LA PENISOLA DEL MONTE ATHOS |
I
MONASTERI (Penisola Calcidica – Grecia)
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I MONASTERI DEL
MONTE ATHOS in ordine d'importanza
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LA GRANDE LAVRA Monastero
idiorritmico dedicato a sant'Atanasio Athonita, che ne è il fondatore. Fondato
nel 963. Il termine lavra in origine non indicava un monastero, ma un insieme
di abitazioni monastiche indipendenti che facevano capo a una chiesa comune.
Quando sant'Atanasio inizio la sua fondazione già esistevano all'Athos dei
raggruppamenti a modo di lavre. Di qui si spiega il nome di Meghisti
Lavra, "la più grande lavra", benché in seguito sia rimasta la sola
a conservare questo nome, e lo conservò nonostante che sant'Atanasio le abbia
dato la struttura e la regola di un monastero. Si calcola che vi siano nella
biblioteca 1950 manoscritti, di cui 690 su pergamena. Dalla Grande Lavra
dipendono le skite di Sant'Anna, del Prédromos (dedicata a san
Giovanni Battista, con monaci rumeni), e la skiti chiamata
Kafsokalivia (o Kapsokalìvia); inoltre gli eremi Sant'Anna minore, San
Basilio (Àghios Vasilios), Katunàkia e Karùlia, tutti, come le skite, sulle
pendici meridionali del Monte Athos. La Grande Lavra, il più antico e il più
bello dei monasteri athoniti, sorge presso l'estremità orientale della penisola,
di poco elevata sul mare. Dal piccolo porto una strada, fiancheggiata da
folti oleandri, in venti minuti di salita conduce davanti all'ingresso. una
specie di pronao coperto da una cupola e protetto in alto da grandi vetrate a
colon. Oltre i portoni blindati e chiodati si arriva in un cortile quasi
rettangolare (120 per 45 metri circa): è l'area occupata dal katholikòn, dalla
fiali e dal refettorio. Gli edifici del monastero sono quasi tutti
racchiusi dentro mura merlate, munite di torrazzi coperti e vegliate
dall'alta torre merlata dalla parte della montagna. Questo dà al monastero un
aspetto di castello fortificato, Due cipressi altissimi occupano gli angoli
del cortile davanti al refettorio; secondo la tradizione, furono piantati
mille anni fa da sant'Atanasio. L'origine della Grande Lavra coincide con le
origini stesse della vita monastica organizzata all'Athos per opera di
sant'Atanasio, nel 963, con l'appoggio degli imperatori Niceforo II Foca
(963-969) e Giovanni I Zimisce (969-976). La costruzione del katholikòn fu
ultimata nel 1004, un anno dopo la morte di sant'Atanasio. Anche il
successore di Giovanni I Zimisce, Basilio II (976-1025), favorì la Grande
Lavra assegnandole in proprietà vasti territori. Il voivoda di Valacchia
Neagoe Basarab (1512-1521) procurò la copertura di piombo del katholikòn. Alla
fine del XVI secolo questo monastero, come altri, attraversò un periodo di
decadenza e di povertà, che ridusse di molto il numero dei monaci. Come gli
altri monasteri, anche la Grande Lavra in questo periodo era passata allo
statuto idiorritmico, che conserva ancora. La sua ripresa data dal 1655 in
seguito a un cospicuo lascito. Nel 1744 il patriarca Paisios II, al suo terzo
patriarcato (1744-1748, fu patriarca quattro volte), aiutò finanziariamente
il monastero e lo restituì al suo antico grado, il primo posto nell'ordine
gerarchico. |
VATOPEDI Monastero
idiorritmico, dedicato all'Annunciazione della Vergine (25 marzo). Fondato
nel 972 circa. Il nome, di non facile spiegazione, fu interpretato dalla
tradizione mediante un episodio leggendario che attribuisce la fondazione del
monastero a Teodosio I (379-395). I figli di questo imperatore Arcadio e
Onorio, ancora fanciulli, navigavano da Roma a Costantinopoli, quando presso
l'Athos una tempesta furiosa mise in pericolo la nave. Il piccolo Arcadio si
aggrappava al bordo della nave invocando la Madonna, ma un ondata più forte
lo fece cadere in mare. Vani furono gli sforzi per ripescarlo. Cessata la
tempesta il piccolo Arcadio fu trovato non lungi dalla spiaggia che dormiva
pacificamente sotto una pianta di lampone; era stato salvato dalla Madonna.
