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L'esperienza e i criteri di discernimento nei primi carmelitani.

Dalla nascita sul monte Carmelo verso la migrazione in Europa.

a cura di fra Mihai Augustin Folner O.Carm.

Introduzione 

Come Ordine religioso nato più di otto secoli fa in Terra Santa senza avere un fondatore o una persona carismatica che sta alla base della fondazione, certi criteri di discernimento non ci aiutano molto se non vengono analizzati da una prospettiva più complessa. Anche se, come ordine religioso, abbiamo secoli di storia e possiamo godere di una molteplicità di esperienze che sono nate dall’esperienza singolare e comunitaria dei primi eremiti sul monte Carmelo, non è certo facile cogliere l’originalità della loro esperienza e il cammino personale o di gruppo per arrivare a ciò che oggi l’Ordine è. Però certi criteri di discernimento tocca anche un gruppo di persone, non solo una singola, che devono rispondere  alla volontà di Dio che si è manifestato attraverso i cambiamenti che avvenivano nella società civile, nella Chiesa e nell’Ordine stesso.

Se il discernimento fatto alla luce dello Spirito Santo è un abbandono totale alla volontà di Dio, allora anche i primi eremiti sul Monte Carmelo hanno saputo fare un buon discernimento non per salvaguardare un valore del passato quanto proporre il valore dell’annuncio del Vangelo dove sono chiamati a svolgere la loro missione, cambiando non l’annuncio ma la modalità di annunciare.

Abbiamo tante bibliografie e tante storie, come tante sono anche le varie interpretazioni. Io giustamente ne seguo una certa scia che in qualche modo risponde ai criteri richiesti per il lavoro, come una breve nota teologica sul discernimento ed io ho aggiunto anche sul carisma. Ho fatto questo perché anche se sono due realtà distinte il discernimento e il carisma si completano l’uno con l’altro. A volte il carisma, che è un dono di Dio dato ad una persona o ad una comunità, sta alla base di un discernimento solido di fondazione oppure dopo un discernimento solido di fondazione la persona chiedendosi in che modo può essere utile alla Chiesa e alla società, Dio dona il carisma e in questo modo nasce nella Chiesa una nuova forma di servizio, particolarmente verso i più poveri e sofferenti; sono loro le persone che stanno più a cuore di Dio perché il loro grido Dio lo sente (Cf. Es 3,7) e non rimane indifferente. Certamente il periodo storico, ecclesiastico e culturale durante la nascita dell’Ordine del Carmelo è importante e ho cercato di esporre qualcosa seguendo particolarmente uno schema che rispecchia il cammino di un fondatore la che si può adoperare anche al gruppo degli eremiti del monte Carmelo. In quanto gruppo e non singola persona è più complesso il discorso quando parliamo di cammino di conversione e di processo di discernimento, come anche il cammino vocazionale e il discernimento, la maturazione della vita spirituale e il criterio principale del discernimento, ma anche se complesso è comunque valido seppur con qualche differenza.

Tutte queste cose cercherò di approfondire nei tre capitoli successivi.

 

 

Cap. I. Il discernimento ed il carisma nell’espressione teologica del magistero

 

1.      Approfondimento generale del discernimento e varie sue definizioni 

Partendo dall’analisi della parola stessa possiamo facilmente renderci conto che il discernimento indica un’espressione che si addice in diverse circostanze ma è e rimane la primaria istanza e la sorgente a cui si deve attingere e fare riferimento per poter agire in consonanza con la volontà del Dio, sorgente e pienezza  della chiamata personale alla vita.

Il discernimento è certamente la capacità di distinguere le cose essenziali dalle accessorie, le ultime dalle penultime, le cose che passano da quelle che restano. Non per disprezzare i beni accessori, né quelli che passano, bensì per avere un criterio di valore che permetta di accoglierli e viverli nella loro pienezza, nella loro bellezza vera, nella loro bontà autentica.[1] Approfondisco il discernimento certamente a partire dalla realtà religiosa e spirituale, collegandolo direttamente all’esistenza cristiana della sequela di Cristo. Certamente nel discernere la volontà di Cristo ci sono delle regole essenziali senza le quali il buon discernimento non ci può essere. Queste regole le possiamo incontrare anche nel cammino di fede dei nostri padri; io l’ho potuto cogliere analizzando il cammino dei primi eremiti carmelitani che stanno alla base della fondazione dell’Ordine del Carmelo. Vale a dire che per un buon discernimento bisogna lasciare che lo Spirito di Dio agisca in noi prima e dopo aver aderito radicalmente a Dio. Se si è radicalmente orientati verso Dio, allora anche lo Spirito può agire facilmente offrendo la consolazione spirituale, facendoci gustare e sentire ciò che stiamo vivendo nello spirito. Nel momento in cui anche l’intelligenza si nutre di sapori spirituali, allora lo Spirito Santo agisce con facilità anche nella realtà dei pensieri, cercando di dare ragione di questa adesione radicale a Dio.[2]  Questo atteggiamento è evidente se si analizza più in fondo l’esperienza di fede dei primi carmelitani; e questo lo approfondirò meglio dei capitoli successivi.

