di
Maria Ss. |
Apoc. 12,1 Poi un gran segno apparve nel
cielo: una Donna rivestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo
una corona di dodici stelle. |
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Gloriosa assunzione
di Maria Ss. Quanti giorni sono passati? E difficile stabilirlo con
sicurezza. Se si giudica dai fiori che fanno corona intorno al corpo esanime,
si dovrebbe dire che sono passate poche ore. Ma se si giudica dalle fronde
d'ulivo su cui posano i fiori freschi, fronde dalle foglie già appassite, e
dagli altri fiori vizzi, posati come tante reliquie sul coperchio del cofano,
si deve concludere che sono passati dei giorni
ormai. Ma il corpo di Maria è quale era appena
spirata. Nessun segno di morte è sul suo volto, sulle piccole mani.
Nessun odore sgradevole è nella stanza. Anzi aleggia in essa
un profumo indefinibile che sa d'incenso, di gigli, di rose, di mughetti e di
erbe montane, insieme mescolati. Giovanni, che chissà mai da quanti giorni veglia, si è
addormentato, vinto dalla stanchezza, stando seduto sullo sgabello, con lo
spalle appoggiate al muro, presso la porta aperta che da
sulla terrazza. La luce della lanterna, posata al suolo, lo illumina
da sotto in su e permette di vedere il suo volto
stanco, pallidissimo, meno che intorno agli occhi arrossati dal piangere. L'alba deve essere ormai incominciata, perché il suo debole
chiarore rende visibili all'occhio la terrazza e gli ulivi che circondano la
casa, chiarore che si fa sempre più forte e che, penetrando dalla porta, fa
più distinti anche gli oggetti della camera, quelli che, per essere lontani
dalla lucernetta, prima si intravedevano appena. Ad un tratto una gran luce empie la stanza, una luce
argentea, sfumata d'azzurro, quasi fosforica, e sempre più cresce, annullando
quella dell'alba e quella della lucerna. Una luce uguale a quella che inondò
la grotta dì Betlemme al momento della Natività divina. Poi, in questa luce
paradisiaca, si palesano delle creature angeliche, luce ancor più splendida
nella luce già tanto potente apparsa per prima. Come
già avvenne quando gli angeli apparvero ai pastori,
una danza dì scintille d'ogni colore si sprigiona dalle loro ali dolcemente
mosse, dalle quali viene come un mormorio armonico, arpeggiato, dolcissimo. Le creature angeliche si dispongono a corona intorno al
lettuccio, si curvano su di esso, sollevano il corpo
immobile e, con un più forte agitar d'ali, che aumenta il suono già esistente
prima, per un varco apertosi prodigiosamente nel tetto, come prodigiosamente
s'aprì il Sepolcro di Gesù, se ne vanno, portando seco loro il corpo della
loro Regina, santissimo, è vero, ma non ancora glorificato e perciò ancora
soggetto alle leggi della materia, soggezione a cui non era più soggetto il
Cristo perché già glorificato quando risorse da morte. Il suono dato dalle
ali angeliche aumenta, ed è ora potente come un suono d'organo. Giovanni, che s'era già, pur rimanendo addormentato, smosso
due o tre volte sul suo sgabello, come fosse disturbato
dalla gran luce e dal suono delle ali angeliche, si desta totalmente per quel
suono potente e per una forte corrente d'aria che, scendendo dal tetto
scoperchiato ed uscendo dalla porta aperta, forma come un gorgo che agita le
coperture del letto ormai vuoto e le vesti di Giovanni, spegnendo la lucerna
e chiudendo con un forte picchio la porta aperta. L'apostolo si guarda intorno, ancor mezzo assonnato, per
rendersi conto di ciò che avviene. Si accorge che il letto è vuoto e che il
tetto è scoperto. Intuisce che un prodigio è avvenuto. Corre fuori sulla terrazza
e, come per un istinto spirituale o per un richiamo celeste, alza il capo,
facendosi solecchio con la mano per guardare senza avere l'ostacolo del
nascente sole negli occhi. E vede. Vede il corpo di Maria, ancor privo di vita ed in
tutto uguale a quello di persona dormente, che sale sempre più in alto,
sostenuto dallo stuolo angelico. Come per un ultimo saluto, un lembo del