Più tardi l'imperatore per gratitudine fece costruire sul posto (o
ricostruire, perché alcuni attribuiscono a Costantino la prima fondazione) un
monastero in onore della Vergine Maria e lo chiamò Vatopédi per ricordare la
salvezza del figlio. Infatti in greco vàlos significa "rovo, lampone"
e pedion (scritto paidion) indica il "bambino". Forse
la vera etimologia non è da paidion, ma da pedion "pianura":
Vatopédi sarebbe “la piana dei lamponi", che infatti ancora vi crescono
allo stato selvatico. La biblioteca possiede 680 manoscritti, di cui circa la
metà su pergamena. Da Vatopédi dipendono la skiti di San Demetrio e la
grande skiti di Sant'Andrea, detta anche Sarai, cioè palazzo, un tempo
abitata da monaci russi (400 nel 1903), ora senza più monaci ma adibita a
ospitare la Scuola dell'Athos (Athoniàs), data anche la sua vicinanza con
Karyés. Il grandioso complesso monastico di Vatopédi è adagiato presso la
curva graziosa di un'ampia baia. Le sue mura disposte a triangolo spariscono
quasi sotto il cumulo di terrazze, loggiati, balconi; gli edifici dipinti di
rosso delimitano un vasto cortile. Vi si trova il katholikòn, dalla
consueta struttura "a trifoglio"; la cupola poggia su quattro
colonne di porfido che si dice provengano da Ravenna. Due cappelle (pareclesia)
fiancheggiano la chiesa principale. Due sono le caratteristiche proprie a
Vatopédi: la conservazione di un bellissimo mosaico (Déisis) a sfondo
d'oro sul timpano del portale entro il nartece (XI secolo) e una cappella
isolata nel cortile dedicata ai santi Anargiri ("senza denaro":
sono i santi Cosma e Damiano, medici che curavano senza farsi pagare), con le
pareti esterne non a intonaco dipinto, ma tali da mostrare, con bellissimo
effetto cromatico, fasce orizzontali alternate di pietre e di mattoni.
Graziosa la fiali rotonda con due giri concentrici di colonne. Gli
affreschi datati dal 1312 e più volte restaurati sono della scuola macedone;
un altro mosaico, pure dell'XI secolo, nell'interno della chiesa rappresenta
l'Annunciazione, a cui la chiesa stessa è dedicata. L'origine del monastero
di Vatopédi risale al tempo di sant'Atanasio. Tre notabili di Adrianopoli,
Atanasio, Nicola e Antonio vennero alla Grande Lavra e fecero professione
monastica sotto la direzione di sant'Atanasio. In seguito essi stessi
fondarono il monastero, la cui data si può porre nel 972, anno in cui fu
emanato il typikòn di Giovanni I Zimisce. Un documento del 985
menziona Nicola igumeno di Vatopédi. Nel typikòn di Costantino IX
Monomaco (1046) il monastero di Vatopédi figura già al secondo posto
nell'ordine gerarchico. Vatopédi ebbe a soffrire del saccheggio da parte dei
mercenari catalani di Andronico II (1282-I 328), ma lo stesso imperatore
restaurò il monastero. Ricordiamo il soggiorno a Vatopédi dell'imperatore
Giovanni VI Cantacuzeno quando nel 1355, dopo aver abdicato, si fece monaco e
venne all'Athos. L'ultimo zar di Serbia prima della dominazione turca,
Lazzaro I Greblianovic ebbe modo di beneficare Vatopédi, a cui donò la
reliquia della cintura della Madonna, che prima era conservata a Costantinopoli.
Altre benemerenze verso il monastero ebbe il voivoda di Moldavia Stefano il
Grande (1457-1504), il costruttore dei famosi monasteri moldavi di Putna,
Neamts, Voronets. Le costruzioni monastiche attuali molto devono alle
donazioni dei patriarchi di Costantinopoli, Cipriano (1708/1709, 1713/1714) e
di Alessandria, Gerasimo 11(1689-1710). Posteriori a questi restauri sono gli
affreschi del refettorio (1780). Dopo l'incendio che nel 1965 distrusse l'ala
sud-est, con la foresteria e molte camere, il progetto e le spese della
ricostruzione furono assunti dal governo greco. |
IVIRON Monastero
a statuto idiorritmico fondato nel 979. E’ dedicato alla Dormizione (Assunzione)
di Maria (15 agosto). Il nome significa "degli iberi", cioè dei
georgiani i quali fondarono il monastero e lo tennero per qualche secolo.
Attualmente i monaci sono tutti greci. La biblioteca è tra le più ricche
dell'Athos, la più ricca in libri stampati dopo quella della Grande Lavra.
Possiede 1381 manoscritti, di cui settanta su pergamena. Da Iviron dipende la
skiti dedicata a san Giovanni Battista (Pròdromos), distinta
dall'omonima dipendente dalla Grande Lavra. Quasi sulla riva del mare, forma
un vasto quadrilatero di edifici, addossati alle mura e disposti attorno al
cortile centrale, dove sorge il katholikòn, con le altre consuete
costruzioni. La storia della sua origine è connessa con le vicende politiche
intervenute alla morte di Giovanni I Zimisce (976). Teofano, la vedova di
Niceforo II Foca, aveva sposato in prime nozze Romano II (959-963) da cui
aveva avuto due figli, per la cui tenera età Niceforo II Foca e poi Giovanni
I Zimisce (che era cognato di Romano II) si erano autorizzati a occupare il
trono, senza voler sopprimere il diritto dei due bambini. Dopo tredici anni i
bambini erano cresciuti e vennero riconosciuti imperatori: erano Basilio II
(976-1025) e Costantino VIII (976-1028). A questo punto un pretendente al
trono, Barda Scleros, mosse guerra ai giovanissimi imperatori. Intanto
all'Athos già da un anno tra i discepoli di sant'Atanasio si trovavano due
georgiani di nobile famiglia, Giovanni e suo figlio Eutimio, che era stato in
ostaggio alla corte di Costantinopoli. Dopo aver praticato la vita
monastica in un cenobio del Monte Olimpo in Misia erano venuti all'Athos nel
975, dove altri georgiani li avevano raggiunti; tra questi il generale
Tornikios, che aveva reso grandi servigi all'impero. La madre dei due giovani
imperatori, Teofano, che aveva abbandonato il suo esilio monastico per
ricoprire il ruolo di imperatrice madre, conoscendo il valore di Tornikios,
lo pregò di riprendere te armi in aiuto ai legittimi imperatori Tornikios,
lasciato l'Athos, ottenne dal principe di Georgia David, vassallo dei
bizantini, un fortissimo contingente di cavalieri che contribuì alla vittoria
decisiva nel 979. Dopo di che ritornò all'Athos e, con i mezzi propri e
l'appoggio fornito da Basilio II e dalla madre Teofano, promosse l'iniziativa
dei suoi compatrioti Giovanni ed Eutimio e con loro costruì un nuovo
monastero per i georgiani che sempre più numerosi accorrevano all'Athos. Fu
appunto il monastero che i greci chiamarono Iviron (979 circa).
