Il mondo si dispera perché non vuole vedere la Verità

 

 

CONDIVISIONI FRATERNE

 

 

 

Tema anno 2003/2004

 

Comunione

e

Missione

 

 

Alla scuola di Dio,

quattro incontri con Don Roberto

 

Locali della Parrocchia

Ore 14,30

 

Domenica 23 Novembre 2003

 

Domenica 1 Febbraio 2004

 

Domenica 14 Marzo 2004

 

Domenica 9 Maggio 2004

 

 

 

Considerazioni generali

e motivazioni di fondo della missione –23/11/2003

 

La visione cristiana del mondo – 1/2/2004  ( prima parte)

 

 La visione cristiana del mondo – 14/3/2004  ( seconda parte)

 

La Comunione origine e fine della missione  –9/5/2004

 

 

 

 

CONSIDERAZIONI GENERALI E MOTIVAZIONI DI FONDO DELLA MISSIONE

 

Considerazioni generali

Rapido sguardo sulla situazione della nostra società e sullo stato di "sopore" dello spirito missionario della Chiesa del "primo mondo".

 

Alla radice del problema

"Credere con il cuore per poter professare con la bocca" cf Rm 10,9. Necessità della interiorizzazione e personalizzazione del kerigma (cf At 2,36-37; 10,37-44) per una tesaurizazione della esperienza di fede cf Mt 13,44-45; Ef 1,15-18 .

Tutto ciò è dono divino, ma che va saputo accogliere, valorizzare e conservare come sommo bene cf Fil 3,7-11 ricordando che portiamo questo tesoro pur sempre in "vasi di creta" ( 2Cor 5,14 ) e per di più in controcorrente con la mentalità mondana che tende, con ogni mezzo, a ridurre l'uomo alla sola dimensione terrena cf Fil 3,17-21;2Pt 2,17-22.

 

Motivazioni di fondo

La carità missionaria non è solo un dovere per gli Apostoli Mt 28,18-20; lCor 9,15-18 (che essi svolsero spinti dalla carità 2Cor 5,14 ) e dei loro successori ( cf 2Tm 4 ), ma anche una esigenza dello Spirito nel fedele che ama davvero il fratello cf Fil 1,14; Ef 6,15 e vuoi co-gioire con lui della gioia del suo Signore Lc 15,1-10; Fil 4,4 .

Certo anche nell'ambiente cristiano poté svilupparsi fin dall'inizio il proselitismo ideologico più o meno impuro cf 2Cor 11,4-15; Gal 1,7-8; Fil 1,15-18, ma questo è facilmente riconoscibile e sconfessato dalle modalità e dai frutti (plagio, settarismo,... ).

Lo specifico cristiano è la testimonianza della vita (fatti e parole) cf Mt 5,13-16; l'unità concorde nella docilità allo Spirito ( che non distrugge la personalità ma la valorizza nella diversità ) cf Gv 17,21; At 4,32-33.5,12s; soprattutto la testimonianza della forte speranza proprio nella difficoltà

e sofferenza 1Pt 3,13-14; At 16,22-34.

 

 

LA VISIONE CRISTIANA DEL MONDO (prima parte)

 

- Introduzione

Importanza della visione del mondo per l'afflato missionario. Accenni sulla vastità del problema storico-culturale fino alle inferenze anche sul Concilio Vt". Due parti: 1) traccia della visione biblica del mondo; 2) excursus sullo viluppo storico della visione cristiana del mondo.

 

1 ) TRACCIA SULLA VISIONE BIBLICA DEL MONDO

 

Armonia primordiale nelle relazioni fondamentale della vita umana  Gen ,26-31     

{uomo ←→ Dio

{uomo ←→   uomo

{uomo ←→  ambiente

 

 

II peccato come "ferita" della relazione uomo - Dio e suo effetto sulle altre relazioni cf Gen 3,8-19; 6,13-17;...

 

- Armonia "ferita " nella relazione cosmica

a) livello contemplativo

Il disordine del peccato ferisce profondamente la simbiosi tra l'uomo e l'habitat cf tra Gen 1,28-30 e Gen 9,1-6. La morte è tra le conseguenze più forti Sap 2,24. La magnifica sintesi di S.Paolo Rm 8,19-23 (cf anche Ap 12,12 ecc. ). Tuttavia la Creazione porta ancora inconfondibile lo stile del Divino Artista Sal 19,1-7; Sap 13,l-7; Rm 1,18-20 e l'uomo conserva pure un certo dominio sull' ambiente Gen 9,7; cf Sal 8,4-9.

b ) livello operativo

Vocazione umana primordiale Gen 5,15 e sua permanenza (sofferta) nel nuovo equilibrio Gen 3,17-19.

