PRINCIPI E NORME

Per l'uso del Messale Romano

 

 

 

 

In diverse circostanze è stato espresso il desiderio di conoscere quei principi e quelle norme che la Chiesa ha stabilito per la celebrazione della S.Messa, centro e culmine di tutta la vita cristiana. In alcuni numeri di questo Bollettino ne riportiamo le parti più significative perché tutti conoscano le indicazioni che la comunità cristiana deve far proprie per quella comunione che la unisce alla Chiesa universale.

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PRINCIPI E NORME. 1

Capitolo I 3

IMPORTANZA E DIGNITÀ DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA... 3

Capitolo II 5

STRUTTURA, ELEMENTI E PARTI DELLA MESSA... 5

I. STRUTTURA GENERALE DELLA MESSA.. 5

II. I DIVERSI ELEMENTI DELLA MESSA.. 5

Lettura della parola di Dio e sua spiegazione. 5

Le orazioni e le altre parti che spettano al sacerdote. 5

Altre formule che ricorrono nella celebrazione. 6

In qual modo proclamare i vari testi 6

Importanza del canto. 6

Gesti e atteggiamenti del corpo. 6

Il silenzio. 7

III. LE SINGOLE PARTI DELLA MESSA.. 7

A) RITI DI INTRODUZIONE. 7

L'introito. 7

Saluto all'altare e al popolo radunato. 7

Atto penitenziale. 8

Kyrie, eleison. 8

Gloria in excelsis. 8

Orazione conclusiva dei riti di introduzione (o colletta) 8

B) LITURGIA DELLA PAROLA.. 8

Le letture bibliche. 9

I canti tra le letture. 9

L'omelia. 9

La professione di fede. 10

La preghiera universale. 10

Alcune note sulla PREGHIERA DEI FEDELI o Preghiera Universale. 10

C) LITURGIA EUCARISTICA.. 11

La preparazione dei doni 11

La Preghiera eucaristica. 12

Riti di comunione. 12

D) RITI DI CONCLUSIONE. 13


 

Capitolo I

IMPORTANZA E DIGNITÀ DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

 

1. La celebrazione della Messa, in quanto azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato, co­stituisce il centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa universale, per quella locale, e per i singoli fedeli '. Nella Messa infatti si ha il culmine sia dell'azione con cui Dio santifica il mondo in Cristo, sia del culto che gli uomini rendono al Padre, adorandolo per mezzo di Cristo Figlio di Dio2. In essa inoltre la Chiesa commemora, nel corso dell'anno, i misteri della redenzione, in modo da renderli in certo modo presenti. Tutte le altre azioni sacre e ogni attività della vita cristiana sono in stretta relazione con la Messa, da essa derivano e ad essa sono ordinate4.

 

2. È perciò di somma importanza che la celebrazione della Messa, o Cena del Signore, sia ordinata in modo che i ministri e i fedeli, partecipandovi ciascuno secondo il proprio ordine e grado, traggano abbondanza di quei frutti5, per il conseguimento dei quali Cristo Signore ha istituito il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue e lo ha affidato, come memoriale della sua pas­sione e risurrezione, alla Chiesa, sua dilettissima sposa6.

 

3. Si potrà ottenere davvero questo risultato, se, tenu­to conto della natura e delle altre caratteristiche di ogni assemblea, tutta la celebrazione verrà ordinata in modo tale da portare i fedeli a una partecipazione consapevole, attiva e piena, esterna ed interna, ardente di fede, spe­ranza e carità; partecipazione vivamente desiderata dalla Chiesa e richiesta dalla natura stessa della celebrazione, e alla quale il popolo cristiano ha diritto e dovere in for­za del Battesimo7.

 

4. Non sempre si può avere la presenza e l'attiva par­tecipazione dei fedeli, che manifestano più chiaramente la natura ecclesiale della azione liturgica8; sempre però la celebrazione eucaristica ha l'efficacia e la dignità che ie sono proprie, in quanto è azione di Cristo e della Chie­sa, e il sacerdote vi agisce sempre per la salvezza del po­polo.

 

5. Poiché inoltre la celebrazione dell'Eucaristia, co­me tutta la Liturgia, si compie per mezzo di segni sensi­bili, mediante i quali la fede si alimenta, s'irrobustisce e si esprime10, si deve avere la massima cura nello scegliere

e nel disporre quelle forme e quegli elementi clic la Chie­sa propone, e che, considerate le circostanze di persone e di luoghi, possono favorire più intensamente la parteci­pazione attiva e piena e rispondere più adeguatamente al bene dei fedeli.

 

6. Pertanto questa « Istruzione » si propone di esporre i principi generali per l'ordinamento della celebrazione dell'Eucaristia, e presentare le norme per regolare le sin­gole forme di celebrazione". Le Conferenze Episcopali, secondo la Costituzione sulla Sacra Liturgia, possono prescrivere, per il loro territorio, delle norme che tenga­no conto delle tradizioni e della cultura propria dei loro popoli, delle regioni e delle diverse comunità12.

1 Cfr Concilio Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 41; Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 11; Decreto sul ministero e la vita sacerdotale, Presbyterorum ordinis, nn, 2, 5, 6; Decreto sull'ufficio pastorale dei ve­scovi, Christus Dominus, n. 30; Decreto sull'Ecumenismo, Unitatis redintegratio, n. 15; sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Eucharisticum Mysterium, 25 maggio 1967, nn. 3 e, 6: A.A.S. 59 (1967) pp. 542, 544-545.

