La Passio leggendaria.

In un codice del sec. X , ritrovato sul monte Athos, è stato rintracciato un martyrium Stephani in una versione georgiana (testo originale in greco; ed. in PO, a cura di Marr, XIX, pp 689-99; con varianti esiste anche un testo in lingua slava (Monumenta linguae nec-non litteraturae ukraino-russicae III 1902, 28-33, 256-58).

Secondo queste narrazioni, due anni dopo l’Ascensione nacque fra Stefano e molti sapienti d’Etipopia, di Tebaide, Mauritania, Babilonia un’accesa discussione sulla nascita verginale di Cristo, sui miracoli da lui compiuti, sulla sua morte e gloriosa risurrezione. Gli avversari lo portarono in tribunale perché Pilato lo condannasse; al contrario questi rimproverò i Giudei per la loro caparbietà e difese l’opera di Stefano; anzi egli stesso, con moglie e figli, si converì al Cristianesimo. Stefano fu quindi trasferito presso il tribunale di Caifa, che lo fece flagellare. Si svolse quindi un acceso dibattito, prolungatosi per tre giorni e per tre notti, in cui la dialettica del diacono riuscì a sconfiggere quella dei suoi nemici. Nemmeno l’intervento di Saulo riuscì a debellarlo; anzi ne suscitò una violenta reazione, a stento frenata da Gamaliele, per avergli preannunciata la conversione. Il diacono venne poi sottoposto a raffinati supplizi, sopportati sempre eroicamente col conforto di un angelo.

In seguito venne condotto presso lo scriba Alessandro (Act. 5,25) e successivamente dal tetrarca Antipa. Nella notte antecedente l’ultimo giudizio, un angelo preannunciandogli l’imminente martirio, lo confortò. Nell’udienza davanti al Sinedrio il più violento si dimostrò Saulo che insistentemente chiese la lapidazione. Questa avvenne alla presenza di Pilato e familiari (particolare assente in alcune recensioni), di Nicodemo, di Gamaliele e di suo figlio Abibo.

Secondo alcune recensioni anche Nicodemo ed Abibo subirono il martirio per aver tentato la sepoltura del corpo di Stefano destinato dai suoi nemici ad essere divorato dalle fiere. Sulla sepoltura le leggende variano; secondo alcune fu lo stessop pilato che raccolse le spoglie di Stefano seppellendole nella tomba di famiglia e di qui furono miracolasamente traslate a Kefar-Gamla; secondo altre invece fu Gamaliele che si fece consegnare dagli Apostoli il corpo del martire trasferendolo nel suo villaggio di Kefar-Gamla a trenta miglia da Gerusalemme. Qui si era rifugiato anche Nicodemo cacciato violentemente da Gerusalemme; morto per le ferite riportate, fu sepolto da Gamaliele presso il corpo di Stefano.

La narrazione si collega, ampliandoli avari punti degli Atti e con ogni probabilità alle Recognitiones pseudoclemantianae (cf.PG. I, xcoll 1207 sgg).

Dove questa passio sia sorta è difficile stabilirlo; non è nemmeno facilmente precisabile l’epoca (sec. V-VI ?). Infine non è possibile determinare quale sia la dipendenza di questa passio dalla relazione dell’invenzione delle reliquie compilata nel 415 dal prete Luciano, di cui si tratterà più avanti.

Delle due narrazioni che hanno alcuni punti comuni, non si può precisare quale sia effettivamente la più antica.