Il realismo biblico riguardo alle opere umane appare piuttosto pessimista, sia riguardo alle "opere delle mani" cf Gen 11,1-9; Qo 2,11, sia riguardo a quelle del pensiero cf Pr 3,5-7; Qo 1,16-18; 8, 16-17.

Ciononostante non è così. Infatti la rettitudine di intenzione e l'agire fedele rendono l'opera umana gradita e benedetta da Dio, sia quella propria del lavoro delle mani cf Es 35,30-36,l; Sal 128,1-3; Pr 31,10-31, sia quella intellettuale cf Pr 1,32-2,12. S.Paolo ci fa da maestro nel discernimento tra la "sapienza di questo mondo" 1Cor 1,17-29 e la "Sapienza che viene dall'Alto" lCor 2,6-15. Del resto il suo insegnamento non è che un eco di quello di Gesù cf Mt 11,25-27 e Mt 13,51-52.

 

- Armonia "ferita" nella relazione umana e umano - Divina

Il realismo biblico è impressionante. L'uomo, per natura, è più incline al male che al bene Gen 8,21.

Basta vedere il pianeta dove si muovono gli uomini di Dio a partire da Abramo ( Gen 19 ). Si pensi che la cacciata dei popoli indigeni dalla Terra promessa avverrà per la pienezza della loro iniquità Gen 15,16. Il combattimento di Mosè non è solo contro la durezza del faraone, ma anche di tutto il popolo egiziano Es 3,9; Gen 15,16. Non solo: anche il Popolo eletto è un Popolo di "dura cervice" che non seppe fidarsi di Dio nonostante tutti i grandi segni che aveva visto cf Sal9 5,8-ll. Qui le citazioni si farebbero innumerevoli, ved. il riassunto di Stefano At 7,28s. Importante è il giudizio di sintesi ispirato che ci da S.Paolo: la disobbedienza del peccato ha pervaso sia i pagani Rm 1,18-32 che i giudei Rm 2,l-24; 3,9-24 e tutti vi sono "rinchiusi" Rm 11,32.

 

 - Visione evangelica del mondo

Dopo quanto visto, la visione evangelica del mondo non poteva che essere ambivalente e lacerata. Infatti in questo mondo si continua il misterioso dramma della lotta tra la luce e le tenebre, dramma che ebbe la sua massima espressione paradossale quando il Figlio di Dio che veniva nel mondo non per condannarlo ma per salvarlo ( Gv 3,16;12,47 ), non fu riconosciuto proprio dal quel mondo che era uscito dalle sue mani: anzi neppure coloro che erano stati preparati a questo furono in grado di accoglierLo ( Gv l,10-11 ). Lui, che era la Luce del mondo ( Gv 8,12 ), e che veniva proprio come luce ( Gv 12,46 ) che illumina ogni uomo ( Gv 1,9 ) per fugare le tenebre, fu respinto dagli uomini i quali non l'accolsero perché le loro opere erano malvagie ( Gv 3,19 ). Da ciò scaturisce l'odio per il Cristo e per coloro che come Lui non appartengono al mondo ( Gv 15,18-19; 17,14 ). Eppure proprio quel mondo di tenebra, che si è avventato sul Cristo e Lo ha crocifisso, non sapeva che così avrebbe immolato l'"Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo" ( Gv 1,29; Ap 5,5s ) e che, grazie proprio a questo supremo sacrificio. Egli avrebbe cambiato l'"ora delle tenebre"( cf Lc 22.53; Gv 14,30; 16,32 ) nell'ora della glorificazione del Padre e del Figlio (nello Spirito) ( Gv 12,27-28; 17,4-5 ); ora nel quale si compie il "giudizio di questo mondo" e il "principe di questo mondo" viene gettato fuori ( Gv 12,31 ). Ma non tutta l'opera salvifica doveva rimanere nascosta. Fin dall'inizio ci fu chi L'accolse e costoro divennero figli di Dio ( Gv 1, 12 ), il "piccolo gregge del Regno". Ad essi il Figlio ha fatto conoscere la Verità che li ha liberati ( cf Gv8,31-32 ). Per essi il Buon Pastore ha dato la vita perché l'avessero e l'avessero in abbondanza ( cf Gv 10,11 ); ormai sanno riconoscere e ascoltare la voce del loro Pastore e seguirLo e per questo non andranno perdute ( Gv 10,27-28 ).