Il discernimento delle realtà spirituali significa anche analizzare il valore delle proprie tensioni o mutamenti interiori e degli impulsi che ci provengono dall’esterno. Il discernimento spirituale è quindi, analisi compiuta nella fede, di mozioni interiori, di situazioni, circostanze e persone, in vista di decisioni corrispondenti al bene, alla volontà di Dio e ai criteri del Vangelo.[3] Da tutte queste riflessioni è difficile collocare in qualche parte il discernimento. Possiamo dire che è un capirsi con Dio, che nasce da una fede forte nella Trinità. Questa fede certamente è fondata sull’amore che ci dà la concretezza di vivere una relazione vera e libera con Dio. L’amore è ciò che le persone divine si comunicano tra loro e amore è ciò che Dio comunica alle creature. Nella dimensione dell’amore si fonda il nostro credo, perché credere è amare.[4] Dunque tra Dio e l’uomo c’è una relazione reale, pertanto una vera comunicazione. Dio parla all’uomo attraverso vari modi come i pensieri e i sentimenti dell’uomo stesso. Lui agisce nell’uomo non come un estraneo, introducendo in lui realtà che non gli sono proprie.[5] Dio agisce nell’uomo per farli comprendere e discernere la sua vocazione. In questo senso il discernimento è una riflessione nella preghiera sulla realtà umana concreta, percepita nella maniera più chiara e completa possibile alla luce della fede nello Spirito Santo e nella Chiesa, per radicare nelle esigenze immutabili gli orientamenti verso i quali lo Spirito chiama nella e per la Chiesa.[6]

Non possiamo dunque, dare una definizione generale e globale del discernimento. Nella realtà di fede cristiana esso esprime certamente il rapporto con Dio alla luce della sua Parola per comprendere la sua volontà. Dio che parla e agisce attraverso i pensieri e i sentimenti della persona che però devono essere purificati. Il discernimento è dunque comprendere la volontà di Dio per me come singolo e per noi come comunità. Vivendo alla sua presenza e in relazione d’amore con Lui e tra di noi si potrà discernere meglio la sua volontà e la nostra vocazione, perché Lui è amore e non lo si può comprendere se non nella dimensione dell’amore.

 

2.      Carisma del fondatore nel linguaggio magisteriale  

Come è noto, l’espressione «carisma del fondatore» è entrato nel linguaggio magisteriale ufficiale con l’Evangelica testificatio di Paolo VI (1971) e ha ottenuto successivamente una crescente considerazione da parte sia del magistero papale ed episcopale, sia dei vari istituti di vita consacrata impegnati a ridefinire la propria identità carismatica e spirituale in sintonia con il rinnovamento promosso dal Vaticano II e sia dei teologi.[7] Il «carisma del fondatore» è certamente collegato alla presenza di quel intervento divino che ha agito al nascere degli ordini religiosi. Nella chiesa nascono costantemente nuove forme di vita religiosa grazie soprattutto all’azione dello Spirito Santo, che è sempre presente in essa, la vivifica e la rinnova sempre dal suo interno.[8]  Discernimento e carisma sono sue realtà essenziali affinché la volontà di Dio si realizzi nella vita di una persona o di un gruppo di persone perché l’uno senza l’altro non possono essere concepiti. Infatti nella comunità dei credenti Dio continuamente ha riversato doni o carismi per uno scopo ben preciso. Il discernimento è d’aiuto affinché una persona o un gruppo di persone discernano non solo quale è il carisma o il dono ricevuto ma anche in che modo questo dono possa essere adoperato per rispondere concretamente alla volontà di Dio che vuole che tutti gli uomini si salvino (Cf. 1Tim. 2, 4; Gal. 3, 28; Rom. 10, 12).

