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ABRAMO

Nome: Abràm divenuto, dopo la conversione, Abramo (oppure Abraham)

Discendente di: Abramo era figlio di Terach, figlio di Nacor, figlio di Serug, figlio di Reu, figlio di Peleg, figlio di Eber, figlio di Selach,  figlio di Arpacsad, figlio di Sem, figlio di Noè, figlio di Lamech, figlio di Matusalemme, figlio di Enoch, figlio di Iared, figlio di Maalaleèl, figlio di Kenan, figlio di Enos, figlio di Set, figlio di Adamo, figlio di Dio. (cfr. Gen 5, 1-32; 11, 10-26)

Sposato con: Sarai il cui nome verrà cambiato dal Signore in Sara, dopo la morte di Sara prese come concubina Chetura

Figli: Isacco avuto dalla moglie Sara, Ismaele avuto dalla schiava Agar, Zimran, Ioksan, Medan, Madian, Isbak e Suach dalla concubina Chetura.

Anni: Abramo morì all’età di 175 anni.

Periodo in cui è vissuto: Abramo visse circa 1850 anni prima di Cristo.

Si racconta di lui nel libro: la vicenda di Abramo è narrata dal capitolo 12 al capitolo 25 del libro della Genesi.

 

Sintesi della vicenda di Abramo

Nel libro della Genesi, la storia di Abramo, viene narrata a partire dal capitolo 12. All’inizio viene descritta la chiamata da parte di Dio, il quale ordina ad Abràm (questo è il suo nome all’inizio) di partire per una terra a lui sconosciuta, promettendogli una numerosa discendenza (Gen 12, 1-3).

Abràm ubbidisce, lasciando la sua terra e suo padre per spostarsi verso il paese di Canaan portando con sé sua moglie Sarai, suo nipote Lot e tutto il suo bestiame ed i suoi servi. (Gen 12, 5)

Giunti finalmente a Canaan, Dio rinnova la promessa ad Abràm (Gen 12, 7)

A causa di una carestia, Abràm è costretto a spostarsi in Egitto, qui, per timore di essere ucciso a causa dell’avvenenza di Sarai, Abràm finge che quest’ultima sia sua sorella. Quando il faraone tenta di prenderla in moglie, il Signore lo colpisce con grandi piaghe, cosicché, Abràm può ripartire con Sara, arricchito dei beni che, nel frattempo, il Faraone gli aveva concesso. (Gen 12, 10-20).

Ritornato alla terra di Canaan, Abràm è costretto a separarsi dal nipote Lot, a causa della crescita delle tribù dei due, Lot andò a stabilirsi nella valle del Giordano, presso Sòdoma e Gomorra (Gen 13, 1-13), mentre ad Abràm viene riconfermata la promessa del Signore. (Gen 13, 14-18)

Abràm, a questo punto, si rese conto di avere avuto enormi grazie dal Signore, ma, purtroppo, non aveva figli, tanto che un suo servo sarebbe divenuto l’erede di tutti i suoi averi. Dio, allora, fa con Abràm un’alleanza nella quale promette di dare ad Abràm una discendenza numerosa come le stelle del cielo. (Gen 15, 1-17)

Sarai, la moglie di Abràm, era, però, sterile, quindi consiglia al marito di unirsi con una schiava, Agar, in modo da poter avere figli da lei. Abràm fece così, e da Agar nacque Ismaele (Gen 16, 1-16)..

All’età di novantanove anni, dopo una vita vissuta nell’obbedienza e nella fedeltà al Signore, Abràm ha una visione. Dio rinnova ancora una volta l’alleanza, promette ad Abràm una discendenza molto numerosa, tanto che muta il suo nome in Abramo (Abraham) che significa “padre di una moltitudine”. Per questa alleanza chiede un segno: la circoncisione di tutti i maschi della casa di Abramo. L’alleanza ha un’altra conseguenza, quella di un figlio nato da Sarai, alla quale il Signore muta il nome in Sara, il figlio tanto atteso sarà chiamato Isacco. Abramo fece come gli aveva ordinato il Signore (Gen 17, 1-27).

