Transverberazione del cuore
e le Sacre Stigmate dal libro : PADRE PIO,trasparente di Dio di PADRE Jean Derobert |
|
Adesso
potremo meglio comprendere questo fenomeno mistico che si produsse alla sera del
5 agosto 1918 nell’anima di Padre Pio. Dopo le ferite
interiori d’amore, dopo il dolore delle stigmate invisibili e la sua
partecipazione alle sofferenze di Cristo nella sua passione, ecco la transverberazione del cuore. Arsa
dall’Amore di Dio, la sua anima interiormente si è trovata assalita da un personaggio
celeste che la trapassò fino al profondo con un dardo di fuoco. Questo
fenomeno segnerà una tappa nel suo itinerario mistico che avrà il suo
punto culminante alla mattina del 20 settembre quando sarà visibilmente
segnato dalle piaghe sanguinanti del Crocifisso. |
La
lettera del 21 agosto 1918
«Mio
carissimo Padre - scrive Padre Pio a Padre Benedetto - Gesù
sia con voi sempre e vi ripaghi a cento doppi del bene che vi sforzate di
apportare all'anima mia!» Egli
traccia allora l'abituale quadro della sua anima che gli sembra marcire
sempre più nella tristezza, nel dolore e nell'oscurità; «Tutto mi è di condanna
- dice lui - e la chiara, reale, esperimentale veduta di me stesso
è di conferma alla irrevocabile sentenza che Dio
forse abbia già emanata su di me!» - Non vede più nulla e non può
«che sperare contro ogni speranza» come gli aveva consiglialo il Provinciale. «Tutto
è divorato e distrutto da una forza occulta che deve essere potente.» Egli sente che sprofonda nell'abisso e
non sa come fare per uscirne. Inoltre
è - ancora una volta - inchiodato a letto dalla malattia: «.Questo
è il terzo giorno che sono costretto di rimanere impotente in letto e sembrami che ancora un pò e non
vi chiamerò più se si andrà innanzi ancora;quando la
foga annegherà i! mio spirito e l'impossibilità iventerà davvero tale che farò mai io allora? L'attentato
è forte e formidabile da per ogni lato, per ogni
verso, ogni piega, ogni virtù è messa al cimento.» Egli sa a quale
punto l'amore è amabile, ma si sente incapace - e anche indegno – di
corrispondere a quell'Amore di Dio. «lo
avverto in me la mancanza di un sovrano bene, dal senso sostanzioso e profumato
che vi lasciò egli in suo passaggio repentino. Oh che io non reggo a tal
fierezza sovrana d'un Signore saggio, giusto e
buono! Non
trovo lato alcuno che attenui la giusta ira di Dio, se non riuscire a
compiacere il suo cuore ed io non ne trovo il modo come potere ciò fare. Io veggo che tutte sono spine che vado procurandogli e che
gli ho procurate, e questo non sembrami
un sembrarmi, la realtà rifulge in tutta la sua chiarezza; mi adopero ad
uscire da questo si luttuoso stato, ma mi trovo vinto, senza conoscerlo e
senza volerlo, da quei male che pure non vorrei fare. Ah! dove
mi farò riparo alle saette di un Dio che fulmina e percuote?... Ma basti il mio
gridare, è bene che si taccia chi ha il dovere di tacersi e che ormai è nella
piena sua disfatta. Dispero di tutto, ma non di colui che
è vita, verità e via, ed a Lui chiedo il tutto ed a Lui mi abbandono, poiché
fu ed è il Tutto per me... » Non
ha più alcuna forza!... «Mi muoio di fame dinanzi
alla tavola riccamente imbandita, mi brucio d'arsura sotto la sorgente che
affluisce la pura acqua... che più?...la luce mi accieca
prima di snebbiarmi. Sono stanco di più stancare la guida ed
i sostegni e la sola ubbidienza mi è di puntello a che non mi abbandonassi ad
ogni abbandono completo. In forza di questa mi induco
a manifestarvi ciò che avvenne m me dal giorno Me
ne stavo confessando i nostri ragazzi la sera del 5,
quando tutto ad un tratto fui riempito di un estremo terrore alla vista di un
personaggio celeste che mi si presenta dinanzi all'occhio della intelligenza.
