Il mondo si dispera perché non vuole vedere la Verità

 

 

CONDIVISIONI FRATERNE

 

 

 

Tema anno 2004/2005

 

Cristiani:

Popolo sacerdotale

 

Alla scuola di Dio,

due incontri con Don Roberto

 

Santa Maria a Travalle

Ore 14,30

 

Domenica 16 Gennaio 2005

 

 

Domenica 22 Maggio 2005

 

 

 

 

 

Domenica 16 Gennaio 2005

A) L’antico sacerdozio levitino e le sue funzioni;

B) il Sacerdozio di Cristo nella lettera agli Ebrei.

Domenica 22 Maggio 2005

A) Il Sacerdozio di Cristo in San Giovanni;

B) Il sacerdozio di Cristo in San Paolo

 

 

 

 

A ) il sacerdozio Levitico e le sue funzioni.

 

La funzione centrale dell'antico sacerdozio fin nel suo sorgere ( Es 29,1-9 ) è quella cultuale ( cf Es 40,1-15; Lv 1,5; 22,2.9 ...). Fondamentale è la relazione con il "sacro" il quale è distinto dal profano per una particolare appartenenza a Dio, sia esso costituito dal tempo (cf Gen 2,3; Dt 12,1; Lv 23,1s..), dal luogo ( cf Es 19,12...), da persone ( cf Es 13.1.12...), da offerte (cf Es 13,13...), da arredi ( cf Lv 8,10-12...), ecc. , attraverso la mediazione profetica di Mosè e in seguito anche di altri profeti (cf 1Sam 10,1; 16,12-13; 1lRe 19,14-16... ).

Nel forte e marcato senso della sacralità ( cf Nm 18,1-7; 2 Sam 6,5-8; Ez 40-41-42; 43,5-9; 44,4-9.15-22 ) si può leggervi come una necessaria pedagogia al senso della Trascendenza propria del monoteismo assoluto, specie nel contesto di un politeismo degradato.

 

B)  Il Sacerdozio di Cristo nella lettera agli Ebrei

 

La posizione di Gesù riguardo all'antico sacerdozio ( cf M t8,4; Lc 17,11-14 ) e al rispetto del sacro (cf Gv 2,13-16;Mt 13,20-21).

L'antico culto giudaico serve da sfondo all'autore per descrivere il sacerdozio di Cristo, il quale viene posto però in totale novità rispetto al primo: non dinastico e non fondato sulla mediazione profetica ( cf 8,4; 7,14 ), ma ontologico, cioè nell'essere stesso del Figlio ( 5,5-6 ). Interessante presentazione nel cap. 9 della supremazia del Sacerdozio di Cristo rispetto a quello levitico e della dipendenza di quest'ultimo dal primo: le realtà sacre terrestri sono tali e hanno una efficacia grazie alla mediazione profetica di Mosè e in quanto sono figura di quelle celesti    ( 9,1-12.19-23 ) le quali, a loro volta, sono efficaci per la mediazione del Figlio nel suo unico e sommo Sacrificio ( cap 10 ).

E' quindi questa mediazione - sacrifìcio del Figlio la nuova sorgente da cui scaturisce ogni forma di santità (10,14; 13,16-24).

 

Il sacerdozio di Cristo in San Giovanni ( breve traccia di riflessione )

 

Possiamo leggere in S. Giovanni l'Opera salvifica del Figlio, rivelatore del Padre e redentore del mondo, come sullo sfondo ordinato e unitario di un grande atto di culto del Figlio al Padre, atto che si consuma specialmente nell'ora suprema della croce, e per il quale il Padre è glorificato dal Figlio e il Figlio dal Padre ( cf 12,27-28; 13,31-32; 17,1-4). L'essenza di questo atto consiste nella donazione della vita da parte del Figlio perché il mondo si salvi pel" mezzo di Lui ( cf 3,14-18 ).In questo senso il Cristo è ad un tempo il vero Agnello pasquale, immolato come vittima sacrificale ( lGv4,10, Ap5,4-10 ) sull'altare della Croce per togliere il peccato del mondo ( cf 1,29.36; 19,36 ), e il vero Sacerdote che si consacra ( offre se stesso ) in sacrificio al Padre ( 17,19 ) per la vita del

