Adorazione eucaristica
Chissà quante volte ci siamo trovati in adorazione dinanzi a Cristo Eucaristia! Qualche volta ci saremo sicuramente chiesti: In realtà cosa stiamo facendo? Stiamo solo ripetendo preghiere quasi si trattasse di un monologo? Stiamo in silenzio pensando che nessuno ci ascolta? Cosa è dunque questa adorazione?
Per comprendere il significato di "adorazione" leggiamo insieme il Catechismo della Chiesa Cattolica: "L’adorazione è la disposizione fondamentale dell’uomo che si riconosce creatura davanti al suo Creatore. Essa esalta la grandezza del Signore che ci ha creati e l’onnipotenza del Salvatore che ci libera dal male. E’ la prosternazione dello spirito davanti al "Re della gloria" e il silenzio rispettoso al cospetto del Dio "sempre più grande di noi". L’adorazione del Dio tre volte Santo e sommamente amabile ci colma di umiltà e dà sicurezza alle nostre suppliche. Adorare Dio significa riconoscere la sottomissione assoluta della creatura la quale non esiste che per Dio" (Catechismo della Chiesa Cattolica).
L’adorazione eucaristica fuori dalla Santa Messa cominciò a svilupparsi in occidente a partire dall’XI secolo, come reazione all’eresia di Berengario di Tours il quale negava la presenza reale di Cristo nell’Eucarestia, ammettendone solo una presenza simbolica. Chi fa l’adorazione professa dunque la sua fede nella presenza reale di Cristo nel pane consacrato.
Di fatto è l’Eucarestia che fa la Chiesa ed è attraverso l’adorazione che si realizza l’obiettivo principale della Chiesa: la contemplazione di Cristo e del suo mistero. Il corpo mistico di Gesù, che è la Chiesa, non può che nascere e svilupparsi attorno al suo corpo reale: l’ Eucaristia.
Cosa bisogna fare per adorare?
Innanzi tutto creare un clima di silenzio e di tranquillità dinanzi al Santissimo, perché solo così può essere ascoltata la sua voce che ci giunge dalla sua Parola, dalla sua presenza, dalla sua luce che illumina e penetra il nostro cuore, perlustrando ogni angolo, scoprendo ogni nostra debolezza, tutti i nostri bisogni, risanando le nostre ferite.
Questo è possibile proprio perché, durante l’adorazione, come per i discepoli di Emmaus, noi lo invitiamo nella nostra casa che è la nostra esistenza più profonda. Senza il nostro invito Gesù non entra poiché rispetta quella libertà donataci. E tutto avviene apparentemente in un silenzio che è molto più eloquente di fiumi di parole. Un giorno il Santo curato d’Ars interrogò un contadino che se ne stava dinanzi al Santissimo, chiedendogli cosa stesse facendo. L’uomo rispose: "Niente, io guardo Lui e Lui guarda me".
La contemplazione del contadino non era rivolta al nulla, bensì a Dio e lo sguardo di Dio si incontra con il suo. A questo siamo chiamati: "Guardare a Colui che hanno trafitto" (cf Gv 19,37), perché è questo quello che faremo nella Gerusalemme celeste.
E se talvolta, durante il nostro momento di adorazione sperimentiamo aridità, ricordiamoci che può essere permessa da Dio per la nostra purificazione. Probabilmente rinunciando a quel momento di felicità che reclamiamo come nostro, possiamo far felice Cristo. Dal’altra parte Gesù ha a disposizione l’eternità per far felici noi; noi invece solo questi momenti di vita terreni.
Alcune volte ci sembra solo di perder tempo perché potremmo fare tante altre cose, forse più costruttive; la nostra anima non ne vuol sapere di pregare. In questi casi possiamo fare pregare il nostro corpo, aiutando così la nostra anima.
Giovanni Paolo II ci esorta a rimanere in modo permanante alla presenza di Dio, con la certezza che la contemplazione prolunga la comunione e permette di incontrare durevolmente Cristo, vero Dio e vero uomo, di lasciarsi guardare da Lui e di fare esperienza della sua presenza. Quando infatti lo contempliamo presente nel Santissimo Sacramento dell’altare, Cristo si avvicina a noi e diventa intimo con noi più di quanto lo siamo noi stessi; ci rende partecipi della sua vita divina in un’unione che trasforma e, mediante lo Spirito, ci apre la porta che conduce al Padre. Dice ancora il Santo Padre: "E’ bello intrettenersi con Cristo e, chinati sul petto di Gesù come il discepolo prediletto, possiamo essere toccati dall’amore infinito del suo cuore". (Lettera sull’adorazione eucaristica di Giovanni Paolo II).