EZECHIELE Eb.
YEHEZQUEL (“Dio dà forza” o “ Dio mi
dia forza”) |
Il profeta Ezechiele (tondo tedesco in vetro dipinto, XV secolo) |
Il
sacerdote Ezechiele fu tra gli 8000 deportati a Babilonia dopo l'assedio di
Gerusalemme del 598-597 a.C. Nel quinto anno di esilio fu chiamato a essere
profeta mediante una visione abbagliante. Apparendo con il fulgore
dell'arcobaleno, seduto su un cocchio circondato da quattro esseri
fantastici, Dio disse a Ezechiele di riferire le sue parole di «lamenti,
pianti e guai» (Ez 2,9) agli Israeliti ribelli. Il messaggio che doveva
riferire gli fu consegnato in un rotolo. Il Signore gli comandò: «Nutri il
ventre e riempi le viscere con questo rotolo che ti porgo». Con sollievo del
profeta, il rotolo era «dolce come il miele» (Ez 3,3). Negli
oltre 22 anni durante i quali profetizzò, Ezechiele avrebbe fatto molte altre
cose bizzarre, tutte vivacemente descritte nel libro che porta il suo nome.
Il libro di Ezechiele è, in effetti, un'opera assai ricca di immaginazione e
di inventiva. Ma nemmeno i suoi gesti, da soli, ci danno un'idea della
personalità di Ezechiele, perché erano gesti simbolici, realizzati a volte come
rappresentazioni sceniche per comunicare un messaggio. Ciò che potrebbe
gettare più luce sulla persona di Ezechiele sono le sue straordinarie visioni
e le interpretazioni da lui date. Dietro questi affascinanti racconti, ci
sono i suoi sinceri e concreti sforzi per far da guida a Israele, ricorrendo
sia alla critica sia alla speranza: la prima per la devastante sconfitta
subita per mano dei Babilonesi, e la seconda per un nuovo e più glorioso
futuro. Subito
dopo la sua chiamata, lo Spirito sollevò Ezechiele e lo depositò presso un
gruppo di esiliati residenti vicino al fiume Chebar,
in realtà un canale di irrigazione lungo il corso inferiore dell'Eufrate.
Egli fu tanto scosso da quegli eventi che «rimase in mezzo a loro sette
giorni come stordito» (Ez 3,15). Poi lo Spirito disse a Ezechiele di farsi
come un recluso in casa propria, avvertendolo che non sarebbe più stato in
grado di parlare se non per riferire qualche occasionale profezia. In effetti
recuperò la favella solo sette anni e mezzo dopo, quando giunse la notizia
che Gerusalemme e il tempio erano stati completamente distrutti. Durante
il suo periodo di reclusione, Ezechiele doveva giacere sul fianco sinistro
per 190 giorni e per 40 giorni sul fianco destro, contemplando una
riproduzione dell'assedio di Gerusalemme su una tavoletta d'argilla; i 190
giorni di espiazione erano per le iniquità di Israele e i 40 giorni per
quelle di Giuda. La sua dieta doveva essere costituita da schiacciate d'orzo,
cotte sopra escrementi umani essiccati (cambiati, dopo le proteste di
Ezechiele, con sterco di bue). Doveva tagliarsi i capelli e la barba con una
spada; un terzo dei peli tagliati avrebbe dovuto bruciarli, un terzo
sminuzzarli con la spada e un terzo disperderli al vento. E comprensibile che
i vicini di Ezechiele mormorassero alle sue spalle, relegandolo a volte al
ruolo di semplice intrattenitore, «come una canzone d'amore: bella è la voce
e piacevole l'accompagnamento musicale» (Ez 33,32). La gente attorno al
profeta era confusa anche sul messaggio che egli voleva trasmettere. Quando
gli morì la moglie, Dio disse a Ezechiele di comportarsi come tutti gli altri
giorni, come se nulla fosse accaduto, senza alcun segno di lutto. I vicini,
incuriositi, gli chiesero: «Non vuoi spiegarci che cosa significa quello che
tu fai?» (Ez
24,19). Per Ezechiele, invece, tutto appariva molto semplice e chiaro: egli
era «una sentinella per gli Israeliti» (Ez 33,7). Nonostante
l'incomprensione suscitata dai gesti e dalle affermazioni di Ezechiele, il
compimento delle sue predizioni sulla caduta di Gerusalemme nel 586 a.C.
finalmente convinse il popolo che egli avrebbe dovuto essere preso sul serio
come profeta. Dopo la distruzione del tempio, però, il suo messaggio cambiò
totalmente di tono, passando dal primitivo catastrofismo alla promessa che
gli esiliati sarebbero tornati in patria e avrebbero ricostruito il tempio.
