Il segno del TAU
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San
Francesco: "Nutriva
grande venerazione e affetto per il segno del Tau. Lo
raccomandava spesso nel parlare e lo scriveva di propria mano sotto le
lettere che inviava" (FF 1079) |
Il TAU è l'ultima lettera dell'alfabeto
ebraico. Esso venne adoperato con valore simbolico
sin dall'Antico Testamento, per indicare la salvezza e l'amore di Dio per gli
uomini. Se ne parla nel Libro del Profeta Ezechiele, quando
Dio manda il suo angelo ad imprimere sulla fronte dei servi di Dio questo
seguo di salvezza: "Il Signore disse: passa in mezzo alla città, in
mezzo a Gerusalemme e segna un TAU sulla fronte degli uomini che sospirano e
piangono".
Il TAU ha alle sue spalle una solida tradizione biblico cristiana. Fu accolto da San
Francesco nel suo valore spirituale e il Santo se ne impossessò in maniera
così intensa e totale sino a diventare a lui stesso, attraverso le Stimmate
della carne, quel TAU vivente che egli aveva così spesso contemplato,
disegnato ma soprattutto amato. Il TAU, segno concreto di una devozione
cristiana, è soprattutto impegno di vita nella sequela di Cristo. Il Tau perciò deve ricordarci una grande verità cristiana:
la nostra vita, salvata e redenta dall'amore di Cristo crocefisso, deve
diventare, ogni giorno di più, vita nuova, vita donata per amore. Portando
questo segno viviamone la spiritualità, rendiamo ragione della "speranza
che é in noi", riconosciamoci seguaci di San Francesco. |
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Il
popolo ebreo, come molte antiche culture, ha progressivamente elaborato una
teologia o una complementare interpretazione spirituale adattata a ogni
lettera del proprio alfabeto. |
Poiché la scrittura ebraica, e di conseguenza
l'alfabeto ebraico, non venne formalmente codificata
fino a quasi 200 anni dopo la nascita di Cristo, molte lettere erano talvolta
tracciate in forme diverse a seconda delle regioni dove vivevano gli ebrei,
sia in Israele sia nella "diaspora" in luoghi al di fuori di
Israele, prevalentemente nel mondo di lingua greca. L'ultima lettera dell'alfabeto ebraico
rappresentava il compimento dell'intera parola rivelata di Dio. Questa
lettera era chiamata TAU (o TAW, pronunciato Tav in
ebraico), che poteva essere scritta: /\ X + T. Esso
venne adoperato con valore simbolico sin dall'Antico
Testamento; se ne parla già nel libro di Ezechiele: «Il Signore disse: Passa
in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un Tau
sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono...»
(EZ. 9,4). In questo stesso passo il Profeta Ezechiele
raccomanda a Israele di restare fedele a Dio fino alla fine, per essere
riconosciuto come simbolicamente segnato con il "sigillo" del TAU
sulla fronte quale popolo scelto da Dio fino alla fine della vita. Coloro che
rimanevano fedeli erano chiamati il resto di Israele; erano spesso gente
povera e semplice, che aveva fiducia in Dio anche quando non riusciva a darsi
ragione della lotta e della fatica della propria vita. Sebbene l'ultima lettera dell'alfabeto ebraico
non fosse più a forma di croce, come nelle varianti sopra descritte, i primi
scrittori cristiani avrebbero utilizzato, nel commentare la Bibbia, la sua
versione greca detta dei "Settanta". In questa traduzione delle scritture
ebraiche (che i cristiani chiamano Antico Testamento), il TAU veniva scritto T. Con questo stesso senso e valore se ne parla
anche nell'Apocalisse (Apoc. 7, 2-3). Il Tau è perciò segno di redenzione. È segno esteriore di
quella novità di vita cristiana, più interiormente segnata dal Sigillo dello
Spirito Santo, dato a noi in dono il giorno del Battesimo (Ef 1,13). Il Tau fu adottato
prestissimo dai cristiani per un duplice motivo. Esso, appunto come ultima
lettera dell'alfabeto ebraico, era una profezia dell’ultimo giorno ed aveva
la stessa funzione della lettera greca Omega, come appare
ancora dall'Apocalisse: «Io sono l'Alfa e l'omega, il principio e la fine. A
chi ha sete io darò gratuitamente dalla fonte dell'acqua della vita... Io sono l'Alfa e ''Omega, il primo e l'ultimo, il
principio e la fine» (Apoc. 21,6; 22,13). Ecco perché per i cristiani il TAU cominciò a
rappresentare la croce di Cristo come compimento delle promesse dell'Antico
Testamento. La croce, prefigurata nell'ultima lettera dell'alfabeto ebraico,
rappresentava il mezzo con cui Cristo ha rovesciato la disobbedienza del
vecchio Adamo, diventando il nostro Salvatore come "nuovo Adamo". Durante il Medioevo, la comunità religiosa di S.
