VIVERE LALLEANZA NUZIALE
Note per il gruppo famiglia a cura di Don Giulio
Queste parole con le quali si esprime il consenso matrimoniale rivelano che il matrimonio nasce come mutuo impegno della volontà dei due contraenti: come un patto, unalleanza, dove il riconoscimento della presenza dellaltro come "cosa molto buona" diventa assunzione di un impegno di fedeltà esclusiva nei suoi confronti.
Così recita il Cantico dei Cantici 8,6. Il sigillo è ciò da cui non ci si separa ed indica lesperienza e lesigenza di una appartenenza che per tutta la vita ci impegna a riconoscere allaltro/a e solo a lui la qualifica di sposo/a (questo è il senso di "onorarti"....).
Il momento unico del consenso è come una sorgente la cui acqua attraversa tutte le circostanze e gli incontri successivi della vita nella forma del dono e dellaccoglienza reciproca:
Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me (6,3).
Venga il mio diletto nel suo giardino e ne mangi i frutti squisiti (4,16).
Sono venuto nel mio giardino, sorella mia, sposa (5,1).
La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia (8,3).
Il matrimonio è unalleanza, cioè il legame più forte che ci sia , nel quale ciascuno dei partner si impegna totalmente.
Lalleanza impegna a un destino comune (gli sposi sono "consorti" e il matrimonio è "consorzio") perché nasce da una promessa di condivisione della vita.
Essa è vitale e fondatrice. Non è fondata sul calcolo o sul prestito, ma sul dono.
Dalla gratuità del "dono" nasce una obbligazione alla quale risponde il "contro-dono".
Il vero oggetto dello scambio sono i soggetti in quanto tali. Così dalla legge del dono deriva la legge dellalleanza, che è una legge di reciprocità e di dipendenza consentita.
Per riscoprire il senso e la bellezza dellesperienza dellalleanza bisogna rileggere con stupore Osea 1-3. Il profeta riceve lordine di contrarre una unione che sarà il simbolo della relazione di Dio con il popolo di Israele. Unione drammatica, dolorosa, per nulla idilliaca, tradita e ristabilita, interrotta e rinnovata, con una "donna di prostituzione". Il simbolismo più tradizionale per parlare di Dio, regale o paterno, lascia il posto al simbolismo nuziale. Non è più la potenza regale o lattenzione paterna, ma lalleanza coniugale che diventa il luogo della rivelazione di Dio.
ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto,
nella tenerezza (hesed) e nellamore (ahabah);
ti fidanzerò con me nella fedeltà,
e tu conoscerai il Signore
(OS 2,21-22).
"Alleanza è il nome che diamo allunione delluomo con la sua donna, legame più forte di quello della filiazione, nel quale si impegna tutta la persona.
Per questo luomo abbandonerà suo padre e sua madre e i due saranno una sola carne " (Gu 2,23-24).
Dallunione carnale o coniugale nasce un legame più forte del legame del sangue.
Se "carne" (basar) designa la persona nella sua totalità, "diventare una sola carne" significa unione di due storie personali e tale espressione assume una portata quasi ontologica.
Lalleanza in effetti non implica soltanto lavere, ma lessere; istituisce un "essere con", al punto tale che l'amore di sé e lamore dellaltro diventano indissociabili.
"Chi ama la propria moglie ama se stesso" (Ef 5,28).
Il primo legame tra gli esseri separati è stabilito dal linguaggio. La coppia è originariamente un "evento della parola". Ma la parola conduce al di là di se stessa, soprattutto quando è parola damore. Lunione dei corpi diventa insieme il supporto e lespressione di questa dinamica che da sola non sarebbe in grado di suscitare. Tre fattori allora concorrono alla nascita del legame di alleanza: la "parola", "lamore" e lattrazione dei "corpi". La significazione che li lega dallinterno e quella secondo la quale abbiamo definito lalleanza: si tratta del dono. La reciprocità del dono è ciò che fa sussistere lalleanza.
Con il senso del dono tocchiamo ciò che costituisce il cuore della vita, perché la vita è dono. Il vivente trova la sua identità nel dono. Il dono è l'atto stesso dell'amore. Nel dono il corpo trova la sua verità ultima e insieme la sorgente del suo essere.
Nel suo intimo la carne si percepisce come "donata" e fatta "per donare". Prima di esprimere un'esigenza morale, il dono esprime la profondità della nostra natur. E quella nasce da questa. Come l'esprime in modo eccellente Jean-Louis Brugues: "Poichè siamo degli esseri donati, ci scopriamo come esseri fatti per donare a loro volta. La sorgente esprime l'essere e le esigenze dell'essere".
Il corpo di ciascuno è frutto di un'alleanza; nel suo intimo a spira a costruirsi sulla roccia della parola d'alleanza che unisce suo padre e sua madre. In seguito è intorno all'asse della parola data che continua a costruirsi e ad unificarsi.