Però essi devono mantenersi puri da questo mondo ( cf 1Gv 2,15-17 ) sfuggendo alla logica del male ( Gc 4,4 ) con la fede ( lGv 5,4 ). E qui si imposta il dramma dell'esistenza cristiana che si svolge in questo mondo senza però appartenervi ( cf Gv17,11.14 ). In un mondo che, proprio perché non ha conosciuto Lui ( Gv 15,20-21; 1Gv 3,1 ), è profetizzato sostanzialmente ostile al Vangelo e ai suoi discepoli ( cf Gv 16,33; At 14,22).

 

LA VISIONE CRISTIANA DEL MONDO ( seconda parte )

 

- Introduzione

Ripresa del tema e tentativo di formarci un'idea del vastissimo problema storico della visione cristiana del mondo, cioè di come il cristiano ha cercato di guardare al mondo, attraverso i secoli, a partire dalla Chiesa apostolica fino al Concilio Vt".

Il cristiano è inviato in questo mondo come "agnello in mezzo ai lupi" ( cf Mt l0,16 ) e anche se non dovrà temerlo ( cf Mt 10,26-28; Gv l6,33 ) tuttavia, come abbiamo visto nella prima parte, deve "guardarsi" da questo mondo. Con questi presupposti, che valore dovrà dare alle realtà creaturali (matrimonio, lavoro, organizzazione e conduzione della vita pubblica, arte, filosofìa, scienza, sviluppo tecnologico economico, tempo libero, ecc. ) così come gli si presentano nel cammino della loro evoluzione storica ? Quale modello di vita vi è sullo sfondo del suo anelito missionario ?

 

- La Chiesa Apostolica

Non posiamo fare troppe domande alla Chiesa di questo periodo perché il mondo è visto sotto il segno di una forte precarietà. Infatti, anche se non si può parlare di imminenza del ritorno del Signore, cf  2Ts 2,l-2, è pur vero che dagli Scritti si percepisce netto il senso della prossimità della Parusia cf lCor 7,26.29; lPt 4,7; 2Pt 3,ll-15; lGv 2,18-19; Ap 22,10-12. Si tenga inoltre presente che il clima nel quale si vive è spesso quello di ostilità, se non di aperta persecuzione cf Ebr 10,32-36,

Ap 1,19-3,22. Tuttavia :

  • il matrimonio è, e rimane, cosa buona Ef 5,25-33; lTm 4,l-3; 5,8
  • l'ordine gerarchico è necessario At 20,28; Tt l,5 e va rispettato lTm 5,17; 2Tt 2,15
  • l'autorità civile è pure necessaria Tt 3,l-2; lPt 2,13-14 e va anch'essa rispettata perché è voluta da Dio Rm 13,1-2
  • il lavoro è un dovere 2Ts3,10-12

 

- La Chiesa dei primi secoli

Penso sia difficile avere una visione uniforme e chiara del pensiero della Chiesa dei primi secoli anche per la diversità culturale e per il protrarsi dello stato di persecuzione, più o meno latente o conclamata, fino al IV secolo. Inoltre è forte l'influsso delle filosofia platonica. Uno scorcio della idea del tempo riguardo al mondo lo possiamo avere dalla "Lettera a Diogneto " del terzo secolo.