manto e del velo si agitano, forse per azione del vento suscitato dalla
rapida assunzione e dal moto delle ali angeliche, e dei fiori, quelli che
Giovanni aveva disposti e rinnovati intorno al corpo di Maria, e certo
rimasti tra le pieghe delle vesti, piovono sulla terrazza e sulla terra del Getsemani, mentre l'osanna potente dello stuolo angelico
si fa sempre più lontano e quindi più lieve. Giovanni continua a fissare quel corpo che sale verso il Cielo e, certo per un prodigio concessogli
da Dio, per consolarlo e per premiarlo del suo amore alla Madre adottiva,
egli vede, distintamente, che Maria, avvolta ora dai raggi del sole che è
sorto, esce dall'estasi che le ha separata l'anima dal corpo, torna viva,
sorge in piedi, perché ora Lei pure fruisce dei doni propri ai corpi già
glorificati. Giovanni guarda, guarda. Il miracolo che Dio gli concede
gli da potere, contro ogni legge naturale, di vedere Maria quale è ora mentre
sale ratta verso il Cielo, circondata, ma non più
aiutata a salire, dagli angeli osannanti. E Giovanni è rapito da quella
visione di bellezza che nessuna penna d'uomo, ne
parola umana, ne opera di artista potrà mai descrivere o riprodurre, perché è
di una bellezza indescrivibile. Giovanni, stando sempre appoggiato al muretto della
terrazza, continua a fissare quella splendida e splendente forma di Dio —
perché realmente può dirsi così Maria, formata in modo unico da Dio, che la
volle immacolata, perché fosse forma al Verbo incarnato — che sale sempre più
in alto, E un ultimo, supremo prodigio concede Iddio-Amore a questo suo
perfetto amatore: quello di vedere l'incontro della Madre Ss.
col suo Ss. Figlio che, Lui pure splendido e
splendente, bello di una bellezza indescrivibile, scende ratto dal Cielo,
raggiunge la Madre, se la stringe sul cuore, e insieme, più
fulgenti di due astri maggiori, con Lei ritorna da dove è venuto. "Il vedere di Giovanni è finito. Egli abbassa il capo.
Sul suo volto stanco sono presenti e il dolore per la perdita di Maria e il
gaudio per la sua gloriosa sorte. Ma ormai il gaudio supera il dolore. Egli dice: «Grazie, mio Dio! Grazie! Io presentivo che questo
sarebbe accaduto. E volevo vegliare, per non perdere nessun episodio della
sua Assunzione. Ma erano ormai tre giorni che non dormivo! Il sonno, la
stanchezza, congiunti alla pena, mi hanno abbattuto e vinto proprio quando
era imminente l'Assunzione... Ma forse Tu stesso
l'hai voluto, o Dio, perché io non turbassi quel momento e non soffrissi
troppo... Sì. Certo Tu lo hai voluto, come ora volesti che io vedessi ciò che
senza un tuo miracolo non avrei potuto vedere. Mi hai concesso di vederla
ancora, benché già tanto lontana, già glorificata e gloriosa, come mi fosse vicina. E rivedere Gesù! Oh! visione
beatissima, insperata, insperabile! O dono dei doni di Gesù-Dio
al suo Giovanni! Grazia suprema! Rivedere il mio Maestro e Signore! Vedere
Lui presso la Madre! Lui simile a sole e Lei a luna, splendidissimi
entrambi, e per esser gloriosi e per esser felici d'esser riuniti in eterno!
Che sarà il Paradiso ora che Voi vi splendete, Voi, astri maggiori della
Gerusalemme celeste? Quale il gaudio degli angelici cori e dei santi? E tale
la gioia che mi ha dato il vedere la Madre col Figlio, cosa che annulla ogni
sua pena, ogni loro pena, anzi, che anche la mia cessa, e in me subentra la
pace. Dei tre miracoli che avevo chiesti a Dio, due
si sono compiuti. Ho visto tornare la vita in Maria, e la pace la sento
tornare in me. Ogni mia angoscia cessa, perché vi ho visti riuniti nella
gloria. Grazie di ciò, o Dio. "E grazie per avermi dato modo, anche per
una creatura, santissima ma sempre umana, di vedere quale è la sorte dei
santi, quale sarà dopo l'ultimo giudizio, e la risurrezione delle carni, e la
loro ricongiunzione, la loro fusione con lo spirito, salito al Ciclo all'ora della morte. Non avevo bisogno di vedere per
credere. Perché io ho sempre creduto fermamente ad ogni parola del Maestro.