La Chiesa ha sempre creduto che nel carisma di un fondatore o di una fondazione ci sia la presenza di Dio che agisce nella storia dell’umanità. Nel linguaggio corrente, divulgativo, magisteriale e teologico la formula «carisma dei fondatori» è una delle tante espressioni in cui il sostantivo maschile fondatore (al singolare o al plurale) è usato per indicare anche un personaggio femminile (fondatrice) al singolare e plurale.[9] La storia della Chiesa è ricca di personaggi carismatici che stanno alla base di fondazioni di ordini religiosi o congregazioni come risposta certamente alle esigenze del mondo ma particolarmente alla volontà di Dio. Il magistero stesso, servo della volontà di Dio, non può che approvare dopo un accurato discernimento l’esistenza di un carisma di una fondazione. Per definire l’identità carismatica delle varie forme di vita consacrata, gli autori si riferiscono necessariamente, quali più e quali meno, a san Paolo che, per quanto si sa, è stato il primo a usare il termine carisma, molto raro, e a introdurla nella riflessione teologica.[10] Alcuni carismi segnalati da san Paolo riguardano indubbiamente aspetti particolari del vivere e operare cristiano, come è il caso dei doni straordinari del fare guarigioni, del parlare in lingue… Altri carismi, invece, qualificano un progetto globale di vita condivisa da più soggetti. Si pensi, ad esempio, al carisma proprio degli apostoli, dei profeti, dei dottori, dei pastori.[11]

I carismi fondazionali sono parte costitutiva della vita della chiesa, del suo mistero di comunione e missione, della sua unità e cattolicità, della sua chiamata alla santità e alla santificazione. Sono parte costitutiva del mistero della chiesa non comunque però, bensì in modo differenziato.[12]

Un discernimento sbagliato non aiuterà la persona a rendere vivo un carisma perché lo scopo del carisma non è solo rendersi utili per alleviare una sofferenza o riempire un vuoto nelle persone. Dio dono i suoi carismi affinché attraverso questi Lui possa rendersi presente attraverso le nostre opere, parole e gesti. Altrimenti ne faremo uso sbagliato dei doni che abbiamo, non preoccupandoci tanto di testimoniare la presenza di Dio che è in noi ma la bravura personale e dunque, la realizzazione personale.

 

 

Cap. II. L’Ordine Carmelitano e i suoi fondatori

 

1.      Perché fondatori e non fondatore  

            Le origini dell’Ordine del Carmelo, fino ad epoca recente, erano immerse in un vero labirinto storico. Da una parte esistevano abbondanti leggende pie ed edificanti, ma senza valore storico, d’altra parte tutta una serie di documenti letti male in passato e che in questi ultimi anni, per opera di valenti studiosi, hanno incominciato a parlare, mostrando tutta la loro ricchezza, svelando il nuovo e storicamente vero volto delle origini.[13] E’ difficile però, parlare del fondatore per quanto riguarda l’Ordine del Carmelo. La storia delle sue origini si intrecciano tra loro, senza trovare una persona carismatica, come in altri ordini religiosi, che abbia dato nascere a un  movimento religioso poi divenuto ordine mendicante. Se non si può parlare dunque di una persona allora chi sta alle origini della fondazione carmelitana?

L’Ordine Carmelitano nasce verso la fine del XII secolo in Terra Santa da un gruppo di pellegrini e crociati.. Sono persone provenienti dall’Europa, fedeli cristiani con il proposito di recarsi in Terra Santa, rimanervi e ivi vivere in santa penitenza come eremiti sul  monte Carmelo.[14]  La particolarità di questi eremiti è che anche se alla base della loro vita religiosa stava la concezione classica della vita eremitica, dell’isolamento dal mondo in una vita solitaria di preghiera e penitenza, loro si rendono conto che possono perfezionare la loro esperienza di fede secondo il modello monastico antico senza però tradire  la loro identità. Secondo quanto i Padri dell’antico monachesimo avevano stabilito per coloro che vivevano quel particolare stile di vita anche loro seguendo il loro esempio si propongono di vivere dell’ossequio di Gesù e servire Lui fedelmente con cuore puro e totale dedizione.[15]

A partire da questo gruppo di pellegrini divenuti poi eremiti, nasce anche l’Ordine del Carmelo. Il carisma di questi eremiti era sicuramente quello tradizionale eremitico però, a quanto pare dallo svolgere delle cose, la loro vita a lungo andare inizia a concentrarsi sull’aspetto comunitario della vita eremitica, sull’incontro nella preghiera che coinvolgeva tutti intorno alla stessa mensa. A partire da questa esperienza di vita gli eremiti del Carmelo decisero di darsi un’organizzazione più formale. Inizia così la preoccupazione di avere una Regola come altri Ordini religiosi di quel tempo e dunque, in comunione con la Chiesa, si rivolgono al Patriarca di Gerusalemme Alberto di Vercelli, che allora risiedeva in Acri, perché mettesse per iscritto il loro genere di vita.[16] La Regola viene scritta intorno 1206-1214, non sappiamo di precisione la data esatta, però ritrae nella sua semplicità un proposito di vita eremitica molto differente dal classico eremitismo medievale. E’ un proposito di vita comune, non nata dalla volontà di una sola persona ma di una comunità intera. E’ anche difficile parlare di fondatori anche se si deve pur ammettere che ci deve essere se non una persona almeno delle persone che iniziano questo stile di vita secondo lo stile classico ma che poi, alla luce della parola di Dio prende un’altra direzione, forse prende una nuova vita in una nuova forma. Il contesto sociale del periodo del sorgere della comunità eremitica sul monte Carmelo non era tra i migliori. Infatti l’occupazione ottomane non consentiva una vita eremitica tranquilla, dunque gli eremiti si stabiliscono sul monte Carmelo perché era un luogo sicuro e protetto, vicino alla città di Gerusalemme e in più esso era ideale per il ritiro e la riflessione.[17]

