Era inevitabile.
L'impiegato di servizio alla delegazione comunale di Marettimo è andato in pensione, e logica conseguenza, l'isola è rimasta senza un dipendente comunale fisso che realizzi i fabbisogni burocratici e mantenga i contatti istituzionali con il Comune di Favignana.
Non è prevista nessuna nuova assunzione di personale e vengono dirottati saltuariamente ed in modo discontinuo dagli uffici di Favignana, riluttanti impiegati, costretti loro malgrado a fare da tappa-buchi.
Una situazione insostenibile, che aggiunge disagio al malessere già esistente. E nessuna soluzione si prospetta all'orizzonte mentre progetti faraonici di porti che sfidano tutti i venti, di cimiteri con acqua ed energia elettrica, di strade asfaltate per intere zone costrette ancora nel fan-go e nella polvere, giacciono inesorabilmente nei cassetti degli Uffici competenti. Anche per questo gli abitanti di quest'isola sono molto religiosi e trascorrono la giornata in preghiera.
Pregano, infatti, che non sia brutto tempo per uscire a lavorare per mare; pregano, poi, affinché aliscafi e navi viaggino regolarmente e non li lascino isolati e pregano, infine, di non morire perché al cimitero non c'è più posto e bisogna attendere pazientemente che allarghino le mura perimetrali. E' molto probabile che se le loro preghiere si esaudiranno camperanno tutti oltre cent'anni.
Ma non basta.
Da diversi mesi un gruppo di lavoratori forestali tenta disperatamente di ottenere la modifica di una legge regionale, piovuta improvvisamente sulle loro teste, che mina pericolosamente il loro futuro economico. In ballo non ci sono solo una quarantina di posti di lavoro, che già costituirebbero un motivo più che giustificato di allarme, ma c'è l'intero assetto economico e sociale di tutta l'isola che allinea come unica alternativa alle risorse provenienti dalla pesca e dal turismo quella offerta dal lavoro per l'Azienda Foreste. Tutto questo si sarebbe potuto evitare, o se non altro contrastare in modo sicuramente più concreto se, a Marettimo così come a Levanzo, fossero stati istituiti i consigli di quartiere.
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Veri e propri baluardi di controllo, di programmazione e di collaborazione con il Comune ed il suo sindaco, queste istituzioni avrebbero rappresentato un collante formidabile per lo sviluppo delle tre isole, coinvolgendo e responsabilizzando tutti i cittadini alla vita politica e sociale del loro arcipelago. Gli amministratori locali eletti con i voti dei marettimari ai quali avevano promesso la realizzazione di questo progetto, ora nicchiano accampando mille scuse e difficoltà.
Cosa farebbe a questo punto una persona assennata e cosciente in un marasma di inettitudine e di abbandono di questo genere?
Logico, fuggirebbe il più velocemente possibile! E invece no, il marettimaro no!
Con ottimismo, determinazione e molta voglia di vivere, la popolazione isolana mettendo mano al portafoglio e scavalcando leggi e cavilli burocratici, si è costruita un eliporto personale, sicuro e funzionale che permette all'elicottero di atterrare in caso di emergenza, istituendo un gruppo di volontari collegati alla protezione civile.
Nel frattempo la ristrutturazione delle abitazioni da adibire ad alloggio per i turisti durante l'estate procede sempre a buon ritmo, mentre le barche per il trasporto dei villeggianti, aumentano e si modernizzano di anno in anno.
Persino i matrimoni, già celebrati e programmati, non subiscono cadute d'arresto, e più che soddisfacente in rapporto alla popolazione è il numero delle nascite.
Questa fiducia, questo ottimismo e questo attaccamento alla propria isola soprattutto da parte dei giovani che decidono di vivere in queste condizioni in questi luoghi, andrebbe sicuramente premiata.
Non sono sufficienti le proteste o le interrogazioni di qualche amministratore di buona volontà, ma occorrono soprattutto azioni concrete e ben articolate che illuminino il buio fitto in cui Marettimo da troppo tempo ormai giace.
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Mi sono chiesta spesso negli ultimi tempi se era ancora possibile fare qualcosa per impedire che quest'isola venisse a poco a poco abbandonata dai suoi abitanti fin quasi allo spopolamento.
Scuola
di Marettimo anno 1910
Di ragioni per viverci ce ne sarebbero tante, inutile elencarle. Molte di più, troppe ormai, sono diventate le difficoltà, i disagi, i disservizi che impediscono al cittadino di condurvi un'esistenza normale e a volte persino di poter godere dei diritti civili.
Anni di estenuanti proteste da parte della popolazione non sono valsi a trovare una soluzione per nessuno o quasi dei problemi che gravano sugli isolani e che sono riconducibili, principalmente, al cattivo governo del territorio e all'inadeguatezza delle strutture portuali (ma non è forse la stessa cosa?) che ancora oggi non ci consentono, per gran parte dell'anno, la regolarità dei collegamenti con la terraferma. Sono serviti a poco i provvedimenti speciali per le isole minori che avrebbero dovuto salvare i microcosmi insulari dal dissesto economico e sociale, dal momento che in alcuni settori si è registrato addirittura un regresso.