suo gregge ( 10,15-18 ). La Croce poi, per quanto detto prima, non è solo altare ma anche il trono della gloria sul quale il Figlio riceve l'investitura regale. Ma la missione del Figlio non si esaurisce nell'atto redentivo supremo. In dipendenza di questo, e a sua completezza, la missione salvifica del Figlio si compie anche attraverso la rivelazione del Padre. In questo senso Egli è il vero e perfetto Profeta in quanto dice e fa tutto e solo quello che vede dire e fare dal Padre (5,19; 8,28-29,12,49-50, Sal110,4 ), anzi è l'unico che Lo conosce e quindi Lo può rivelare perfettamente ( 1,18; 6,45; 7,29 ), tant' è che vedendo Lui si vede il Padre ( 14,8-11 ) e la conoscenza del Padre e del Figlio è proprio la vita eterna ( 17,3 ). Appunto per questo aspetto della sua missione ha già ricevuto la consacrazione dal Padre prima di entrare nel mondo (10,36 ). Così attraverso di Lui il discepolo può già aver parte alla vita eterna partecipando all'Opera del Figlio. Infatti il Figlio, che ha la vita in se stesso ( 5,26 ), la dà e la dà in abbondanza ( 10,10 ) attraverso le sue parole - che sono Spirito e vita ( 6,63 ) – e ogni altra forma espressiva della sua Persona ( 6,40; 1Gv1.1-2 ); per questo nel prologo si dice che la Vita è la luce degli uomini ( 1,4 ) . Infatti è proprio attraverso l'accoglienza della luce della conoscenza di Dio, mediante la fede nel Cristo, che l'uomo passa dalla morte alla vita ( 5,24-26; 11,25-26) . Si noti l'azione congiunta della visibilità ( parole, segni,... ) e dello Spirito, che solo può dare la vita nell'intimo dell'uomo ( 6,63 ), Spirito che Gesù da senza misura ( 3,34 ). La sua stessa umanità, come si è visto prima consacrata a questa missione, ha in sé il potere di comunicare la vita      ( cf discorso eucaristico ). Ma la Vita, per sopravanzare sulla morte, deve liberare dalla schiavitù del peccato, dell'ignoranza e dell'errore e questo avviene attraverso la conoscenza della Verità ( 8,32-36 ). In questo senso Gesù è la Luce del mondo ( 8,12 ) che viene nel mondo per ridare la vista ai ciechi ( 9,39; 12,46 ), e rendere testimonianza alla Verità ( 18,27 ) perché Egli è la Verità. La luce, nel contempo, è anche necessaria per camminare sulla via del ritorno al Padre ( 8,12 ) senza inciampare   ( 11,9 ) e in questo senso Egli è la Via, anzi l'unica Via ( 14,8 ).

Se l'Opera del Figlio è come un grande atto di culto al Padre, cioè un'Opera sacerdotale, la partecipazione dell'uomo è intrinsecamente prevista e voluta come parte integrante dì tale Opera e il culmine è annunciato da Gesù stesso: l'uomo compartecipe della gloria del Cristo ( 14,2-3; 17,22.24; 5.44b; 12.43 ). Di fatto, in questo mondo, l'uomo può e deve glorificare Dio facendo frutto in unione a Cristo ( 15,4-8 ), adorandoLo nel nuovo Tempio (2,19-21 ) in Spirito e verità ( 4,23-24 ).

 

Il sacerdozio di Cristo in San Paolo ( breve traccia per riflessione )

 

Anche per S. Paolo l'Opera salvifica di Cristo ha carattere eminentemente sacerdotale nel senso più pieno della parola. Infatti Egli è l'unico mediatore ( 1Tm2,5 ) che con il suo sacrificio ha riconciliato a Dio tutte le cose ( Col 1,20 ) reintegrandole nell'armonia del Regno da sottomettere al Padre ( 1 Cor 15,24-28 ). Tutto ciò è avvenuto secondo il prestabilito e grandioso disegno ( mistero ) divino di ricapitolare in Cristo tutte le cose ( Ef 1,10 ). Questa "riconsegna" al Padre dell'intero ordine creato avviene attraverso la redenzione dell'uomo ed è come una "riconsacrazione" dell'intero Cosmo. Questo "mistero nascosto nei secoli" ( Ef 3,8-11 ) dunque sottostà e comprende addirittura la creazione e la redenzione stessa.. Questa magnifica e profonda intuizione attraversa tutta la teologia dell'Apostolo. Con la disobbedienza del peccato non solo l'uomo ma anche tutta la creazione fu "desacralizzata" ( Rm 8,19-22 ), cioè fu come staccata da Dio nel senso che perse in una qualche misura il fine per cui Egli l'aveva creata, ossia la lode riconoscente della sua gloria da parte della creatura umana ( Rm 1,20-21 ). Il Figlio, mediante il quale sono state fatte tutte le cose ( Col 1,16 ), redimendo l'uomo lo ha riportato alla ragione integrale della sua esistenza ( Ef 1,12 ) rifinalizzando ( ricapitolando ) a pieno anche il significato della stessa creazione.

Anche per Paolo, come per Giovanni, si tratta dell'immenso e perfetto atto di culto del Cristo, vero e unico sacerdote, mediante il quale Egli, "offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore ", ( Ef 5,2; Rm 3,25 ) ha redento il mondo.

Ed ancora per Paolo, come per Giovanni, il discepolo può partecipare della sacerdotalità del Cristo glorificando Dio con tutto se stesso cf Rm 6,12-18; 12,1-2 , specie con la carità cf 1Cor 12,31-13,1 e con ogni forma di preghiera cf Ef 6,18; 1Ts 5,16-18;...,e così essere da Lui glorificato         ( Rm.8,17-18.30; 2Ts 1,12).

 

Questa partecipazione diretta personale al sacerdozio di Cristo non si oppone ma è complementare a quella "organica" affidata da Gesù stesso alla Comunità dei credenti che è la Chiesa. Quest'ultima è funzionale alla precedente ma essenziale sia nello spirito di servizio da un lato, sia nello spirito di obbedienza dall'altro.

 

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