            Si è parlato per molto tempo anche di un fondatore del Carmelo a partire dallo stile di vita degli eremiti e il luogo dove si sono stabiliti, vale a dire “presso la fonte”[18] che i carmelitani lo avevano interpretato come quella del profeta Elia e che ha avuto una influenza profonda per la successiva storia dell’Ordine.[19] Il discernimento circa la figura del fondatore si concentra in quel periodo storico quando era forte il ritorno alle fonti fondazionali per una lettura più autentica del carisma propria per poi proporla nell’ambiente sociale ed ecclesiale. Elia ed Eliseo erano personaggi importanti non solo nella tradizione del popolo ebreo ma anche nei scritti dei padri della Chiesa e del pio cristiano pellegrino in Terra Santa che non poteva non soffermarsi a visitare anche i luoghi  che ricordano le due figure profetiche. Gli eremiti del Carmelo si devono certamente essere resi conto della particolare convenienza del luogo scelto, presso la fonte,[20] come pure del fatto di continuare la vita che Elia aveva inaugurato esattamente in quei luoghi.[21] Se i primi carmelitani attribuivano ad Elia la fondazione dell’Ordine del Carmelo, in particolare prima che loro emigrassero in Europa[22], a partire dall’arrivo in Europa e dal cambiamento in ordine mendicante, si svaniscono anche il legame con la tradizione eliana, che fino a quel momento nutriva di molto la vita spirituale del carmelitano sul monte Carmelo, nella solitudine e continua presenza davanti al Signore. Oggi però, nessuno osa attribuire ad Elia la fondazione dell’Ordine del Carmelo. Elia come Maria sono due colonne fondamentali nella spiritualità carmelitana ma non  fondatori. Dunque parliamo di fondatori dell’Ordine del Carmelo, cristiani pellegrini spinti dallo Spirito sul monte Carmelo per vivere in santa penitenza, in preghiera e in ascolto della Parola di Dio, con al centro la celebrazione comunitaria quotidiana dell’Eucaristia, che vivono la spiritualità del pellegrinaggio ai luoghi santi della Terra Santa e in continua ricerca del Regno del Signore[23] che sta per venire.

 

  Il contesto storico ed ecclesiastico nel periodo della fondazione dell’Ordine 

            Il contesto storico come anche quello ecclesiale della fine del XII secolo e l’inizio del XIII sec. non era uno tra i migliori. La Terra Santa era continuamente assalito e occupato dalle forze ottomane. In questo contesto nacquero anche le crociate dei latini; per liberare la Terra Santa “dalle mani dei pagani”, come spesso erano definiti i musulmani. Alla fine del secolo XII (1191) all’epoca della Terza crociata, il monte Carmelo  diviene un luogo sicuro per i cristiani dopo la conquista di Acri da parte dei crociati. Sembra che intorno a quest’epoca si stabiliscono sul monte Carmelo un nuovo gruppo di eremiti latini. Questo gruppo era formato da penitenti, eremiti e pellegrini che assumono il modo di vivere della realtà spirituale del tempo che si canalizza nella “peregrinazio hierosolymitana” e nella conseguente spiritualità del cammino.[24]  La scelta di questa specifica tipologia di vita è propria di coloro che, sul monte Carmelo, nella lettura e la meditazione della Parola di Dio e attingendo alla spiritualità eliana, si dedicano interamente al servizio di Dio in una vita di rinunzie e preghiere, sacrifici e in attesa del regno di Cristo. All’inizio della fondazione della vita eremitica sul monte Carmelo, appoggiati particolarmente dalla tranquillità e dalla pace politica ha portato durante il secolo XIII all’apertura in diversi luoghi di altri ben quindici eremi come a Tiro, San Giovanni d’Acri, Gerusalemme, secondo la Regola di Sant’Alberto e dipendenti dall’eremo di Monte Carmelo.

