"Il grande
problema della Passione di Cristo di Mel Gibson, è che manca totalmente
la dimensione spirituale, interiore. Non è poco, essendo la storia
quasi in tempo reale della Crocefissione. Ma in mano al Mad Max Mel
Gibson, ammessa la buona fede del suo ipercattolicesimo, questa diventa
la più grande storia horror mai raccontata.[...] Difficile dire bello o
brutto. Sicuramente truculento, ma non emozionante. Sicuramente non
pacifista. Sicuramente dozzinale e debitore del cinema ad armi letali di
Gibson,dei serial horror, a volte anche del western spaghetti e del
cinema catastrofico con terremoto. Il Nostro è un Braveheart sulla
Croce: ma la storia evangelica è clamorosamente inadeguata al talento
di Mel, che glissa sui rapporti con i discepoli e sulla Resurrezione e
racconta tutto d'un pezzo senza sottigliezze, senza sfumature, senza
pause, senza punteggiatura psicologica. (...) Il vero miracolo della
'Passione di Cristo' è il fondamentalismo furbo del marketing che l'ha
lanciato, dopo il rischio che si perdesse nella disattenzione di un
cinema fuori moda, dopo i capolavori di Scorsese, Pasolini, Rossellini,
mentre oggi si minaccia addirittura una resurrezione del genere 'Jesus
Christ'. Ci vuole cura su certi argomenti, non bisogna esagerare nel
ralenti, il messaggio di Cristo sarebbe il più bello ed attuale se non
fosse ridotto a santino sanguinante: scommettiamo che non sarà un best
seller da parrocchia?" (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 13
marzo 2004)
Tratto da it.movies.yahoo.com,
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Ho avuto la fortuna di
vedere in anteprima il discusso film di Mel Gibson “La Passione di
Cristo” e devo dire che ne sono rimasto colpito per diversi aspetti:
veridicità del racconto; crudezza delle immagini; uso delle lingue
originali con sottotitoli in inglese. Possiamo definire il film come
“una interminabile Via crucis che conduce dal Getsemani al Calvario”
con l’aggiunta di alcuni flash back che mettono in parallelo frasi e
avvenimenti della Passione con azioni e parole di Gesù nel corso della
sua vita, dall’infanzia al periodo della vita pubblica. Un
accostamento, a mio avviso, non sempre ben riuscito.
Apprezzo la chiarezza e il coraggio di Gibson nel raccontare gli eventi
in maniera “letterale”, così come si sono svolti secondo il dettato
evangelico. Vengono ben evidenziate le “responsabilità” del
governatore romano Ponzio Pilato e dei sommi sacerdoti nella condanna di
Gesù, cosa, del resto, così evidente nel racconto evangelico.(...)
La crudezza delle immagini colpisce non poco.(...) L’insistenza,
talvolta compiaciuta, del regista su queste immagini rischia di
infastidire lo spettatore. Il tentativo di riproporre il racconto nelle
lingue originali è una novità certamente positiva.(...) Ebraico,
aramaico e latino si intrecciano e si mescolano a più riprese. (...)
La presenza del male viene rappresentata da un personaggio in vesti
scure che segue silenziosamente e con interessata preoccupazione Gesù
nelle sue ultime ore; il maligno si rivela e si svela pienamente in un
urlo di sconfitta, solo alla fine, quando si rende conto di essere stato
giocato dalla precisa volontà di Gesù di accettare liberamente la sua
passione fino alle estreme conseguenze.[..]In definitiva, si tratta solo
di un film; un film, tuttavia, da raccomandare, preferibile a certe
edulcorazioni che, per non offendere nessuno, finiscono per offendere
l’oggettività del racconto e la verità. (Massimo Pazzini)
Tratto da servus.christusrex.org,
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