La lingua del Codice è, naturalmente quella latina. Non quella classica: è chiaro che i letterati non si occupavano di rogiti e di concessioni. Gli imperatori e i vescovi avevano nella curia i notai e questi tenevano nel loro studio degli emanuensi. Salvo i casi di documenti importanti, i primi stendevano una bozza con tutti gli "omissis" e i secondi lo redigevano in forma completa. La lingua dipende dalla cultura letteraria, che nei notai dei comuni di minore importanza si riduceva a quella delle formule convenzionali.
Se alcuni sono offerti in un latino abbastanza accettabile, altri addirittura ignorano le più elementari regole di grammatica, di sintassi e di ortografia. Molti documenti sono dei verbali scritti estemporaneamente e quindi risentono degli interventi delle persone interessate. Altra nota caratteristica è la ripetizione dei concetti: forse taluno dei contraenti voleva chiarire e ribadire il roprio pensiero. Molto frequente è l’alternanza del discorso diretto ed indiretto senza i necessari segni d’interpunzione. Anche la concordanza soggetto-verbo è spesso ignorata.
Da non dimenticare che anche le stesse parole latine hanno già subito una evoluzione (ad es. è scomparsa la desinenza ae) Notevole è poi la frequenza di nuovi vocaboli venuti dalla lingua parlata dalle persone di origine sia latina che lòngobarda, nonché dai vari idiomi locali. Sarebbe da ricordare anche un buon numero di parole starne che sono ancor oggi non definitivamente chiarite.
Il codice è stato consultato nel tempo da alcuni studiosi. E’ citato poco nel Glossarium Mediae et Infimae Latininitatis del Du Cange e solamente nelle edizioni successive alla prima; queste citazioni sono avvenute tramite l’Italia sacra dell’Ughelli. Alcuni documenti sono stati trascritti da Ferdinando Podestà e pubblicati nella rivista Historiae Patriae Monumenta edita nel secolo scorso a Modena. La trascrizione nel senso sopra chiarito, ad eccezioe delle parti poc’anzi ricordate, è stat fatta dal prof. Michele Lupo Gentile, ed è la sola alla quale si possa fare riferimento.
Il testo contiene alcuni vuoti dovuti alla corrosione dell’inchiostro o allo sbiadimento della scrittura, il gotico curiale.
Pochi anni or sono il Codice è stato restaurato a cura delle Regione Liguria. E’ proprietà del capitolo della Cattedrale di sarzana e custodito in unio scaffaledi ferro nella Biblioteca Niccolò V, in una stanza blindata munita di apparecchiatura di allarme antifurto. Recentemente sempre a cura della Regione Liguria è stato anche microfilamato perché è in programma una nuova e integrale edizione.
Questa traduzione è stata condotta sulla trascrizione del Gentile e del Podestà, cercando di mantenerla il più possibile fedele all’originale, lasciando le moltissime ripetizioni e anche qualche discordanza. Agli errori contenuti negli originali, a quelli dovuti alla penna di Mastro Egidio, devono essere aggiunti quelli del modesto traduttore che chiede in anticipo scusa, fiducioso che questa divulgazione resti gradita a quanti siano fiduciosi di venire a conoscenza del contenuto di un documento tanto importante e finora quasi del tutto ignorato.
Le premesse ad ogni documento sono del Lupo Gentile.
Segni particolari
<...> vuoti nel testo
[...] integrazioni
(...) aggiunte
.... omissioni