2 Cfr Concilio Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concìlium, n. 10.

3 Cfr ibidem, n. 102.

4 Cfr Concilio Vaticano II, Decreto sul ministero e la vita sacerdotale, Presbyterorum ordinis, n. 5; Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 10.

5 Cfr Concilio Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn. 14,19,26,28, 30.

6 Cfr ibidem n.47.

7 Cfr ibidem, n. 14.

8 Cfr ibidem, n.41.

9 Cfr Concilio Vaticano II, Decreto sul ministero e la vita sacerdotale, Presbyterorum ordinis, n. 13.

10 Cfr Concilio Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 59.

11 Cfr per le Messe nei gruppi particolari: sacra Congregazione per il Culto divino, Istruzione Actio pastoralis 15 maggio 1969: A.A.S. 61 (1969) pp. 806-811; per le messe con i fanciulli: Direttorio delle Messe con i fanciulli, 1 novembre 1973; A.A.S. 65 (1974) pp. 30-46; sul mo­do di unire le Ore dell'Ufficio con la Messa; Institutio generalis sulla Liturgia delle Ore, ed. tip. 1971, nn. 93-98.

12 Concilio Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn. 37-40.

 


Capitolo II

STRUTTURA, ELEMENTI E PARTI DELLA MESSA

I. STRUTTURA GENERALE DELLA MESSA

7. Nella Messa o Cena del Signore, il popolo di Dio è chiamato a riunirsi insieme sotto la presidenza del sacer­dote, che agisce nella persona di Cristo, per celebrare il memoriale del Signore, cioè il sacrificio eucaristico13.

Per questa riunione locale della santa Chiesa vale per­ciò in modo eminente la promessa di Cristo: «Là dove sono due o tre radunati nel mio nome, io sono in mez­zo a loro» (Mt 18, 20).

Infatti nella celebrazione della Messa, nella quale si perpetua il sacrificio della Croce14, Cristo è realmente presente nell'assemblea dei fedeli riunita in suo nome, nella persona del ministro, nella sua parola e in modo sostanziale e permanente sotto le specie eucaristiche15.

 

8. La Messa è costituita da due parti, la «Liturgia della Parola» e la «Liturgia eucaristica»; esse son così strettamente congiunte tra di loro da formare un unico atto di culto16. Nella Messa, infatti, viene imbandita tanto la mensa della Parola di Dio quanto la mensa del Corpo di Cristo, e i fedeli ne ricevono istruzione e ristoro17. Ci sono inoltre alcuni riti che iniziano e altri che concludono la celebrazione.

 

II. I DIVERSI ELEMENTI DELLA MESSA

Lettura della parola di Dio e sua spiegazione

9. Quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella sua parola, annunzia il Vangelo.

Per questo, le letture della parola di Dio, che costitui­scono un elemento importantissimo della Liturgia, si devono ascoltare da tutti con venerazione. E benché la parola di Dio nelle letture della sacra Scrittura sia ri­volta a tutti gli uomini di ogni epoca e sia da essi in­telligibile, tuttavia la sua efficacia viene accresciuta da un'esposizione viva e attuale, cioè dall'omelia, che è considerata parte dell'azione liturgica18.

 

Le orazioni e le altre parti che spettano al sacerdote

10. Tra le parti proprie del sacerdote, occupa il pri­mo posto la Preghiera eucaristica, culmine di tutta la celebrazione. Seguono poi le orazioni, cioè: l'orazione di inizio (o colletta), l'orazione sulle offerte e l'orazio­ne dopo la comunione. Queste preghiere dette dal sa­cerdote nella sua qualità di presidente dell'assemblea nella persona di Cristo, sono rivolte a Dio a nome del­l'intero popolo santo e di tutti i presenti19. Perciò giu­stamente si chiamano «orazioni presidenziali».

 

11. Spetta ugualmente al sacerdote, per il suo ufficio di presidente dell'assemblea radunata, formulare alcu­ne monizioni e proporre le formule di introduzione e di conclusione previste nel rito medesimo. Di loro na­tura queste monizioni non esigono di essere pronunzia­te alla lettera, nella formulazione presentata nel Mes­sale; per cui potrà essere opportuno l'adattarle in qualche modo, almeno in alcuni casi, alle vere condi­zioni della comunità20. Così pure spetta al sacerdote che presiede annunziare la parola di Dio e impartire la benedizione finale. Egli può inoltre intervenire con brevissime parole, all'inizio della celebrazione, per in­trodurre i fedeli alla Messa del giorno; alla Liturgia della Parola, prima delle letture; alla Preghiera eucari­stica, prima di iniziare il prefazio; prima del congedo, per concludere l'intera azione sacra.

 

12. La natura delle parti « presidenziali » esige che esse siano proferite a voce alta e chiara e che siano ascol­tate da tutti con attenzione21. Perciò mentre il sacerdote le dice, non si devono sovrapporre altre orazioni o can­ti, e l'organo e altri strumenti musicali devono tacere.

 

13. Il sacerdote formula preghiere non soltanto come presidente a nome di tutta la comunità, ma talvolta anche a titolo personale, per poter compiere il proprio ministero con maggior attenzione e pietà. Tali preghie­re si dicono sottovoce.