Abramo era accampato presso le querce di Mamre quando vede avvicinarsi tre uomini. Subito capisce che è Dio che si avvicina a lui. Allora lo accoglie (come era usanza presso gli ebrei) con tutti gli onori. I tre uomini, dopo avere mangiato, ribadiscono ancora l’alleanza con Abramo, dicendo che entro l’anno successivo nascerà da Sara un figlio maschio cui verrà dato nome di Isacco, che significa “colui che ride” in quanto sia Abramo che Sara risero al momento in cui il Signore aveva annunciato la sua nascita (sembrava, infatti, strano che sia Abramo che, soprattutto, Sara potesse a tarda età avere un figlio). (Gen 18, 1-15)

I tre uomini comunicano, poi, ad Abramo la loro volontà di distruggere le città di Sòdoma e Gomorra a causa del loro grande peccato. Abramo dimostra confidenza e fiducia nella misericordia di Dio, convincendolo a non distruggere le città se si trovassero, entro le loro mura, almeno dieci uomini giusti. Il Signore lo promette ad Abramo. (Gen 18, 16-33). Proprio nella fedeltà della promessa fatta ad Abramo, il Signore visita Sòdoma, ed, avendo trovato Lot (il nipote di Abramo) e la sua famiglia in quella città, prima di distruggerla li fa uscire. (Gen 19, 1-29).

Avviene, quindi, come il Signore aveva promesso. Sara partorisce un figlio maschio, e gli si dà il nome di Isacco. (Gen 21, 1-7)

A questo punto, però, Abramo si trova nella necessità di mandare via dalla sua casa Agar, la serva di Sara, ed il figlio che egli aveva avuto da lei, Ismaele. (Gen 21, 8-10). Dio parla ad Abramo e gli ribadisce il suo progetto di rendere numerosa la sua discendenza a partire da Isacco, ma gli dice anche di non preoccuparsi per Ismaele, perché anch’egli diventerà una grande nazione: sarà, infatti, capostipite degli Ismaeliti. (Gen 21, 12-13).

Mentre Abramo è nella città di Bersabea, Dio gli appare chiedendogli il sacrificio del suo unico figlio, Isacco. Abramo, fedele come al solito alle parole di Dio, fa come il Signore gli ha comandato di fare. Prende quindi suo figlio e la legna per l’olocausto e sale sul monte. Arrivati nel posto dove deve avere luogo il sacrificio, Abramo lega il figlio e, quando sta per ucciderlo, un angelo del Signore lo ferma, dicendogli che ha visto la sua fedeltà a Dio, anche in ciò che ha di più caro. Trovano quindi un ariete impigliato in un cespuglio, e lo sacrificano al posto di Isacco. (Gen 22, 1-18).

Viene, quindi, il tempo della morte di Sara. Essa ha centoventisette anni e viene sepolta in una tomba scavata in una caverna acquistata per l’occasione dagli Hittiti. In quella caverna verranno poi sepolti i patriarchi.(Gen 23, 1-20)

Abramo è ormai avanti negli anni, temendo che Isacco prenda in moglie una Cananea, impone al figlio di andare verso la città di Nacor, in Mesopotamia. Lì Isacco conosce e prende in sposa Rebecca, figlia di Labano. (Gen 24, 1-67)

Nella sua vecchiaia, Abramo prende un’altra moglie, Chetura, che gli da dei figli: Zimran, Ioksan, Medan, Madian, Isbak e Suach. Abramo lascia tutti i suoi averi ad Isacco, mentre ai figli delle concubine, fa dei doni mentre è ancora in vita e li manda lontano da Isacco (Gen 25, 1-6).

Abramo muore all’età di centosettantacinque anni e viene sepolto alla caverna di Malpela, accanto alla moglie Sara. (Gen 25, 7-10).

 

Dati storici

Abramo, come detto nella scheda all’inizio, è vissuto circa 1850 anni prima di Cristo, nel tempo in cui la civiltà nasceva nella regione tra il Tigri e l’Eufrate, in quella fertile striscia di terra chiamata Mesopotamia dove prosperava il regno Babilonese.

Abramo era, come molti alla sua epoca, un pastore, quindi un nomade. Nella sua vicenda, quindi, si vede quel passaggio dal nomadismo alla sedentarietà (dalla pastorizia all’agricoltura) che stava avvenendo.

Durante i suoi viaggi (vedi cartina), Abramo lascia parte della sua famiglia a Carran, per proseguire verso Canaan, la terra indicatagli da Dio. In quella terra molte altre tribù si dedicavano alla pastorizia come quella di Abramo (Aramei, Amorrei, Moabiti, ecc…) mentre nella pianura del Giordano già alcune tribù avevano cominciato a stanziarsi dedicandosi all’agricoltura, cosa che piacque a Lot, il nipote di Abramo, che si fermo nella pianura di Sòdoma.

