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Sant' Antonio
Abate
17 gennaio -
Memoria
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Alto Egitto, c.
250 – 356
Si sentì chiamato a seguire il
Signore nel deserto udendo nella liturgia il Vangelo: “Se vuoi
essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e dallo ai
poveri” (Mt 19, 21); “Non affannatevi per il domani” (Mt 6,
34). Il suo esempio ebbe vasta risonanza e fu segnalato a tutta la
Chiesa da sant’Atanasio. E’ considerato il padre di tutti i
monaci e di ogni forma di vita religiosa. Sensibile ai problemi
del suo tempo, collaborò per il bene comune con i responsabili
della vita ecclesastica e civile.
Patronato:Eremiti,
Monaci, Canestrai
Etimologia:
Antonio = nato prima, o che fa fronte ai suoi avversari, dal greco
Emblema:
Bastone pastorale, Maiale, Campana, Croce a T
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Del monaco più illustre della Chiesa antica,
morto ultra centenario (250-356), ci è pervenuto uno dei più
begli esempi di biografia. Ne è autore S. Atanasio, che di
Antonio era amico e zelante discepolo. Il biografo non ha
trascurato alcun particolare che potesse illuminare sulla
personalità, le abitudini, il carattere, le opere e il pensiero
del caposcuola del monachesimo. Nato a Come nel cuore dell'Egitto,
a vent'anni Antonio aveva abbandonato ogni cosa per seguire alla
lettera il consiglio di Gesù: "Se vuoi essere perfetto, va',
vendi ciò che hai...". Si rifugiò dapprima in una plaga
deserta e inospitale tra antiche tombe abbandonate e poi sulle
rive del Mar Rosso, dove condusse per ottant'anni vita di
anacoreta.
L'esperienza del "deserto", in senso reale o figurato,
è ormai un metodo di vita ascetica, fatto di austerità, di
sacrificio e di estrema solitudine: S. Antonio, se non
l'iniziatore, ne fu l'esempio più insigne e stimolante. Infatti,
pur non avendo redatto alcuna regola di vita monastica o aver
incoraggiato altri a seguirlo nel deserto, Antonio esercitò un
grande influsso dapprima tra i suoi conterranei, e poi in tutta la
Chiesa.
Il richiamo della sua straordinaria avventura spirituale, pur in
assenza dei mass media e delle rapide comunicazioni moderne, si
propagò a tal punto che da tutto l'Oriente monaci, pellegrini,
sacerdoti, vescovi, e anche infermi e bisognosi, accorrevano a lui
per ricevere consigli o conforto. Lo stesso Costantino e i suoi
figli si mantennero in contatto con il santo anacoreta. Pur
prediligendo la solitudine e il silenzio, Antonio non si sottrasse
ai suoi obblighi di cristiano impegnato a riversare sugli altri i
doni con cui Dio aveva ricolmato la sua anima: due volte egli
lasciò il suo eremitaggio per recarsi ad Alessandria, sapendo che
la sua presenza avrebbe infuso coraggio ai cristiani perseguitati
da Massimino Daia. La seconda volta vi si recò dietro invito di
S. Atanasio, per esortare i cristiani a mantenersi fedeli alla
dottrina sancita nel concilio di Nicea (325).
Non è possibile parlare di questo illuminato
"contestatore" senza accennare alle tentazioni che
turbarono la sua solitudine nel deserto e che fornirono a pittori
come Domenico Morelli il pretesto per ritrarlo tra donne procaci:
S. Antonio fu infatti bersaglio di molteplici tentazioni del
maligno che gli appariva sotto sembianze angeliche, umane e
bestiali. Questo santo umanissimo, pur nell'austera immagine
dell'anacoreta, è veneratissimo come protettore degli animali
domestici, umile ruolo che lo rende tuttora popolare ed amato.
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ANCORA SU SANT'ANTONIO
Nato presso Eracleopoli nel Medio Egitto nel 251, Antonio Abate è uno
dei fondatori del monachesimo orientale e perciò chiamato "padre
dei monaci". Dopo la morte dei genitori distribuì infatti tutti i
suoi averi ai poveri e nel 270 si ritirò nel deserto della Tebaide dove
cominciò la vita di penitente. Lì lo raggiunsero numerosi discepoli e
perciò fondò varie comunità anacoretiche in Egitto. Sostenne i
martiri nella persecuzione di Diocleziano e si adoperò moltissimo
contro l'eresia ariana aiutando sant'Attanasio nelle sue lotte. Lo
stesso sant'Atanasio né scriverà la biografia. Morì presso
Afroditopoli nell'anno 356. |
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