Teneva in mano una specie di arnese, simile ad una
lunghissima lamina di ferro con una punta ben affilata e che sembrava che da
essa punta uscisse fuoco. Vedere
lutto questo ed osservare detto personaggio
scagliare con tutta violenza il suddetto arnese nell'anima, fu tutto una cosa
sola. A stento emisi un lamento, mi sentivo morire. Dissi al ragazzo che si
fosse ritirato, perché mi sentivo male e non sentivo
più la forza di continuare. Questo
martirio durò senza interruzione, fino al mattino de!
giorno 7. Cosa io soffrii in questo periodo cosi
luttuoso io non so dirlo. Persino le viscere vedevo
che venivano strappate e stiracchiate dietro di quell'arnese, e il tutto era
messo a ferro e fuoco. Da quel giorno in qua io sono stato ferito a morte.
Sento nel più intimo dell'anima una ferita che è sempre aperta, che mi fa
spasimare assiduamente.» E
Padre Pio terminava la sua relazione con queste parole piene d'angoscia: «Non è questa una
nuova punizione inflittami dalla Giustizia Divina? Giudicatelo voi quanta
verità sia contenuta in questo e se io non ho tutte le ragioni di temere e di
essere in una estrema angoscia...»
(1/500) * La
risposta non si fece attendere... Fu chiara e
precisa. Il 24 agosto Padre Agostino gli disse: «Dalla sera del 5 fino al mattino del 7, Gesù ti diede un'altra prova del
suo amore speciale. La ferita spirituale di quel celeste personaggio è il
pegno dell'amore di Dio per te.» E
aggiungeva: «Non hai riflettuto che il 6 era la
festa della trasfigurazione di nostro Signore? Gesù ha voluto non solo
trasfigurare il tuo spirito, ma ferirlo con una piaga che egli solo potrà
guarire. Quando?...Quando a lui piacerà : se gli
piacerà tenerla aperta fino a quando li chiami a sé, «Fiat»' (1/501) Da
parte sua. Padre Benedetto gli risponde il 27 agosto: «Tutto quello che
avviene in voi è effetto di amore, è prova e
vocazione a corredimere, e quindi è fonte di
gloria. Posto ciò come certo ed indubitato, cadono
le ansie e le trepidazioni che il nemico suscita per la sua malvagia voluttà
di tormentare e che il sommo bene permette sempre allo scopo su accennato.
Dichiararvi una spina che tormenti l'amabile Signore e il conoscere tale
indegnità come realtà evidente, fulgida, che non lascia luogo neppure
all'ombra dell'opposto, è una solenne menzogna... ...
Dominus tecum! Egli, l'amore paziente, penante,
smanioso, accasciato, pesto e strizzato nel cuore, nelle viscere tra l'ombre della notte e più della desolazione nel giardino
di Getsemani è con voi associato al vostro dolore e
associandovi al Suo. Ecco
tutto, ecco la verità e la sola verità. La vostra
non è neppure una purga, ma un'unione dolorosa. Il
fatto della ferita compie la passione vostra come compì
quella dell'Amato sulla Croce. Verrà forse la luce e
gioia della resurrezione? Lo spero,se a lui così
piace. Baciate
la mano che vi ha trasverberato e stringetevi dolcissimamente codesta piaga che è suggello d'amore...»
(1/502) * Padre
Pio ha ringraziato il suo Provinciale di tulio quello che gli aveva scritto.