Sant'Eutimio, il primo igumeno di Iviron, si rese celebre per l’immenso
lavoro di traduzione e adattamento di scritti ecclesiastici dal greco in
georgiano. Per mezzo suoi georgiani conobbero le opere di San Basilio, di san
Gregorio Nazianzeno, come pure I Dialoghi del papa San Gregorio Magno.
Verso 1040 venne a Iviron il monaco georgiano Giorgio l'Athonita, che
succedette a sant'Eutimio come igumeno e come traduttore; per opera
sua il patrimonio letterario costituito dai libri liturgici bizantini passò
nella letteratura georgiana. Iviron rimase un centro culturale
georgiano fino all'inizio del XVI secolo; da allora lo abitarono solo monaci
greci. Tuttavia nella biblioteca vi sono ancora preziosi manoscritti
georgiani. Ricordiamo un manoscritto greco con molte miniature del XIII
secolo che contiene il romanzo dei santi Barlaam e Ioasaf (o Giosafat), una
trasposizione della vita di Buddha sulla persona di Ioasaf, figlio di un re
dell’India, che convertito al cristianesimo da santo eremita Barlaam, riuscì
a convertire il padre e, rinunciando al regnò, si diede con Barlaam alla vita
monastica. Anche Iviron ebbe a soffrire da parte dei pirati conobbe periodi
di decadenza e successivi restanti. Tra i suoi benefattori vi fu il re di
Serbia Stefano VII Dusan (1331-1355), che allargando le sue conquiste si rese
padrone della Macedonia e dell'Athos(1334). Quando nel 1346 si fece
Incoronare “imperatore dei greci e dei romani", erano presenti alla
cerimonia anche i rappresentanti dei monasteri dell'Athos In seguito lo
stesso Dusan visitò l'Athos elargendo i suoi benefici. Notiamo che il katholikòn
dell'XI secolo fu ampliato e in parte rifatto nel 1523; gli affreschi sono
posteriori a quella data. Nel 1865 il monastero fu devastato da un grande
incendio, di qui il carattere recente di molti suoi edifici. L'icona più
venerata a Iviron è chiamata Portaitissa ("custode della
porta"), conservata in un'apposita cappella. E’ del tipo dell'Odighitria,
ed è conosciuta in Russia col nome di Ivérskaja. la Madonna di
Iviron. Secondo la leggenda essa sarebbe stata dipinta da san Luca; profanata
da un saraceno (porta i segni di una ferita al viso), fu ritrovata
dalla Terra Santa alla spiaggia di Iviron scortata da due piccoli lumi. Un
eremita georgiano di nome Gabriele la raccolte e la portò sopra
l'ingresso della sua grotta; furono pure fissati i due piccoli lumi. Saputa
la cosa, l'igumeno fece trasportare l'icona nella chiesa del monastero, ma il
giorno dopo fu ritrovata al posto di prima. L'igumeno decise di non opporsi
al volere della Madonna. Dopo qualche tempo, nell'aprire l'ingresso del
monastero il podere si accorse che l'icona miracolosa si trova al di sopra
della porta. Corsero allora i monaci alla grotta dell'eremita. Gabriele era
morto e i due piccoli lumi erano spariti. |
CHILANDARIOU Monastero
idiorritmico serbo, dedicato alla Presentazione di Maria al Tempio (21
novembre). Fondato nel 1197; ricostruito nel 1293. Il nome che sembra
significare "mille uomini" (chilioi andres) fu
diversamente spiegato: mille sarebbero stati i monaci del convento; mille,
anzi mille e tre, i saraceni che un giorno assalirono il monastero, ma per un
miracolo della Madonna trovandosi improvvisamente all'oscuro si uccisero
combattendo tra di loro; i tre scampati abbracciarono la fede cristiana,
furono battezzati e divennero santi monaci. Più probabilmente il nome si deve
a un cerco monaco Chilandarios che aveva iniziato una residenza monastica in
quel luogo poco prima della fondazione del monastero. La biblioteca contiene
105 manoscritti greci e slavi. Il monastero è il più vicino al confine
settentrionale della repubblica monastica, Giace in una bellissima valle
verdeggiante. Gli edifici dominati da un'alta torre, si addossano alle alte
mura, disposti in forma di rombo attorno al Katholikòn dal
caratteristico esterno, non intonacato ma con bella alternanza di mattoni
rossi e bruni e decorazioni in ceramica attorno alle finestre. Pur non
essendo dei più grandi questo monastero è tra i più belli dell'Athos. Gli
affreschi del katholikòn e del nartece appartengono alla scuola
macedone (dal 1319 in poi); furono restaurati con fedeltà nel 1804 Il
refettorio fu affrescato nel 1623 dal monaco serbo Giorgio Mitrofanovic, ma
vi furono scoperti frammenti del XIV secolo. L'origine del monastero è legata
alla fuga dalla corte paterna di Rastko (o Rastmir) figlio del re di Serbia
Stefano Nemanja (1186-1195); il giovane si fece monaco a Vatopédi col nome di
Savva. Il padre, dopo aver riuniti i territori serbi della Rascia e della Zeta
in un grande regno, abdicò e si fece monaco al monastero da lui eretto a
Studenica, Poi nel 1197 raggiunse il figlio all'Athos e con lui fondò il
monastero di Chilandàri che forse già esisteva in forma embrionale. Un
decreto di Alessio III Angelo (1195-1203) stabili che questo monastero fosse
destinato ai serbi, per i quali divenne un importante centro spirituale.