Altre formule che ricorrono nella celebrazione

14. Poiché la celebrazione della Messa, per sua natu­ra, ha carattere «comunitario»22, grande rilievo assu­mono i dialoghi tra il celebrante e l'assemblea dei fe­deli, e le acclamazioni23. Infatti questi elementi non sono soltanto segni esteriori della celebrazione comuni­taria, ma favoriscono ed effettuano la comunione tra il sacerdote e il popolo.

 

15. Le acclamazioni e le risposte dei fedeli al saluto del sacerdote e alle orazioni, costituiscono quel grado di partecipazione attiva che i fedeli riuniti devono por­re in atto in ogni forma di Messa per esprimere e rav­vivare l'azione di tutta la comunità24.

 

16. Altre parti, assai utili per manifestare e favorire la partecipazione attiva dei fedeli, spettano all'intera assemblea: sono soprattutto l'atto penitenziale, la pro­fessione di fede, la preghiera universale (detta anche preghiera dei fedeli) e la preghiera del Signore (cioè il Padre nostro).

 

17.   Infine, tra le altre formule:

a) alcune costituiscono un rito o un atto a sé stante, come l'inno Gloria, il salmo responsoriale, l'Alleluia e il versetto prima del Vangelo (canto al Vangelo), il (Santo-Sanctus), l'acclamazione dell'anamnesi e il can­to dopo la comunione;

b) altre, invece, accompagnano qualche rito, come i canti d'ingresso, di offertorio, quelli che accompagna­no la «frazione» o atto di spezzare il pane (Agnello di Dio - Agnus Dei) e la comunione.

 

In qual modo proclamare i vari testi

18. Nei testi che devono esser pronunziati a voce alta e chiara dal sacerdote, dai ministri, o da tutti, la voce deve corrispondere al genere del testo secondo che si tratti di una lettura, di un'orazione, di una monizione, di un'acclamazione, di un canto; deve anche corri­spondere alla forma di celebrazione e alla solennità della riunione liturgica. Inoltre si tenga conto delle caratteristiche delle diverse lingue e della cultura specifi­ca di ogni popolo.

Nelle rubriche e nelle norme che seguono, le parole «dire» oppure «proclamare» devono essere intese in riferimento sia al canto che alla recita, tenuto conto dei principi sopra esposti.

 

Importanza del canto

19. I fedeli che si radunano nell'attesa della venuta del loro Signore, sono esortati dall'Apostolo a cantare insieme salmi, inni e cantici spirituali (cfr Col 3, 16). Infatti il canto è segno della gioia del cuore (cfr Atti 2, 46). Perciò dice molto bene sant'Agostino: «II can­tare è proprio di chi ama»25, e già dall'antichità si formò il detto: «Chi canta bene, prega due volte».

Nelle celebrazioni si dia quindi grande importanza al canto, tenuto conto della diversità culturale delle po­polazioni e della capacità di ciascun gruppo anche se non è sempre necessario cantare tutti i testi che per lo­ro natura sono destinati al canto. Nella scelta delle parti destinate al canto, si dia la preferenza a quelle di maggior importanza, e soprattutto a quelle che devono essere cantate dal sacerdote o dai ministri con la rispo­sta del popolo, o dal sacerdote e dal popolo insieme26. Poiché sono sempre più frequenti le riunioni di fedeli di diverse nazionalità, è opportuno che sappiano can­tare insieme, in lingua latina, e nelle melodie più faci­li, almeno le parti dell'Ordinario della Messa, special­mente il simbolo della fede e la preghiera del Signore (Pater noster)27.

 

Gesti e atteggiamenti del corpo

20. L'atteggiamento comune del corpo, che tutti i partecipanti al rito sono invitati a prendere, è il segno della comunità e dell'unità dell'assemblea: esso espri­me e favorisce l'intenzione e i sentimenti dell'animo dei partecipanti21.

 

21. Per ottenere l'uniformità nei gesti e negli atteg­giamenti, i fedeli seguano le indicazioni che vengono date dal diacono, o dal sacerdote, o da un altro mini­stro, durante la celebrazione.

Inoltre, in tutte le Messe, salvo indicazioni in contra­rio, i fedeli stiano in piedi dall'inizio del canto di in­gresso, o mentre il sacerdote si reca all'altare, fino alla conclusione dell'orazione di inizio (o colletta), durante il canto dell'Alleluia prima del Vangelo; durante la proclamazione del Vangelo; durante la professione di fede e la preghiera universale (o preghiera dei fedeli); dall'orazione sulle offerte fino al termine della Messa, fatta eccezione di quanto è detto in seguito. Stanno in­vece seduti durante la proclamazione delle letture pri­ma del Vangelo e durante il salmo responsoriale; all'o­melia e durante la preparazione dei doni all'offertorio; se lo si ritiene opportuno, durante il sacro silenzio do­po la comunione. S'inginocchiano poi alla consacra­zione, a meno che lo impediscano o la rjstrettezza del luogo, o il gran numero dei presenti, o altri motivi ra­gionevoli.

Spetta però alle Conferenze Episcopali adattare i gesti e gli atteggiamenti del corpo, descritti nel Rito della Mes­sa romana, alla cultura dei vari popoli29. Nondimeno si faccia in modo che tali adattamenti corrispondano al senso e al carattere di ciascuna parte della celebrazione.

 

22. Fra i gesti sono comprese anche le azioni e gli at­teggiamenti del sacerdote nel recarsi all'altare, quelle per la presentazione dei doni e per la comunione dei fedeli. Conviene che queste azioni siano fatte in modo decoroso, mentre si eseguono canti appropriati, secon­do le norme stabilite per i singoli movimenti.