Pare un po’ più rasserenato, sebbene, in questa lettera del 5 settembre esso
gli tracci nuovamente il quadro della notte
spirituale che si ispessisce sempre più. Si direbbe che il legno non sia
ancora bruciato fino al cuore, e che la divina fiamma trovi ancora qualcosa
da ridurre in cenere prima di trasformarla in fuoco. Padre Pio ritorna su
questo misterioso fenomeno della transverberazione,
e sul dolore che ormai gli causa questa piaga aperta e sanguinante... poiché
si tratta di una vera piaga! «Io
mi vedo sommerso in un oceano di fuoco - scrive - la ferita che mi venne riaperta sanguina e sanguina sempre. Essa sola
basterebbe a darmi mille e più volte la morte. O mio Dio, e perché non muoio?
o non vedi che la stessa vita per l'anima che tu
impiagasti le è di tormento? Sei pur crudele tu che rimani sordo ai clamori
di chi soffre e nol conforti? Ma che dico?... Perdonatemi, Padre, sono fuori di me, non so quello
che mi dico. L'eccesso del dolore che mi cagiona la ferita che sempre è
aperta, mi rende furibondo contro mio volere, mi fa uscire fuori di me e mi porta al delirio, e io mi veggo
impotente a resistere...» * E arriviamo all'apice del Calvario... Padre
Pio aveva senza alcun dubbio meditato profondamente
su questo mistero della Croce. Aveva celebrato - a letto - la Festa
dell'Esaltazione della Santa Croce (che ora vien
chiamata «La Croce Gloriosa»), il 14 settembre. Il 17,
- ossia tre giorni dopo - aveva celebrato la Festa delle stigmate di san
Francesco d'Assisi, e quel giorno usciva dalla malattia. Tre giorni dopo -
curiosa e sconcertante cadenza ritmica - arriviamo al 20 settembre 1918:
anche lui sarà crocifisso. Gli effetti della sua
ferita della transverberazione diventeranno più
intensi dopo la sua totale e definitiva stigmatizzazione. Lo spiegherà a
Padre Benedetto in una sua lettera che lui gli scriverà il 20 dicembre. La
transverberazione è una grazia che possiamo
chiamare santificante. È
il sigillo dell'amore, come scriveva Padre Benedetto- Ma essa prelude
la stigmatizzazione, che è una grazia carismatica, nel senso che Dio l'accorda per il bene degli altri. In Padre Pio, tuttavia
si può considerare come il seguito logico, la continuazione, il complemento,
la proiezione all'esterno, della piaga nascosta - sebbene aperta - del cuore. Sono
già otto anni che Padre Pio è unito misticamente alla Croce di Gesù.
Ricordiamo che i primi segni e i primi sintomi del prodigio apparvero
nell'autunno del Ma il dolore lancinante e
bruciante, quello non era sparito. Il 21 marzo 1912, egli aveva scritto a
Padre Agostino che «dal giovedì sera fino al sabato,
come anche il martedì, è una dolorosa tragedia per me. Il cuore, le mani e i
piedi mi sembrano trapassali da una spada, così grande è il dolore che ne
risento...» Infine,
il prodigio si compì il 20 settembre 1918 e, da allora, rimase sempre
visibile. Padre
Pio ne fu umiliato e confuso. Egli cercò tutti i mezzi per nasconderlo, ma le
sue figlie spirituali se ne accorsero, i cappuccini se ne accorsero,
il Padre guardiano comunicò la notizia al Provinciale. Non fu che il 22
ottobre che poté .sormontare la sua grande
confusione e raccontare a Padre Benedetto questo avvenimento che segnò una
lappa decisiva nella sua esistenza terrena. Ma non svelò subito ai
