È la nostra una religione civile?

Ogni tanto riemerge la discussione sulla religione civile, con i suoi vari significati. In tutti i sistemi dittatoriali, la religione viene incaricata di garantire il mantenimento dell'ordine, di predicare la sottomissione in nome del premio finale che il credente riceverà.

In molti sistemi democratici, la religione viene relegata nello spazio del privato. La cultura diffusa determina i comportamenti, la fede può occupare gli spazi privati del cittadino e non deve pretendere di interferire nelle scelte della società civile. Sarebbe un'indebita ingerenza.

In Italia, i rischi sono ancora diversi. Di fronte a forme di laicità che manifestano qualche insofferenza verso la Chiesa, spuntano tentazioni di ecclesiastici che si chiedono quali siano i piatti di lenticchie che bisogna esigere dagli attuali o dai futuri governanti, per concedere loro il proprio appoggio. Nella recente riunione della CEI si è messo in risalto che la religione degli italiani è in crisi, che ci troviamo di fronte a una situazione ambigua, in quanto pare che i praticanti siano ormai più numerosi dei credenti. In altri termini, la religione rischia di rimanere solo come convenzione sociale. D'altra parte, è molto più facile partecipare a dei riti che convertirsi al Vangelo.

Ma forse il problema è anche un altro: è molto più facile organizzare dei riti, che tornare ad annunciare la radicalità del messaggio cristiano.

Maurilio Guasco (da Noticum n. 2 febbraio 2001)

Torna alla pagina della parrocchia S.Ambrogio