Stefano Nemanja morì a Chilandàri e vi è venerato sotto il nome di San Simone
(suo nome come monaco) Savva in seguito divenne arcivescovo di Ipek (ora
Pec). Nel 1293 il re di Serbia Stefano V Milutin (1275-1322) fece restaurare
il monastero e in quell'occasione fu costruito il katholikòn. Nel 1722
Chilandiri fu devastato da un incendio e visse anni difficili. Il re di
Serbia Alessandro I Karageorgevic (1843-1858), recatosi all'Athos, dispose
che vi si facessero a sue spese i restauri necessari e che vi fossero inviati
monaci dalla Serbia per ripopolare il monastero. Anche a Chilandàri vi è un
'icona particolarmente venerata nel mondo ortodosso. è la Madonna chiamata Tricherusa,
cioè "dalle tre mani", perché ad un osservatore superficiale
può sembrare che la Madonna (del tipo Odighitria ma col Bambino a
destra) abbia una terza mano al disotto di quella che sostiene il Figlio. In
realtà si tratta di una mano votiva. La leggenda riferisce il fatto
miracoloso a San Giovanni Damasceno (m. 749) che, prima di essere monaco a
San Sabba nel deserto a est di Betlemme, era funzionario del governatore di
Damasco (conquistata dal califfo Omar nel 637). Citato in tribunale per il
suo zelo nel difendere i cristiani, ebbe recisa la mano sinistra. Allora il
giovane coraggioso prese la mano amputata e la presentò come segno di fedeltà
davanti all'icona della Vergine, senza nulla chiedere. Ma dall'icona usci una
mano della Madonna che riattaccò perfettamente l'arto amputato. Per
riconoscenza Giovanni fece applicare all'icona una mano d'argento, poi si
fece monaco e divenne un grande dottore della Chiesa. Un'altra storia dice
che l'icona si trovava nel monastero di Studenica, e venne a Chilandiri da se
stessa a dorso di mulo. Posta dai monaci sull'iconostasi, a tre riprese fu
trovata alla mattina sul seggio dell'igumeno. Da quel tempo la Vergine è
considerata la superiora del monastero, e non venne eletto più nessun igumeno. |
DIONYSIOU Monastero
cenobitico (dal 1907), dedicato a san Giovanni Battista. Fondato verso il
1375. Porta il nome del suo fondatore, il monaco Dionisio, che aiutato dai
suoi discepoli ideò e iniziò la costruzione di questo originale complesso
monastico. Nella biblioteca si conservano 588 manoscritti. Il monastero
Dionysìu sorge poco discosto dal mare, nella parte sud-ovest della penisola.
Le mura altissime poggiano su una roccia alta circa cento metri sul mare e da
esse sporgono balconi e loggiati come sospesi nel vuoto. Data la ristrettezza
della base, tutti gli edifici anche all'interno sono addossati attorno al
cortile quasi inesistente e al katholikòn non molto grande e dipinto
di rosso. Gli affreschi della chiesa e del refettorio (1547) sono dovuti a
Zorzi il Cretese. L'origine del monastero si deve all'iniziativa del monaco
Dionisio, che, avuta la visione di una fiamma immobile alta presso la riva,
decise di costruire in quel posto un monastero. Venne in suo aiuto
l'imperatore di Trebisonda (oggi Terabron in Turchia) Alessio III Comneno
(1349-1390) con l'imperatrice Teodora. L'inizio della costruzione si può
porre verso il 1375 circa. Nel tesoro del monastero si conserva la carta di fondazione,
con una grande miniatura che rappresenta l'imperatore con la moglie nell'atto
di tenere un rotolo sigillato, cioè la crisobolla con i privilegi concessi al
monastero, mentre sopra di loro è rappresentato san Giovanni Battista.