suoi direttori quello che gli era accaduto. La sua ultima lettera a Padre
Benedetto risale al 5 settembre. Il giorno dopo, il 6 settembre aveva scritto
approssimativamente la stessa cosa a Padre Agostino. Segue un lungo periodo
di silenzio che è come un ritiro chiuso che Dio sembrava aver organizzalo
apposta perché fosse conferito a Padre Pio il dono delle sacre Stigmate nel
raccoglimento più profondo. Padre
Pio scrive nuovamente a Padre Benedetto il 17 ottobre: «Sono
a voi di ritorno dopo un lunghissimo tempo passalo nel silenzio - scrive – e
voi me lo perdonerete di certo, sapendo che non è stato causato da negligenza
o noncuranza, ma da impotenza assoluta. Sono stato anche a letto con febbri
spagnole, e che anche qui fa strage di morti. Quanto sarebbe stato per me
desiderabile se il Signore mi avesse chiamato a se, ma sono
stato da lui ridato alla misera esistenza per la lotta del tempo. Ho
passato - e passo - ore terribili e tristi; fisico e morale mi danno già
morte ad ogni momento!» Egli
cerca sempre Dio, e sempre Dio sembra farsi più lontano... «Ho una voglia
di gridare e di lamentarmi con voce superlativamente forte, ma sono
debolissimo e le forze non mi accompagnano...» E
sempre lo stesso sentimento: «Padre mio, io veggo
tutta la mia cattiveria e la mia ingratitudine in tutto il suo splendore..,» — «Non seppi avvalermi di sì alti tuoi favori ed ora
mi veggo condannato solo a vivere nella mia
incapacità, ricurvo su di me stesso...» Egli
rivela, infine, apertamente, senza ancora troppo insistervi, le piaghe che
gli ha fatte un misterioso personaggio che
continua sempre a trafiggerlo. «Sarà
necessario che io pronunzi «fiat» nel mirare quei
misterioso personaggio che mi impiagò tutto e non desiste da/la dura, aspra,
acuta e penetrante operazione, e non da tempo al tempo che venga a
rimarginare le piaghe antiche, che già su di queste ne viene ad aprire delle
nuove con infinito strazio della povera vittima. Deh
Padre mio, venite in mio aiuto per carità. Tutto il mio interno piove sangue
e più volte l'occhio è costretto a rassegnarsi a vederlo scorrere anche al di
fuori. Deh! cessi da me questo strazio, questa
condanna, questa umiliazione, questa confusione!...»
(1/508) Anche
questa volta, la risposta del Provinciale non si fece attendere; due giorni dopo, il 19
ottobre, egli gli scrisse: «... Figliuol
mio, dimmi tutto e chiaramente e non per accenni. Qual’è l'operazione del personaggio? di dove scorre il sangue e quante volle al giorno o alla
settimana? Che è avvenuto alle mani e ai piedi, e come? Voglio
sapere per filo e per segno TUTTO e per santa ubbidienza.»
E poiché Padre Pio si lamenta sempre della sua miseria, il provinciale gli
risponde: «Come puoi dire Dio ignoto al tuo spirito
se ti sanguina il cuore di amore fortissimo nella dolcezza e dolcissimo nella
violenza. E come puoi dirti abbandonato se ti strazia d'amore?»... * Bisogna
che Padre Pio ubbidisca e che sveli finalmente quello che è accaduto in
quella tragica mattina del 20 settembre 1918... un mese prima... di già un mese.... Crocifisso... «Cosa dirvi a riguardo di ciò che mi domandate del come sia
avvenuta la mia crocifissione - scrive dunque lui il
22 ottobre 1918 - Mio Dio, che confusione e che umiliazione io provo nel