Ma le cose non sono andate per il meglio con il passare degli anni. La situazione politica stava cambiando a scapito dei pellegrini e dei cristiani in Terra Santa per problemi tra i principi latini che cercavano sopraffarsi l’un l’altro, perdendo di vista lo scopo della loro impresa iniziale. Da questa situazione hanno guadagnato i turchi che nemmeno un secolo dopo, nel 1287 si stabilirono a Gerusalemme obbligando i cristiani s spostarsi altrove. Nel 1228 arriva in Terrasanta lo scomunicato imperatore Federico II, che concluse un accordo di pace col Sultano di Damasasco, legando le mani ai crociati di agire in difesa dei loro diritti e della libertà. Nacquero le persecuzione dei saraceni contro i cristiani e anche la vita degli eremiti diventava sempre più precaria e difficile. Inizia la migrazione di alcuni di loro in Europa. Con il passare degli anni Terrasanta viene sempre più attaccata da varie ondate di barbari, nel 1243, 1260 e 1291 che costituisce la fine del Regno Latino in Terrasanta e pone fine alla vita eremitica sul monte Carmelo e quasi tutti gli eremiti si erano già stabiliti in Europa fondando monasteri o eremi.[25] Prendendo spunto da questo cambiamento, possiamo vedere come il cammino di discernimento di questo gruppo di eremiti era arrivato ad un punto di non ritorno. Non si tratta del ritorno sul monte Carmelo quanto dell’essere quelli eremiti totalmente dediti alla preghiera e alla vita fraterna nel luogo “simbolo” della presenza di Dio e della sua azione in favore di coloro che credono in Lui (Cf. 1Re 18,30-38). La scelta di abbandonare il monte Carmelo si inscrive in quella volontà misteriosa di Dio che vuole che questi eremiti portassero il carisma che era oramai parte integrante della loro vita in un mondo nuovo e con modalità nuove.

            Intanto in Europa la vita religiosa nei secoli XII – XIII stava fiorendo con la nascita e lo sviluppo di nuovi ordini religiosi mendicanti, un fenomeno veramente nuovo rispetto persino al secondo monachesimo orientale. L’insorgere di tale evento nuovo è determinante per i secoli futuri, relativamente alla vita religiosa, trova le sue radici in un contesto storico, politico e sociale ben preciso, preparatorio per l’appunto di tale fenomeno.[26] Anche l’Ordine del Carmelo si inscrive in questo itinerario di cambiamento del volto della Chiesa anche se era un ordine eremitico nato in un contesto diverso da quello che incontrava in Europa. Di fronte a questa realtà l’Ordine è chiamata a discernere particolarmente sul suo carisma di fondazione. È vero che la veridicità dell’Ordine sta nel saper discernere la volontà di Dio nel suo carisma in confronto però con la realtà del mondo, e interpretare quello che il Signore vuole dire in quella concreta circostanza di tempo e di luogo in cui loro si sono trovati, cioè la loro chiamata, attraverso la quale e nella quale Egli ha manifestato la sua volontà di far nascere la loro comunità, e dunque, serviva la loro risposta come una libera scelta di rispondere in qualsiasi situazione o luogo. Questa risposta loro lo avevano dato continuamente in situazioni difficili e di crisi, però attingendo alla sorgente della sua Parola e guardando cole la società e anche la Chiesa dopo l’anno 1000 incominciava a guardare più che alle cose celesti a quelle terrene, per questo sono nati, come una risposta a questo mondo travagliato, contraddittorio, gli ordini mendicanti come risposta della Chiesa[27] e per la Chiesa; una risposta a questo stile di vita che era diventato vuoto e senza sufficienti risposte alle tante problematiche del mondo.

 

 

Cap. III. I vari cambiamenti frutto della maturazione e del discernimento

 