Si disegna qui un altro prolungamento, in direzione di un'altra dimensione del dono, la "fecondità". Se la vita è ciò che si dona in noi, è anche ciò che si dona per mezzo nostro. Se l'amore è dono, la fecondità e dono di questo dono. La relazione d'amore è così attraversata da un dinamismo che la conduce oltre se stessa. Questo dinamismo la mantiene aperta mentre l'insidia del narcisismo sempre l'aspetta al varco. L'apre al futuro mentre sarebbe tentata di essere affascinata dal presente. Ed è vero che un amore carnale deliberatamente privato di ogni prospettiva vede la sua ambigità crescere e il suo senso atrofizzarsi.
L'immagine ultima, definitiva e compiuta dell'alleanza è data dall'amore di Cristo con la sua Chiesa: "Mariti amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa: ha dato se stesso per lei..." (Ef 5,25). In questa prospettiva "amare" non significa soltanto "dare", ma "dar-si", "consegnarsi".
Questa radicalità del dono può essere detta anche in termini giovannei: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15,13). Nel contesto coniugale consegnare o dare al propria vita significa impegnarsi in una relazione unica con un partner unico. La mistica dell'Alleanza perviene qui ad un tratto caratteristico della fede ebraico-cristiana: la mistica dell'unicità.
Il desiderio di unicità è senza dubbio tanto profondo quanto il desiderio di unità, di cui è la forma più conseguente: il mezzo migliore di essere "uno" e di entrare, attraverso il tempo, in un a relazione unica ed esclusiva.
Essere riconosciuto come unico è una delle aspirazioni più profonde del cuore umano.
La persona è l'unicità stessa. Essere riconosciuto come persona, questo significa precisamente essere riconosciuto come unico. E reciprocamente, riguardo all'altro: "amare qualcuno è avvicinarlo come unico al mondo" (E.Levinas).
L'unicità in questione è assoluta, un mistero, frutto di un atto creatore unico di Dio.
Il solo modo allora di riconoscere l'unicità dell'altro è di impegnarsi con lui in un a relazione unica che non faccia numero con nessun'altra. Il riconoscimento richiede tempo; L'unicità della persona fa appello a quello di una storia.
Esistono certamente diversi tipi di amore, diversi modi di accostare l'altro come unico al mondo, e tutti implicano l'esclusività della relazione. La carità è la perfezione dell'amore, è , per vocazione rivolta ad ogni uomo in modo uguale. Ma esiste anche l'amore di "dilezione" che consiste nel sceglier un individuo e nell'impegnarsi con lui in una relazione privilegiata. Ora accade che questo tipo di amore è quello che passa per il corpo. L'amore carnale è quello che esige la più grande esclusività. Più l'altro mi diventa "carne", più mi invita ad entrare con lui in una relazione unica. Perchè il corpo è unico, mentre la libertà e l'intelligenza possono prendere forme diverse e realizzarsi in legami pluralistici. E' proprio là che passa la frontiera tra l'amore e l'amicizia.
Se l'amore è dono, io non posso donare che questo corpo. Donarlo è impegnarlo di fronte all'altro in una relazione senza equivalenti. Donarlo all'altro è donargli, in qualche modo, "diritto" ad una relazione unica, a gesti che gli siano riservati, ad una esclusività sulla sua intimità. Ritroviamo S.Paolo: " La moglie non è arbitra del proprio corpo. Ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie2 (1Cor 7,4). In altri termini, come suggerisce Philippe Jullien, "Io sono tuo marito" o "io sono tua moglie" può tradursi con: "Io sono il corpo di cui tu sola/o disponi". Se l'alleanza impegna la dono, l'unicità del corpo impegna all'unicità del dono.
Questo potrebbe essere il fondamento di un'etica del legame fra fedeltà coniugale ed esclusività carnale. Una simile esclusività, sottolineamolo, non significa che tutta la relazione sia esclusiva. "Unica", la relazione non è totalizzante. Attorno ad essa e a partire da essa verranno ad instaurarsi altre relazioni, che però non sono equivalenti alla relazione dell'alleanza nuziale, che è quindi insostituibile, centrale e prioritaria.
Nell'ebraismo e nel Cristianesimo l'amore, sia esso umano o divino, è segnato dal conio di questa passione dell'unicità caratteristica della fede biblica. Monoteismo e monogamia vi sono intimamente apparentati. E' in ragione di questa comune polarizzazione che l'amore carnale è suscettibile di essere non soltanto l'incarnazione dell'alleanza ma il simbolo dell'Alleanza o, più esattamente, l'elemento costitutivo di un legame a sua volta riconosciuto come sacramento dell'Alleanza, il legame coniugale.
Domande per aiutare la riflessione e il dialogo:
Sono geloso/a delle altre relazioni che il mio sposo/a vive?
Quali doni ci scambiamo come sposi?
Mi è facile donare o ricevere?