dovere manifestare ciò che tu hai operato in questa tua meschina creatura! Era
la mattina dello scorso mese in Coro, dopo la celebrazione della santa Messa,
allorché venni sorpreso dal riposo, simile ad un
dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni, non che le stesse facoltà
dell'anima si trovarono in una quiete indescrivibile. In tutto questo vi fu
totale silenzio intorno a me e dentro di me; vi subentrò subito una gran pace
ed abbandono alla completa privazione del tutto e
una posa nella stessa rovina - (Si tratta, molto
verosimilmente, di quello che lui crede essere il vero stato della sua anima)
- Tutto questo avvenne in un baleno. E
mentre tutto questo si andava operando, mi vidi dinanzi un misterioso
personaggio, simile a quello visto la sera del 5 agosto, che differenziava in
questo solamente che aveva le mani ed i piedi ed il
costato che grondavano sangue. La
sua vista mi atterrisce; ciò che sentivo in quell'istante in me non saprei
dirvelo. Mi sentivo morire e sarei morto se il
Signore non fosse venuto a sostenere il cuore, il quale me lo sentivo balzare
dal petto. La
vista del personaggio si ritira ed io mi avvidi che mani, piedi e costato
erano traforati e grondavano sangue. Immaginate lo strazio che esperimentai
allora e che vado esperimentando continuamente quasi
tutti i giorni. La ferita del cuore gitta
assiduamente del sangue, specie dal giovedì a sera sino al
sabato. Padre mio, io muoio di dolore per lo strazio e per la
confusione susseguente che io provo nell' intimo
dell'anima. Temo di morire dissanguato, se il Signore non ascolta i gemiti
del mio povero cuore e col ritirare da me questa
operazione. Mi farà questa grazia Gesù che è tanto buono? Toglierà
almeno da me questa confusione che lo esperimento per questi segni esterni?
Innalzerò forte la mia voce a lui e non desisterò dal scongiurarlo,
affinché per sua misericordia ritiri da me non lo strazio, non il dolore
perché lo veggo impossibile ed io sento di volermi
inebriare di dolore, ma questi segni esterni che mi sono di una confusione e
di una umiliazione indescrivibile ed insostenibile. Il
personaggio di cui intendevo parlare nell'altra mia precedente non è altro
che quello stesso di cui vi parlai in un'altra mia, visto il 5 agosto. Egli
segue in sua operazione senza posa, con superlativo -strazio dell'anima. Io
sento nell'interno un continuo rumoreggiare, simile ad
una cascata che gitta sempre sangue. Mio Dio! È
giusto il gastigo e retto il tuo giudizio, ma usami
alfine misericordia. «.Domine, ti dirò sempre col
tuo profeta: Domine, ne in
furore tuo arguas me, neque
in ira tua corripias me!» (Signore,
non punirmi nel tuo sdegno, non castigarmi nel tuo furore!) -(cf.Ps» 6/2) Padre
mio, ora che tutto il mio interno vi è noto, non sdegnale di fare giungere
sino a me la parola del conforto, in mezzo a si fiera e dura amarezza... » (1/510) * Cosa
c'è da aggiungere ad una simile lettera? Immaginiamo
senza fatica lo stato nel quale si trova il povero Padre Pio. Tortura del
corpo, certo e facile ad immaginarsi, meno facili a
misurarsi per chi non ha mai sentilo tali dolori! Ma
anche tortura morale. Ormai egli è sulla Croce, inchiodalo con Gesù,
partecipe alle stesse sofferenze del Redentore. La sua vocazione adesso è ben
chiara; più che mai egli deve essere un coredentore.
