Chiesa "San Lorenzo Martire" Cattedrale della Diocesi di Trapani

SAN LORENZO: UNA SINGOLARE
STORIA DI FEDE E D'AMORE 

Secondo gli Acta sanctorum (agosto, tomo II, p. 511), Lorenzo sarebbe di origine spagnola. 
Egli era, il primo tra i sette diaconi addetti al servizio del papa Sisto II (cfr. Prudenzio, Pe II, 36 sgg.), l'arcidiacono, a cui il papa affidava la parte amministrativa della sua carica: l'arcidiacono dirigeva i lavori dei cimiteri (le catacombe), governava il numeroso personale che vi era addetto, riceveva le rendite ecclesiastiche, conservava gli archivi, dispensava le pensioni e le elemosine; godeva di grande prestigio presso il resto del clero; si fregiava del titolo di "diacono del papa", che egli poteva chiamare "mio papa" e "padre mio" (cfr. Ambrogio, De op 1,61); spesso succedeva al papa nella carica (così avvenne, ad es., per Callisto, che succedette a Zefirino, o per lo stesso Sisto, che era succeduto a Stefano). Il martirio di Sisto II, papa, e di Lorenzo avvenne quando era imperatore Valeriano (253-260). Questi, che era stato a lungo benevolo, anzi, favorevole ai cristiani, passò a perseguitarli, quando per risolvere le difficoltà finanziarie del suo governo, pensò di mettere le mani sui beni della chiesa, che dovevano essere consistenti, considerati non solo i contributi volontari periodici (in genere mensili), ma anche i numerosi lasciti dovuti alla generosità dei fedeli e alle leggi che favorivano associazioni e confraternite funerarie, e considerato anche il grande numero di poveri che la chiesa assisteva (si sa di millecinquecento poveri, a metà del III secolo, da una lettera di Cornelio, Ad Fabianum 3). Valeriano (257) si era già impadronito dei beni immobili della chiesa; volendo successivamente (258) impadronirsi anche di quelli mobili, avrebbe voluto anche la "collaborazione" di Lorenzo. 
Il papa Sisto era stato giustiziato i 16 agosto (del 258) nel cimitero di S. Callisto, in base al rescritto di Valeriano, che ordinava l'esecuzione capitale sul posto per vescovi, preti e diaconi sorpresi nell'esercizio del loro ministero: Sisto era stato condotto prima dal prefetto del pretorio per essere giudicato, poi ricondotto al cimitero per essere giustiziato "sul posto"; lungo la strada, secondo il racconto di Ambrogio (De off 1,41), incontrò il diacono Lorenzo, che gli chiese: "Padre, dove vai senza tuo figlio? Prete, dove vai senza il tuo diacono?"; a lui Sisto rispose: "Figlio mio, non ti abbandono. Più grandi combattimenti ti attendono. Non piangere: mi seguirai fra tre giorni". 
Dopo il martirio di Sisto, e degli altri sei diaconi, fu la volta di Lorenzo. 
  