Benefattori del monastero furono i voivodi di Valacchia Radu il Grande
(1495-1508) e Neagoe Basarab è di Moldavia Pietro Rares (1527-1546); ai primi
si deve la torre che domina e costruzioni dalla parte della montagna. La
costruzione attuale si deve in gran parte al principe di Moldavia Alessandro
Lapusneanu (1564-1568), alla vedova di lui Roxandra e al principe di
Valacchia Pietro Schiopul (1559-1567). In una cripta dcl katholikòn si
conserva In un'urna il corpo di Nifone II patriarca di Costantinopoli
(1486-1489; 1497-1498). Rifiutando una terza elezione al patriarcato, si
ritirò all'Athos senza farsi riconoscere e visse nell'umile condizione di
semplice monaco. Solo dopo la sua morte se ne scopri l'identità e, per
l'esempio delle sue virtù, fu proclamato santo. |
KUTLUMUSÌOU Monastero a
statuto cenobitico (dal 1856), dedicato alla Trasfigurazione (6
agosto). Fondato alla fine del XIII secolo e rinnovato nel XVIII secolo. Il
nome deriva dalla famiglia turca dei Kutlumusìu a cui apparteneva il
fondatore. La biblioteca possiede 560 manoscritti, di cui 95 su pergamena. Da
Kutlumusìu dipende la skiti di San Panteleimon da non confondersi coi
monastero russo dello stesso nome. Adagiato sul fianco della collina al
centro della penisola, il monastero spicca tra il verde della costa che
conduce a Karyés, da cui non dista molto. E’ un complesso quadrangolare di
modeste proporzioni, dove fanno bella mostra di sé tre piani di loggiati
simili a chiostri sovrapposti. Le circostanze della fondazione si fanno
risalire a Costantino figlio di Azz ed-Din della famiglia turca dei
Kutlumush, imparentata con i sultani selgiuchidi di Konya; dopo la morte
della madre Anna, che era cristiana, si portò a Costantinopoli al tempo di
Andronico II e si fece cristiano. In seguito si ritirò sull'Athos e fondò il
monastero che ne porta il nome. Dal XIV al XVII secolo fu abitato da monaci
rumeni e fu beneficato dai voivodi moldavi e valacchi. Il katholikòn fu
costruito nel 1540, dopo che un incendio nel 1497 aveva quasi interamente
distrutto il monastero. L'ultima ricostruzione risale al XVIII secolo, dopo
l'incendio del 1767. |
PANTOKRATOROS Monastero idiorritmico,
dedicato alla Trasfigurazione (6 agosto). Fondato nel due fratelli 1363 da
imparentati con la famiglia imperiale dei Comneni, il grande stratopedarca
(generalissimo) Alessio e il grande primicerio (cancelliere) Giovanni. Il
nome gli viene da un campo presso il monastero, detto "del
Salvatore". La biblioteca possiede 234 codici. Sorge sulla riva
settentrionale del mare; di piccole dimensioni, come il suo katholikòn, i
cui affreschi datano dal secolo scorso. Tra i benefattori del monastero si ricordano
i Paleologhi Manuele II (1391-1423) e Giovanni VIII (1425-1448), il voivoda
di Valacchia Neagoe Basarab e il fanariota Giovanni Maurocordato (1716-1719).
Le costruzioni furono ultimate nel 1700 col refettorio di fronte alla
chiesa. |
XIROPOTÀMOU Monastero
idiorritmico, dedicato ai santi Quaranta Martiri di Sebaste. Fondato nel X
secolo e ricostruito nel XVIII secolo. Il nome, che significa "fiume
asciutto", gli deriva da un torrente presso il quale fu costruito il
monastero. La biblioteca non è molto ricca, ma conserva alcuni codici
finemente miniati e qualche manoscritto ebraico. Sorge su un pianoro che
sovrasta il porto di Dafni; è un quadrato che delimita il cortile interno
entro cui oltre il katholikòn sorge la bassa torre. La fondazione è
attribuita al monaco Paolo figlio dell'imperatore Michele I Rangabé (811-813)
oppure a un certo Paolo Xiropotaminos, con l'autorizzazione di Romano I
Lecapeno (919-944). Nel XII-XIV secolo aveva vastissimi possedimenti e fu
beneficato dai re di Serbia, che ampliarono il monastero e fecero costruire
la cappella dedicata alla Madonna, con un'alta cupola che domina sul lato
settentrionale. Il monastero decadde in seguito ai due incendi del 1507 e del
1609. Alla sua rinascita contribuirono i patriarchi Timoteo II (1612-1620) e
Metodio III (1668-1671) e inoltre Costantino Dapontes, letterato e uomo
politico della corte dei principi di Moldavia Costantino e Giovanni
Maurocordato, che, fattosi monaco a Xiropotàmu, vi risiedette dal 1757 al
1784; con i suoi mezzi e il prestigio personale rialzò le sorti del
monastero. Nel 1972 un incendio ha devastato la foresteria, tre cappelle e