 Dal monte Carmelo verso l’Europa  

Ogni ordine religioso passa nella storia attraverso prove della loro fondatezza e della loro forte fedeltà alla religione. In questo contesto storico la prova grande che i primi carmelitani dovevano affrontare era proprio quello del discernere la volontà di Dio, i suoi disegni, per affidarsi a Lui e in base alla Sua volontà prendere decisioni impegnative nella sequela di Cristo. Per l’Ordine del Carmelo questo non era facile. Infatti l’occupazione della Terrasanta da parte dei turchi e la loro migrazione verso Europa è stato se da una parte una grande prova interiore dall’altra una benedizione divina, altrimenti, se sarebbero rimasti l’Ordine non sarebbe sopravissuto. Quello fu il momento più critico per l’esistenza dell’Ordine ed è in quel momento che loro hanno agito secondo la volontà dello Spirito Santo che agisce nella storia e porta avanti i progetti divini. I monaci vagavano in cerca di luoghi che ricordassero loro il Carmelo, dovevano pensare alla costruzione dei monasteri; in più, avevano ancora viva la strage di tanti loro fratelli, la distruzione dei monasteri dove avevano dovuto abbandonare i ricordi più cari, mentre quella terra alla quale essi con stento avevano acconsentito di emigrare nella fiducia di poter in essa continuare quella vita che era divenuta impossibile sul Carmelo.[28] Arrivati in Europa dalla Terra Santa si erano stabiliti per primo a Cipro, a Messina in Sicilia, ad Aylesford e ad Hulne in Inghiltera, e a Les Aygalades vicino a Marsiglia in Provenza.[29] La preoccupazione primaria dopo che si sono stabiliti era quello di adattare la loro vita alle esigenze del tempo facendolo però secondo lo spirito e quanto possibile come vivevano sul Carmelo. Ma questo non era facile e dunque chiedono al Papa la mitigazione della Regola, che era stata scritta esclusivamente per rispondere alle esigenze della vita sul monte Carmelo. Il 1 ottobre del 1247 nella sua lettera “Quae honorem” Papa Inocenzo IV pubblica la Regola con le rispettive mitigazioni.[30] Se la mitigazione della Regola è stata fatta per facilitare meglio l’inserimento dei religiosi provenienti dalla Terra Santa nel contesto sociale ed ecclesiale dell’Europa del XIII secolo, questo cambiamento ha influito profondamente sullo stile di vita eremitico vissuto fino ad allora sul Carmelo. Infatti, da un gruppo di eremiti dediti alla preghiera nel silenzio del Carmelo, ora si ritrovano nella società europea cambiata e con un ritmo di vita molto opulente. La nascita degli ordini mendicanti era la risposta a quella situazione e dunque la pastorale attiva era un mezzo necessario per la missione. Così i carmelitani si inseriscono in questo contesto, assumendo il ministero apostolico che si rende necessario perché la Chiesa diventi sempre più come desidera il cuore di Dio.[31]  Nei secoli XIII e XIV gli ordini mendicanti sviluppano un nuovo tipo di apostolato o ministero pastorale, che si adatta alla nuova situazione della città, supplendo al tempo stesso alle carenze e alle lacune dell’apostolato anteriore svolto dal clero secolare e dai monaci.[32] La novità pastorale introdotta dai mendicanti e la rottura della struttura tradizionale della pastorale diocesana attraverso una nuova “struttura universale”, cioè la chiesa conventuale, esente e dipendente direttamente dal papa. Si tratta di una struttura più elastica, più valida e più vicina al popolo (almeno in certi periodi) e che non era della struttura pastorale tradizionale.[33]

I carmelitani partecipano così alle varie attività apostoliche e il loro stile di vita rimane aperto ad ogni forma. Solo dal 1261 in poi hanno la struttura pastorale della “chiesa propria” tipica dei mendicanti e la “cura animarum” parrocchiale verso la fine del secolo XIII.[34]

 

 Discernere per rinnovarsi nello Spirito 

Da eremiti i carmelitani sono passati ad essere frati mendicanti, con uno stile di vita totalmente diverso da come era stato concepito dai primi eremiti sul Carmelo. Un cambiamento coraggioso che se non veniva fatto certamente significava per l’Ordine il declino totale e il rischio dell’estinzione. Lo Spirito ci insegna che se una cosa viene da Dio persiste nel tempo e si solidifica nei fondamenti. Ma questo lo si diventa quando si ha piena conoscenza di quello che si è e la visione chiara verso che cosa si sta andando. Questo era per i carmelitani che avevano iniziato una nuova vita in Europa una sfida da affrontare. Infatti una delle difficoltà incontrate dai carmelitani nel venir accettati sono dovute in parte all’incertezza delle loro origini. I francescani e i dominicani potevano rifarsi ad un fondatore certo e ad una data di fondazione. Anche gli agostiniani non trovavano eccessive difficoltà a convincere il popolo che S. Agostino era il loro fondatore. Invece i carmelitani non potevano vantare una certezza altrettanto fortunata.[35] Questo è stato un modo per ritornare sempre alle proprie fonti e meditare sulla propria fondazione.

