Il Rabbino che si arrese a Cristo |
Eugenio Zolli (1881-1956) |
ISRAELE,
un giovane Ebreo, ha simpatizzato a scuola con Stanislao, un giovane
Cristiano. Invitato a casa di quest'ultimo, vede appeso
al muro un crocifisso. Israele non ne aveva ancora mai visto. Di ritorno a
casa sua, interroga la famiglia a proposito di quell'uomo
sulla croce ; gli viene risposto: « Questo
interessa i Cristiani, non noi ». Molto
più tardi, leggerà nel profeta Isaia i canti del Servo del
Signore, in cui viene presentato l'uomo più innocente e più
puro, percosso, umiliato e condannato a morte a causa dei nostri peccati ;
nascerà allora nel suo spirito la domanda lancinante : « Il crocifisso
che ho visto, non era il servo di Jahve ? » |
Il
giovane Israele, della famiglia Zoller, è
nato il 17 settembre 1881 a Brody, in Galizia (sud
est della Polonia), allora austriaca. È il più giovane di
cinque figli. Di religione ebraica, la famiglia è piuttosto agiata,
poiché il padre è proprietario di un setificio a Lodz, in territorio russo. Nel 1888, lo Zar decide di
nazionalizzare tutte le aziende appartenenti a stranieri ; la fabbrica del Sig. Zoller a Lods viene confiscata, senza risarcimento finanziario. Il
tenore di vita della famiglia si riduce notevolmente ed i figli maggiori
devono andarsene altrove in cerca di lavoro. A
sette anni, Israele segue la scuola elementare ebraica, dove i bambini
imparano a memoria passi della Bibbia. Ma l'inclinazione per il sapere religioso
lo deve soprattutto a suo padre. Dal canto suo, la madre gli insegna a
soccorrere i bisognosi ; commossa dall'altrui miseria, moltiplica le opere di
carità, facendo appello, caso mai, ad altre signore del quartiere,
ebraiche o cattoliche. Nella regione di Brody, fra
Ebrei e Cattolici non vi è ne disprezzo, ne diffidenza. Un legame,
infatti, « collega spiritualmente il popolo del Nuovo Testamento con la
stirpe di Abramo. La Chiesa riconosce che i primordi della sua fede e della
sua elezione si trovano, secondo il mistero divino della salvezza, nei
patriarchi, Mosè ed i profeti. Essa riconosce che tutti i fedeli di
Cristo, figli di Abramo secondo la fede, sono compresi nella vocazione del
patriarca e che la salvezza della Chiesa è misteriosamente prefigurata
nell'uscita del popolo eletto dalla terra della schiavitù. Per questo,
la Chiesa non può dimenticare che ha ricevuto la rivelazione
dell'Antico Testamento da quel popolo con cui Dio, nella sua indicibile
misericordia, ha degnato concludere l'Antica Alleanza » (Vaticano II, Nostra etate,
4). Nel
1904, Israele lascia la propria famiglia, che non rivedrà mai
più. Sua madre, che ha sempre desiderato di vederlo diventare Rabbino,
è morta da poco. Dando lezioni per provvedere alle necessità
dei suoi, egli studia filosofa all'università di Vienna, poi a quella
di Firenze, dove ottiene la laurea; in pari tempo, continua gli studi
rabbinici. Nominato, nel 1913, vicerabbino di
Trieste, allora porto austriaco, sposa Adele Litwak,
Ebrea della Galizia; dalla loro unione, nasce una figlia, Dora. Nel corso
della prima guerra mondiale, Israele viene perseguitato dalla polizia
austriaca come fautore dell'Italia, perché ha compiuto studi in tale
paese. Alla fine della guerra, Trieste viene annessa all'Italia e Israele Zoller viene nominato Gran Rabbino della città. Forse che
GESÙ non era un figlio del mio popolo? Nel
1917, ha il profondo dolore di perdere la moglie. All'epoca, fa un'esperienza
mistica: un pomeriggio, « ad un tratto e senza sapere perché,
come in estasi, invocai il nome di GESÙ... Lo vidi come in un gran
quadro... Lo contemplai a lungo, senza agitazione, provando piuttosto una
perfetta serenità di spirito... Mi dicevo: Forse che GESÙ non
era un figlio del mio popolo ? » Nessuna premeditazione, nessuna
preparazione. E una prima discreta chiamata di Cristo. Zoller si risposa nel 1920 con Emma Majonica, che gli dà una seconda figlia, Myriam.