Nel vero senso del termine. Gesù è tornato a vivere la sua dolorosa Passione
nella persona del suo fedele servitore. Ma chi o dunque quel misterioso
personaggio di cui parla Padre Pio? Certi autori hanno ritenuto che hi trattasse di un angelo. In realtà non lo è: Padre Pio l' ha svelato in una confidenza che fece a Don Giuseppe
Orlando, suo compaesano di Pietrelcina che un giorno gli aveva chiesto come
era avvenuta la sua stigmatizzazione. «Ero in Coro per
il rendimento di grazie della Messa, spiegava Padre Pio. Mi sentii dolcemente
innalzarmi verso qualcosa d'immenso che s'ingrandiva e che mi colmava di
gioia nel pregare. Più pregavo e più questo
godimento aumentava. Tutto ad un tratto una grande
luce colpi il mio sguardo e in mezzo a tante luci mi apparve il Cristo con le
sue piaghe. Non mi disse niente... Disparve. Quando
tornai in me, mi sono trovato in terra, ferito. Le mani, i piedi, il cuore sanguinavano e mi facevano cosi male che mi toglievano
ogni forza per rialzarmi. Mi sono trascinato a quattro zampe dal Coro sino
alla cella attraverso al lungo corridoio...» Che
doveva fare Padre Pio in quello stato?... Il 16
novembre 1918, Padre Benedetto gli scrisse fra le altre cose: «Mi
domandi come devi fare nel tuo presente stato, ed io rispondo che non vi è
altro mezzo che di «lasciar fare» anche quando non ti si permette di «lasciar
fare...» (1/512) E
Padre Pio «lasciò fare» durante cinquanta anni! Poiché quando ha
raggiunto il culmine della perfezione nella vita interiore, il santo si vede
quasi costretto a raggiungere, anche fisicamente, la sublime immagine del
Cristo. Il cristianesimo perfetto non è nient'altro che quella morte
mistica. Ben poco numerosi sono quelli che la raggiungono perché ben poco
numerosi sono quelli che sono perfetti. Tutto è scherzo d'amore'... Là si
trova la chiave della stigmatizzazione di Padre Pio... |
|
LE STIGMATE Non si tratta affatto
di una decorazione! Si tratta di piaghe profonde che sembrano esser state causate
da un enorme chiodo nelle mani e nei piedi e di un taglio al costato che ha
sette centimetri di lunghezza. Un altro taglio di quasi tre centimetri e
mezzo interseca il primo a forma di croce...infatti
là in Padre Pio vi sono state due ferite! Da queste piaghe sgorga
continuamente un sangue arterioso fresco e profumato. Era per Padre Pio la
causa di intollerabili dolori. Abbandoniamo
momentaneamente l'esame delta vita del Padre attraverso le lettere ch'egli ha scritte e che ci rivelano la sua anima, poiché
-come ci siamo già resi conto, - non vogliamo fare della nostra opera una
raccolta di aneddoti e di fatti straordinari che hanno costellalo la vita del
Padre. Sono già numerosi i libri che ne parlano. Il nostro proposito è
piuttosto di mostrare l'essenza stessa di quest'anima immensa, grandiosa,
privilegiata, quest'anima che noi abbiamo avuto
l'immensa gioia di conoscere e di frequentare. Riprenderemo
più tardi la serie delle lettere. Ma per meglio aiutarci
a comprendere forse il fenomeno mistico della stigmatizzazione, - prima di
incontrare questi fatti e queste visite alla data dovuta - conviene di
parlare degli esami clinici operati dai medici che furono mandati
dall'autorità competente presso lo Stigmatizzato del Gargano. |
Dottor Festa Il
dottor Festa che ebbe più volle l'occasione di esaminare queste ferite le
descrive come segue: «Lesioni anatomiche di forma quasi circolare, a bordi
netti, che hanno un diametro di un po' più di due centimetri...lesioni ricoperte di una escara di color bruno-rosso...