Comunque entreremmo in un enorme lavoro da specialisti. A noi bastano solo pochi cenni per capire come sia forte in quel tempo il senso della precarietà della vita terrena. Un segnale di ciò è dato dal fatto che è in questo clima che nasce l'idea di "fuga dal mondo". Teorizzata già da Tertulliano (150-220), viene ripresa e avallata da Origene ( III sec. ) e trova di fatto una forma di attuazione concreta nei primi anacoreti del terzo secolo (Paolo, Antonio, Pacomio). Queste forme di vita anacoretiche si svilupperanno poi in senso cenobitico dando vita alle prime comunità di monaci. Già per S. Ambrogio e S. Agostino ( IV - V sec. ) il monastero viene visto un po' come il rifugio ideale dal mondo. La vita cenobitica intanto riceve una forma "regolare" con S. Basilio ( IV sec: ) in oriente e S. Benedetto ( V sec. ) in occidente. E' bene chiarire però che, almeno nell'ambiente ortodosso, lo sviluppo della vita contemplativa non avviene in opposizione alla vita nel mondo, ma piuttosto come ricerca di maggior perfezione.

 

- Dalla Chiesa de i primi secoli a quella de XX secolo

Addentrare la nostra riflessione in questo lasso di tempo sarebbe un lavoro enorme e arduo anche per uno specialista! Contentiamoci di alcune considerazioni molto semplicistiche che vorrebbero solo "traghettare" il nostro pensiero su questo tema fino ai nostri giorni. Allo scopo forse sarebbe opportuno considerare separatamente i vari aspetti della visione cristiana del mondo così come sono leggibili nella sua ricaduta nei rapporti che la Chiesa ebbe con l'autorità pubblica, con il pensiero filosofico, scientifico e artistico, con i valori della vita quotidiana ... , dove per Chiesa non si dovrebbe però intendere tanto l'apparato gerarchico quanto il Popolo di Dio, indipendentemente dal meccanismo di autodeterminazione e condizionamento interno.

Sappiamo che ragioni storiche, e anche di autentica e onesta ricerca teologica, portarono al tentativo, caratteristico del periodo medievale, di integrazione tra fede e cultura. Ciò si tradusse di fatto con il primato assoluto della teologia su tutte le espressioni di vita. Il fallimento di tale visione, che si inizia a delineare storicamente con il rinascimento e l'umanesimo, non è tanto nel principio, in sé buono e riconducibile all'Opera del Cristo mediatore e redentore di tutto il creato, quanto nelle modalità di applicazione di tale principio alla libertà della coscienza umana. Quando la filosofia e le scienze rivendicano progressivamente una libertà di metodo dalla soggezione teologica inaugurarono un giusto ambito di laicità. Ancora più complesso è il travaglio che vede il distacco a livello politico dell'inferenza teologica. Credo che per i nostri fini sarebbe però più interessante vedere quale fosse il rapporto tra la fede e le espressioni della vita comune: la devozione, la famiglia, il lavoro, lo svago,.... Ma anche qui non abbiamo ne mezzi ne tempo per cui ci contentiamo di semplici considerazioni. Per esempio vediamo facilmente che l'unica linea che mantiene una perfetta costanza nella visione riconciliante tra fede e mondo è quella contemplativa e trova nei grandi Santi di tutti i tempi, come Benedetto, Francesco,... la sua massima espressione. Per il resto prevale, almeno a livello di indirizzo spirituale, la tendenza a marcare la fugacità e la vanità delle cose di questo mondo ( Vanità delle vanità, tutto è vanità recita l'imitazione di Cristo). Tanto per avere un'idea di quanto questa visione fosse presente a tutti i livelli basta pensare che per avere un pronunciamento del Magistero su temi della vita sociale bisogna aspettare la fine del XIX secolo ( Leone XIII: Immortale Dei, Rerum novarum ). Però, come sempre, non sono mancati i Santi che con la loro sensibilità caritativa hanno precorso i tempi, ad esempio: S. Francesco di Sales ( XVII sec. ), S. Vincenzo de Paoli (XVIII sec.), S. Giovanni Bosco (tanto per citarne alcuni ), hanno gettato i prodromi di una visione rinnovata dell'uomo anche nel suo rapporto con il mondo e di come questo nuovo rapporto fosse necessario, o comunque importante, per lo sviluppo della piena maturità umana in risposta alla vocazione cristiana. I capisaldi di queste attese hanno trovato risposta e luce magisteriale massimamente nel Concilio Vt", specialmente nella costituzione pastorale su "La Chiesa nel mondo contemporaneo" (Gaudiun et spes 33-39).

 

Piccolo gioiello di questa primissima produzione letteraria, la Lettera a Diogneto è opera di un anonimo autore vissuto a cavallo tra i primi due secoli e rappresenta per molti versi un primo tentativo di apologetica cristiana rivolta ai pagani del tempo. Il testo della Lettera, andato inizialmente perduto, fu fortunosamente ritrovato nel banco di una rivendita di pesce a Costantinopoli (odierna Istanbul) nel XV secolo.