qualche affresco. Tra i tesori di Xiropotàmu si trova il frammento più grande
della reliquia della Santa Croce. |
ZOGRAFOU Monastero
cenobitico (dal 1840), dedicato a san Giorgio (23 aprile). Fondato agli inizi
del X secolo, secondo alcuni sotto l'imperatore Leone VI il Filosofo
(886-911), secondo altri verso il 980. Il nome, che significa
"(monastero) del pittore", si spiega con la tradizione sull'origine
del monastero: tre fratelli di Ocrida, Mosè, Aronne e Giovanni, non
accordandosi sul patrono a cui dedicare il monastero, misero nella chiesa una
tavola non ancora dipinta e iniziarono a pregare; la tavola si dipinse da sé
e apparve l'immagine di san Giorgio che i monaci chiamarono Zogrifos, ed
è ancora in grande venerazione. La biblioteca conserva 259 manoscritti slavi
e 107 greci. Zogràfu si trova nascosto dai boschi in una vallata dell'interno
a un'ora di cammino dal suo porto, posto sulla sponda occidentale. L'aspetto
regolare e quasi senza balconi sporgenti accusa lo stile razionale e monotono
del XIX secolo. Infatti il katholicòn fu costruito nel 1800, l’ala
nord e l’entrata negli anni 1862-1869. Di poco più antica è l'ala sud-est
(1716), mentre delle ricostruzioni operate dai Paleologhi rimangono pochi
elementi dopo il saccheggio dei pirati catalani. Sembra che già dall'XI-XII
secolo il monastero sia stato di proprietà esclusiva dei bulgari. Dopo un
periodo di decadenza venne ripopolato nel 1502, con l'aiuto dei voivodi della
Moldavia. L'icona di San Giorgio sembra del XIV secolo e secondo gli esperti,
sarebbe di stile italiano. |
DOCHIARIOU Monastero
idiorritmico, dedicato agli arcangeli Michele e Gabriele. Fondato nel X
secolo (976 circa) da sant'Eutimio di Costantinopoli discepolo di
sant'Atanasio; restaurato nel XVI-XVII secolo. Il nome sembra riferirsi al
fondatore il quale sarebbe stato dochiéris, cioè addetto alla custodia
del vino nella Lavra di sant'Atanasio. La biblioteca conserva 395
manoscritti. Sorge sul versante occidentale, quasi sul mare, dal quale si
innalza sulla pendice del monte. Il katholikòn il più grande
dell'Athos, data dal 1567 ed è affrescato da Teofane di Creta o dalla sua
scuola. Una cappella conserva l'icona della Madonna Gorgoepikoos, ossia
Colei "che risponde prontamente". |
KARAKALOU Monastero a
statuto cenobitico (dal 1813) dedicato ai santi apostoli Pietro e Paolo (29 giugno).
Fondato alla fine dell'XI secolo per autorità di Romano IV Diogene
(1068-1071); restaurato nel XVI secolo. Il nome ha creato la leggenda che il
primo fondatore fosse l'imperatore Caracalla (211-217); sembra invece che si
riferisca a un certo Nicola Karakalas. La biblioteca possiede 224
manoscritti, di cui 36 su pergamena. Il monastero sorge alto sul mare, nel
versante orientale. La ricostruzione attuale risale agli anni 1541-1546. Fu
oggetto di cure particolari da parte di Roxandra, la vedova del voivoda di
Moldavia Alessandro Lapusneanu, divenendo uno dei monasteri più popolati e
fiorenti nel XVII secolo. |
FILOTHÉOU Monastero a
statuto cenobitico (dal 1973), dedicato all'Annunciazione della Vergine (25
marzo). Fondato verso il 990 dal monaco Filoteo, con i compagni Arsenio e
Dionisio, almeno secondo la tradizione; comunque la sua esistenza è
documentata nel 1015. Il nome gli viene dal monaco fondatore. La biblioteca
custodisce 250 manoscritti.Il monastero ha il suo porto sulla sponda
orientale, ma dista alquanto da essa, nascosto in mezzo a una vegetazione
lussureggiante, che tuttavia non impedisce, data la sua elevazione, una
splendida vista sul mare. Dal XIV al XVI secolo fu popolato in prevalenza da
monaci bulgari. Gli affreschi del refettorio sono di scuola cretese, mentre
quelli del katholikòn sono posteriori alla sua ristrutturazione nel
XVIII secolo. Nel 1871 gran parta del monastero fu distrutto da un incendio,
che tuttavia risparmiò il katholikòn e gli edifici centrali. Le
ricostruzioni attuali datano da quell'epoca. Nel katholikòn si venera
l'icona della Glykofilusa, la Madonna "del dolce amore", le
cui copie sono assai diffuse nel mondo ortodosso. Dal 1973 il monastero è al
centro di un risveglio della vita cenobitica tra i giovani e gli
intellettuali. |
SIMONOS PETRA Monastero
a statuto cenobitico (dal 1801), dedicato alla Natività di Cristo (25 dicembre).
