Index scritti di don Armando
Index scritti di don Armando


Alcuni stralci dell'omelia pronunciata da don Armando il 30 luglio 1994 durante il funerale di Aristodema Boaretto, mamma di don Daniele Bragante, un giovane della nostra parrocchia diventato sacerdote.


Forte come la morte è l'amore
Resurrezione

Da dieci giorni a questa parte, in questa nostra chiesa, è tutto un susseguirsi di funerali. Le famiglie in lutto per la perdita di qualche loro caro si moltiplicano. Trovino, nella nostra partecipazione e solidarietà cristiana, conforto e sostegno.
Certo, in faccia alla morte l'enigma della condizione umana diventa somma.
E contro la morte gli uomini non hanno mai cessato, da che mondo è mondo, di cercare rimedi. Uno di questi è il sopravvivere nei figli. Un altro la fama: non omnis moriar - non morirò del tutto - diceva il poeta latino, perché di me resteranno i miei scritti.
Ai nostri giorni, si va diffondendo la credenza nella reincarnazione. Ma è una stoltezza. Coloro che professano questa dottrina come integrante della loro cultura e religione sanno che essa non è un rimedio o una consolazione, ma una punizione. Non è una proroga concessa al godimento, ma alla purificazione. L'anima si reincarna perché ha ancora qualcosa da espiare, e se dovrà espiare, dovrà soffrire. Questa sarebbe una crudeltà!
Esiste un solo rimedio alla morte: Gesù, e guai a noi cristiani se non lo proclamiamo al mondo.
Nell'antichità classica, esisteva un genere letterario speciale chiamato lettere consolatorie. Erano scritti indirizzati a persone afflitte, per la morte di un congiunto. I motivi addotti erano questi: tutti gli uomini sono mortali - importante non è vivere a lungo ma vivere virtuosamente - il tempo guarisce ogni ferita - la persona che si piange fu solo data in prestito: bisogna essere grati per averla avuta più che rammaricarsi per averla perduta...
Anche San Paolo ebbe l'occasione di scrivere una di queste lettere consolatorie, quella ai Tessalonicesi. Ma il motivo che adduce per consolare è ben diverso: "Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato". Queste le parole con le quali i fedeli devono consolarsi a vicenda. Ed ai Filippesi San Paolo scrive: "Desidero sciogliermi per essere con Cristo. Morire è un guadagno. È giunto per me il momento di sciogliere le vele".
Da dove ha attinto Paolo, come tanti altri, questa straordinaria serenità di fronte alla morte? Dalla fede certo, ma non solo da essa. L'ha attinta soprattutto dall'amore per Gesù. "Sono stato conquistato - dice - da Gesù Cristo, per questo sono proteso verso il futuro".
Esiste una sola forza al mondo capace di tenere testa alla morte, di starle alla pari e anzi di vincerla: "Forte come la morte è l'amore". Ciò è vero dell'amore umano, ma tanto di più dell'amore divino.
Alla nostra carissima sorella Aristodema l'amore di Dio non è mai venuto meno, tanto da poter, poco tempo fa, confidare ad una suora: "Credo di non aver mai commesso un peccato mortale consapevolmente". Questo è amore vero verso Dio.
Amore che ora la possiede pienamente e che in esso ce la fa sentire ancora vicina e presente.
E' stato a Monselice che ho visto per l'ultima volta la nostra sorella Aristodema, presso l'accogliente casa rurale del figlio maggiore. Ho presente il suo dolce sorriso, anche se venato da una confusa sensazione di qualche cosa di irrimediabile che poteva succedere.
E quel sorriso ho fissato, non solo nella mente e nel ricordo, ma pure in due foto che ho scattato, avendo casualmente a disposizione la macchina fotografica. Forse sono le ultime e possono consentire ai figli di leggere nei suoi occhi una speranza delusa, un'attesa venuta a mancare e pure tanto desiderata, quella di vedere il figlio salire l'altare e da lui ricevere la benedizione sacerdotale.
Il Signore ha voluto che andasse là dove il suo Primo già da anni l'attendeva per continuare assieme a seguire, nella luce di Dio, i passi dei figli e dei nipoti, che portano avanti la loro esemplare testimonianza cristiana, la più preziosa eredità lasciata.
Da oggi la famiglia di Daniele si allarga, si estende, è tutta la comunità cristiana che gli appartiene e lo fa suo per accompagnarlo nell'ultimo balzo verso la meta. E' un mandato che sentiamo di ricevere da sua mamma. L'affetto di tutta la Parrocchia aiuterà lui e i suoi cari a vedere e vivere questa prova nella luce di Gesù risorto, che rende vivi coloro che, alla sera della giornata terrena, sono passati all'altra riva.

don Armando Ottoboni