ANDREA DEL SARTO Ultima cena |
CENNI STORICI SULLE ORIGINI DELLA MESSA |
1. «Celebrando l'ultima Cena con i suoi Apostoli
durante un banchetto pasquale, Gesù ha dato alla Pasqua ebraica il suo
significato definitivo» (CCC 1340). 2. Fedeli all'insegnamento di Gesù, che ha raccomandato
di ripetere i suoi gesti «finché egli venga» (1 Cor 11,26), i primi cristiani «erano assidui nell'ascoltare
l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del
pane e nelle preghiere. [...] Ogni giorno tutti
insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti
con letizia e semplicità di cuore» (At
2,42-46). 3. Questi incontri avvenivano soprattutto «il
primo giorno della settimana», cioè la domenica, e
da allora la celebrazione dell'Eucaristia si è perpetuata fino a oggi, con la
stessa struttura fondamentale, in tutte le grandi famiglie liturgiche. Essa
è diventata e rimane il centro della vita della Chiesa. 4. Una
prima testimonianza dell'esistenza di questo banchetto rituale praticato dai
cristiani è del pagano Plinio il giovane, legato imperiale
in Bitinia, in una lettera all'imperatore Traiano, nel 110, dove smentisce la supposta pericolosità
sociale dei cristiani e la calunnia del cannibalismo, mentre ricorda la loro
abitudine «di riunirsi in un giorno stabilito, avanti l'alba, di cantare un
inno a Cristo, come a un dio, e di obbligarsi con giuramento a non
perpetrare delitti... Compiuti questi riti, avevano l'abitudine di separarsi
e di riunirsi ancora per prendere un cibo, checché se ne dica, comune e innocente». 5. Un'altra importante
testimonianza, attorno al 155, viene da san Giustino martire, un filosofo del
II secolo convertito alla fede cristiana che volle spiegare la ragionevolezza
della fede attraverso l'uso della filosofia,
diventando così, forse, il più grande fra i primi apologeti. In una lettera
all'imperatore pagano Antonino Pio (138-161), tanto importante da essere
stata ripresa dal Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1345), spiega cosa
facevano i cristiani: «Nel giorno chiamato "del Sole" ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne. Si
leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finché il tempo
consente. Poi, quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci
ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi. Poi tutti insieme ci
alziamo in piedi ed innalziamo preghiere (San Giustino,Apologia , 1, 67)». E inoltre: «sia
per noi stessi… sia
per tutti gli altri, dovunque si trovino, affinché, appresa la verità, meritiamo
di essere nei fatti buoni cittadini e fedeli custodi dei precetti, e di
conseguire la salvezza eterna. Finite le preghiere,
ci salutiamo l'un l'altro con un bacio. Poi al preposto dei fratelli vengono portati un pane e una coppa d'acqua e di vino
temperato. Egli li prende ed innalza lode e gloria al Padre dell'universo nel
nome del Figlio e dello Spirito Santo, e fa un rendimento di grazie (in
greco: eucharistian)
per essere stati fatti degni da lui di questi doni. Quando egli ha terminato
le preghiere ed il rendimento di grazie, tutto il popolo presente acclama: "Amen". Dopo che il preposto ha
fatto il rendimento di grazie e tutto il popolo ha
acclamato, quelli che noi chiamiamo diaconi distribuiscono a ciascuno dei
presenti il pane, il vino e l'acqua "eucaristizzati"
e ne portano agli assenti (San Giustino, Apologia,
1, 65)». 6.I due
grandi tempi della celebrazione eucaristica formano così un'unità originaria,
sono «un solo atto di culto» (Concilio Vaticano II, Costituzione Sacrosantum Concilium,
56). Essi rappresentano ancora oggi il tempo più importante della vita della
Chiesa, unendo la liturgia della Parola e la liturgia eucaristica, con la
presentazione del pane e del vino, l'azione di grazia che permette la
trasformazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo
rinnovando il sacrificio del Salvatore, e quindi la Comunione alla quale
possono accostarsi i fedeli in grazia di Dio. da il TIMONE set.- ott.2007 |