Fondato nel 1357. La denominazione indica la roccia su cui e costruito
(petra) e il nome del fondatore, Simone: "la roccia di
Simone". La biblioteca fu distrutta con tutto il monastero nell'incendio
del 1891. La sua origine risale al monaco Simone, che avuta la visione di una
stella ferma sopra una roccia alta più di trecento metri presso il mare (era
la notte di Natale) ebbe l'ardita idea di innalzare lassù un monastero. Venne
in suo aiuto il despota della Macedonia Giovanni Ugles, fratello del re di
Serbia Vukakin (1366-1371; ambedue perirono combattendo contro i turchi), che
fornì i mezzi per completare la costruzione. Essa fu rifatta più volte dopo
gli incendi degli anni 1580, 1626 e 1891, sempre nello stesso sito e con lo
stesso stile, con i baìlatoi e le logge sporgenti sul precipizio. La
costruzione attuale è dovuta alla munificenza dell'ultimo zar Nicola II
(1894-1917). |
AGHIOU PAVLOU Monastero a
statuto cenobitico (dal 1839), dedicato alla Presentazione della Vergine al
Tempio (21 novembre). Fondato, secondo la tradizione, dal monaco Paolo che,
lasciato il monastero di Xiropotàmu, venne in questo luogo a condurre vita
eremitica nel IX secolo. Dal fondatore il nome è passato al monastero. Ne
dipendono la Nea Skiti e la skiti rumena detta Lakku Skiti. Il
monastero è arroccato tra le pendici rocciose del Monte Athos sul versante
occidentale. Le sue origini sono oscure; secondo la tradizione, risalirebbe a
un eremo anteriore alla venuta di sant'Atanasio. Comunque solo nel 1370
ottenne il grado di monastero autonomo, non più dipendente da Xiropotàmu e fu
abitato da monaci serbi. Il katholikòn, costruito nel 1447 dal despota
serbo Giorgio Brankovic (1444-1456), fu completamente rifatto nel 1839; è
molto ampio ma senza affreschi. Affreschi della scuola cretese sono
conservati nella cappella di San Giorgio e databili dalla metà del XVI
secolo. Gli edifici attuali risalgono in gran parte all'ingrandimento del
monastero effettuato ad opera degli zar Alessandro I (1801-1825) e Nicola
I(1825-1855). |
STAVRONIKITA Monastero
a statuto cenobitico (dal 1968), dedicato a San Nicola (6 dicembre). Fondato
forse nel XIII secolo, divenne proprietà del monastero Filothéou; solo nel
1541 fu riconosciuto autonomo. Il nome viene spiegato da alcuni come derivato
dai nomi di due eremiti, Stavrós e Nikita, che vivevano nel luogo dove poi fu
edificato il monastero. Secondo un'altra tradizione sarebbe il nome del
fondatore Niceforo Stavronikita, ufficiale di Giovanni I Zimisce. Il
monastero sorge sul versante orientale della penisola e domina il mare
dall'alto di una roccia. Qualunque sia stata l'origine, la sua storia e
quella degli edifici attuali incomincia nel 1533, quando il primo igumeno,
Gregorio Geromeriatis, lo acquistò dal monastero Filothéou con tutto il territorio
annesso, e lo riedificò, ottenendo dal patriarca Geremia I (1522-1545) nel
1541 il decreto di istituzione come monastero a pari diritti con gli altri.
Dopo un lungo periodo di prosperità, decadde e rimase spopolato al tempo
della guerra d'indipendenza greca (1821). Nel 1968, popolato da nuovi adepti,
passò al sistema cenobitico ed è ora in fase di espansione. Il katholikòn conserva
preziosi affreschi di Teofane di Creta e di suo figlio Simone; affreschi della
stessa scuola si trovano anche nel refettorio. Raro cimelio è l'icona di San
Nicola (detto Stridàs), finissimo esempio di mosaico dell'XI secolo. |
XENOFONTOS Monastero a
statuto cenobitico (dal 1780-1785), dedicato a san Giorgio (23 aprile).
Fondato all'inizio dell'XI secolo dal santo monaco Xenofon (Senofonte) da cui
prese il nome. La biblioteca possiede 163 manoscritti, la maggior parte su
pergamena. Ne dipende la skiti dell'Annunciazione, che si trova più in
alto. Le prime costruzioni furono dovute alla munificenza di Basilio II. In
seguito Stefano, ammiraglio di Niceforo III Botaniate (1078-1081), si fece
monaco col nome di Simone. Divenuto igumeno, ingrandì il monastero, ma poi
gli altri igumeni, giudicandolo troppo invadente, lo deposero. Alessio I
Comneno (1081-1118) lo fece riammettere. Nel XV secolo si spopolò e vennero
ad abitarlo monaci serbi e bulgari. Si riprese nel 1785, quando il patriarca
Gabriele IV (1780-1785) lo restituì allo statuto cenobitico. Nel 1817 gran
parte del monastero fu distrutta da un incendio. Gli edifici attuali
risalgono alla ricostruzione del secolo scorso. Il katholikòn fu
sostituito agli inizi dell'800. Di antico rimane il vecchio katholikòn con
affreschi di Antonios (XVI secolo) e la cappella di San Giorgio con affreschi
della scuola di Teofane di Creta. Tra i cimeli ricordiamo due grandi icone a
mosaico del XII secolo, che rappresentano i santi Giorgio e Demetrio. |
GRIGORIOU Monastero
a statuto cenobitico (dal 1840), dedicato a san Nicola (6 dicembre). Fondato
nel 1345 da Gregorio il Siriano, che fece le prime costruzioni dove Gregorio
Sinaita pochi anni prima aveva radunato la prima comunità dei suoi discepoli.