Dal 1918 al 1938, sempre mantenendo la residenza a Trieste, insegna l'ebraico
e le lingue semitiche antiche presso l'università di Padova. Cosa
sorprendente, legge assiduamente tanto il Nuovo Testamento quanto l'Antico.
Così, la persona di GESÙ CRISTO ed il di lui insegnamento gli
diventano familiari. Non può impedirsi di paragonare l'Antico ed il
Nuovo Testamento : « La giustizia, nell'Antico Testamento, si esercita
da uomo a uomo... Compiamo il bene in cambio del bene ricevuto ; compiamo il
male per il male che altrui ci ha inferto. Non rendere il male per il male
è, in un certo modo, venir meno alla giustizia ». Che
contrasto con il Vangelo: Amate i
vostri nemici...pregate per loro, oppure, con le ultime parole di
GESÙ sulla croce: Padre, perdona
loro, perchè non sanno quello che fanno! « Tutto questo mi
stupisce, scrive Zoller; il Nuovo Testamento, in
effetti, è un Testamento nuovo ». E precisa : « Qui inizia
una nuova terra, un nuovo cielo... I ricchi attaccati alla terra sono poveri,
ed i poveri che hanno saputo distaccarsene sono veramente ricchi,
perchè possiedono un regno che appartiene agli afflitti, a coloro che
tacciono ed ai perseguitati, che non hanno mai perseguitato nessuno ma che
hanno amato ». A
poco a poco, Zoller scopre il legame che unisce i
due Testamenti. Intatti, «ispiratore ed autore dei libri dell'uno e
dell'altro Testamento, Dio li ha saggiamente disposti in modo tale che il
Nuovo sia nascosto nell'Antico e che, nel Nuovo, sia svelato l'Antico... I
libri dell'Antico Testamento... raggiungono e mostrano il loro significato
completo nel Nuovo Testamento» (Concilio Vaticano II, Dei Verbum,
16). Il Nazareno D'altronde,
Zoller constata amaramente che, nei suoi
correligionari « l'amore della Legge ha il sopravvento sulla legge
dell'Amore »; le minuzie della casistica rabbinica eclissano il grande
comandamento della legge rivelata da Dio a Mosè: Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima...
( Deut. 6, 5 ). Nella sua qualità di
specialista delle lingue antiche, scopre che il nome di Nazareth si applica
prima di tutto alla cittadina in cui GESÙ visse durante i suoi primi trent'anni ; ma tale nome significa anche che GESÙ
di Nazareth è il Nazir ( il Consacrato )
annunciato dal profeta Isaia: Un
germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un
virgulto ( in ebraico: nazer ) germoglierà dalie sue radici. Su di
lui si poserà io Spirito del Signore ( Is.