Il discernimento della volontà di Dio non è sempre un modo facile di vivere la propria chiamata in un ordine religioso specifico. I carmelitani si sono sempre imbattuti in varie problematiche che richiedevano soluzioni urgenti cambiando certe forme del vivere o di concepire l’organizzazione. Nacque così nel Carmelo quel genere specifico di vita in cui alla contemplazione, considerata parte principale, si aggiunge l’azione del ministero apostolico come ridonanza e conseguenza di quella, per il bene spirituale delle anime.[36] La ragione di questo è ovvia: mentre gli altri Ordini di vita mista provengono da un’orientazione prevalentemente apostolica, la vita del Carmelo, invece, nella sua origine era esclusivamente contemplativa, per cui adesso va considerato come un ordine eremitico trasformato.[37] Tra gli stessi carmelitani sorsero due tendenze che riflettevano la profondità della crisi. Da una parte una corrente più realistica rappresentata da Simone Stock (1251), che sceglieva di adattarsi alla nuova situazione, dall’altra una corrente più idealistica, rappresentata da Nicola il Francese (1266-1271), che preservava la solitudine del Monte Carmelo.[38] I frati erano giustamente eremiti, ma le prescrizioni della nuova Forma di Vita di Alberto mitigata dal Papa Inocenzo IV li costringeva a vivere come mendicanti. Attraverso queste difficoltà e la lettura attenta della Regola nel contesto sociale si forma anche una identità dell’Ordine[39] senza tradire nulla della Forma di Vita e nello stesso tempo andare incontro alle esigenze della Chiesa e del mondo.


 

Conclusione 

            Arrivato alla conclusione di questo lavoro la domanda che può nascere è che alla fine tutto rimane come lo era prima; una storia già conosciuta e senza la necessità di rileggerla. Infatti la mia intenzione non era quello di tirar fuori cose nuove, ma di rileggere la primaria storia dei carmelitani alla luce della parola discernimento.

Viviamo in un periodo storico che è alla riscoperta delle proprie origini da un lato e da un altro sta perdendo pezzi perché ha dimenticato la storia, la propria storia. Questa affermazione è molto valida anche per la vita religiosa. La nascita di nuove forme di vita consacrata che hanno anche molte vocazioni spesso e ben volentieri ci fa capire che è questa la risposta alle nostre problematiche; fare come fanno loro perché così piace alla gente. Ma nel contesto del carisma speciale e particolare questo ragionamento non può andare. Non ci rendiamo conto che gli altri hanno successo perché sono originali nel trasmettere il loro carisma mentre noi siamo coloro che copiamo da uno e dall’altro senza sapere chi si è veramente.

L’Ordine del Carmelo non può prescindere da quello che è nel suo carisma di fondazione e dunque nella sua identità. Un Ordine che nasce per vivere la dimensione della sequela di Cristo in un contesto contemplativo non può non cercare i luoghi di silenzio e di tranquillità per vivere alla presenza di Dio secondo lo stile e lo spirito del profeta Elia. Il mondo d’oggi ha bisogno di questa tranquillità perché ha bisogno di incontrare Dio. La preghiera e la meditazione della Parola di Dio sono esenziali nella vita del carmelitano contemplativo seppur in mezzo al popolo. La dimensione apostolica nasce non per negare la realtà contemplativa ma per perfezionarla. Vivere alla presenza di Dio è la causa per quale il carmelitano va ed annuncia l’esperienza di Dio.

Anche se nell’esporre i capitoli non ho fatto accenno a questo discorso perché questa conclusione è un mettere insieme i brani che parlano della storia di 800 anni fa e la storia di oggi. Una rilettura attenta della storia ci fa vedere le belle cose passate ma che ancora possono essere presente perché sta al fondamento della nascita dell’Ordine che non la si può negare o dimenticare. Quando la si nega o la si dimentica si nega e si dimentica il proprio presente e allora sì che siamo destinati all’estinzione perché non abbiamo nulla da dare. Se un pozzo d’acqua non da più acqua non è più utile, come se una miniera d’oro non dà più oro è da chiudere. Ognuno deve dare ciò che possiede e ciò che possediamo come religiosi appartenenti ad un determinato ordine religioso è il proprio carisma. Anche se diverso nel modo di trasmissione è lo stesso ciò che si trasmette. Il carisma è il dono di Dio dato ad un ordine religioso. Un carisma ben specifico per un popolo ben definito.

Come hanno fatto i nostri fondatori anche noi oggi siamo chiamati a vivere e trasmettere il proprio carisma dopo un profondo discernimento alla luce di ciò che i fondatori hanno voluto trasmettere perché è ciò che lo Spirito ha voluto dire all’umanità e che ancora oggi, riletto, è valido.

 

 

BIBLIOGRAFIA 

AA.VV., Come rileggere oggi il carisma fondazionale, Editrice Rogate, Roma 1995.

AUGÉ Matias – SANTOS Eutimio Sastre – BORIELLO Luigi, Storia della vita religiosa, Ed. Queriniana, Brescia 1988.