Di qui il nome del monastero, che ricorda i due fondatori. La biblioteca
conserva 163 manoscritti, la maggior parte su pergamena. Il monastero è
situato su una roccia da cui si domina il mare, sul versante occidentale
della penisola. La costruzione originaria fu totalmente rifatta dal voivoda
di Moldavia Stefano il Grande verso l'anno 1500, ma nel 1761 un incendio
distrusse quasi tutte queste costruzioni, che furono sostituite negli anni successivi,
Anche il katholikòn fu ricostruito nel 1779; è noto il nome dei
pittori che lo hanno affrescato: Gabriele e Gregorio di Castoria. Vi si
venera l'icona della Madonna Galaktotrofusa, cioè allattante. E’ un
tema raro nell'iconografia bizantina e forse di origine italiana; tuttavia
esso si trova nell'antica iconografia copta. |
ESFIGMÉNOU Monastero a
statuto cenobitico (dal 1796-1797), dedicato all'Ascensione di Cristo (40
giorni dopo Pasqua). Fu fondato all'inizio dell'XI secolo e ricostruito
subito dopo l'incendio del 1534. Il suo nome è variamente spiegato. Potrebbe
indicare la sua posizione, quasi "schiacciato" (esfigménos) tra
due colline. Oppure era l'appellativo dell'ignoto fondatore (stretto dalla
cintura). La biblioteca custodisce 233 manoscritti, di cui 60 su pergamena;
vi si trovano anche manoscritti bulgari. La tradizione che fa risalire
l'origine del monastero all'imperatrice Pulcheria, sorella di Teodosio II (414-450),
forse ha fondamento se riferita a Pulcheria, sorella di Romano III Argiro
(1028-1034). A Esfigménou fu igumeno San Gregorio Palamas, famoso per il suo
fondamentale contributo alla teologia ortodossa. Degni di nota fra i cimeli
sono l'icona del Salvatore in mosaico del XII secolo e un menologio
(calendario dei santi) dello stesso secolo ornato con sessanta miniature. Una
curiosità è un tessuto appartenuto a Napoleone, parte della tappezzeria della
sua tenda da campo. |
AGHIOU PANTELEIMONOS (ROSIKON) Monastero
cenobitico (dal 1803), russo, dedicato a san Panteleimon (27 luglio). Fondato
nel X secolo ma rifatto nel XVIII-XIX secolo. La biblioteca possiede 1027
manoscritti greci e slavi, di cui 99 su pergamena. Dal monastero dipendono le
skite della Nuova Tebaide e di Xylùrgu (o Bogoròditsa, "la Madre
di Dio", perché dedicata alla Dormizione di Maria). Il grandioso
monastero, non circondato da mura, sorge sul versante occidentale della
penisola vicino al mare. Le costruzioni sono del secolo scorso, grandiose e
funzionali ma non pittoresche. La storia del monastero è alquanto
movimentata; eccone le fasi principali. Nell'XI secolo i monaci russi
occupavano un piccolo monastero che ora è la skiti Xylàrgu (1030
circa). Nel 1169 la comunità dell'Athos donò ai russi (e altri slavi)
divenuti numerosi il monastero (già esistente dal X secolo) di San
panteleimon. A causa dell'invasione dei tartari in Russia, l'afflusso dei
monaci russi cessò (1237) e i monaci serbi ne presero possesso fino
all'invasione turca, che distrusse il regno di Serbia (1417). Dal 1480 al
1735 la Russia riprese a proteggere il monastero, inviando numerosi monaci.
Ma poi la guerra russo-turca (1734-1739) creò grandi difficoltà. Dal 1735 al
1821 il monastero divenne idiorritmico e puramente greco, sostenuto dai
principi fanarioti della Valacchia e della Moldavia. Uno di costoro Scarlatos
Kallimachis faece costruire il nuovo katholikòn negli anni 1812-1821.
Intanto nel 1803 il monastero passò alla riforma cenobitica. Dal 1821
prevalse la protezione russa; nel 1888 venne costruita la splendida chiesa di
stile moscovita dedicata alla Protezione della Vergine, nel 1892 l'enorme
refettorio, nel 1899 la grande chiesa della skiti di Sant'Andrea. Nel
1903 la metà dei circa 7000 monaci che formavano la popolazione dell'Athos
era costituita da russi. Con la rivoluzione del 1917 cessò l'afflusso dalla
Russia di monaci e di mezzi e il monastero andò spopolandosi. Nel 1968 un
furioso incendio distrusse sei cappe, parte della foresteria e tutta l'ala
est del quadrato centrale. Data l'origine recente delle costruzioni, a parte
i manoscritti, non vi sono cimeli antichi. Ritorna alla cartina
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KONSTAMONITOU Monastero a
statuto cenobitico (dal 1799), dedicato a santo Stefano Protomartire (27
dicembre). Fondato nell'XI secolo. Il nome è variamente spiegato. L'ignoto
fondatore proveniva da Kastamoni, nell'Asia Minore. Oppure apparteneva alla
famiglia bizantina dei Kastamoniti. Leggendaria è l'attribuzione
all'imperatore Costantino. La biblioteca conserva 110 manoscritti. Il
monastero, posto all'interno in una valle boscosa e quasi affondato nella
vegetazione, è piccolo ma grazioso. Il katholikòn restaurato nel 1860
non è affrescato. Decaduto nel XVIII secolo, si riprese lentamente e, anche
in grazia degli aiuti provenienti dalla Russia, poté essere decorosamente
restaurato. Ritorna alla cartina
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