11, 1 ). Egli espone questa scoperta nell'opera principale dei vent'anni passati a Trieste: " Il Nazareno"(
1938). La
concordanza sorprendente fra la narrazione della Passione di Cristo nel
Vangelo ed il Servo sofferente descritto
dal profeta Isaia, otto secoli prima del suo avvento, non lascia alcun dubbio
a Zoller sul compimento in GESÙ della
profezia: Disprezzato, uomo dei dolori
che ben conosce il patire... non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si
è caricato delle nostre sofferenze; si è addossato i nastri
dolori... Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per
le nostre iniquità... ; per le sue piaghe noi siamo stati guariti
(Isaia 53, 3-5). Inoltre, l'esame delle dichiarazioni dì GESÙ
sulla propria divinità lo porta a scrivere : « Cristo è
il Messia; il Messia è Dio; dunque. Cristo è Dio ». Zoller è intellettualmente convinto, ma non ha
ancora la fede ; è questa una grazia che riceverà sette anni
più tardi. L'alleanza
di Mussolini con la Germania hitleriana cagiona, sul
finire degli anni 30, campagne antisemite in Italia, soprattutto nelle
vicinanze delle frontiere del terzo Reich. A
Trieste, dove numerosi sono gli Ebrei, uno storico cattolico organizza una
serie di conferenze antisemite. Si
arrende un'ampia assistenza. Zoller decide di
intervenire presso un Gesuita, amico del conferenziere. Il religioso
predispone un incontro fra il Rabbino e l'oratore. Con
dolcezza e bontà, Zoller esorta il suo
interlocutore, in nome dei principi cristiani e specialmente del perdono accordato
da GESÙ Cristo sulla Croce, ad annullare le sue conferenze. Il
professore obietta l'imbarazzo della sua situazione: tutto è
già stato organizzato. Il Rabbino alza le spalle e gli consiglia
soltanto di leggere il Vangelo, come fa sovente lui stesso; predice:
«E’ prossimo il tempo in cui noi due diventeremo buoni amici
». La domenica seguente, in una sala gremita, il conferenziere annuncia
che un Ebreo di alto rango ha illuminato la sua coscienza; non vuol
più continuare sulla strada sulla quale si è smarrito fin
allora e annulla le conferenze previste. Ma
già leggi discriminatorie sono state promulgate contro gli Ebrei;
Israele Zoller " italianizza " il suo
nome in Zolli; tuttavia, ben presto viene privato
della cittadinanza italiana, senza esser però altrimenti molestato.
Nel 1940, la comunità ebraica di Roma gli propone il posto vacante di
Gran Rabbino della capitale. Accetta l'incarico proposto, in vista di
proteggere i suoi fratelli nella persecuzione che si annuncia, e di calmare
le divisioni in seno alla comunità ebraica di cui esorta i membri ad
abbandonare la politica e ad occuparsi piuttosto di preghiere, di
insegnamento e di mutua assistenza; ma il suo appello trova ben poco eco. Una
solidarietà che salva Nel
settembre del 1943, dopo la caduca di Mussolini e
l'armistizio firmato dal re d'Italia Vittorio Emanale III con gli Angloamericani, Hitler manda
trenta divisioni tedesche ad occupare il nord ed il centro dell'Italia. Himmler, capo supremo delle SS, stima giunto il momento
di applicare in Italia la politica di sterminio della razza ebraica. Ordina
al capo delle SS di Roma, il tenente colonnello Kappler,
di riunire tutti gli Ebrei, uomini e donne, bambini e vecchi, per deportarli
in Germania. Il tenente colonnello Kappler
approfitta dell'ordine di deportazione che ha ricevuto per fare un ricatto;
convoca i due Presidenti della comunità ebraica di Roma e intima loro
di consegnargli, nel termine di ventiquattro ore, 50 chili d'oro, pena la
deportazione immediata di tutti gli uomini che compongono la popolazione
ebraica della città. Si tratta, in realtà, di un elenco di
trecento ostaggi, all'inizio del quale figura Zolli.