Antonio Eremita, con la quale S. Francesco era familiare, era molto impegnata
nell'assistenza ai lebbrosi. Questi uomini usavano la croce di Cristo,
rappresentata come il TAU greco, quale amuleto per difendersi dalle piaghe e
da altre malattie della pelle. Nei primi anni della sua conversione, Francesco
avrebbe lavorato con questi religiosi nella zona di Assisi e sarebbe stato
ospite nel loro ospizio presso S. Giovanni in Laterano
a Roma. Francesco parlò spesso dell'incontro con Cristo, nascosto sotto
l'aspetto di un lebbroso, come del punto di svolta della sua conversione. È
quindi fuor di dubbio che Francesco, in seguito, avrebbe
adottato e adattato il TAU quale distintivo o firma, combinando
l'antico significato della fedeltà per tutta la vita con il comandamento di
servire gli ultimi, i lebbrosi del suo tempo. La simbologia del TAU acquistò un significato
ancora più profondo per S. Francesco, dal momento in cui nel 1215 Innocenzo
III promosse una grande riforma della Chiesa Cattolica ed egli ascoltò [1] il
sermone del Papa in apertura del Concilio Laterano
IV, contenente la stessa esortazione del profeta Ezechiele nell'Antico
Testamento: "Siamo chiamati a riformare le nostre vite, a stare alla
presenza di DIO come popolo giusto. Dio ci riconoscerà dal segno Tau impresso
sulle nostre fronti". L'anziano papa, nel riprendere questo simbolo,
avrebbe voluto - diceva - essere lui stesso quell’uomo
“vestito di lino, con una borsa da scriba al fianco” e passare personalmente
per tutta la Chiesa a segnare un Tau sulla fronte delle persone che accettavano di entrare
in stato di vera conversione [Innocenzo III, Sermo
VI (PL
217, 673-678)]. Questa immagine simbolica, usata dallo stesso
Papa che solo 5 anni prima aveva approvato la nuova comunità di Francesco, venne immediatamente accolta come invito alla conversione.
Per questo, grande fu in Francesco l'amore e la fede in questo segno. «Con
tale sigillo, San Francesco si firmava ogni qualvolta o per necessità o per
spirito di carità, inviava qualche sua lettera» (FF 980);
«Con esso dava inizio alle sue azioni» (Fr 1347). Se Francesco adottò il TAU come sigillo
personale, "segno manuale" come si diceva ai suoi
suoi tempi e con esso firmava ogni suo
scritto, Tommaso da Celano ce ne tramanda un altro uso da parte sua: egli lo
tracciava sui muri, sulle porte, e sugli stipiti delle celle. Come non
pensare in questo caso, non più soltanto ad Ezechiele, dove si trattava di
segnare le fronti con il segno della salvezza, ma al libro dell'Esodo, in cui
il segno della salvezza altro non era che il sangue dell'agnello pasquale
sull'architrave delle porte? Il Tau era quindi il
segno più caro per Francesco, il segno rivelatore di una convinzione
spirituale profonda che solo nella croce di Cristo è
la salvezza di ogni uomo. L'affermazione del Celano concernente la scritta
del Tau sui muri, è confermata dall'archeologia: al
tempo del restauro della cappella di Santa Maddalena a Fonte Colombo fu
rinvenuto nel vano di una finestra, dal lato del Vangelo, un Tau, dipinto in rosso, ricoperto poi con una tinta del
secolo XV. Questo disegno risale allo stesso san Francesco. San Francesco d'Assisi faceva riferimento in tutto
al Cristo, all’ultimo; per la somiglianza che il Tau
ha con la croce, ebbe carissimo questo segno, tanto che esso occupò un posto
rilevante nella sua vita come pure nei gesti. Questo comportamento, tenuto da
san Francesco, era rimarchevole in una epoca nella
quale tutta una corrente catara o neo-manichea,
rifuggiva dallo stesso segno di croce, considerandolo indegno dell'opera
redentrice di Dio. Con le braccia aperte, Francesco spesso diceva ai
suoi frati che il loro abito religioso aveva lo stesso aspetto del TAU,
intendendo che essi erano chiamati a comportarsi come "crocifissi",
testimoni di un Dio compassionevole ed esempi di fedeltà fino alla morte. Fu per questo che Francesco fu talvolta chiamato
“l’angelo del sesto sigillo”: l’angelo che reca, lui stesso, il sigillo del
Dio vivente e lo segna sulla fronte degli eletti (cf.
Ap 7, 2 s.) e San Bonaventura poté dire dopo la sua
morte: "Egli ebbe dal cielo la missione di chiamare gli uomini a
piangere, a lamentarsi... e di imprimere il Tau
sulla fronte di coloro che gemono e piangono" [S. Bonaventura, Legenda maior, 2 (FF, 1022)]. Non possiamo non ricordare la Benedizione per frate Leone, custodita
nella sacrestia del Sacro Convento di Assisi. Il ramo verticale del Tau tracciato dalla mano di Francesco, attraversa il nome
del frate; e questo è un fatto intenzionale. Ci ricorda l'uso tradizionale
all'epoca delle catacombe, in cui spesso appare il Tau
un grande evidenza in un nome proprio delle cui
lettere non fa nemmeno parte.
Il segno di contraddizione è diventato segno di
speranza, testimonianza di fedeltà fino al termine della nostra esistenza
terrena. [1] La partecipazione di Francesco al Concilio Lateranense
come leader di un movimento spirituale (la sua era tra le nuove fondazioni di
cui si è trattato nel Concilio) è attestata da diverse fonti. Una delle più antiche ed
autorevoli: Angelo Clareno, Esposizione della Regola (redatta tra il 1321e il 1323) |