Il prefetto, Cornelio Secolare, interrogò con benevolenza Lorenzo (Prudenzio lo sottolinea: "Con dolcezza ti interrogo - dice il prefetto al santo - e dovresti rispondere da te stesso", intendendo: senza bisogno che si ricorra a torture e supplizi).  Il prefetto si dimostrò, con un lungo discorso, ben informato sulle abitudini dei cristiani e sui loro beni. Lorenzo promise di mostrargli i beni della chiesa e chiese tre giorni per metterli insieme. E radunò di fatto quelli che erano i veri beni della chiesa, i poveri, i malati, le vergini, quanti insomma erano oggetto della carità della chiesa, che Gesù aveva chiamato "beati", e con i quali si era identificato. 
La reazione del prefetto, che si vide beffato e messo in ridicolo agli occhi di tutti, fu aspra; ma non volle la morte rapida di Lorenzo, sperando, evidentemente, di costringerlo a confessare. 
Il racconto di Prudenzio e quello di Ambrogio coincidono nella sostanza; Ambrogio è più sobrio: "Si interrogò Lorenzo riguardo ai tesori della chiesa. Promise di farli conoscere. L'indomani radunò i poveri. Interrogato dove fossero i tesori che aveva promesso, mostrò i poveri dicendo: "Ecco i tesori della chiesa"" (De off 2,28). 
Ambrogio ha probabilmente presente anche l'esempio di Cornelia che mostrava ad una matrona romana i due giovani Gracchi, dicendo: "Ecco i miei gioielli". Prudenzio ne fa un'epopea.  Ambrogio dice espressamente che Lorenzo fu impositus superecraticulam (De off 1,41); Prudenzio non nomina la graticola, ma la suppone quando il Santo invita il prefetto a girare il suo corpo (inverti iubet), perché sia cotta bene da una parte e dall'altra, e lo invita ad assaggiare se sia migliore la parte cotta o quella ancora cruda del suo corpo (la battuta è riportata anche da Ambrogio, che fa dire, però, a Lorenzo soltanto "E' cotto; gira e mangia!", Assum est; versa et manduca!, De off 2,41). 
Insieme a Lorenzo furono martirizzati (come si legge nel Liber pontificalis) il suddiacono Claudio, il prete Severo, il lettore Crescenzio, l'ostiario Romano. 
La venerazione e il culto per S. Lorenzo si diffusero rapidamente. 
L'imperatore Costantino (agli inizi del IV sec.) fece erigere nell'agro Verano, sulla via Tiburtina, dove il santo aveva subito il martirio, la grande basilica in suo onore, che, variamente ampliata e rimaneggiata, si può ammirare ancora oggi. 
La sua festa (10 agosto) era di precetto fino al secolo scorso e gli elementi della Liturgia della vigilia e del giorno sono presenti nei più antichi Sacramentari. L'esempio del diacono S. Lorenzo, caduto in terra come grano pronto per la semina, ha portato frutti abbondanti, suscitando una schiera di generosi giovani a servizio della Chiesa e dei poveri. Il diaconato (= servizio) è sempre stato un ufficio di primo piano nella carità e nelle assemblee liturgiche. Il Concilio Vaticano II lo ha rimesso in luce facendone anche un ministero permanente e "a sé stante", con caratteristiche liturgiche e caritative tutte proprie.
A Trapani, il culto a San Lorenzo si sviluppò nel secolo XI. La nostra Chiesa di S. Lorenzo sorse nell'antico quartiere denominato "Palazzo", nel sito occupato fin dal 1102 dalla Cappella di San Giorgio, patrono dei Genovesi, nonché accanto al loro consolato. Nel 1280, re Giacomo d'Aragona dispose la divisione del quartiere "Palazzo" in due ulteriori quartieri, chiamati: uno "San Francesco" e l'altro "S. Lorenzo", dal nome della Chiesa che già preesistente. 
Nel 1433, Re Alfonso il Magnifico cacciò i Genovesi dalla Città e l'anno dopo eresse a Parrocchia la "Chiesa San Lorenzo". Nel 1844 (31 maggio), con il sorgere del Vescovado a Trapani, "San Lorenzo" fu eretta a Cattedrale.
 

INNO IN ONORE DELLA PASSIONE DI S. LORENZO, DIACONO E MARTIRE

  

Antiqua fanorum parens, 
iam Roma Christo dedita,
Laurentio victrix duce
ritum triumfas barbarum...


(così inizia l'inno 
in testo latino - 
segue traduzione 
di Giuseppe Micunco)

Madre antica di templi,
Roma già a Cristo sacra,
col trionfo di Lorenzo
hai vinto i culti barbari.

Re superbi vincesti
e popoli domasti,
ora mostruosi idoli
soggioghi col tuo impero.
 

Questa gloria mancava
alla Città togata:
che vinta ogni ferocia
domasse il sozzo Giove.

Ne vinser con la forza
Cosso, Camillo o Cesare,
ma il martire Lorenzo
con non incruenta guerra.

Lottò armata la Fede
del proprio sangue prodiga:
vinse morte con morte,
si immolò per se stessa.

Il pontefice Sisto
in croce lo predisse
al vedere Lorenzo
sotto la croce piangere:
 

"Smetti il dolore e il pianto
per la mia dipartita!
Ti precedo, fratello,
tu verrai fra tre giorni".

La parola del vescovo
gli preannunziò la gloria,
né si sbagliò: la palma
venne il giorno predetto.

Con che voce o che lodi
canterò la sua morte?
qual canto sarà degno 
d'una tale passione?

Questi primo fra i sette 
che servono all'altare, 
levita d'alto grado
e degli altri più nobile,
  

E' l'inno scritto da Aurelio Prudenzio Clemente, nato a Calahorra (Spagna) nel 348.
L'inno è il testo più ampio, più ricco di particolari e più attendibile sul martirio di S. Lorenzo.