 

Il silenzio

23. Si deve anche osservare, a suo tempo, il sacro si­lenzio, come parte della celebrazione30. La sua natura dipende dal momento in cui ha luogo nelle singole ce­lebrazioni. Così, durante l'atto penitenziale e dopo l'invito alla preghiera, il silenzio aiuta il raccoglimen­to; dopo la lettura o l'omelia, è un richiamo a medita­re brevemente ciò che si è ascoltato; dopo la comunio­ne, favorisce la preghiera interiore di lode e di ringra­ziamento.

 

III. LE SINGOLE PARTI DELLA MESSA

A) RITI DI INTRODUZIONE

24. Le parti che precedono la Liturgia della Parola, cioè l'introito, il saluto, l'atto penitenziale, il Kyrie eleison, il Gloria e l'orazione (o colletta), hanno un carattere di inizio, di introduzione e di preparazione.

Scopo di questi riti è che i fedeli, riuniti insieme, for­mino una comunità, e si dispongano ad ascoltare con fede la parola di Dio ed a celebrare degnamente l'Eu­caristia.

 

L'introito

25. Quando il popolo è riunito, mentre il sacerdote fa il suo ingresso con i ministri, si inizia il canto d'in­gresso. La funzione propria di questo canto è quella di dare inizio alla celebrazione, favorire l'unione dei fe­deli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico o della festività, e accompagnare la processione del sacerdote e dei ministri.

 

26. Il canto viene eseguito alternativamente dalla schola e dal popolo, o dal cantore e dal popolo, oppu­re tutto quanto dal popolo o dalla sola schola. Si può utilizzare sia l'antifona con il suo canto, quale si trova nel Graduale romanum o nel Graduale simplex, oppu­re un altro canto adatto all'azione sacra, al carattere del giorno o del tempo, e il cui testo sia stato approva­to dalla Conferenza Episcopale.

Se all'introito non ha luogo il canto, l'antifona propo­sta dal Messale Romano viene letta o dai fedeli, o da alcuni di essi, o dal lettore, o anche dallo stesso sacer­dote dopo il saluto.

 

Saluto all'altare e al popolo radunato

27. Giunti in presbiterio, il sacerdote e i ministri sa­lutano l'altare. In segno di venerazione, il sacerdote e il diacono lo baciano e il sacerdote lo può incensare secondo l'opportunità.

 

28. Terminato il canto d'ingresso, il sacerdote e tutta l'assemblea si segnano col segno di croce. Poi il sacer­dote con il saluto annunzia alla comunità riunita la presenza del Signore. Il saluto sacerdotale e la risposta del popolo manifestano il mistero della Chiesa radu­nata.

 

Atto penitenziale

29. Salutato il popolo, il sacerdote, o un altro mini­stro che ne sia capace, può fare una brevissima intro­duzione alla Messa del giorno. Quindi il sacerdote in­vita all'atto penitenziale, che viene compiuto da tutta la comunità mediante la confessione generale, e si con­clude con l'assoluzione del sacerdote.

Kyrie, eleison

30. Dopo l'atto penitenziale ha inizio il Kyrie eleison, a meno che non sia già stato detto durante l'atto penitenziale. Essendo un canto col quale i fedeli accla­mano il Signore e implorano la sua misericordia, di solito viene eseguito da tutti, in alternanza tra il popo­lo e la schola o un cantore.

Ogni acclamazione di solito si dice due volte; ma non si esclude che, in considerazione dell'indole delle diver­se lingue o della composizione musicale o di circostan­ze particolari, sia ripetuto un maggior numero di vol­te, o intercalato da un breve «tropo». Se il Kyrie eleison non viene cantato, si recita.

Gloria in excelsis

31. Il Gloria è un inno antichissimo e venerabile con il quale la Chiesa, radunata nello Spirito Santo, glori­fica e supplica Dio Padre e l'Agnello. Viene cantato da tutta l'assemblea, o dal popolo alternativamente con la schola oppure dalla schola. Se non lo si canta, viene recitato da tutti, insieme o alternativamente.

Lo si canta o si recita nelle domeniche fuori del Tem­po di Avvento e Quaresima; e inoltre nelle solennità e feste, e in particolari celebrazioni più solenni.

Orazione conclusiva dei riti di introduzione (o colletta)

32. Poi il sacerdote invita il popolo a pregare; e tutti insieme con il sacerdote stanno per qualche momento in silenzio, per prendere coscienza di essere alla pre­senza di Dio e per poter formulare nel proprio cuore la preghiera personale. Quindi il sacerdote dice l'ora­zione, chiamata comunemente «colletta». Per mezzo di essa viene espresso il carattere della celebrazione e con le parole del sacerdote si rivolge la preghiera a Dio Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo.

Il popolo, unendosi alla preghiera ed esprimendo il suo assenso, fa sua l'orazione con l'acclamazione Amen.

Nella Messa si dice una sola colletta; la stessa cosa va le anche per l'orazione sulle offerte e dopo la comu­nione.

