L’incontro con Dio

Siamo qui raccolti e dolenti per offrire preghiere e suffragi per l'anima di un nostro carissimo amico, strappato all’affetto dei suoi cari da tragica improvvisa morte.
Siamo qui numerosi a portare il conforto umano e cristiano ad una famiglia straziata, al papà Giovanni, alla mamma Isetta, al fratello Andrea e alla sorella Debora, sempre molto vicini e attivi in parrocchia.
Proprio il giorno innanzi alla morte di Marco, la mamma, di sua iniziativa, ha provveduto a pulire e detergere proprio i quattro lampadari che brillano sopra la bara del figlio... Coincidenza casuale che si può leggere anche come segno: le gocce di cristallo si son fatte gocce di pianto. Ogni morte di persona che amiamo e conosciamo è uno strappo, uno schianto che ci addolora profondamente, non perché ci distacchi spiritualmente dai nostri parenti e amici, la cui anima ci segue al di là della morte, ma perché ci è tolta una presenza fisica, sensibile, visibile. E, questa volta, tanto giovane e promettente.
Quando la morte ci giunge così, all'improvviso e tragica, allora ci colpisce ancor di più e ci lascia frastornati.
Veramente la nostra vita sulla terra è legata ad un filo, che niente può spezzare. E questo diventa un richiamo alla nostra precarietà, alla nostra provvisorietà... E allora torna in mente la verità di quanto qualcuno ha scritto: “Ogni morte d'uomo mi diminuisce, perché io partecipo dell'umanità. E dunque non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: suona per te!”.
Chi può darci una mano in queste atroci durissime esperienze? Chi ci conforta? Che cosa ci consente di riprendere il cammino faticoso della esistenza? Una risposta io l'ho già letta negli occhi, pur pieni di lacrime, dei familiari di Marco.
Ho visto un immenso dolore e forte rassegnazione, non stoica ma cristiana, fondata su una fede nutrita di preghiera e di vita sacramentale.
La morte, mentre ci toglie i nostri cari ce li ridona in una condizione nuova e ce li fa sentire ancora in una presenza silenziosa ma attiva. È in Dio che cogliamo questa presenza misteriosa e vera.
Non è sogno e illusione.
È un dono a chi sa aprire il suo cuore verso promesse autentiche, che Pasqua riconferma.
Certo, la fede non è un talismano. Richiede un prezzo, domanda un rischio. Ma paga e compensa.
Non ci ripara magicamente dai drammi e dalle tragedie della vita. Non ci sottrae alla condizione umana. Ma reca un conforto, offre speranze e certezze.
È una speranza che entra in noi, ci abita, opera una liberazione. Ci toglie dalla disperazione assoluta.
Qualcuno ha vinto la morte e ci attende tutti per offrirci, in dono, la sua vita che è eterna, che è la dilatazione di un amore non più minacciato.
È una speranza che, nel cuore spezzato, apre l'avventura ignota dell'incontro con Dio...
È una speranza che fa dire: Signore, lo piangiamo perché ce l'hai tolto, ma ti ringraziamo per avercelo dato.
don Armando Ottoboni |