Il libro del Deuteronomio

 

Il quinto libro del Pentateuco è il Deuteronomio. Tale nome, dato dalla traduzione greca («seconda legge») dovrebbe essere sostituito con le prime parole del testo «Debarim», cioé «le parole». Infatti, più che un codice di leggi o un manuale giuridico, il Deuteronomio si presenta come una raccolta di omelie centrate sull’amore per la legge divina, sulla passione per la scelta religiosa, e sul ringraziamento per il dono della terra di Palestina. Questo libro raccoglie essenzialmente i tre discorsi pronunciati da Mosé prima di morire: in essi è riassunta la storia degli avvenimenti anteriori all’ingresso degli Ebrei in Palestina, la regolamentazione della vita religiosa e sociale del popolo dopo la conquista della Terra Promessa e la necessità della fedeltà alla Legge Mosaica affinché il popolo potesse camminare sotto lo sguardo benevolo del Signore. I discorsi sono seguiti da una serie di benedizioni, per chi osserva la legge di Mosé e di maledizioni per chi la trasgredisce. A conclusione delle benedizioni e maledizioni si parla di Giosué come la nuova guida del popolo d’Israele,  del cantico di Mosé (32), della sua benedizione delle tribù (33) e della sua morte (34).

La struttura generale del libro ricalca il modello dei trattati di alleanza tra il gran signore e il suo vassallo, sottolineando, inizialmente, i benefici che il fedele poteva ricavare dal suo Signore. La parte centrale del libro è costituita dai capitoli 12-36, detti anche «Codice deuteronomico». Tale codice consiglia al fedele i doveri da  rispettare per ottenere la continua protezione del Signore. Infine le benedizioni o le maledizioni per chi è stato fedele o infedele.

La stesura del Deuteronomio ha una storia molto complessa: anche se in esso troviamo delle parti molto antiche, come i Dieci Comandamenti, e una parte di tradizioni in qualche modo risalenti a Mosé, esso si è formato in ambienti levitici  delle campagne settentrionali d’Israele, propensi ad accogliere la predicazione profetica, e ha avuto una prima elaborazione nel secolo VIII a.C.. Questa prima parte scritta, corrispondente a poco più del Codice deuteronomico, è stata portata a Gerusalemme dopo la di-struzione di Samaria da parte degli Assiri (721 a.C.) ed è stata accolta dagli ispiratori del culto jahvista del tempio. Il «libro della legge» scoperto nel tempio nel 621 a.C. (2 Re 22,8) sotto il re Giosia e da lui posto a base della sua riforma religiosa sembra proprio essere il Deuteronomio primitivo.

Il Deuteronomio contiene la famosa preghiera dello «shema’» («ascolta»), una preghiera ancora oggi recitata due volte al giorno dagli Ebrei; tra le righe si parla anche di un continuo profetismo al posto degli àuguri e degli indovini. Importanti sono le benedizioni di Mosé sulle dodici tribù, parallelamente da ricondursi alle benedizioni di Giacobbe (Gn 49,1ss).

Obiettivi del Deuteronomio sono l’affermazione con forza del monoteismo morale, la centralizzazione del culto nel tempio di Gerusalemme, il rinnovamento dell’alleanza del Sinai nella terra di Canaan, la predilezione di Dio per il suo unico popolo scelto. Questo popolo così particolare matura un nuovo atteggiamento: la conversione del cuore che oltrepassa di gran lunga la circoncisione della carne. Ma per creare questo nuovo atteggiamento religioso il popolo di Israele deve compiere delle scelte spesso sofferte, proprio come capita a chiunque decide di cambiare strada per seguire Cristo.