La colletta termina con la conclusione lunga, e cioè:

·         se è rivolta al Padre: Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei se­coli;

·         se è rivolta al Padre, ma verso la fine dell'Orazione medesima si fa menzione dei Figlio: Egli è Dio (opp. che è Dio) e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli;

·         se è rivolta al Figlio: Tu che sei Dio e vivi e regni con Dio Padre, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Invece l'orazione sulle offerte e l'orazione dopo la Co­munione hanno la conclusione breve, e cioè:

·         se è rivolta al Padre: Per Cristo nostro Signore;

·         se è rivolta al Padre, ma verso la fine dell'orazione medesima si fa menzione del Figlio: Egli vive e regna nei secoli dei secoli;

·         se è rivolta al Figlio: Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

 

B) LITURGIA DELLA PAROLA

33. Le letture scelte dalla sacra Scrittura con i canti che le accompagnano, costituiscono la parte principale della Liturgia della Parola; l'omelia, la professione di fede e la preghiera universale o preghiera dei fedeli sviluppano e concludono tale parte. Infatti nelle lettu­re, che vengono poi spiegate nella omelia, Dio parla al suo popolo31, gli manifesta il mistero della redenzione e della salvezza e offre un nutrimento spirituale; Cri­sto stesso è presente per mezzo della sua parola, tra i fedeli32. Il popolo fa propria questa parola divina con i canti e vi aderisce con la professione di fede; così nu­trito, prega nell'orazione universale per le necessità di tutta la Chiesa e per la salvezza del mondo intero.

Le letture bibliche

34. Con le letture si offre ai fedeli la mensa della pa­rola di Dio e si aprono loro i tesori della Bibbia33. Poiché secondo la tradizione l'ufficio di proclamare le letture non spetta al presidente ma ad uno dei ministri, conviene che, d'ordinario, il diacono, o, in sua assen­za, un altro sacerdote legga il Vangelo; un lettore inve­ce legga le altre letture. Mancando però il diacono o un altro sacerdote, leggerà il Vangelo lo stesso sacer­dote celebrante34.

 

35. Alla lettura del Vangelo si deve il massimo ri­spetto; lo insegna la liturgia stessa, perché la distingue dalle altre letture con particolari onori: sia da parte del ministro incaricato di proclamarla che si prepara con la benedizione o con la preghiera; sia da parte dei fedeli, i quali con le acclamazioni riconoscono e pro­fessano che Cristo è presente e parla a loro, e ascolta­no la lettura stando in piedi; sia per mezzo dei segni di venerazione che si rendono al libro dei Vangeli.

I canti tra le letture

36. Alla prima lettura segue il salmo responsoriale, o graduale, che è parte integrante della Liturgia della Parola. Il salmo, d'ordinario, è preso dal Lezionario, perché ogni testo salmodico è direttamente connesso con la relativa lettura: pertanto la scelta del salmo di­pende dalle letture. Nondimeno, perché il popolo più facilmente possa ripetere il ritornello, sono stati scelti alcuni testi comuni di ritornelli e di salmi per diversi tempi dell'anno e per le diverse categorie di santi; que­sti testi si possono utilizzare al posto di quelli corri­spondenti alle letture ogni volta che il salmo viene can­tato.

II salmista o cantore del salmo, canta o recita i versetti del salmo all'ambone o in altro luogo adatto: l'assem­blea sta seduta e ascolta, e partecipa di solito con il ri­tornello, a meno che il salmo non sia cantato o recita­to per intero senza ritornello. Se si canta, oltre al sal­mo designato sul Lezionario, si può utilizzare o il gra­duale del Graduale romanum, oppure un salino re­sponsoriale o alleluiatico del Graduale simplex, così come sono indicati in tali libri.

 

37. Alla seconda lettura segue l'Alleluia o un altro canto, a seconda del tempo liturgico.

a)     L'Alleluia si canta in qualsiasi Tempo, tranne che in Quaresima. Può essere iniziato o da tutti, o dalla schola, o da un cantore e, se è il caso, lo si ripete. I versetti si scelgono dal Lezionario oppure dal Gra­duale.

b)     L'altro canto è costituito da un versetto prima del Vangelo, oppure da un altro salmo o tratto, come si trovano nel Lezionario o nel Graduale.

 

38.   Quando vi è una sola lettura prima del Vangelo:

a)     nel Tempo in cui si canta l'Alleluia, si può utilizza­re o il salmo alleluiatico, oppure il salmo e l'Alleluia con il suo versetto, o solo il salmo o solo l'Alleluia;

b)     nel tempo in cui l'Alleluia non si canta, si può ese­guire o il salmo, o il versetto prima del Vangelo (cioè il canto al Vangelo).

 

39. Il salmo dopo la lettura, se non viene cantato, deve essere letto ad alta voce; invece l'Alleluia e il ver­setto prima del Vangelo, se non si cantano, si possono tralasciare.

 

40. La sequenza è facoltativa, eccetto nei giorni di Pasqua e di Pentecoste.

L'omelia

41. L'omelia fa parte della liturgia ed è molto racco­mandata35: è infatti necessaria per alimentare la vita cristiana. Deve essere la spiegazione o di qualche aspetto delle letture della Sacra Scrittura, o di un altro testo dell'Ordinario o del Proprio della Messa del giorno, tenuto conto sia del mistero che viene celebra­to, sia delle particolari necessità di chi ascolta36.

 

42. Nelle domeniche e nelle feste di precetto si deve tenere l'omelia in tutte le Messe con partecipazione di popolo; non si può omettere senza una ragione grave. Negli altri giorni è raccomandata specialmente nelle ferie di Avvento, di Quaresima e del tempo pasquale; così pure nelle altre feste e circostanze nelle quali è più numeroso il concorso del popolo alla chiesa37.

