La Domenica |
Prima c'era il sabato
Nel racconto della
creazioni del mondo la Bibbia dice:"Dio nel settimo giorno smise ogni
lavoro" (Gn 2,2). In ebraico "smise" si dice shabbat,
e di qui viene la parola "sabato": "giorno in cui si
smette" di lavorare. Anche pronunciando il terzo comandamento, Dio
ricorda: "lo, il Signore, ho fatto in sei giorni il cielo, la terra e
il mare, ma poi mi sono riposato il settimo
giorno; per questo ho benedetto il
giorno del sabato, e voglio che sia consacrato a me" (Es
20,11). Nel racconto della Genesi, Dio ci richiama alla creazione per
imprimere bene nella mente delle persone le cose necessarie al loro bene,
alla loro felicità. Presso i popoli che abitavano le rive del Mediterraneo
non esisteva l'idea di un giorno settimanale dedicato al riposo di tutti.
Presso i Romani alcuni giorni di festa erano fissati all'inizio di ogni mese,
ma riguardavano le persone libere, benestanti. Dio invece vuole un giorno
libero per tutti. Ricorda espressamente: "Non fare lavorare…né il tuo
schiavo né la tua schiava…perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino
come te” (Dt 5, 14). II sabato, comandato da
Dio per tutti, significava che per tutti la vita deve essere
"umana", per incontrare le persone che ci vogliono bene, giocare e
ridere con i nostri bambini, sedersi con calma accanto a chi e ammalalo,
incontrare Dio che vuole per noi una vita felice. Una volta alla settimana.
Dio chiude i battenti al lavoro e all'ansia dei suoi figli, e dice loro:
"Basta! Adesso fate festa!". Gli Ebrei consacrarono il sabato a
Dio. Andavano alla sinagoga, ascoltavano la Sacra Scrittura che parlava del
bene che dobbiamo far trionfare sul male, della salvezza che verrà per tutti
nel giorno di Dio. Anche Gesù, al sabato, faceva festa così e entrava nella
sinagoga a sentire o a leggere la Bibbia; poi guariva i malati, camminava
lungo i campi di grano; sedeva a ridere e a giocare con i bambini,
partecipava a una festa di nozze, procurava con un miracolo il vino buono che
darà allegria agli sposi. Dal sabato alla "domenica"
Poiché Gesù e risorto
dal sepolcro "il giorno dopo il sabato" poco per volta i Cristiani
hanno trasportato il loro giorno di festa dal sabato al giorno che chiamarono
dominica dies (giorno del Signore). Quel giorno noi lo chiamiamo
semplicemente domenica. Nel marzo 325 una legge dell'imperatore romano
Costantino (primo imperatore cristiano) comandò che il giorno di domenica
fosse considerato di riposo per i lavori manuali e i tribunali in tutto l’
Impero. Era la prima volta nella storia umana ( dopo il “ sabato ebraico”
osservato da un piccolo popolo) che un giorno della settimana veniva “
liberato “ dalla fatica del lavoro. E questo in onore di Dio che aveva voluto
gli uomini figli e non schiavi. Il “ primo giorno” della settimana: la
festa cristiana
Il centro della festa
cristiana era, allora come adesso, la celebrazione della Cena del Signore." Il primo giorno
della settimana – scrivono gli Atti(c.20)- ci riunimmo per la
celebrazione della Cena del Signore, e Paolo rimase a parlare con i
discepoli…La stanza dove c’eravamo riuniti era al piano superiore
della casa, ed era molto illuminata”- La Didachè, parlando ai
Cristiani della Siria negli anni intorno al 100-150 d- C., dice:"Ogni
domenica, giorno del Signore, riuniti in assemblea, spezzate il pane e
