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Morto a Sebaste
(Armenia), ca. 316
Biagio godette di molta venerazione
nelle Chiese d’Oriente e d’Occidente, anche per i miracoli a lui
attribuiti. Secondo una tradizione, fu vescovo di Sebaste in Armenia e morì
martire sotto Licinio (320-334).
Patronato:Malattie
della gola
Etimologia:
Biagio = bleso, balbuziente, dal latino
Emblema:
Bastone pastorale, Candela, Palma, Pettine per lana
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C’è una sua statua anche su una guglia del Duomo di
Milano, la città dove in passato il panettone natalizio non si mangiava
mai tutto intero, riservandone sempre una parte per la festa del nostro
santo. (E tuttora si vende a Milano il “panettone di san Biagio”, che
sarebbe quello avanzato durante le festività natalizie). San Biagio lo si
venera tanto in Oriente quanto in Occidente, e per la sua festa è diffuso
il rito della “benedizione della gola”, fatta poggiandovi due candele
incrociate (oppure con l’unzione, mediante olio benedetto), sempre
invocando la sua intercessione. L’atto si collega a una tradizione
secondo cui il vescovo Biagio avrebbe prodigiosamente liberato un bambino
da una spina o lisca conficcata nella sua gola.
Vescovo, dunque. Governava, si ritiene, la comunità di Sebaste
d’Armenia quando nell’Impero romano si concede la libertà di culto ai
cristiani: nel 313, sotto Costantino e Licinio, entrambi “Augusti”,
cioè imperatori (e pure cognati: Licinio ha sposato una sorella di
Costantino). Licinio governa l’Oriente, e perciò ha tra i suoi sudditi
anche Biagio. Il quale però muore martire intorno all’anno 316, ossia
dopo la fine delle persecuzioni. Perché?
Non c’è modo di far luce. Il fatto sembra dovuto al dissidio scoppiato
tra i due imperatori-cognati nel 314, e proseguito con brevi tregue e
nuove lotte fino al 325, quando Costantino farà strangolare Licinio a
Tessalonica (Salonicco). Il conflitto provoca in Oriente anche qualche
persecuzione locale – forse ad opera di governatori troppo zelanti, come
scrive lo storico Eusebio di Cesarea nello stesso IV secolo – con
distruzioni di chiese, condanne dei cristiani ai lavori forzati, uccisioni
di vescovi, tra cui Basilio di Amasea, nella regione del Mar Nero.
Per Biagio i racconti tradizionali, seguendo modelli frequenti in queste
opere, che vogliono soprattutto stimolare la pietà e la devozione dei
cristiani, sono ricchi di vicende prodigiose, ma allo stesso tempo
incontrollabili. Il corpo di Biagio è stato deposto nella sua cattedrale
di Sebaste; ma nel 732 una parte dei resti mortali viene imbarcata da
alcuni cristiani armeni alla volta di Roma. Una improvvisa tempesta tronca
però il loro viaggio a Maratea (Potenza): e qui i fedeli accolgono le
reliquie del santo in una chiesetta, che poi diventerà l’attuale
basilica, sull’altura detta ora Monte San Biagio, sulla cui vetta fu
eretta nel 1963 la grande statua del Redentore, alta 21 metri.
Dal 1863 ha assunto il nome di Monte San Biagio la cittadina chiamata
prima Monticello (in provincia di Latina) e disposta sul versante sudovest
del Monte Calvo. Numerosi altri luoghi nel nostro Paese sono intitolati a
lui: San Biagio della Cima (Imperia), San Biagio di Callalta (Treviso),
San Biagio Platani (Agrigento), San Biagio Saracinisco (Frosinone) e San
Biase (Chieti). Ma poi lo troviamo anche in Francia, in Spagna, in
Svizzera e nelle Americhe... Ne ha fatta tanta di strada, il vescovo
armeno della cui vita sappiamo così poco.
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