentito la sopravvivenza di questa importante colonia di un uccello pelagico decisamente stenovalente.
Bruno Massa
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Il mattino sereno e arioso annuncia una giornata veramente estiva. Il vento che ha soffiato da sud-est per tanti giorni si è calmato e le pessime condizioni del mare che hanno impedito ai viaggiatori di giungere nell'isola stanno sensibilmente migliorando.
I bagagli pronti già da tempo possono essere imbarcati sul "vapore", si parte.
I viaggiatori salgono a bordo in fila indiana, appagati dall'imminente partenza, in un angolo del loro animo però si cela un senso di smarrimento: la traversata non sarà del tutto tranquilla perché le onde conservano una buona dose di energia ed il passaggio della "Furitana" sarà sofferto.
Ma l'isola è laggiù che aspetta e li ricompenserà con la calda accoglienza dei suoi abitanti. Gli uomini dell'equipaggio incoraggiano i passeggeri. Il vecchio nostromo, che li conosce da sempre, è prodigo di consigli. Ognuno cerca di occupare un posto, che a suo giudizio, sia protetto dalle oscillazioni della nave.
I più esperti cercano di rendersi utili agli altri. La nonna nella sua tenuta da viaggio nera, con il cappellino munito di veletta e con il ventaglio arabescato, ricorda ai nipoti le sue esperienze di navigazione, le drammatiche traversate con barche a vela o quelle più recenti con "u muture ra posta".
Le zie, a mo' d'incoraggiamento, dipingono a tinte non meno fosche i viaggi fatti con vaporetti non troppo affidabili, le "saliere" messi lì per intrappolare i malcapitati isolani.
Gli ormeggi vengono mollati, le eliche accentuano la loro rotazione, si esce dal porto e già la prua inizia a sollevarsi sulle onde. Lentamente sfilano gli isolotti Formica e Maraone circondati da merletti di schiuma che non promettono nulla di buono.
I gabbiani giocano tra gli alberi e la ciminiera, a loro agio in quell'atmosfera vibrante per i soffi del vento non del tutto placato e soffusa da una miriade di goccioline salmastre che a tratti si colorano come l'arcobaleno.
Nel salone passeggeri si intrecciano chiacchiere e vociare di bimbi. Dopo aver fatto scalo a Levanzo e a Favignana la nave si dirige verso ponente inoltrandosi nelle acque mosse del canale. Lasciato a sinistra l'ultimo ridosso della punta di Favignana, il vapore accentua il beccheggio, ricoprendosi sempre di più di spruzzi. Nel salone dei passeggeri si sentono rotolare le suppellettili che non sono fissate alla coperta, i visi cominciano ad impallidire, molti stomaci a protestare.
Le donne, le più anziane ma anche alcune più giovani si rifugiano sui divani lamentandosi del destino che le costringe spesso ad affrontare questo disagio. Alcune, ad ogni sussulto dello scafo, sono tentate di stendersi sulla coperta, quasi per conservare un contatto solido, non sfuggente, con il mondo reale.
E' l'atavica paura che il mare ha da sempre suscitato nelle donne di
Marettimo. E' l'ansia con la quale convivono quando i loro uomini sono per mare lontani per la pesca al pesce azzurro, o navigano sugli oceani imbarcati sulle grandi petroliere.
E' un sentimento sempre represso in fondo all'animo, mascherato dai problemi del vivere quotidiano ma pronto ad affiorare ogni qualvolta che le circostanze la richiedono con tutta l'energia che deriva da secoli di timori, di angosce e di aspettative deluse.
E' il prezzo che l'isola richiede a chi le vuol bene, a chi non vuole troncare le radici che lo legano a quel lembo di terra il cui profilo già si intravede a ponente. Essa si cela lì sotto le nuvole che agghindano la montagna del Falcone, diffidente, guardinga, gelosa delle proprie bellezze ma desiderosa delle attenzioni dei suoi amatori. La nave andando avanti si innalza sulle onde, s'immerge nell'incavo insidioso dei marosi, vibrando e gemendo per lo sforzo.
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L'isola si mostra sempre più chiara, i contorni diventano più netti e infine da punta Bassano a punta Troia si offre con un abbraccio consolante, quasi a por fine alle angustie della traversata. Il sole, rinvigorito da nuova energia, ha scacciato le ultime nubi grigie. La superficie del mare ha attenuato il suo moto, le onde si infrangono sempre più lente sugli scogli scabrosi e risalgono dolcemente le "praie" ricoperte di alghe.
Il suono della sirena del "vapore" si prolunga a richiamare la barchetta destinata al trasbordo dei passeggeri. Nell'aria tersa si mescolano odori diversi: sulla nave si comincia a diffondere l'odore dei cibi preparati per il pranzo dell'equipaggio mentre da terra giunge il profumo della macchia mediterranea mescolato alla fragranza del mare. Sono sensazioni olfattive che riportano alla memoria ricordi, mai cancellati dal tempo, colmi di intensi turbamenti.
I sensi sono stimolati dalla vista del mare e del monte; dal profumo che da essi emana; dai suoni armoniosi di una natura ancora incontaminata; dal gusto salato della brezza salmastra; dal contatto umido e fresco sulla pelle accaldata. La paranza giunge finalmente sottobordo, si adatta alla meglio al rullio della nave strusciandosi contro la fiancata, pronta a raccogliere i passeggeri che scendono dallo scalandrone affrettandosi con sollievo.
Il peggio è ormai passato, si pensa già al presente, al futuro. La barca si avvia lentamente all'imboccatura dello "Scalo vec-chio", al ritmico rumore del motore diesel.
A destra si apprezza l'immagine del vecchio castello ritto sulla cima di Punta Troia, corteggiato da uno stormo di gabbiani affamati, e da sinistra si avvicina sempre più, guardato dal semaforo rosso il vecchio molo guarnito dai variopinti pescherecci di "cianciolo", i più grandi in testa alla banchina e dietro ad essi quelli adatti alla pesca locale. Tutto lo scalo ne è pieno, ed è un suggestivo gioco di colori, rosso, blu, azzurro, verde, giallo, arancione. Sulla "praia" le barche più piccole, tirate a secco, le lampare, "i varche longhe", "le lance stazze", tutte dipinte e decorate con pazienza e fantasia durante i lunghi mesi invernali.
Le case bianche si affacciano alte sopra l'"orro". Sembrano osservare il mare e ciò che da esso viene. In fila una dopo l'altra coronano la rada, l'ultima è la casa del Genio. Su tutte e su tutti incombe la montagna, maestosa. Da' quasi un senso di sicurezza; la sensazione di qualcosa che non muta, che non tradisce.
Si scende a terra. Ognuno si guarda attorno alla ricerca di un volto noto, di braccia amorose.
Ecco i primi saluti, le frasi di benvenuto, lo scambio di sorrisi e di gesti affettuosi. Ci si avvia pian piano verso le case.
E' una processione, un corteo che sfila sotto gli occhi attenti e curiosi degli oziosi e degli anziani, i pensionati, in cerca di novità. Sugli scaloni e lungo i muretti si attardano i marettimari dai volti abbronzati e consumati dalle intemperie con la coppola che nasconde spesso una calvizie di vecchia data.
Qualcuno ha tra le labbra l'inseparabile "mezzo toscano" ricordo di un vizio americano. All'angolo del "Santo Padre" il corteo si sdoppia: alcuni si dirigono verso il centro dell'abitato, altri, "i scarovecchiari" raggiungono le case vicine.
Pippo Vetri
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