Il giorno seguente, la comunità ebraica ha potuto riunire soltanto 35
chili d'oro. Viene chiesto al Gran Rabbino di recarsi in Vaticano per tentare
di farsi prestare quel che manca. Egli riesce ad entrare in Vaticano, anche
se tutte le strade sono controllate dalla Gestapo,
attraverso una porticina nella parte posteriore della Città, ed espone
al Cardinale Maglione, Segretario di Stato di Pio XII, la richiesta di un
prestito di 15 chili d'oro, proponendo se stesso quale garanzia. Il prelato
riferisce quanto sopra al Santo Padre, poi chiede a Zolli
di tornare prima delle ore 13. Ma, poco dopo, Zolli
viene a sapere che la quantità d'oro voluta ha potuto già
essere riunita, grazie al contributo di sacerdoti e di numerose
organizzazioni cattoliche. Tuttavia,
si tratta soltanto di una tregua. Il Gran Rabbino si sforza di convincere gli
Ebrei di Roma che devono disperdersi per evitare la deportazione. Ben presto,
l'ambasciatore tedesco presso la Santa Sede, von Weizsacker, segretamente ostile alla politica nazista,
avverte il Papa che Himmler ha ordinato la
deportazione di tutti gli Ebrei italiani. Pio XII ordina immediatamente al
clero romano di aprire i santuari per accogliervi gli Ebrei che venissero a
nascondersi. Zolli, sulla cui testa è stata
messa una taglia, vive nella clandestinità durante i seguenti nove
mesi, e, da ultimo, presso amici cristiani della figlia Dora; riesce cosi a
sfuggire alla Gestapo. Ma, malgrado le precauzioni
prese, nella notte fra il 15 ed il 16 ottobre, un migliaio di Ebrei romani
(su circa 8000) vengono arrestati e deportati; la maggior parte non
tornerà. "Ormai mi
seguirai» II
4 giugno 1944, la città di Roma è liberata dalle forze
americane. Con decreto ministeriale del 21 settembre 1944, Israele Zolli, dimesso dalla sua carica sette mesi prima dai capi
della comunità ebraica, torna ad essere il Gran Rabbino di Roma. In
occasione della solennità di Kippur
(Espiazione), nell'ottobre del 1944, presiede, nella sinagoga di Roma, le
preghiere del Gran Perdono: « Improvvisamente, scriverà, vidi
con gli occhi dello spirito una vasta prateria e, in piedi, in mezzo all'erba
verde, stava GESÙ con un manto bianco... A tale vista, sentii una gran
pace inferiore, e, in fondo al cuore, sentii queste parole : " Sei qui
per l'ultima volta. Ormai, mi seguirai ". Le accolsi con la massima
serenità ed il mio cuore rispose immediatamente: " Così
sia, cosi deve essere"... Un'ora più tardi, dopo cena, in camera,
mia moglie mi disse: " Oggi, mentre stavi davanti all'Arca
della Torà, mi sembrava che la bianca immagine di GESÙ ti
imponesse le mani, come se ti benedicesse". Ero stupefatto... In quel
momento, la nostra figlia più giovane, Myriam, che si era ritirata
nella sua stanza e non aveva sentito nulla, mi chiamò per dirmi:
" State parlando di GESÙ Cristo. Sai, papa, questa sera ho visto
in sogno un grande GESÙ tutto bianco ". Augurai buona notte ad
entrambe e, senza alcun imbarazzo, continuai a riflettere sulla concordanza
straordinaria degli eventi ». Alcuni
giorni dopo, il Gran Rabbino rinuncia alla sua carica e va a trovare un
sacerdote, per completare la sua istruzione sulle verità della fede.
Il 13 febbraio 1945, Monsignor T raglia conferisce il sacramento del
Battesimo a Israele Zolli, che sceglie quale nome
cristiano quello di Eugenio, a titolo dì omaggio di riconoscenza al
Papa Pio XII, per la di lui azione determinante in favore degli Ebrei durante
la guerra. La moglie di Zolli, Emma, riceve il
Battesimo unitamente al marito ed aggiunge al suo nome quello di Maria, la
loro figlia Myriam seguirà i genitori in capo ad un anno di
riflessione personale. Il battesimo di Eugenio Zolli
è la conclusione di una lunga evoluzione spirituale: « questo
evento, nella mia anima, era come l'arrivo di un ospite diletto. Cominciavo
soltanto a sentire la voce di Cristo espressa più chiaramente e
più vivamente nei Vangeli. Nella mia anima, Dio non si rivelava per
mezzo della tempesta, né del fuoco, ma attraverso un dolce mormorio...