L'omelia di solito sia tenuta personalmente dal sacer­dote celebrante.

La professione di fede

43. Il Simbolo, o professione di fede, nella celebra­zione della Messa, ha lo scopo di suscitare nell'assem­blea, dopo l'ascolto della parola di Dio nelle letture e nell'omelia, una risposta di assenso, e di richiamare alla mente la regola della fede, prima di incominciare la celebrazione dell'Eucaristia.

 

44. Il Simbolo deve esser recitato dal sacerdote insie­me con il popolo nelle domeniche e nelle solennità; si può dire anche in particolari celebrazioni più solenni.

Se viene cantato, si canti normalmente da tutti o a co­ri alterni.

La preghiera universale

45. Nella preghiera universale, o preghiera dei fedeli, il popolo, esercitando la sua funzione sacerdotale, pre­ga per tutti gli uomini. È conveniente che nelle Messe con partecipazione di popolo vi sia normalmente que­sta preghiera, nella quale si elevino suppliche per la santa Chiesa, per i governanti, per coloro che si trovano in necessità, per tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il mondo38.

 

46. La successione delle intenzioni sia ordinariamente questa:

 

a)     per le necessità della Chiesa;

b)     per i governanti e per la salvezza di tutto il mondo;

c)     per quelli che si trovano in difficoltà;

d)     per la comunità locale.

 

Tuttavia in qualche celebrazione particolare, per esem­pio nella Confermazione, nel Matrimonio, nelle Ese­quie, la successione delle intenzioni può venire adatta­ta maggiormente alla circostanza particolare.

 

47. Spetta al sacerdote celebrante guidare la preghie­ra, invitare, con una breve monizione, i fedeli a prega­re, e concludere la preghiera con un'orazione. Sarà be­ne che le intenzioni siano proposte da un diacono o da un cantore, o da qualche altra persona39. Tutta l'as­semblea esprime la sua preghiera o con un'invocazione comune, dopo che sono state presentate le intenzioni, oppure pregando in silenzio.

 

Alcune note sulla PREGHIERA DEI FEDELI o Preghiera Universale

Uno dei momenti in cui si esprime la partecipazione dei cristiani alla S.Messa è la "Preghiera dei fede­li".

Le Norme del Messale riportate sopra danno pre­cise indicazioni sul suo significato e sul modo di farla. La CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA ha ulteriormente precisato il modo concreto di prepararla aggiungendo al documento del Messale Romano quanto segue:

 

3. Preghiera universale (cfr nn. 45-47)

La preghiera universale o preghiera dei fedeli è di nor­ma nelle Messe domenicali e festive. Dato tuttavia il suo rilievo pastorale, anche perché offre l'occasione di collegare la liturgia della Parola con la situazione con­creta, è evidente l'opportunità di farla quotidianamen­te nelle Messe con la partecipazione del popolo.

Perché la preghiera universale sia veramente rispon­dente al suo spirito e alla sua struttura, si richiama l'esigenza di disporne precedentemente l'esatta formu­lazione e di rispettare la successione e la sobrietà delle intenzioni, tenendo presenti il momento liturgico, le emergenze ecclesiali e sociali, e il suffragio per le ani­me dei pastori e dei fratelli defunti.

 

Pertanto queste direttive stabiliscono che la Preghiera dei fedeli:

·         sia preparata in precedenza e quindi scritta, senza lasciare spazio ad improvvisazioni;

·         sia concordata con il sacerdote celebrante che darà l'incarico di leggerla ad una persona;

·         contenga esclusivamente i temi proposti dal Messale rispettando la successione e la sobrietà delle intenzioni, senza inserire altri argomenti, rimanendo preghiera e invocazione.

 

C) LITURGIA EUCARISTICA

48. Nell'ultima Cena Cristo istituì il sacrificio e con­vito pasquale per mezzo del quale è reso di continuo presente nella Chiesa il sacrificio della Croce, allorché il sacerdote che rappresenta Cristo Signore, compie ciò che il Signore stesso fece e affidò ai discepoli perché lo facessero in memoria di lui40.

Cristo infatti prese il pane e il calice, rese grazie, spez­zò il pane e li diede ai suoi discepoli, dicendo: «Prendete, mangiate, bevete; questo è il mio Corpo; questo è il calice del mio Sangue. Fate questo in me­moria di me». Perciò la Chiesa ha disposto tutta la ce­lebrazione, della Liturgia eucaristica in vari momenti, che corrispondono a queste parole e gesti di Cristo. Infatti:

1) Nella preparazione dei doni, vengono portati all'al­tare pane e vino con acqua, cioè gli stessi elementi che Cristo prese tra le sue mani.

2) Nella Preghiera eucaristica si rendono grazie a Dio per tutta l'opera della salvezza, e le offerte diventano il Corpo e il Sangue di Cristo.

3) Mediante la frazione di un unico pane si manifesta l'unità dei fedeli, e per mezzo della comunione i fedeli si cibano del Corpo e del Sangue del Signore, allo stes­so modo con il quale gli Apostoli li hanno ricevuti dal­le mani di Cristo stesso.

La preparazione dei doni

49. All'inizio della Liturgia eucaristica si portano al­l'altare i doni, che diventeranno il Corpo e il Sangue di Cristo.

Prima di tutto si prepara l'altare, o mensa del Signo­re, che è il centro di tutta la Liturgia eucaristica41, po­nendovi sopra il corporale, il purificatoio, il messale e il calice, se non viene preparato alla credenza.