rendete grazie, dopo aver confessato i vostri peccati. Solo così il vostro
sacrificio sarà puro". A quasi duemila anni di distanza, i Cristiani
continuano a considerare la festa settimanale un grande dono di Dio. Il Concilio Vaticano
II (1962-1965) dice: "Secondo la tradizione apostolica, che ha
origine nello stesso giorno della risurrezione di Cristo, la Chiesa celebra
il mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama giustamente
"giorno del Signore" o "domenica". In
questo giorno i fedeli devono riunirsi in assemblea per ascoltare la
parola di Dio e partecipare all’Eucaristia, e così far memoria della
passione, della risurrezione e della gloria del Signore Gesù e rendere grazie a Dio, (..,)- La domenica è la
festa prima e fondamentale dei Cristiani. Essi devono perciò considerarla
anche giorno di gioia e giorno di riposo dal lavoro (SC 106). La domenica è quindi: - giorno del Signore
in cui la comunità cristiana si raduna per la celebrazione dell'Eucaristia e
per pregare; - giorno della gioia
non solo per noi, ma anche per gli anziani e gli ammalati che aspettano la
nostra presenza per fare anche loro festa; - giorno di riposo
dal lavoro. I Vescovi italiani
hanno riflettuto sul fatto che negli ultimi decenni la festa si è trasformata
per molti in giorno di evasione e anche di trasgressione. E hanno scritto ai
loro Cristiani: "La nostra domenica e molto diversa da quella dei nostri
nonni. Non è realistico ipotizzare un ritorno al passato. Le trasformazioni
culturali non sono facilmente reversibili. Ma attraverso tutte le pur
necessarie trasformazioni sociali e culturali, non potranno mai venir meno,
nella domenica del cristiano, quei caratteri e quello spirito che hanno fatto
di questo giorno " Il Signore di giorni". Perché questo avvenga, dovremo essere
capaci di restituire alla domenica il suo carattere più vero: il volto
gioioso della vera festa, è "festa", è letizia, volontà di
stare insieme, gioia di parlarsi e di prolungare l'incontro, è convivialità,
e condivisione, è riposo, è anche sano divertimento. Tutto ciò è autentico
quando si radica nella gioia cristiana, nella letizia che viene dalla
comunione con Dio" (II giorno dei Signore, 1994), La Cena del Signore o Messa
L'ultima sera della sua
vita, Gesù volle cenare per l'ultima volta con i suoi apostoli. I Vangeli
informano che quell'addio fu la solenne cena della festa di Pasqua. La Pasqua
ebraica, ricordo della liberazione dalla schiavitù dell'Egitto, era una cena
in cui si consumava l'agnello immolato per la festività, resa festosa dal
racconto della liberazione, da preghiere, benedizioni e canti. In una delle
prime lettere dell'apostolo Paolo, inviata ai Cristiani di Corinto verso
l'anno 54 dopo Cristo, leggiamo:”Io ho ricevuto dal Signore la conoscenza
del fatto che a mia volta vi ho insegnato: nella notte in cui fu tradito,
Gesù il Signore prese il pane. Ringraziò Dio, spezzò il pane e disse: “
Questo è il mio corpo che viene dato
per voi. Fate questo in memoria di me”. Poi, dopo aver cenato, fece lo stesso
col calice del vino. Lo prese e disse
“ Questo calice è la nuova alleanza stabilita col mio sangue. Tutte le volte
che berrete, fate questo in memoria di me”. Infatti, ogni volta che mangiate
di questo pane e bevete di questo calice, voi annunciate la morte del
Signore, fino a quando egli ritornerà” (1 Cor 11, 23-26). Dopo la risurrezione,
