BRIANZITUDINE

AUGURI! (parte IIa)

Uno dei personaggi “minori” del romanzo è Marietta delle spole, una povera, modestissima persona reale. Nel racconto Marietta lavorava nella fabbrica del padre dello scrittore e sono quelle persone che vivono ignorate e nascoste nella società ma saranno prime nel premio eterno.
Siamo a Besana nell’ultimo giorno di maggio ed i paolotti stanno recandosi per la funzione mariana serale. 

“Dalla via Manzoni continuò anche Marietta delle spole, lei pure operaia del padre d’Ambrogio: sulla cinquantina, molto piccola, le gambe storte, era l’operaia più zotica di tutta la fabbrica. Aveva capelli radi e ricciuti, repulsivi, e una faccia incredibilemnte larga e gialla, in cui chissà come erano capitati due occhi neri d’agnello. La suprema aspirazione di costei era di non farsi notare dagli altri: Ambrogio (che nella realtà è il Corti) lo sapeva e la salutò quindi con un cenno minimo della testa, senza propriamente guardarla. Sapeva che se le avesse rivolto la parola quella gli avrebbe risposto in modo strampalato: inintelliggibile o parlando troppo in fretta e se lui per caso avesse insistito si sarebbe spaventata. A Marietta delle spole si accompagnava per mano Giudittina, la sorella minore di Ambrogio, cinque anni di età, occhi azzurri, capelli biondi raccolti in due codini dietro le orecchie, che salutò il fratello gridandogli giuliva ciao e passò oltre, sempre per mano a Marietta, la quale con borbottii e sussurri misteriosi la rimproverava per la sua esuberanza; una volta rimasta indietro si fece tranquilla: Marietta con i bambini piccoli era a suo agio”.

Marietta si trova nella fabbrica tessile del padre dello scrittore: 
“Ambrogio superò una sezione di piccole macchine, le spoliere, dove Marietta delle spole, con la sua larga faccia gialla sempre un po' spaventata, insegnava da mattina a sera alle ragazzine appena assunte la prima e più elementare operazione tessile: quella appunto di confezionare le spole; per non metterla in imbarazzo Ambrogio evitò di guardare dalla sua parte. Appena scortolo infatti Marietta era, al solito, entrata in agitazione, e senza motivo aveva cominciato ad incitare con gesti e sussurri le sue ragazzine a far meglio ad assolvere con più precisione le loro piccole incombenze”.

Siamo al termine del romanzo e uno dei personaggi muore in un incidente e la sua anima sta entrando nell’eternità e trova l’anima buona di Marietta.
“Almina spalancò i suoi occhi nuovi: “Marietta!” esclamò: “oh, Marietta, sei tu?” Era proprio Marietta

delle spole che tante e tante volte aveva accompagnato Alma infante in chiesa o a passeggio lungo le strade allora acciottolate di Besana, tenedola per mano. Non aveva più i capelli repulsivi, nè la faccia gialla, nè le gambe storte, aveva invece ancora seppure non più fatti di materia i begli occhi neri d’agnello che sulla terra sembravano così fuori posto nel suo povero viso: ma non erano fuori posto qui, dopo che tutto il resto della sua figura pur senza propriamente cambiare si era per così dire adeguato ad essi. “Benvenuta Almina” la salutò con gioia Marietta: “Benvenuta. Nessuno, a pensarci bene era più degno di te del Paradiso” mormorò estatica Alma.

Luca è uno dei protagonisti del romanzo: la sua figura è ispirata da due persone reali del paese di Besana: un contadino, poi alpino, morto sul fronte russo, e un giovine abile operaio, di nome Umberto Terenghi. Descriviamo la partenza di Luca per la guerra ed un episodio della ritirata della Russia.
“La carta m’è finalmente arrivata ieri. Devo presenTarmi a Merano lunedì. “Vai a Merano? He già, tu sei alpino, sei d’in somm” Sì annuì Luca sorridendo”. D’in summ era termine dialettale scherzoso, in uso a Besana per significare “della sommità” cioè montanaro. In realtà Luca era nato e abitava a tre soli chilometri da Besana; però in provincia di Como, dunque in terra di reclutamento alpino. “Alpini, gavetta doppia commentò Celeste “e anche fatica doppia” aggiunse Ambrogio.

Siamo nella sacca fronte russo.
“Tu del Morbegno” gli disse il sergente Pedrana “a proposito come ti chiami?”. “Sambruna. Caporal maggiore Luca Sambruna”. “Ecco ho visto che sei un calmo, hai capito ogni cosa?”. Luca fece segno di sì con la testa. Si incamminaronno verso le isbe e gli alpini delle due squadre si fecero tutti il segno della croce. Scesero in fila per uno, il pendio di destra, davanti i bormini di Pedrana con le nappine rosse, dietro venivano le nappine bianche della squadra di Luca. Gli alpini appena arrivati ad una collinetta montarono le due mitragliatrici, di una il carrello era bloccato dal gelo; gli pisciarono sopra e con una coperta di lana strofinarono energicamente l’arma. Dopo un po' l’arma era pronta. Comiciò il sergente a sparare e di lì a poco anche Luca cominciò, “ora nella nostra more stava mentalmente dicendo e seguitò a dirlo mentre l’arma sparava”. I nemici abbandonarono la posizione. Luca disse: “Finalmemnte” perchè questo gioco a lui non piaceva affatto ma c’era tutta quella gente in ritirata da salvare e c’era sua madre a casa, la sua fidanzata Giustina; non aveva scampo: “ora e nella nostra morte”.
Gli pareva adesso di recitare la preghiera per quelli disgraziati che venivano falciati dalle loro armi. All’orizzonte si affacciarono le prime squadre alpine.
Luca sospese il fuoco e di lì a poco lo sospese anche Pedrana. Dalle loro squadre nemmeno un uomo era stato colpito.

(BarbaGianni)

(da C.R., pag. 22, 59, 1273, 115, 442, 443)

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