Il popolo, però, avrebbe dovuto cercare la giustizia secondo l'antica
alleanza che Dio aveva stipulato con lui. In realtà, il suo ottimismo sul
futuro appare sconfinato. Negli ultimi capitoli del suo libro, Ezechiele
descrive un tempio che dovrà essere ricostruito superando di gran lunga
qualsiasi altro futuro tempio di Gerusalemme. Un fiume di acqua fresca
sgorgherà da sotto il tempio in tale abbondanza che gli alberi da frutto
sbocceranno nel deserto di Giuda e l'acqua salmastra del Mar Morto diventerà
dolce. Ovunque,
nel suo discorso profetico, al di fuori della visione del tempio negli ultimi
capitoli, Ezechiele usa frasi ricorrenti, come «Io, il Signore, avevo parlato»
(Ez 5,13) oppure «E saprete che io sono il Signore» (Ez 6,7), per esprimere
la necessità di riconoscere la presenza di Dio nel mondo. Sia le condanne sia
le promesse che Ezechiele trasmette sottolineano la libertà di Dio nell'agire
e il fatto che deve essere conosciuto e adorato dai Giudei esiliati, come
pure dalle altre nazioni. Più degli altri profeti precedenti, Ezechiele
insistette sulla responsabilità individuale dell'obbedienza ai comandi di
Dio. Egli rifiutò la dottrina comune secondo cui la generazione presente
soffriva solo a causa della disobbedienza di quella precedente, e sostenne
con convinzione che i gesti individuali di giustizia compiuti nel presente
possono annullare la punizione provocata dalle ingiustizie commesse nel
passato. |
UN MESSAGGIO DI SPERANZA Il
contenuto del messaggio di Ezechiele presenta particolari problemi per i
lettori attenti della Bibbia. Per esempio, la sua sorprendente descrizione di
Dio tra altri esseri celesti, nel primo capitolo, sembra contraddire l'affermazione
biblica che «non è più sorto in Israele un profeta come Mosè - lui con il quale il Signore parlava faccia a faccia» (Dt 34,11). Ancora più sorprendente è, poi, quanto
l'ispirato Ezechiele deve dire sulla Legge: «Io diedi loro perfino statuti
non buoni e leggi per le quali non potevano vivere» (Ez 20,25). La sua «legge
del tempio» (Ez 43,12) differisce in molti dettagli dalla Legge di Mosè. In
seguito alcuni rabbini tentarono di spiegare questa discrepanza sostenendo
che le leggi di Ezechiele appartenevano solo a un'era messianica ancora a
venire; altri mettevano in guardia sul fatto che i bambini non dovevano
cercare di leggere il libro di Ezechiele e lo ritenevano inadatto anche per
una lettura pubblica durante il culto sinagogale. Secondo
un'antica tradizione ebraica, Ezechiele non dovrebbe essere inserito fra i
testi biblici nell'ordine tradizionalmente conosciuto, dopo Isaia e Geremia. La successione dei tre libri dovrebbe essere, invece, la
seguente: Geremia, che rappresenta la punizione; Ezechiele, che inizia con la
condanna e termina con la consolazione; e Isaia, che è tutto consolazione.
Senza dubbio Ezechiele è una figura di transizione, che segna lo spartiacque
tra la religione di Israele prima e dopo l'esilio babilonese. Ed egli non si
rivolge al popolo solo durante il periodo dell'esilio, ma anche nel momento
della restaurazione. Forse
il momento più alto ed espressivo del messaggio di speranza di Ezechiele è
quello della profezia della vallata delle ossa inaridite. «Potranno queste
ossa rivivere?», chiede il Signore, assimilando gli esiliati a un orrido
campo di battaglia; ed Ezechiele risponde saggiamente: «Signore Dio, tu lo
sai». Ezechiele poi racconta che, quando profetizzò a quella distesa di ossa,
«sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l'uno
all'altro, ciascuno al suo corrispondente». E dopo che i nervi, la carne e la
pelle ebbero ricoperto le ossa, Dio chiamò lo spirito dai quattro venti ed
essi «ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande,
sterminato» (Ez 37,3;7;10). In queste parole che prefigurano un futuro
glorioso per un popolo perseguitato, i primi cristiani avrebbero in seguito
trovato un sostegno per la loro fede nella risurrezione del corpo e in una
vita dopo la morte in una città non costruita da mani umane. |