Ogni tanto questa escara si distacca alla circonferenza, poi poco alla volta
verso il centro fino al momento in cui essa cade completamente e allora la
lesione appare in tutti i suoi dettagli, di colore bruno-rosso e sempre
sanguinante...» Queste
ferite sono state aperte durante un mezzo secolo e più. Esse non si sono mai
aggravate, non si sono mai cicatrizzate nonostante gli sforzi della scienza
per curarle come ferite ordinarie. E
il dottor Festa insiste: Esse non sono il risultalo
di un trauma d'origine esterna. Non sono neanche dovute all'applicazione di
sostanze chimiche di gran potere irritante come si è voluto pretendere. È per
questo che, ne la natura, ne la scienza hanno potuto
apportarvi la menoma modifica. * Il
primo medico che ebbe a esaminare queste ferite nel 1919 fu il dottor Romanelli, di Barletta, grande amico di Padre Benedetto e
di Padre Agostino. A cinque riprese egli fece l'indagine e l'esame. La
conclusione fu sempre la stessa: «Le ferite non erano superficiali e non
presentavano alcun fenomeno infiammatorio». Il
professore Bignami, di Roma, si sforzò, da parte
sua, di spiegarne scientificamente l'origine. Egli ricevette, tuttavia, una eccellente impressione dall'incontro con Padre Pio,
era convinto de! suo perfetto equilibrio mentale,
ma, «in omaggio alla scienza», volle applicare alle ferite un trattamento che
avrebbe dovuto, come principio, cicatrizzarle rapidamente... Egli
appose anche un sigillo alle bende per impedire a chiunque di toccare le
ferite. Ma quando, qualche giorno più tardi, tolse
il sigillo, cosa vide? Le ferite erano rimaste intatte e continuavano a dare
un sangue fresco, brillante, profumato... come prima! Non
si trattava quindi assolutamente di simulazione. Padre Pio era troppo
rigoroso e troppo virtuoso perché anche si potesse sospettarlo! Non
si trattava neanche di autosuggestione, infatti tali
processi non hanno mai provocato ferite che rimangono per cinquanta anni
identiche a se stesse. Per
la scienza le stigmate di Padre Pio rimasero un mistero. Il
dottor Festa venne dunque, a sua volta, ad esaminare
le lesioni di Padre Pio. Era stato mandato per questo dal Ministro Generale
dell'Ordine dei Cappuccini. Arrivò a San Giovanni
Rotondo nell'ottobre del 1919. Era un agnostico ed era ben deciso a provare
l'inganno... se tale era il caso... Egli
ebbe più volte l'occasione dì esaminare attentamente quelle piaghe, anche in
capo a qualche anno. Malgrado il suo scetticismo, il
suo positivismo e la sua incredulità, ebbe il merito di porre fine ad ogni
controversia. Dichiarò che le stigmate di Padre Pio non potevano, ne mai avrebbero potuto avere una spiegazione scientifica,
poiché esse sfuggivano ad ogni legge della natura. Delle lo stesso giudizio
circa le febbri elevatissime che, di tanto in tanto, bruciavano Padre Pio.
Esse a volte, come abbiamo visto, raggiungevano 48
gradi ed anche, diceva Padre Paolino, 52 gradi... al punto di far scoppiare
tutti i termometri. Ma quando era in preda a tali temperature, il povero
Padre Pio soffriva atrocemente come se gli bruciassero le ossa, (infatti 52 gradi rappresentano lo stesso qualcosa!), come
se gli strappassero i nervi, e in quei momenti aveva una sensibilità cosi
acuita e così dolorosa che non poteva neanche sopportare il contatto dei
lenzuoli. In
seguito, il dottor Festa volle consultare Padre Pio con il dottore
Romanelli. Ne risultò una
dichiarazione che bastò a sopprimere il menomo dubbio: «Le cinque lesioni osservate
in Padre Pio debbono realmente essere considerate come vere e proprie lesioni
dei tessuti la cui persistenza, le strane caratteristiche anatomico-patologiche,
la capacità di dare continuamente un sangue sempre fresco e profumato, la cui
posizione corrisponde ai posti del corpo che Nostro Signore offrì al supremo
olocausto della Croce, potranno costituire un mistero ma solo per colui che,
dalle verità che cosi largamente gli presenta la natura, non può elevarsi
alle grandiose sintesi della religione e della fede.» (Festa, p.180) È
superfluo aggiungere che lo stesso dottor Festa, totalmente convertito,
divenne un fervente figlio spirituale di Padre Pio ed
un fervente praticante. Padre
Pio si prestò a tutte queste visite e a tutti questi esami che gli erano
stati imposti fino a che non furono interdetti dalle autorità ecclesiastiche.