Diventavo cosciente di un Dio che amavo, che vuole che Lo si ami e che ama
Lui medesimo... Il convertito, come il miracolato, è l'oggetto (colui
che riceve), e non il soggetto (l'autore) del prodigio. E’ falso dire
di qualcuno che " si è convertito ", come se si trattasse di
un'iniziativa personale. Non si dice del miracolato che " si è
guarito ", ma che è stato guarito. Bisogna dire la stessa cosa
per il convertito ». Tutti gli uomini
sono suoi figli Si
è chiesto spesso a Zolli se si tosse
convertito per gratitudine verso Papa Pio XII. Ha sempre risposto
negativamente, aggiungendo tuttavia: « Si potrebbe dire del papato di
Pio XII che è stato ispirato dalle parole del profeta Isaia : "
la pace è l'armonia, la pace è la salvezza per coloro che sono
vicini come per coloro che sono lontani, voglio guarirli tutti" (ved. Is. 57, 19). La Chiesa
Cattolica ama tutte le anime. Essa soffre con tutti e per tutti; attende con
amore tutti i suoi figli sul sacro soglio di Pietro, e tutti gli uomini sono
suoi figli... Non esistono luoghi di sofferenza che non siano stati raggiunti
dallo spirito d'amore di Pio XII... Nel corso della Storia, nessun eroe ha
comandato un simile esercito. Nessuna forza militare è stata più
combattente, nessuna è stata più combattuta, nessuna è
stata più eroica di quella condotta da Pio XII in nome della carica
cristiana ». Secondo lo storico israeliano Pinchas
Lapide, la Chiesa Cattolica ha potuto salvare da una morte certa, attraverso
la sua azione caritatevole, circa 850.000 Ebrei residenti nei territori
occupati dal terzo Reich (Ved.
Pio XII e la Secondi Guerra Mondiale, del R.P. P. Blet
s.j., Ed. Perrin, 1997, pag. 323). La
sera del Battesimo, Zolli non ha neppure di che
cenare; Monsignor Traglia gli da cinquanta lire di
elemosina. A sessantacinque anni, si trova brutalmente confrontato a gravi
problemi materiali, a cominciare da quello del sostentamento della famiglia.
Fino ad allora, era sempre vissuto con la retribuzione di Rabbino e di professore.
Accetta questa nuova situazione con il massimo distacco : « Chiedo
l'acqua del Battesimo e nient'altro. Sono povero e vivrò povero.
Confido nella Provvidenza ». La notizia del Battesimo del Gran Rabbino
di Roma suscita un concerto di calunnie. Lo si accusa, fra l'altro, di aver
apostatato per interesse. Gli è facile rispondere: « Gli Ebrei
che si convertono oggi, come all'epoca di san Paolo, hanno tutto da perdere,
per quanto concerne la vita materiale, da guadagnare nella vita della grazia
». Al rimprovero di tradimento, risponde indignato : « II Dio di
GESÙ Cristo, di Paolo, non è forse lo stesso Dio di Abramo, di
Isacco e di Giacobbe ? » Ai
giorni nostri, certi Cattolici giudicano inutile che un Ebreo si converta per
diventare Cristiano. Quest'opinione è contraddetta
dall'insegnamento del Concilio Vaticano II : « Infatti, solo Cristo,
presente per noi nel suo Corpo, che è la Chiesa, è il mediatore
e la via della salvezza; ora egli, inculcando espressamente la necessità
della fede e del Battesimo (Ved. Marco 16, 16), ha
insieme confermata la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini
entrano mediante il Battesimo come per la porta. Perciò, non
potrebbero salvarsi quegli uomini, i quali, non ignorando che la Chiesa
Cattolica è stata da Dio per mezzo di GESÙ Cristo fondata come
necessaria, non avessero tuttavia voluto entrare in essa o in essa
perseverare » ( Lumen gentium, 14 ). Alle ore
quindici, come GESÙ Per
intervento del Santo Padre, Eugenio Zolli viene