Abramo visse quasi tutto il resto della sua vita in Canaan, se si eccettua uno sporadico spostamento in Egitto a causa di una grave carestia. Pur vivendoci per quasi cento anni, Abramo non possedette mai quella terra, tanto che alla morte di Sara, dovrà acquistare il terreno dove seppellire la moglie, dagli Hittiti.

Molti dei luoghi nominati nella storia di Abramo, sono tuttora esistenti, o comunque localizzati con una certa precisione: questa è una notevole testimonianza della veridicità del racconto, almeno per le cose principali.

La vicenda di Abramo, come del resto tutto il Pentateuco (ossia i primi cinque libri della Bibbia: Genesi, Esodo, Numeri, Deutoronomio, Levitico), sono stati, per secoli, tramandati oralmente. La loro prima stesura sembra possa essere datata all’epoca di Re Salomone (1000 a.c. circa), quindi circa 850 anni dopo.

Il problema che nasce da questo, è, da una parte la mitizzazione di alcune vicende, dall’altra il linguaggio, che nei secoli è mutato: certe forme utilizzate nel descrivere i fatti, necessitano di una esegesi attenta, proprio perché si parla di qualcosa accaduto quasi quattromila anni fa.

Quindi, nel leggere i fatti raccontati nell’Antico Testamento in genere, e nel Pentateuco in particolare, bisogna fare attenzione a quella che era la tradizione di allora (le vicende di Abramo e Sara in Egitto con il Faraone, la nascita di Ismaele dalla schiava Agar, il sacrificio di Isacco,…), perché solo capendo il perché di certi gesti, si riesce a coglierne il loro significato teologico.

 

Significato della vicenda

Con Abramo comincia la storia dei patriarchi. Con la cacciata dal Paradiso terrestre era cominciato, infatti, una progressivo allontanamento dell’uomo da Dio. (il peccato di Adamo ed Eva, l’omicidio da parte di Caino, il peccato degli uomini che hanno portato al diluvio universale, la Torre di Babele,…). Dio, però, rimane fedele, anzi vuole riportare a sé l’uomo, la sua creatura prediletta. Con Abramo comincia questo riavvicinamento. Dio non si serve di un uomo potente, né tanto meno di un uomo ricco o colto, si serve di un pastore. La ricchezza che possiede Abramo, però, è di altra natura, è la ricchezza della fede. Sarà proprio questa fede, questo fidarsi incondizionatamente di Dio, che lo porterà ad essere “padre di una moltitudine”. Nella lettera di S. Paolo ai Romani si legge riguardo ad Abramo: “Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza. Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo - aveva circa cento anni - e morto il seno di Sara. Per la promessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento.” (Rm 4, 18-21). E’ proprio questa la grandezza di Abramo, questo suo sperare contro ogni speranza. La discendenza di Abramo, poi, non è semplicemente una discendenza carnale, così come, forse, la intendeva Abramo stesso, ma spirituale. San Leone magno, in un discorso tenuto per la solennità dell’Epifania disse: “Un giorno era stata promessa al beatissimo patriarca Abramo una innumerevole discendenza che doveva essere generata non con il seme carnale, ma con la fecondità della fede. Tale figliolanza fu paragonata alla moltitudine delle stelle, affinché dal padre di tutte le genti si attendesse una stirpe non terrena, ma celeste”.

Con Abramo, l’amico di Dio, vi è il superamento dei riti pagani, sostituiti con il culto all’unico Dio. Emblematico è il sacrificio di Isacco. Vi era, infatti, tra i pagani, l’uso di sacrificare un primogenito quando si doveva fondare una città. Abramo, conformemente agli usi, decide di sacrificare Isacco, ma è qui che interviene la mano di Dio. Il Signore, infatti, non vuole i sacrifici umani, è il Dio della vita, non della morte, quindi manda un angelo a fermare la mano di Abramo che stava per colpire Isacco. Ecco un altro insegnamento che ci viene dalla storia di Abramo, il vero sacrificio a Dio, è quello descritto nel Salmo 50, il Miserere: “Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato tu, o Dio, non disprezzi.” Notare come, anche in questo caso, Abramo è guidato dalla fede in Dio, infatti vuole sacrificare il proprio figlio, l’unigenito, il figlio della promessa, solo e soltanto come offerta gradita a Dio.

Ecco, quindi, la grandezza di Abramo: l’uomo che con la sua fede, ha, come nuovo Adamo, fatto nascere il popolo di Dio.


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