Mi riferisco in particolare a un aspetto del vivere civile che considero di fondamentale importanza e che a Marettimo si sta avviando verso una situazione di degrado senza precedenti: la pubblica istruzione, la cosiddetta scuola dell'obbligo che, a quanto pare, a parte l'obbligo, non riesce più a garantire ai pochi allievi rimasti una preparazione almeno sufficienti per poter proseguire gli studi.
Marettimo
anni '30
Sono stata alunna di questa scuola meno di vent'anni fa, quando ancora era una scuola normale, ed è stato doloroso per me vedere un'istituzione deteriorarsi fino al paradosso attuale. Non che allora la situazione fosse idilliaca: siamo sempre stati una sezione staccata della "principale" Favignana e col tempo ci siamo rassegnati al ruolo di figliastri che da sempre ci viene riservato. Ci lamentavamo, certo, perché mancava il materiale didattico o perché gli edifici erano fatiscenti. Almeno fino a qualche anno fa era possibile seguire un regolare corso di studi.
Ora non più, perché una stupida legge che, a mio avviso, viola i dettami costituzionali, ha stabilito che se il numero degli alunni di una scuola (per di più ubicata su un'isola in cui non è possibile praticare il pendolarismo), è troppo esiguo, si debba provvedere ad un "accorpamento" (anche di alunni di classi differenti!). Credo che così facendo venga di fatto calpestato il sacrosanto diritto di essere istruiti in maniera adeguata e conforme al resto del paese. Le cinque classi della scuola elementare sono state ridotte a tre.
Questo vuol dire che sono state fuse assieme le classi prima e seconda e quarta e quinta. I bambini frequentanti anni scolastici diversi hanno adesso un insegnante unico che deve svolgere nelle stesse ore due programmi differenti, per i due livelli di età, a discapito ora degli uni, ora degli altri. Ancora più grave il caso della scuola media. Ai ragazzi non è mai stata concessa la possibilità di scegliere la lingua straniera da studiare, senza una ragione plausibile (si studia il francese obbligatorio).
Non c'è bisogno di sottolineare l'importanza che ha lo studio della lingua inglese per l'inserimento nel mondo del lavoro. Sarebbe "simpatico" parlarne con i coetanei residenti in California (in particolare a Monterey, dove vive la più numerosa comunità di marettimari) e con i quali sarebbe utile intraprendere uno scambio culturale.
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Da due anni a questa parte, inoltre, e sempre per la stessa arbitraria motivazione (gli alunni sono pochi), la scuola media è stata declassata a "corso di preparazione". I docenti sono adesso soltanto tre, cui spetta il compito di insegnare tutte le discipline previste dal programma ministeriale. Come se ciò non bastasse, gli sfortunati ragazzi devono sostenere tutti gli anni un esame di idoneità per essere ammessi all'anno successivo.
Marettimo
anni '50
Ad aggravare la situazione ricorre l'abitudine frequente da parte del provveditorato agli studi di Trapani di assegnare con notevole ritardo l'incarico definitivo ai docenti (ben oltre l'apertura dell'anno scolastico). Queste lungaggini burocratiche sono inammissibili (considerato la "regolarità dell'evento") perché il corso di studi risulta considerevolmente compromesso. Da questo melanconico quadro risulta facilmente intuibile lo stato di abbandono in cui versa l'educazione scolastica sull'isola. Sono tenute in ben poca considerazione le proteste che i genitori continuano ad indirizzare alle Autorità competenti. Autorità consapevoli che "questa scuola" dove non si impara l'inglese, dove non c'è un computer, dove non si riesce mai a portare a termine il programma annuale, questa scuola - dicevo - non mette i loro figli nelle stesse condizioni di apprendimento.
Ogni scuola, deve porsi come obiettivo anche la formazione di un buon cittadino, affinché questi sia in grado di partecipare alla vita civile e di contribuire allo sviluppo della società in cui vive. Questo grido accorato e di protesta è anche in considerazione di questa riflessione. Non bruciamo la gioventù di Marettimo!
Di chiunque sia la responsabilità delle disastrose vicende riguardanti la scuola di Marettimo, quello che più ci offende è il silenzio dei nostri amministratori. L'argomento non si presta a facili demagogie ed è quindi rigorosamente trascurato.
Queste vicende potrebbero dare il colpo di grazia ad una realtà che è già in crisi da tempo avendo rotto gli equilibri economici su cui si reggeva. Una realtà che sta vivendo in pieno la crisi occupazionale che investe tutto il sud ed ha perso i ruoli tradizionali in cui i giovani non si riconoscono più.
Marettimo
anni '60
Molti lasciano l'isola. Per chi non abbandona Marettimo, rimane la magra consolazione di vivere in una natura incontaminata (non è poco!) e rimandare il "confronto con il continente".
Questo stato di abbrutimento lamentato sarebbe meno evidente se, per assurdo, l'isola fosse sprovvista di televisione. Infatti l'altro mezzo d'informazione tradizionale più diffuso (i giornali) non è sempre disponibile a Marettimo. Se i mass-media non ci ricordassero che il nostro Paese sta facendo l'impossibile per essere tra i primi ad entrare in Europa, potremmo persino dimenticarci di far parte dell'Italia.
Elisa Aliotti
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