Gesù (come narrano i Vangeli) si sedette ancora a tavola con i suoi. In
quelle riunioni conviviali Gesù spezzò ancora il pane con loro, ma nella
gioia: la sua morte, il suo sacrificio, era diventato vittoria e salvezza, e
risurrezione. Alla luce di questi fatti, gli apostoli capirono pienamente l'invito
che Gesù aveva loro fatto nell'ultima cena, e capirono le parole misteriose
che Gesù aveva detto un giorno suscitando scandalo: "Io sono il pane
vivo disceso dal cielo. Se una mangia di questo pane, vivrà per sempre. Il
pane che gli darò è il mio corpo, dato perché il mondo abbia vita” (Gv
6,51) Capirono che: - Il pane. e il vino
della Cena erano il corpo e il sangue di Gesù che andava a morire ma rimaneva
sempre con loro. - Gesù non li aveva invitati
ad ascoltare, come avveniva per le parabole, ma a mangiare: "Prendete e
mangiate - Bevete tutti di questo calice". - E li aveva invitati a
ripetere quelle parole e quei gesti che l'avrebbero reso nuovamente presente
in mezzo a loro: "Fate questo in memoria di me". Non nella mestizia
di chi vede un amico che va a morire, ma nella gioia di chi ha visto quella
morte diventare vittoria. Questa è stata
l'Eucaristia celebrata dai primi Cristiani e trasmessa a tutte le generazioni
successive. Da duemila anni nelle case dei poveri, nelle magnifiche
cattedrali, nelle baracche del terzo mondo, nelle chiese parrocchiali, i
cristiani fanno insieme la Cena del Signore. Gesù torna presente tra
loro con il suo corpo e il suo sangue dato (cioè offerto a Dio) per loro. E
cibandosi di quel pane che è il Corpo di Gesù, ricevono da lui la garanzia di
"vivranno per sempre" con lui risorto. Il primo racconto della
Messa Lo troviamo negli Atti
degli Apostoli (che sono il "diario" delle prime comunità
cristiane). Nel cap. 20 si racconta che l'apostolo Paolo era al termine del
suo terzo viaggio missionario sulle sponde dell'Asia Minore, nell'anno 58.
Erano passati circa 25 anni dalla morte e risurrezione di Gesù. A Tròade,
nella notte tra il sabato e la domenica, nella comunità cristiana Paolo
presiedette alla Cena del Signore, tra la luce festosa di molte lampade. Ecco
le parole precise di Luca, che era presente: "il primo giorno della
settimana ci riunimmo per la celebrazione della Cena del Signore, e Paolo
rimase a parlare con i discepoli. Mentre Paolo continuava a parlare, un
ragazzo di nome Èutico, che si era seduto sul davanzale della finestra, si
addormentò. A un certo punto cadde giù dal terzo piano e fu accolto morto.
Paolo allora scese, si piegò su di lui, lo prese nelle sue braccia e disse:
“calma e coraggio. Èutico è vivo!”. Poi risalì nella sala, spezzò il pane e
lo mangiò con gli altri. Parlò ancora a lungo, e quando spuntò il sole partì.
Intanto quel ragazzo era stato portato a casa sano e salvo, con gran sollievo
di tutti” (At 20, 7-11). La Cena del Signore a Roma
I Cristiani di Roma,
nel II secolo, venivano perseguitati e anche messi a morte con accuse
ridicole. Secondo il popolino facevano sacrifici umani, portavano
ilmalocchio... nell'anno 150 il filosofo e scrittore cristiano Giustino
scrisse un libro in 68 capitoletti, lo intitolò Apologia (= Difesa), e
lo indirizzò all'imperatore Antonino Pio. In esso demolisce le accuse
ridicole, ed espone in maniera semplice e chiara la dottrina e la maniera di
vivere dei Cristiani. Nei capitoletti 66 e 67 descrive la Cena del Signore.
