Storia della Chiesa
Le origini della società medievale
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Autore : Luigi Negri |
Curatore : don Pinuccio Mazzucchelli |
Fonte : Tracce |
Da : CulturaCattolica.it |
Le origini della società medievale |
Il miracolo dei monasteri. San Benedetto |
Gli elementi della nuova società:
fede vissuta, cultura, dignità personale
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Le origini della società medievaleL'alto medioevo (i secoli
VII, VIII e IX) corrisponde, secondo molti manuali di storia, ai cosiddetti
"secoli bui"; esso rappresenta in realtà il punto in cui
maggiormente emerge l'energia costruttiva dell'avvenimento cristiano. In quei
secoli, infatti, il cristianesimo non ha soltanto animato un mondo che già
esisteva; ne ha creato uno nuovo, la cosiddetta civiltà medievale, che
brillerà con intensità commovente nel tredicesimo secolo e si avvierà, dal
quattordicesimo secolo in poi, verso un lento declino. Nell'alto medioevo
questa civiltà è già in embrione. Alle sue origini si
trova un mutamento di proporzioni inaspettate: la definitiva conquista di
Roma, avvenuta nel 476 quando gli Eruli, uniti ai Goti e guidati da Odoacre,
penetrano nella capitale dell'Impero d'Occidente. In una delle sue lettere
san Girolamo, il traduttore in latino della Bibbia, in occasione del primo
sacco di Roma nel 410, scriveva: "È caduto il principio di unificazione
del mondo: noi siamo distrutti". La frase di san Girolamo dice che cosa hanno
significato le invasioni barbariche: la fine di un ordine culturale, sociale
e politico che costituiva un'antropologia, un modo di concepire l'uomo. Il senso di bellezza e
di equilibrio proprio della grecità, la capacità di costruzione culturale in
grado di far convergere tutte le realtà e le attività in un ordine più grande
- la "res publica", genio della romanità - vengono distrutti. Dalla
seconda metà del V secolo fino al VII, l'Europa è un campo di battaglia.
Dapprima i barbari, trattenuti fino ad allora grazie alle concessioni di
stanziamento nelle regioni poste intorno al confine segnato da Adriano,
varcano i confini dell'impero sotto la pressione esercitata dagli Unni dalle
steppe euroasiatiche. In seguito, l'invasione
islamica stringe in una morsa ciò che resta dell'antico impero romano
d'Occidente. Nel 732, con la resistenza e il sacrificio di Carlo Martello a
Poitiers, l'impero d'Occidente viene salvato. La regione che attualmente si
chiama Francia, l'impero d'Occidente, viene salvato. Ma sul Mediterraneo -
prima lago di pace - si esercita la pressione terribile di popoli non solo
etnicamente differenti da quello romano, ma di una religione diversa, che
avevano già distrutto le fiorenti Chiese del litorale africano e
conquisteranno addirittura i luoghi più sacri del cristianesimo. Il crollo dell'impero
romano è una tragedia che ha proporzioni spaventose e dalla quale sembra
impossibile risorgere. La tentazione della disperazione che emerge nella
frase di san Girolamo è ampiamente condivisa dal mondo culturale cristiano di
allora. Eppure, come scrive uno dei più grandi storici del medioevo, Leopold
Génicot, i cristiani non hanno nessuno nostalgia: forti della loro fede,
speranza e carità, cominciano lietamente a costruire un mondo nuovo. In un momento in cui è radicalmente in discussione il diritto di proprietà e la struttura dello Stato non esiste più, neppure concettualmente, la Chiesa fa emergere la sua capacità di universalità, cioè la sua capacità - come realtà storica e sociale - di unificare in modo stabile i vincitori e i vinti, e quindi di essere elemento costruttivo, dinamico e positivo. Il sorgere di una civiltà cristiana ha prodotto frutti imponenti, come la bonifica in tutta d'Europa di terre non più coltivate da secoli e la ricostruzione materiale delle città cadute in rovina e pressoché spopolate per la fuga degli elementi greco-latini nelle campagne. Il miracolo dei monasteri. San BenedettoUno dei più bei libri