Il destinatario della Lettera doveva senza dubbio essere un pagano colto interessato al Cristianesimo e alle sue dottrine: l'autore dello scritto si rivolge a lui con una certa familiarità, sforzandosi innanzitutto di mostrare la superiorità etica dei cristiani sui pagani, e in secondo luogo di distinguere i cristiani dagli ebrei, la fede e i riti "cosmopoliti" dei primi da quelli "etnici" dei secondi.

Scarica

Lettera a Diogneto.filezip

 

LA COMUNIONE ORIGINE E FINE DELLA MISSIONE

 

Introduzione

La vocazione cristiana alla santità nell'Amore cf Ef 1,4 ha come meta il raggiungimento della perfetta comunione con Dio e fraterna ( Comunione dei Santi )   cf 1Cor 1,9; Ap 21,1-4

Riaffermazione della priorità del valore comunitario della missione e superamento della prospettiva individualistica cf 1Gv 1,1-4

 

Ripresa del tema

- Dinamica della missione. L'origine divina della missione è nella Vita di comunione d'Amore Trinitaria. Il Padre invia il Figlio cf Gv 3,16-17;...; 17,3-25 perché operi nello Spirito Lc 3,21-22; 4,1.16-21 la salvezza del mondo- II Figlio termina la sua missione tornando al Padre perché possa scendere lo Spirito Santo Gv 16,7 il Quale ha il compito di continuare l'Opera del Figlio nello spazio e nel tempo Gv 16,8-15; 20,21-23 servendosi della Chiesa che Egli battezzerà At1,3-8; 2,1-3. Così il "mandato missionario" passa dalla Comunione trinitaria delle Persone divine alla Comunità dei "chiamati": la Chiesa organicamente ordinata alla vita di comunione con compiti e responsabilità diversificate cf At 2.42; 6,1-4; Ef 2,19-22; 4,11-12; At 13,1-4; Gal 2,7; Rm 10,14-15; 2Cor 5,18-20 e tali da coinvolgere ogni fedele cf Fil 1.14; Ef 6,15.

 

- Responsabilità personale e comunitaria. Ognuno sa che pur essendo "servo inutile Lc 17,10 " è chiamato a lavorare nella vigna cf Mt 20,1 s per fare molto frutto Gv15,1-8. Il carattere specifico della missione cristiana scaturisce dal Vangelo. No al quietismo ( ved. prima cond. ) perché dovremo render conto anche del bene non fatto Mt 25,26-30; Gv 15,2, ma no anche al proselitismo fanatico che ha sempre una radice ideologica, la quale mira ad attirare a sé o ad un "noi" settario cf At 20,29-31.

Due espressioni d'impegno:

a ) diretto, fondato sulla testimonianza personale;

b ) indiretto, fondato sull'impegno nell'edificazione della comunità in comunione.

a ) Testimonianza personale. Il Signore vuole che i suoi discepoli siano "sale della terra e luce del mondo" Mt 5,13-16 in un rapporto con gli altri fondato sull'accoglienza e l'affabilità cf Fil 4,4-5; Col 4,5-6 come manifestazione di un amore evangelico che ha come base una fede e una speranza viva, le quali si manifestano soprattutto nelle difficoltà e nelle tribolazioni  1Pt 3,13-15. Però il cristiano non deve temere nemmeno di dispiacere agli uomini nel non condividere il disordine del mondo cf 1Ts 2,4; Gal 1,10-11

b ) Cooperare nell'edificazione della comunità che viva la comunione.

Il cristiano deve essere consapevole che la testimonianza personale, pur essendo importante, non è assolutamente sufficiente perché il centro visibile dell'evangelizzazione è l'unità dei discepoli in Cristo cf Gv 17,20-23; At 2,42-48; 4,32-35. Tanto più ciò si attua, tanto più Dio stesso opera la crescite sia quantitativa cf At2,48; 5,14; Ap 3,9-10 che qualitativa cf Fil 1,1-11; Ef 4,11-16. Naturalmente le priorità dello impegno devono essere modellate e commisurate con il proprio stato di vita vocazionale.

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