Le reliquie dei martiri venerate fin dalle origini della Chiesa

          Ma che cos'è una reliquia e quale il rapporto con le origini della Chiesa e del culto dei martiri? È bene tornare a meditare su questo tema per conoscere più profondamente il segno che questo passaggio può lasciare nel cuore degli uomini e delle donne della nostra comunità.


          Quando la liturgia romana comincia a caratterizzarsi e assume alcune sue proprie linee di diversificazione dalle altre liturgie l'era dei martiri non è compiuta. I cristiani seppellivano con il dovuto onore non solo i propri defunti, ma soprattutto coloro che avevano testimoniato, fino a subire la morte, la propria fede. Di un vero culto dei martiri non si trovano che scarse testimonianze fino al terzo secolo. Questo culto si sviluppa a partire dalle normali usanze funerarie locali, purificate alla luce della fede cristiana, e matura alla luce della riflessione relativa al ruolo ecclesiale del martirio e dei martiri.


          Due sono i principali filoni di ricerca, che si illuminano vicendevolmente e ci permettono di ottenere delle notizie circa le prime forme del culto dei martiri: quelle che, in senso molto ampio possono essere incluse nella determinazione di "archeologiche" e quelle più propriamente "letterarie". Qui ci si riferirà soprattutto a queste ultime, pur riconoscendo che i due filoni hanno bisogno l'uno dell'altro per avere accesso ad una maggiore conoscenza.

          Le prime attestazioni, a Roma, le troviamo nella Depositio Martyrum del 354, e in essa si risale, prescindendo dagli Apostoli, al tempo di Papa Callisto e al gruppo dei sette diaconi martiri con Papa Sisto II, durante la persecuzione del 258. Nel Calendario Filocaliano non si trova menzione dei martiri del secondo secolo e si riscontrano non poche lacune che hanno dato adito a più di una congettura, ma sostanzialmente esso riflette il culto dei martiri a Roma. Contemporaneamente a Cartagine, nell'area africana della liturgia romana, il vescovo Cipriano entra a far parte della lista dei martiri della propria Chiesa, che conosce e di cui scrive.

          La "rievocazione" delle gesta dei martiri era fatta, molto probabilmente con la lettura del racconto del martirio, nel corso della celebrazione liturgica e il celebrare la "memoria" di un martire congloba allo stesso tempo un luogo e un anniversario.

          Già per alcune affermazioni precedenti si è superato il periodo anteriore alla pace costantiniana. Non meraviglierà che dopo questa le tombe dei martiri vengano ornate con decorazioni. Uno sviluppo ulteriore del culto dei martiri nella liturgia romana avverrà al momento in cui esso verrà esteso ai "cenotafi", o tombe votive senza il corpo del martire, e alle "reliquie", sia che indichino oggetti tenuti a contatto con i corpi o le tombe dei martiri, sia vere e proprie parti dei resti mortali. La mentalità proveniente dal diritto romano ha costituito infatti una iniziale notevole resistenza allo smembramento e anche alla semplice traslazione delle spoglie dei martiri. Se scoperte e traslazioni delle reliquie dei santi si evidenziano alla fine del IV secolo a Roma, però, il fenomeno è più tardivo (Cf San Gregorio Magno nella risposta negativa data all'imperatrice Costantina). Ma presto a Roma, come altrove, dato che molti sepolcri dei martiri stavano fuori della città, per toglierli all'incuria del possibile saccheggio, nel VII secolo iniziarono le traslazioni dei corpi dei martiri in città. Ciò si accentuò con le prime invasioni dei Longobardi e dei Saraceni.
 

          Anche se, fin dal IV secolo, non tutto nel diffondersi delle reliquie, nella costruzione delle "Memoriae", nel modo di celebrare gli anniversari è stato immune da falsificazioni e abusi che i vescovi rimproverano e correggono (Cf per le reliquie ed egualmente per la lotta alle agapi fraterne le opere di Sant'Agostino), il fervore di iniziative testimonia con certezza di un gran desiderio da parte dei cristiani di rendere culto ai martiri. Al tempo di Sant'Agostino accanto ai "Martyria" o "Memoryae" dei martiri locali dell'Africa cristiana si erigono dei "Martyria" per delle "reliquiae" provenienti da altre Chiese. Anche questi "martyria" divengono luoghi di venerazione riccamente adornati e grandemente frequentati. Ciò che si conosce per l'Africa dagli scritti di Agostino si è tuttavia verificato, anche se in forme diverse, per quasi tutte le Chiese dell'Italia, della Spagna, della Gallia.

          Alla fine del IV secolo, il calendario romano era già abbastanza completo. Più tardi, le diverse Chiese locali porteranno a conoscenza l'una dell'altra i propri calendari, e ciò porterà ad un loro mutuo ampliamento .Poco dopo questi vari calendari furono riuniti per costituire i "martirologi", liste di nomi e brevi notizie di un certo numero di martiri, appartenenti a diverse Chiese locali, il cui anniversario cade nello stesso giorno. Tra questi è di rilievo quello di San Girolamo, che è alla base di tutti quelli che lo hanno seguito e ampliato nell'ambito della liturgia romana, e che sono stati usati nell'Ufficio divino, oltre che nella lettura privata.

          Sant'Ambrogio esorta i fedeli ad indirizzare le loro preghiere ai martiri, perché intercedano al fine di farci ottenere il perdono dei peccati. Sant'Agostino ci testimonia che se da una parte l'invocazione dei martiri era un fatto consolidato nelle comunità cristiane del IV secolo, l'espressione liturgica del loro culto restava molto discreta.
Nella liturgia romana il ricordo e la preghiera dei martiri entra presto a far parte della grande Preghiera Eucaristica, e il Canone Romano è testimone di questa tradizione. Il legame del sangue dei martiri con l'Eucaristia è testimoniato ancora dalla tradizione relativa all'altare nel quale fin dall'antichità devono trovarsi incluse reliquie di martiri che vengono portate solennemente in processione al momento della consacrazione-dedicazione di una nuova chiesa.

Anche oggi il ricordo dei santi e dei beati continuano ad essere una corona di gemme, che mostra " in qual modo la vita ed il mistero di Cristo possa essere rivissuto e realizzato dai credenti " (B. Ildefonso Schuster, Liber Sacramentorum, VI, c. II). Il culto per le reliquie è accettato e giutificato per la valenza simbolica che rappresenta: non si adora un oggetto o parti di spoglia umane che sono state conservate, ma la persona e la santità che Dio ha plasmato e alimentato in quella sua creatura.


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ultimo aggiornamento 4/1/2001