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IL
SALUTO DEL PARROCO
“O
Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo Nome su tutta la terra”
(Salmo 8,2). Sgorgano
dal cuore queste parole attribuite al re Davide, mentre mi accingo a scrivere
questo saluto estivo immerso nello splendore delle montagne dolomitiche dove i
nostri ragazzi stanno vivendo l’esperienza del campeggio che è divenuta ormai
una proposta fissa nelle nostre attività pastorali. Sgorgano
dal cuore queste parole di lode non solo per la magnificenza del paesaggio che
ci circonda ma, soprattutto, al pensiero delle persone che ogni giorno ci
ricordano e testimoniano la presenza di Dio e alla “grandezza” del nome di
Dio. Nell’esperienza
religiosa ebraica il Nome di Dio è impronunciabile. Quelle quattro lettere
sacre “JHWH” (Jahweh) venivano pronunciate una sola volta l’anno dal Sommo
Sacerdote del tempio. Il Nome di Dio veniva sostituito da altri termini come
“Adonai” oppure “Elhoim”. Questa impronunciabilità è segno di un
estremo rispetto ma è anche consapevolezza della nostra piccolezza davanti al
Creatore. Siamo talmente piccoli che non possiamo credere di poter circoscrivere
Dio all’interno di una parola. Dice ancora, a questo proposito il salmo 8: “Se
guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai
fissate, che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché
te ne curi?” (4-5). Questa
porzione estiva che abbiamo ancora davanti e che, per antonomasia, è dedicata
alle ferie, potrebbe essere per ciascuno di noi un tempo per contemplare e
meditare la grandezza del Nome di Dio vivendo questo questi giorni con lo
sguardo attento e capace di cogliere la presenza di Dio nella nostra vita. Una
presenza, io credo, che si concretizza in un caleidoscopio di occasioni e di
possibilità. L’autore del salmo 8 concentra la sua attenzione sulla
magnificenza del creato. Questo è sicuramente un aspetto importante: impariamo
ad apprezzare e a godere per le bellezze della natura che ci circonda e a cui
forse troppo spesso ci siamo abituati. Magari ci farebbe bene vivere un mesetto
in una “bella” megalopoli da dieci milioni di abitanti… Ma
questa presenza divina va anche al di là di questo e trova una sua forma
specifica nella vita spirituale che spesso subisce momenti di flessione se non
di preoccupante apatia che a volte si trasforma in rabbia, o giù di lì,
quando, secondo i nostri umani criteri, il Signore non ascolta le nostre
suppliche o le nostre richiesti dimentichi del fatto che quando preghiamo il
“Padre Nostro” diciamo “sia
fatta la tua volontà”. Capita che confondiamo malamente la volontà di
Dio con la nostra. Dobbiamo
imparare a vivere questa presenza anche attraverso una vita spirituale un po’
più tonica, costante, come segno di una relazione profonda con il Signore. Del
resto, anche umanamente parlando, valutiamo la presenza di una persona anche
sulla base della relazione che abbiamo con questa. Se non dialogo mai con
l’altro come può essere presente nella mia vita? Questo vale in famiglia, con
gli amici e alla stessa maniera vale anche con Dio, la cui presenza non può
essere paragonata a quella della scialuppa di salvataggio che c’è sulla nave:
quando siamo nei guai la caliamo in mare nel tentativo di salvare capra e
cavoli. “Eppure
l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato”
(8,6). La
presenza di Dio si caratterizza anche per un altro aspetto estremamente concreto
e umano. Concreto e umano perché Dio si fa presente anche attraverso le
persone. La dignità dell’uomo, il suo essere “poco meno degli angeli” è
di per se stessa segno della presenza di Dio. Nel momento in cui viene a mancare
il rispetto per l’uomo, per la sua dignità, per i suoi diritti, anche i più
elementari, si annulla anche ogni forma di rispetto del Nome di Dio. Bestemmiare
il nome di Dio non è solo pronunciarlo in modo offensivo. Ogni forma di
disprezzo dell’uomo è disprezzo di Dio. Il
discepolo del Signore che vive l’oggi della storia, di questa nostra storia,
deve imparare a leggere i segni della presenza di Dio negli uomini di questo
tempo. Un antico proverbio cinese dice: “Uomo è chi monta in palanchino, uomo
è chi tira il palanchino”. Dare
lode al Nome di Dio come fa il salmista significa imparare a lodare e apprezzare
l’uomo in tutta la sua completezza e diversità. Impariamo a rendere grazie
per quanto gli altri fanno per noi, a partire dalla famiglia fino a quelle
persone che magari anche solo una volta hanno donato un raggio di luce alla
nostra vita. Ho trovato scritto in un libro: “Se lo sai vedere la vita un
sorriso sempre ti dà”. Il cristiano di oggi è colui che sa vedere il bene,
è colui che sa cogliere la gioia anche dalle piccole cose di tutti i giorni, da
quei gesti che spesso ci sembrano banali e abitudinari. Il cristiano è lo
scopritore della gioia e della speranza che si radica in Cristo morto e risorto.
Non dobbiamo mai rinunciare a questo nostro compito, a questo ruolo che ci
porta, come scrive l’evangelista Matteo ad essere “sale
della terra e luce del mondo”. Incamminiamoci
sulla strada che ci porta a riconoscere nella diversità non un ostacolo o un
nemico, ma un’occasione di crescita, di arricchimento personale e comunitario.
Questo nell’ampio spettro del “villaggio globale” sia in quello molto più
ristretto del nostro vivere quotidiano. La
diversità, più o meno inconsciamente, ci fa paura perché ci costringe a una
riflessione, ci porta a metterci in qualche modo in discussione. Ma il diverso
non è solo l’extracomunitario, magari musulmano, che viene nel nostro Paese
in cerca di fortuna, come del resto è già capitato a noi decenni fa. La
diversità si esprime anche tra di noi in ambiti culturali, sociali, politici
che non possono assolutamente fungere da ostacoli al dialogo, anzi possono e
devono essere stimolo alla pluralità ed essere occasione di crescita reciproca.
A livello generale, soprattutto nell’ambito politico e culturale, ho
l’impressione che spesso si sia imboccata la strada di un integralismo
strisciante che non fa bene a nessuno, soprattutto non giova a chi è più
debole e alla capacità di elaborare un pensiero libero e capace di accogliere.
Come credenti dobbiamo superare queste divisioni per saper tornare davvero al
cuore dell’uomo con lo spirito evangelico della misericordia, pur senza
svendere ciò in cui crediamo. Essere tolleranti e rispettosi degli altri non
significa rinunciare a credere e vivere in Gesù Cristo. Chissà
che un giorno possiamo pregare assieme dicendo: “O Signore nostro Dio, quanto
è grande il Tuo Nome su tutta la terra. Ti ho scoperto anche oggi nelle
meraviglie di un mondo bellissimo e colorato, nel calore del sole e nello
scrosciare dell’acqua. Ti ho scoperto anche oggi nel sorriso delle persone che
per tua grazia ho avuto al mio fianco; ti ho contemplato nel lavoro di tanti
uomini che cercano di migliorare la vita di tutti; ho assaporato la tua presenza
nella mano aperta che mi ha aiutato a rialzarmi dalle mie debolezze. Signore
grande è il Tuo Nome su tutta la terra. Ti prego aiutami a renderlo grande
anche con la mia esistenza illuminata dalla Tua luce”.
Il Parroco
Don Giacomo
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