Ecco le sue parole: "Nel giorno chiamato del Sole (= Domenica) ci
raccogliamo in uno stesso luogo della città o della campagna, e si fa lettura
delle memorie degli apostoli e degli scritti dei profeti. Quando il lettore
ha terminato, il capo della comunità tiene un discorso per ammonire ed
esortare all'imitazione di questi buoni esempi. Poi tutti insieme ci leviamo
e innalziamo preghiere. Quindi, cessate le preghiere, si reca pane e vino con
acqua, e il capo della comunità eleva preghiere e ringraziamenti con tutte le
sue forze; e il popolo acclama dicendo:
Amen! Quindi si fa la
distribuzione e si spartisce a ciascuno del cibo consacrato... Questo cibo noi lo
chiamiamo Eucaristia, e può prenderne solo colui che crede veri gli
insegnamenti nostri... e vive secondo le norme di Cristo... Il nutrimento
consacrato con la preghiera di ringraziamento formata dalle parole di Cristo
e, secondo la nostra dottrina, carne e sangue di Gesù... I ricchi e i
volenterosi, spontaneamente, offrono ciò che vogliono. E la colletta è
consegnata al capo, il quale aiuta gli orfani, le vedove, i bisognosi per
malattie o altro, i carcerati e i forestieri. In una parola, egli soccorre
chiunque si trovi nel bisogno". In questa descrizione
osserviamo già gli elementi essenziali che formano ancor oggi la nostra
Messa: le letture delle memorie degli apostoli e dei profeti (Antico
testamento e Nuovo Testamento), l’omelia presidente dell'assemblea, la
preghiera dei fedeli, la presentazione del pane e del vino, la " grande
preghiera di ringraziamento formata dalle parole di Cristo", la comunione,
la raccolta delle offerte dei poveri. Col passare degli anni si
aggiungeranno pochissimi nuovi elementi: le preghiere iniziali con la
domanda di perdono, il canto del "Santo, Santo, Santo" che Giovanni
Crisostomo testimonia già presente tra i Cristiani di Costantinopoli alla
fine del IV secolo, le altre brevi preghiere e i canti. Così la Cena
del Signore continua ad essere celebrata in tutto il mondo. L'anno Liturgico
"Fate questo in
memoria di me" aveva comandato Gesù. Il centro del culto cristiano è il
memoriale di Cristo morto e risorto, ricordo del passato, attualizzazione di
una presenza, anticipazione del futuro. I Cristiani fanno memoria della
Pasqua del Signore il primo giorno della settimana, la
domenica. Nel "giorno del Signore" la comunità si raduna in
assemblea per celebrare, con l'Eucaristia, il Signore risorto. Fin dal II
secolo si avvertì il bisogno di dare particolare rilievo alla celebrazione
annuale della Pasqua che occupa lo spazio di tre giorni (Triduo pasquale): - il Giovedì santo,
in cui facciamo memoria dell'ultima cena del Signore; - il Venerdì santo
è il giorno in cui si rivive la passione e morte del Signore; - il Sabato santo,
nel silenzio contempliamo Gesù che giace nel sepolcro. Nella notte del Sabato
santo i Cristiani celebrano la Veglia pasquale, che S. Agostino
chiamava "la madre di tutte le veglie". In questa notte si
celebrano i sacramenti dell'iniziazione cristiana per coloro che si erano a
lungo preparati con un cammino di ascolto della Parola. Oggi una ricca e
suggestiva sequenza di elementi (liturgia della luce, della Parola,
battesimale, ed eucaristica) celebra nella letizia la risurrezione dì Cristo
e il mistero pasquale, il centro e culminedi tutto l'Anno liturgico. Il Tempo di
Avvento, quattro settimane che preparano al Natale. Questo tempo
ricorda ai Cristiani la prima venuta del Figlio di Dio, che nasce a
Betlemme. Ricorda l’ultima sua venuta alla fine dei tempi, che i
Cristiani attendono con vigilanza. Segue il Tempo di Natale che
ha il suo centro nella festa della nascita di Gesù a Betlemme (25 dicembre).
Comprende pure la Festa della Santa Famiglia (prima domenica dopo Natale), la
Festa di Maria Madre di Dio (1 gennaio), la prima manifestazione di Gesù ai
popoli pagani nella festa dell'Epifania (= manifestazione) il 6 gennaio, e la Festa del
Battesimo di Gesù (domenica dopo l'Epifania), Al tempo di Natale, dopo
alcune settimane del Tempo Ordinario segue il Tempo di
Quaresima: quaranta giorni che preparano i Cristiani alla
celebrazione dei giorni della passione, morte e risurrezione del Signore. I
50 giorni che seguono la Pasqua costituiscono il Tempo
di Pasqua. Nel quarantesimo giorno fanno memoria dell’Ascensione
di Gesù al cielo. Nel cinquantesimo
giorno fanno memoria della Pentecoste, giorno in cui lo Spirito
Santo discese sugli apostoli raccolti nel Cenacolo attorno a Maria SS., dando
inizio alla Chiesa. Il Tempo
Ordinario è un insieme di 33-34 settimane. Nelle domeniche del Tempo
Ordinario i Cristiani riflettono sui fatti e le parole principali di Gesù,
contenute nel Vangelo. SacroCuore/novembre2001 |