Poi si portano le offerte: i fedeli — cosa lodevole — presentano il pane e il vino; il sacerdote, o il diacono, in luogo opportuno e adatto, li riceve e li depone sul­l'altare, recitando le formule prescritte. Quantunque i fedeli non portino più, come un tempo, il loro proprio pane e vino destinati alla liturgia, tuttavia il rito di presentare questi doni conserva il suo valore e il suo significato spirituale.

Si possono anche fare offerte in denaro, o presentare altri doni per i poveri o per la Chiesa, portati dai fe­deli o raccolti in chiesa. Essi vengono deposti in luogo adatto, fuori della mensa eucaristica.

 

50. Il canto all'offertorio accompagna la processione con la quale si portano i doni; esso si protrae almeno fino a quando i doni sono stati deposti sull'altare. Le norme che regolano questo canto sono le stesse che per il canto d'ingresso (n. 26). L'antifona di offertorio, se non si canta, viene tralasciata.

 

51. Si può fare l'incensazione dei doni posti sull'alta­re stesso, per significare che l'offerta della Chiesa e la sua preghiera si innalzano come incenso al cospetto di Dio. Dopo l'incensazione dei doni e dell'altare, anche il sacerdote e il popolo possono ricevere l'incensazione dal diacono o da un altro ministro.

 

52. Quindi il sacerdote si lava le mani; con questo ri­to si esprime il desiderio di purificazione interiore.

 

53. Deposte le offerte sull'altare e compiuti i riti che accompagnano questo gesto, il sacerdote invita i fedeli a unirsi a lui nella preghiera e pronunzia l'orazione sulle offerte: si conclude così la preparazione dei doni e si prelude alla Preghiera eucaristica.

La Preghiera eucaristica

54. A questo punto ha inizio il momento centrale e culminante dell'intera celebrazione, vale a dire la Pre­ghiera eucaristica, cioè la preghiera di azione di grazie e di santificazione. Il sacerdote invita il popolo a in­nalzare il cuore verso il Signore nella preghiera e nel­l'azione di grazie, e lo associa a sé nella solenne pre­ghiera, che egli, a nome di tutta la comunità, rivolge al Padre per mezzo di Gesù Cristo. Il significato di questa preghiera è che tutta l'assemblea si unisca insie­me con Cristo nel magnificare le grandi opere di Dio e nell'offrire il sacrificio.

 

55. Gli elementi principali di cui consta la Preghiera eucaristica, si possono distinguere come segue:

 

a)     L'azione di grazie (che si esprime specialmente nel prefazio): il sacerdote, a nome di tutto il popolo san­to, glorifica Dio Padre e gli rende grazie per tutta l'opera della salvezza o per qualche suo aspetto parti­colare, a seconda della diversità del giorno, della festa o del Tempo.

b)     L'acclamazione: tutta l'assemblea, unendosi alle creature celesti, canta o recita il Santo (Sanctus). Questa acclamazione, che fa parte della Preghiera eucaristica, è pronunziata da tutto il popolo col sacerdote.

c)     L'epiclesi: la Chiesa implora con speciali invocazio­ni la potenza divina, perché i doni offerti dagli uomini vengano consacrati, cioè diventino il Corpo e il San­gue di Cristo, e perché la vittima immacolata, che si riceve nella comunione, giovi per la salvezza di coloro che vi parteciperanno.

d)     Il racconto dell'istituzione e la consacrazione: me­diante le parole e i gesti di Cristo, si compie il sacrifi­cio che Cristo stesso istituì nell'ultima Cena, quando offrì il suo Corpo e il suo Sangue sotto le specie del pane e del vino, lo diede a mangiare e a bere agli Apo­stoli e lasciò loro il mandato di perpetuare questo mi­stero.

e)     L'anamnesi: La Chiesa, adempiendo il comando ri­cevuto da Cristo Signore per mezzo degli Apostoli, ce­lebra la memoria di Cristo, ricordando soprattutto la sua beata passione, la gloriosa risurrezione e l'ascen­sione al cielo.

f)       L'offerta: nel corso di questa stessa memoria la Chiesa, in modo particolare quella radunata in quel momento e in quel luogo, offre al Padre nello Spirito Santo la vittima immacolata. La Chiesa desidera che i fedeli non solo offrano la vittima immacolata, ma an­che imparino ad offrire se stessi e cosi portino ogni giorno più a compimento, per mezzo di Cristo Media­tore, la loro unione con Dio e con i fratelli, perché fi­nalmente Dio sia tutto in tutti42.

g)     Le intercessioni: in esse si esprime che l'Eucaristia viene celebrata in comunione con tutta la Chiesa, sia celeste che terrestre, e che l'offerta è fatta per essa e per tutti i suoi membri, vivi e defunti, i quali sono stati chiamati a partecipare alla redenzione e alla sal­vezza acquistata per mezzo del Corpo e del Sangue di Cristo.

h)     La dossologia finale che esprime la glorificazione di Dio: essa viene ratificata e conclusa con l'acclamazio­ne del popolo.

i)        La Preghiera eucarìstica esige che tutti l'ascoltino con rispetto e in silenzio, e vi partecipino con le acclama­zioni previste nel rito.

Riti di comunione

56. Poiché la celebrazione eucaristica è un convito pasquale, conviene che, secondo il comando del Signo­re, i fedeli ben disposti ricevano il suo Corpo e il suo Sangue come cibo spirituale43.