sul Medioevo che si possono leggere ancora oggi, a decenni di distanza dalla
pubblicazione, è La santa romana repubblica di Giorgio Falco (un grande
storico di origine ebrea convertitosi al cattolicesimo studiando il
medioevo). Nel capitolo dedicato al monachesimo, si descrive, citando un
cronista del VII secolo, il miracolo di comunità monastiche in cui vivevano
fraternamente persone che, nella vita sociale, si combattevano e si
uccidevano. Per comprendere come la Chiesa ha potuto espletare la sua
funzione di elemento pacificatore e costruttivo, bisogna dunque capire il
monachesimo. Il monastero è un
soggetto comunionale vivo dentro il mondo. Il soggetto umano nuovo (figlio di
Dio e perciò libero) non è infatti un individuo isolato: vive in un contesto
di comunione che è una realtà storica concreta, nella quale l'unità non è
data dalla "carne e dal sangue" ma dal comune riconoscimento di
Gesù Cristo. Esso è così caratterizzato da una capacità di conoscere e di
amare nuova. L'idea fondamentale di san Benedetto (480-545, padre del
monachesimo occidentale) fu che, basandosi su Cristo, si poteva realizzare
una vita sociale nuova, definita da due compiti principali: riconoscere Dio
("ora") e nel lavoro ("labora"). Nel monachesimo
benedettino la Chiesa ha dimostrato la sua verità di realtà capace di
aggregare gli uomini e di edificare una civiltà. Il monastero benedettino
nasce come punto di particolare intensità della vita ecclesiale, un punto di
esperienza autentica e significativa, in cui ciò che nella vita normale della
Chiesa viene proclamato, è vissuto realmente. Per questo, san Benedetto e il
monachesimo benedettino sono riconosciuti come momento fondamentale
dell'annuncio cristiano con tutta la potenza della presenza di Cristo e la
capacità ecclesiale di accoglienza dell'umano. Questo accade perché nei
monasteri il cristianesimo non è annunziato secondo la versione della cultura
greco-romana, ebraica o araba, bensì come un'esperienza di vita. Il monastero
è una comunità cosciente di sé, della sua identità, e per questo capace di
incontro. Perciò, mentre l'Europa si distrugge, i monasteri benedettini
edificano e dilatano l'esperienza di comunità di fede e di vita comune. La diffusione della
Chiesa fra i popoli barbari e la loro conversione (basti pensare ad Agostino
di Canterbury e ai monaci benedettini mandati da Gregorio Magno alla fine del
VI secolo in Inghilterra, Irlanda e perfino in Islanda) sono la dimostrazione
che il monastero è la Chiesa viva che mettendosi in moto e realizzandosi,
attua la capacità di creare unità al di là delle differenze e di realizzare
luoghi non toccati dalla violenza che sembra socialmente inevitabile. In
questi secoli, dunque, il monachesimo è dinamicamente creativo, costruttivo;
dal punto di vista materiale, è come una città che si sta ricostruendo dopo
un cataclisma. Ma è una costruzione nuova e dinamica. Il monastero è una
comunità cosciente di sé, capace di comunicare l'avvenimento di Cristo
all'uomo, in qualsiasi situazione si trovi, e capace quindi di convivenza. Il
monastero indica un ideale ecclesiale e civile e dimostra che la Chiesa viva
è fondamento di una nuova conoscenza e di una nuova azione, nonché principio
costruttivo di una nuova civiltà. Per questo si può dire che la Chiesa ha
creato la civiltà medioevale e nel suo dilatarsi missionario ha chiamato
molti popoli non solo alla fede ma alla civiltà stessa. Si pensi alla
prodigiosa dilatazione missionaria dei secoli VIII e IX verso il mondo slavo,
svolta soprattutto attraverso l'opera di Cirillo e Metodio. I due fratelli
non solo acquisiscono alla fede i popoli slavi, ma danno loro anche lo
strumento fondamentale di comunicazione: l'alfabeto che dal nome del primo
dei due santi fratelli viene chiamato cirillico. Nella sua opera
civilizzatrice la Chiesa ha salvato ciò che era essenziale dell'antico ordine
e lo ha comunicato al futuro, costruendo anche un'entità nuova: l'Europa. Gli elementi della nuova società:
fede vissuta, cultura, dignità personale. |