Accettò che si discutesse e che anche si dubitasse del Dono che Dio gli aveva
fatto delle stesse ferite del Crocifisso del Golgota, poiché sapeva bene che numerosi erano coloro che
erano incapaci di comprenderlo. Quanto dovette soffrire per la ristrettezza
di spirito e di mancanza di fede di coloro che erano
incaricati di esaminarlo nel nome della scienza: «Non
è la scienza - diceva lui - che può rivelare Colui
che è, e quello che fa; la scienza, per grande che sia è sempre povera
cosa paragonata al formidabile mistero della Divinità.» «Padre, perdona
loro, poiché non sanno quello che si fanno!» già diceva Gesù. Al professor
Bignami che un giorno gli chiedeva; «Perché Padre, queste lesioni sono venute
qui (e mostrava col dito le mani ed i piedi) e non
in altre parti del corpo?», Padre Pio rispose bruscamente e seccamente: «Sarebbe
piuttosto a lei, uomo di scienza, di dirmi perché esse avrebbero dovuto
venire altrove e non qui!» «Ti
ho dato le stigmate della mia passione -diceva Gesù a san Francesco d'Assisi
- perché tu sia il mio araldo». * Colui che è incapace di
evadere dal mondo, di elevare il suo spirito, di capire le cose divine, è
anche incapace di capire le stigmate di cui Gesù ha segnato li suo strumento.
Per lui è un regalo incomprensibile, inumano, crudele, tragico ... Tuttavia, colui che ne è rivestito e, in un certo modo, divinizzato.
Ne comprende tutta la maestà e non cerca che di annientarsi totalmente davanti
a questa meraviglia. E,
comunque, le stigmate con cui fu segnato Padre Pio - e con lui tante e tante
anime privilegiate conosciute o sconosciute, - sono ,
per il mondo credente, una prova dell'esistenza di Dio. Come non vedere
ergersi in quel momento l'immensità del Sacrificio del Calvario? Padre Pio,
tramite le sue stigmate, ha riportalo tanti cristiani tepidi alla
contemplazione della Croce! È per questo che il contatto con la mano ferita
di Padre Pio di tutti coloro che hanno deposto su
quel guanto di lana scura, un bacio di venerazione, lasciava una sensazione
umanamente indescrivibile. Lo
abbiamo già detto, Dio non vuole salvare solo gli
uomini peccatori. Nella
sua misericordia e saggezza, ha voluto vicino al suo Divin
Figlio dei collaboratori, dei co-redentori che, al seguito della prima fra di loro, la Vergine Maria,
l'aiutassero a salvare il mondo. La follia della Croce è, per Dio, la suprema
saggezza del Cuore. Gesù vuoi continuare a salvare
il mondo, è per questo che è venuto a rivivere la sua Passione in Padre Pio,
bisogna ripeterlo nuovamente, poiché quella è una verità essenziale per chi vuoi comprendere Padre Pio
e la sua missione. Lo stigmatizzato del Gargano non è infine che il prolungamento
del Crocifìsso del Calvario. Attraverso
Padre Pio riecheggiava il grido di Gesù: «Se tu conoscesse il Dono di Dio!... Dammi da bere!... » Si tratta pure di una questione
d'amore. Il Cuore di Gesù ne è cosi colmo che non
può più contenerlo, ma una simile fiamma esige uno scambio. Amore chiama Amore.
Lo stigmatizzato del Gargano, ha presentato al
mondo, in un ineffabile apostolato, i segni e le prove di questo Amore
infinito di Dio per il mondo. Padre
Pio testimone dell'Amore di Dio... Voleva dire ben altro, il caro Padre,
quando rispose a colui che gli diceva: «Padre, io
non credo in Dio!» - «Ma Dio, Lui, crede in te!...» È
detto tutto con ciò... |
|