nominato professore presso l'Istituto Biblico Pontificio. Nell'ottobre del
1946, entra a far parte del Terz'Ordine di San
Francesco, la cui caratteristica è la povertà evangelica
praticata dai laici secolari. Zolli, fedele
parrocchiano della chiesa " Stella Matutina
", assiste senza farsi notare ai colloqui sul Vangelo tenuti dal
parroco. A Natale, nel 1955, fa lui medesimo una conferenza sull'annuncio del
Redentore nell'Antico Testamento. Ma nel gennaio del 1956, è colpito
da una broncopolmonite. Sua moglie, Emma, è anch'essa malata e
anziana. La loro seconda figlia, Myriam, che si è sposata ed ha dato
alla luce una femminuccia, Maura Brigida, è al capezzale del padre
durante la di lui ultima malattia. Una
settimana prima di morire, Eugenio confida ad una religiosa che lo cura:
« Morirò il primo venerdì del mese, alle ore quindici,
come Nostro Signore ». Il venerdì 2 marzo, nel corso della
mattinata, riceve la Santa Comunione. Entrato in coma, a mezzogiorno, Eugenio
Zolli esala l'ultimo respiro alle tre del
pomeriggio. Alla fine delle sue memorie, aveva scritto : « Possiamo
soltanto affidarci alla misericordia di Dio, alla pietà di Cristo, che
l'umanità mette a morte perché non sa vivere in Lui. Possiamo
solo affidarci all'intercessione di Colei il cui cuore fu trafitto dalla
lancia che lacerò il costato di suo Figlio ». Attraverso
il suo itinerario spirituale, Eugenio Zolli
manifesta la continuità fra l'Antica e la Nuova Alleanza: Non pensate che io sia venuto ad abolire
la Legge o i Profeti ; non son venuto per abolire,
ma per dare compimento, aveva detto GESÙ (Matt.
5, 17). «Dio ha visitato il suo popolo. Ha adempiuto le promesse fatte
ad Abramo ed alla sua discendenza. Ed è andato oltre ogni attesa: ha
mandato il suo Figlio prediletto... Dio,
che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi
ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a
noi per mezzo del Figlio (Eb.1, 1-2). Cristo,
il Figlio di Dio fatto uomo, è la Parola unica, perfetta e definitiva
del Padre, il quale in Lui dice tutto, e non ci sarà altra parola che
quella... " Dal momento che ci ha donato il Figlio suo, che è la
sua Parola, scrive san Giovanni della Croce, ci ha detto tutto in una sola
volta in questa sola Parola... Perciò chi volesse ancora interrogare
il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una
stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo
unicamente in Cristo e va cercando cose diverse e novità "»
( Catechismo della Chiesa Cattolica,
nn. 422 e 65 ). Per Zolli,
le esigenze che comporta tale verità non sono state facili da mettere
in opera; alla fine della vita, diceva: « Voi che siete nati nella
religione Cattolica, non vi rendete conto della fortuna che avete avuto di
ricevere fin dall'infanzia la grazia di Cristo; ma colui che, come me,
è arrivato sulla soglia della fede dopo un lungo studio continuato per
anni ed anni, apprezza la grandezza del dono della Fede e prova tutta la
letizia che si ha ad essere cristiani ». Rendiamo
grazie a Dio per il dono della Fede che ci ha accordato senza alcun merito da
parte nostra. Conserviamo tale tesoro attraverso un vita santa, e preghiamo
perché tutti gli uomini conoscano il Messia, credano in Lui ed
ottengano la Vita eterna. Bibliografia : Eugenio Zolli, di Judith Cabaud, dalla lettera di maggio 2004 dei Padri
dell’Abbazia di San Giuseppe di Clairval (F) Le lettere con cadenza mensile vengono inviate a
tutti gratuitamente. E’ sufficiente farne richiesta all’indirizzo
e-mail abbazia@clairval.com o visitando il sito web http://www.clairval.com/ |