Ma molti dubiteranno che, dopo secoli e millenni, la carne, fatta polvere,
possa tornare corpo vivente. A costoro io potrò dire, giurandolo sulle cose
più eccelse, che non solo il Cristo tornò vivo, per suo
proprio potere divino, ma che anche la Madre sua, tre dì dopo la
morte, se morte può dirsi tal morte, riprese vita, e con la carne riunita
all'anima prese la sua eterna dimora in Cielo, al fianco del Figlio. Potrò
dire: "Credete, o cristiani tutti, nella risurrezione della carne, alla
fine dei secoli, e alla vita eterna e dell'anima o dei corpi, vita beata per
i santi, orrenda per i colpevoli impenitenti. Credete e vivete da santi, come
da santi vissero Gesù e Maria, per avere la loro stessa sorte. Io ho visto i
loro corpi salire al Cielo. Ve lo posso testimoniare. Vivete da giusti per
potere un giorno essere nel nuovo mondo eterno, in anima e corpo, presso Gesù-Sole e presso Maria, Stella di tutte le
stelle". Grazie ancora, o Dio! 'Ed ora
raccogliamo quanto resta di Lei. I fiori caduti dalle sue vesti, le fronde
degli ulivi rimaste sul letto, e conserviamoli. Serviranno... Sì, serviranno
a dare aiuto e consolazione ai miei fratelli, invano attesi. Prima o poi li
ritroverò...». Raccoglie anche i petali dei fiori sfogliatisi nel cadere, rientra nella stanza, tenendoli in un lembo
della veste. Nota allora più attentamente l'apertura del tetto ed
esclama: «Un altro prodigio! E un'altra mirabile proporzione nei prodigi
della vita di Gesù e Maria! Egli, Dio, da Sé risorse, e col suo solo volere
ribaltò la pietra del Sepolcro, e col suo solo potere ascese al Cielo. Da solo. Maria,
santissima ma figlia dell'uomo, per aiuto angelico ebbe aperto il varco per
la sua assunzione al Cielo e, sempre per aiuto angelico, è stata assunta là. Nel
Cristo lo spirito tornò ad animare il Corpo mentre
esso era ancora sulla Terra, perché così doveva essere, per far tacere i suoi
nemici e per confermare nella fede i suoi seguaci tutti. In Maria lo spirito
è tornato quando il Corpo santissimo era già sulle
soglie del Paradiso, perché per Lei non era necessario più altro. Potenza
perfetta dell'infinita Sapienza di Dio!...». Giovanni ora raccoglie in un telo i fiori e le fronde
rimasti sul lettuccio, vi unisce quelli raccolti fuori, e li depone tutti sul
coperchio del cofano. Poi lo apre e vi colloca il guancialetto
di Maria, la coperta del lettuccio; scende nella cucina, raccoglie altri
oggetti usati da Lei — il fuso e la conocchia, le sue stoviglie — e le unisce
alle altre cose. Chiude il cofano e si siede sullo sgabello esclamando: «Ora
tutto è compiuto anche per me! Ora posso andare, liberamente, là dove lo
Spirito di Dio mi condurrà. Andare! Seminare la divina Parola che il Maestro
mi ha data perché io la dia agli uomini. Insegnare l'Amore. Insegnarlo perché
credano nell'Amore e nella sua potenza. Far loro conoscere cosa ha fatto
Dio-Amore per gli uomini. Il suo Sacrificio e il suo Sacramento e Rito
perpetui, per cui, sino alla fine dei secoli, noi
potremo essere uniti a Gesù Cristo per l'Eucaristia e rinnovare il rito e il
sacrificio come Egli comandò di fare. Tutti doni dell'Amore perfetto! Far
amare l'Amore, perché credano in Esso come noi vi
abbiamo creduto e crediamo. Seminare l'Amore perché sia abbondante la messe e
la pesca, per il Signore. L'amore tutto ottiene, mi ha detto Maria nel suo
ultimo discorso, a me, da Lei giustamente definito, nel collegio apostolico,
colui che ama, l'amante per eccellenza, l'antitesi dell'Iscariota che fu
l'odio, come Pietro l'irruenza e Andrea la mitezza,
i figli d'Alfeo la santità e sapienza congiunta a nobiltà di modi, e così
via. Io, l'amoroso, ora che non ho più il Maestro e la Madre da amare in
Terra, andrò a spargere l'amore tra le genti. L'amore sarà la mia arma e
dottrina. E con esso vincerò il demonio, il
paganesimo, e conquisterò molte anime. Continuerò così Gesù e Maria, che
furono l'amore perfetto in Terra». |
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