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CIARDI Fabio, I fondatori uomini dello Spirito. Per una teologia del carisma di fondatore, Città Nuova, Roma 1982.

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MARTINI Carlo Maria, Sto alla porta, Ed. Centro Ambrosiano, Milano 1992.

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MOLARI Carlo, Mezzi per lo sviluppo spirituale, in B. SECONDIN – L. GOFFI (a cura di), Corso di spiritualità, Brescia 1989.

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RUPNIK Marko Ivan, Il discernimento. Prima parte: Verso il gusto di Dio, Lipa, Roma 2000.

RUPNIK Marko Ivan, Il discernimento. Seconda parte: Come rimanere con Cristo, Lipa, Roma 2001.

SMET Joachim, I Carmelitani (vol I), Istututum Carmelitarum, Roma 1989.

 


[1] C. M. MARTINI, Sto alla porta, Ed. Centro Ambrosiano, Milano 1992, 47.

[2] Cf. M. I. RUPNIK, Il discernimento. Seconda parte: Come rimanere con Cristo, Lipa, Roma 2001, 15-16.

[3] C. MOLARI, Mezzi per lo sviluppo spirituale, in B. SECONDIN – L. GOFFI (a cura di), Corso di spiritualità, Brescia 1989, 519.

[4] Cf. Cf. M. I. RUPNIK, Il discernimento. Prima parte: Verso il gusto di Dio, Lipa, Roma 200, 10-17.

[5] Ibidem, 25.

[6] H. P. KOLVENBACH, «Lettera sul discernimento spirituale e comunitario», in Notizie dei Gesuiti in Italia, 3 (1985), 71.

[7] AA.VV., Come rileggere oggi il carisma fondazionale, Editrice Rogate, Roma 1995, 33.

[8] F. CIARDI, I fondatori uomini dello Spirito. Per una teologia del carisma di fondatore, Città Nuova, Roma 1982, 131.

[9] AA.VV., Come rileggere oggi il carisma fondazionale, Editrice Rogate, Roma 1995, 33-34.

[10] Ibidem, 41.

[11] Ibidem, 47.

[12] Ibidem, 59.

[13] E. BOAGA, Come pietre vive…per leggere la Storia e la Vita del Carmelo, Istitutum Carmelitarum, Roma 1993,  21.

[14] Cf. Ibidem.

[15] Regola del Carmelo, nr. 2.

[16] J. SMET, I Carmelitani (vol I), Istututum Carmelitarum, Roma 1989, 20.

[17] Cf. Ibidem, 18-19.

[18] Cf. Regola del Carmelo, cap. I.

[19] Cf. J. SMET, I Carmelitani (vol I), Istututum Carmelitarum, Roma 1989, 22.

[20] Regola del Carmelo, 1.

[21] SMET, I Carmelitani (vol I), Istututum Carmelitarum, Roma 1989, 23.

[22] Cf. G. GAVA – A. COAN, Carmelo. Profilo, Storia, Uomini e Cose, Tipografia poliglotta Vaticana, Roma 1951, 24.

[23] Cf. E. BOAGA, Come pietre vive…per leggere la Storia e la Vita del Carmelo, Istitutum Carmelitarum, Roma 1993,  28.

[24] Ibidem, 28.

[25] G. GAVA – A. COAN, Carmelo. Profilo, Storia, Uomini e Cose, Tipografia poliglotta Vaticana, Roma 1951, 97-99.

[26] M. AUGÉ – E. S. SANTOS – L. BORIELLO, Storia della vita religiosa, Ed. Queriniana, Brescia 1988, 361.

[27] Cf. Ibidem, 362.

[28] G. GAVA – A. COAN, Carmelo. Profilo, Storia, Uomini e Cose, Tipografia poliglotta Vaticana, Roma 1951, 100-101.

[29] J. SMET, I Carmelitani (vol I), Istututum Carmelitarum, Roma 1989, 30.

[30] Cf. Ibidem, 31.

[31] E. BOAGA, Come pietre vive…per leggere la Storia e la Vita del Carmelo, Istitutum Carmelitarum, Roma 1993, 77.

[32] Ibidem, 79.

[33] Ibidem, 79.

[34] Ibidem, 79.

[35] Ibidem, 38.

[36] G. GAVA – A. COAN, Carmelo. Profilo, Storia, Uomini e Cose, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1951, 109.

[37] Ibidem, 109.

[38] C. MESTERS, Intorno alla fonte. Circoli di preghiera e di meditazione intorno alla Regola del Carmelo, Edizioni Carmelitane, Roma 2006, 21.

[39] Cf. Ibidem, 22.

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Ultimo aggiornamento: 22-02-07