A questo mirano la frazione del pane e gli altri riti preparatori che dispongono immediatamente i fedeli alla comunione.

a)     La preghiera del Signore (o Padre Nostro): in essa si chiede il pane quotidiano, nel quale i cristiani scor­gono anche un riferimento al pane eucaristico, e si im­plora la purificazione dei peccati, così che realmente «i santi doni vengano dati ai santi». Il sacerdote rivol­ge l'invito alla preghiera, che tutti i fedeli dicono in­sieme con lui; ma soltanto il sacerdote vi aggiunge l'embolismo, che il popolo conclude con la dossologia. L'embolismo, sviluppando l'ultima domanda della preghiera del Signore, chiede per tutta la comunità dei fedeli la liberazione dal potere del male. L'invito (o monizione), la preghiera del Signore, l'em­bolismo e la dossologia, con la quale il popolo conclu­de l'embolismo, si cantano o si dicono ad alta voce.

b)     Segue il rito della pace, con il quale i fedeli implo­rano la pace e l'unità per la Chiesa e per l'intera fami­glia umana, ed esprimono fra di loro l'amore vicende­vole, prima di partecipare all'unico pane. Le Conferenze Episcopali stabiliranno il modo di com­piere questo gesto di pace secondo l'indole e le usanze delle popolazioni.

c)     II gesto della frazione del pane, compiuto da Cristo nell'ultima Cena, sin dal tempo apostolico ha dato il nome a tutta l'azione eucaristica. Questo rito non ha soltanto una ragione pratica, ma significa che noi, pur essendo molti, diventiamo un solo corpo nella comu­nione a un solo pane di vita, che è Cristo (1 Cor 10, 17).

d)     L'immixtio: il celebrante mette nel calice una picco­la porzione dell'ostia.

e)     Agnello di Dio (Agnus Dei): mentre si compie la frazione del pane e l'immixtio, si canta dalla schola o dal cantore l'invocazione Agnello di Dio (Agnus Dei), alla quale risponde il popolo; oppure la si dice ad alta voce. Si può ripetere questa invocazione quante volte è necessario per accompagnare la frazione del pane. L'ultima invocazione termina con le parole dona a noi la pace (dona nobis pacem).

f)       La preparazione personale del sacerdote: il cele­brante si prepara con una preghiera silenziosa a riceve­re con frutto il Corpo e il Sangue di Cristo. Lo stesso fanno i fedeli pregando in silenzio.

g)     Quindi il celebrante mostra ai fedeli il pane eucari­stico che sarà ricevuto nella comunione e li invita al banchetto di Cristo; poi insieme con essi esprime senti­menti di umiltà, servendosi delle parole del Vangelo.

h)     Si desidera vivamente che i fedeli ricevano il Corpo del Signore con ostie consacrate nella stessa Messa, e nei casi previsti, facciano la comunione al calice, per­ché anche per mezzo dei segni, la comunione appaia meglio come partecipazione al sacrificio in atto44.

i)        Mentre il sacerdote e i fedeli si comunicano, si ese­gue il canto di comunione; esso ha lo scopo di espri­mere mediante l'accordo delle voci l'unione spirituale di coloro che si comunicano, dimostrare la gioia del cuore e rendere più fraterna la processione di coloro che si accostano a ricevere il Corpo di Cristo. Il canto comincia mentre il sacerdote si comunica, e si protrae per un certo tempo, durante la comunione dei fedeli. Se però è previsto che dopo la comunione si eseguisca un inno, il canto di comunione s'interrompa al mo­mento opportuno.

Come canto di comunione si può utilizzare o l'antifo­na del Graduale romanum, con o senza salmo, o l'an­tifona col salmo del Graduale simplex, oppure un al­tro canto adatto, approvato dalla Conferenza Episco­pale. Può essere cantato o dalla sola schola, o dalla schola o dal cantore insieme col popolo.

Se invece non si canta, l'antifona di comunione propo­sta dal Messale viene recitata o dai fedeli, o da alcuni di essi, o dal lettore, se no dallo stesso sacerdote dopo che questi si è comunicato, prima di distribuire la co­munione ai fedeli.

j)       Ultimata la distribuzione della comunione il sacer­dote e i fedeli, secondo l'opportunità, pregano per un po' di tempo in silenzio. Si può anche far cantare da tutta l'assemblea un inno, un salmo o un altro canto di lode.

k)      Nell'orazione dopo la comunione, il sacerdote chie­de i frutti del mistero celebrato. Il popolo fa sua l'ora­zione con l'acclamazione Amen.

D) RITI DI CONCLUSIONE

57. I riti di conclusione comprendono:

a)     II saluto e la benedizione del sacerdote, che in alcu­ni giorni e in certe circostanze si può arricchire e svi­luppare con l'«orazione sul popolo» o con un'altra formula più solenne.

b)     II congedo propriamente detto, con il quale si scio­glie l'assemblea, perché ognuno ritorni alle sue occu­pazioni lodando e benedicendo il Signore.

 

Con questo foglio termina la prima parte della presentazione della S.Messa. In seguito potrà essere utile pubblicare altre norme del Messale Romano riguardanti: Uffici e Ministeri nella Messa, diverse forme di celebrazione, l’arredamento della chiesa, ....

 

Ci auguriamo che anche queste pagine siano servite ad amare di più la S.Messa, centro di irradiazione di tutta la vita cristiana.